Editoriale n. 4 - Agosto 2013
Dopo una fredda primavera e un tiepido avvio di incerta estate, la fine di luglio si è fatto rovente, non solo sul fronte meteorologico, ma anche per quanto concerne la vita della Chiesa.
Dopo Lampedusa, in cui lo “stile” demagogicamente pauperista e perennemente alla ricerca del consenso mediatico di Francesco si è delineato con crescente chiarezza, è la volta della Giornata Mondiale della Gioventù a Rio, dove, si può dire che il Vescovo di Roma si sentirà particolarmente a suo agio, quasi “in casa”.Se escludiamo qualche timido tentativo di maggior compostezza sotto Benedetto XVI –duole dirlo, ma è un dato di fatto: dovuto unicamente al maggior “gusto” del Pontefice tedesco, decisamente più raffinato del l’attuale successore- si può ben dire che questi raduni si sono da sempre contraddistinte come delle vere e proprie mini Woodstock “cattoliche” in cui la rockstar è il Papa e i giovani acclamanti con telefonino per riprendere l’”Evento” (il macabro apogeo di questa tendenza si è avuto con la morte di Giovanni Paolo II).
Infatti più che rosari e breviari, abbiamo assistito al triste spettacolo di preservativi negli oratori e bivacchi in ogni angolo della città ospitante a turno i pii pellegrini. Ci si domanda quale senso religioso possano avere simili manifestazioni, se non mostrare al mondo una sorta di parodia di un perduto consenso generale effettivo. A questi bagni di folla infatti corrisponde un moltiplicarsi di defezioni, di apostasia sempre più generalizzata, di ripudio dei sacramenti, di opposizione manifesta persino al “minimo sindacale” richiesto al cattolico adulto di oggi. Abbassare così tanto le richieste al fedele medio ha prodotto un messaggio “subliminale” per cui se si chiede sempre meno significa che in fondo in fondo, sacrificare qualcosina di sé in nome di qualcosa di più grande a cui aderire, non ha senso: andiamo bene –alla pastorale di Francesco- “così come siamo”, senza bisogno di sforzarsi di tendere, non alla perfezione, ma nemmeno a qualcosa di meglio. Tanto siamo tutti rassegnati (e luterani) peccatori, basta “perdonarsi l’un l’altro” che Dio perdona sempre e comunque, tacendo però che quel Misericordioso Salvatore chiese alla perdonata “va e NON PECCARE PIU’”.
Il perdono cristiano NON è connivenza lassista, è condizione esigente: richiede lo sforzo comune verso il nostro Modello, non abbandono della lotta interiore contro le proprie passioni disordinate, e questo andrebbe ribadito ai giovani in modo più stringente, essendo adolescenza e gioventù i momenti della vita in cui si risveglia questo disordine delle passioni, che vanno tenute a freno e ordinate appunto, verso il Bene.
Le passioni non sono in sé un elemento negativo: Dio le aveva infuse nell’uomo fin dalla creazione ma in perfetta armonia. A nessuno piacerebbe un essere apatico, privo di spinta ed entusiasmo. Neppure a noi “tradizionalisti” che a volte ci lasciamo tentare da questo genere tristanzuolo. Ebbene, queste passioni, se dominate da una volontà forte possono essere mantenute vive ma belle, pulite, al servizio della Provvidenza e a formare un carattere e un tratto piacevoli. Anche il grande santo della gioventù S. Giovanni Bosco, possedeva un temperamento iracondo contro cui ebbe a soffrire a lungo ma che, vinto, lasciò il posto a quei modi santi ma “vivaci” e gradevoli che tanto attiravano e conquistavano cuori dei fanciulli.
Il grande santo salesiano seppe mantenere, pur nella lotta cristiana, i talenti naturali, sublimandoli per una missione grandiosa, vittoriosa nel tempo proprio grazie alla mortificazione costante di quegli eccessi che avrebbero solo posto ostacoli al suo compimento. Gli sforzi di questo gigante della fede sono stati premiati con il successo in vita e con la gloria imperitura, con la santificazione personale ma anche con il trascinare “In cordata” schiere incalcolabili di anime ad abbeverarsi della fonte pura della grazia.
I saldi di fine stagione lasciamoli al settore merceologico, la fede attiene a categorie troppo elevate per non meritare di essere prese un pochino più sul serio. Francè, scherza pure con i fanti ma lascia stare i santi, è così difficile?
Il perdono cristiano NON è connivenza lassista, è condizione esigente: richiede lo sforzo comune verso il nostro Modello, non abbandono della lotta interiore contro le proprie passioni disordinate, e questo andrebbe ribadito ai giovani in modo più stringente, essendo adolescenza e gioventù i momenti della vita in cui si risveglia questo disordine delle passioni, che vanno tenute a freno e ordinate appunto, verso il Bene.
Le passioni non sono in sé un elemento negativo: Dio le aveva infuse nell’uomo fin dalla creazione ma in perfetta armonia. A nessuno piacerebbe un essere apatico, privo di spinta ed entusiasmo. Neppure a noi “tradizionalisti” che a volte ci lasciamo tentare da questo genere tristanzuolo. Ebbene, queste passioni, se dominate da una volontà forte possono essere mantenute vive ma belle, pulite, al servizio della Provvidenza e a formare un carattere e un tratto piacevoli. Anche il grande santo della gioventù S. Giovanni Bosco, possedeva un temperamento iracondo contro cui ebbe a soffrire a lungo ma che, vinto, lasciò il posto a quei modi santi ma “vivaci” e gradevoli che tanto attiravano e conquistavano cuori dei fanciulli.
Il grande santo salesiano seppe mantenere, pur nella lotta cristiana, i talenti naturali, sublimandoli per una missione grandiosa, vittoriosa nel tempo proprio grazie alla mortificazione costante di quegli eccessi che avrebbero solo posto ostacoli al suo compimento. Gli sforzi di questo gigante della fede sono stati premiati con il successo in vita e con la gloria imperitura, con la santificazione personale ma anche con il trascinare “In cordata” schiere incalcolabili di anime ad abbeverarsi della fonte pura della grazia.
I saldi di fine stagione lasciamoli al settore merceologico, la fede attiene a categorie troppo elevate per non meritare di essere prese un pochino più sul serio. Francè, scherza pure con i fanti ma lascia stare i santi, è così difficile?
LuceRiflessa
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