ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 21 agosto 2013

La settimana enigmistica


Ior, Bertone e Curia "su misura". Ecco i rebus di Papa Francesco

Papa Francesco avrà fatto i compiti delle vacanze? Settembre si avvicina e, anche se al momento all'ombra dei Sacri Palazzi tutto sembra essere tranquillo (salvo – riferisce la brava Angela Ambrogetti di Korazym – una visita del Papa emerito Benedetto XVI a Castelgandolfo), l'autunno di Jorge Mario Bergoglio si presenta abbastanza affollato. E, volendo, potrebbe anche diventare abbastanza caldo. Ecco che cosa c'è sul tavolo.
LA GUERRA E GLI ORDINARIATI- Il 2 giugno scorso, all'Angelus, il Papa si è espresso così: “Questa mattina, ho celebrato la Santa Messa con alcuni militari e con i parenti di alcuni caduti nelle missioni di pace, che cercano di promuovere la riconciliazione e la pace in Paesi in cui si sparge ancora tanto sangue fraterno in guerre che sono sempre una follia”. Tutte le guerre, quindi anche il concetto di “guerra giusta” e di “ingerenza umanitaria” che fu appoggiato da Giovanni Paolo II e il suo segretario di Stato Angelo Sodano nei primi anni '90? E che senso ha allora avere gli Ordinariati Militari? Questa è una domanda che ha coinvolto tanti Oltretevere e agitato i sonni degli Ordinariati, ossia le diocesi senza territorio che raggruppano i cappellani militari e si occupano della loro cura pastorale insieme alle diocesi in cui si trovano i contingenti militari o le caserme. E sono importanti, come quello tedesco guidato da Franz-Josef Overbeck, e quello USA guidato da Timothy Paul Broglio. A proposito: monsignor Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l'Italia, ha lasciato il suo posto l'11 agosto scorso. Ha compiuto 65 anni e questa è l'età massima per occuparsi della cura d'anime delle nostre stellette. Ora l'Ordinariato aspetta la nuova nomina: peraltro l'Ordinario è per legge equiparato ad un Tenente Generale, grado appena al di sopra del generale di divisione. Ex Ordinario è anche il cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. E già che ci siamo: gli Ordinariati tedesco e statunitense contano non poco. Tedeschi e americani sono tra i maggiori donatori della Chiesa cattolica.
IL RIEQUILIBRIO DELLA CURIA- Se questo è il primo punto, il secondo non è da meno. E viaggia di pari passo col terzo rebus da risolvere per Bergoglio. Stiamo parlando della Curia, il governo vaticano, sul quale da tempo spirano venti di riforma. Dopo l'ipotesi dell'istituzione di un Moderatore, che dovrebbe assorbire parte delle responsabilità del Segretario di Stato (il quale resterebbe di fatto a gestire solo la diplomazia vaticana), indicato nella persona di monsignor Francesco Coccopalmerio (grande elettore di Francesco), adesso l'attenzione si è spostata sulle prossime nomine. Sì, perché sarebbe intenzione del Papa – dicono ad Affaritaliani – quella di riequilibrare la macchina vaticana procedendo a inserire gradualmente nuovi nomi presi direttamente dagli episcopati sudamericano e asiatico. Sembra che le prime nomine potrebbero arrivare proprio in Segreteria di Stato, dove il Papa potrebbe chiamare un nuovo Sostituto: in forse dunque sia il posto di Sostituto per gli Affari Generali, con Giovanni Angelo Becciu (che tuttavia sarebbe al momento tra i collaboratori più fidati di Francesco), e quello di Segretario per i Rapporti con gli Stati (ossia il Ministro degli Esteri vaticano), il franco-marocchino Dominique Mamberti. Un nome che potrebbe essere utile, per il suo background culturale e personale, è quello dell'attuale capo dell'Ufficio protocollo vaticano, José Avelino Bettencourt. Un luso-canadese, nato a San Miguel (Azzorre) nel 1962 ma vissuto per quasi tutta la vita in Canada, incardinato nella diocesi di Ottawa. Parla fluentemente inglese, francese, portoghese e naturalmente italiano: nel 1995 si è trasferito a Roma per studiare ed ha ottenuto il dottorato in Diritto Canonico alla Pontificia Università Gregoriana. Ha lavorato come diplomativo vaticano alla Nunziatura Apostolica in Congo nel 1999, poi nel 2002 è tornato a Roma ed è stato promosso alla sezione per le Relazioni con gli Stati: questo fino al 2007, quando è entrato alla Prefettura della Casa Pontificia per il servizio protocollo d'anticamera. Insomma, non è affatto uno qualunque e Benedetto XVI lo ha premiato nominando alla fine del 2012 alla guida dell'Ufficio Protocollo della Segreteria. Per finire, ha dato buona prova di sé accogliendo 140 delegazioni ufficiali degli Stati con rapporti con la Santa Sede in visita a Roma per la Messa d'inizio pontificato di Bergoglio. Una chicca: è anche Commendatore dell'Ordine Militare di Cristo, alta onorificenza lusitana concessagli su iniziativa del governo portoghese.
IOR E BERTONE- Ed eccoci al rebus finale: settembre troverà Bergoglio intento ancora una volta a capire che cosa fare dello IOR, la Banca Vaticana, e quale sarà il futuro del suo “primo ministro” ereditato da Joseph Ratzinger, il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il quale continua a essere saldamente al timone del governo vaticano e il 2 dicembre, ossia tra tre mesi e mezzo scarsi, compirà 79 anni. Se ne andrà? Chissà: ma c'è chi è pronto a giurare che, abbandono della Segreteria o meno, il cardinale in qualche modo potrebbe restare alla presidenza della Commissione Cardinalizia di Vigilanza dello IOR, questo malgrado la nomina di un'apposita commissione voluta da Papa Francesco per controllare le operazioni bancarie dell'Istituto per le Opere di Religione. Istituto che auspice il presidente Ernst von Freyberg, ha inaugurato di recente il proprio sito e si appresta a rendere pubblici i suoi bilanci e sull'onda di un motu proprio dell'8 agosto scorso che ha potenziato la vigilanza in tema di riciclaggio, finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di distruzione di massa con il rafforzamento della vigilanza e l'avvio della vigilanza prudenziale su IOR, APSA e tutti gli enti vaticani ad opera dell'AIF, l'Autorità d'Informazione Finanziaria (l'antiriciclaggio vaticano). Insomma, si torna “sui banchi” con un programma molto tosto.

Di Antonino D'Anna

Le critiche dagli Usa a Papa Francesco perché non ha ancora sostituito il Segretario di Stato

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
 
 
«Noi volevamo anche qualcuno con buone capacità manageriali e di leadership, e fino ad oggi questo si è visto poco...». Sono le parole su Papa Francesco pronunciate qualche settimana fa, durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, dal cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e «papabile» americano. La critica, neanche tanto velata, era contenuta in un'intervista concessa da Dolan a John Allen, messa online lo scorso 24 luglio 
dal «National Catholic Register».

In sostanza, appena quattro mesi dopo il conclave che ha designato il Papa argentino venuto «dalla fine del mondo», uno dei protagonisti di quell'elezione mediaticamente più esposti dice che fino ad oggi Francesco non sarebbe stato sufficientemente «manager». In particolare, Dolan si riferiva alla mancata sostituzione del Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il principale collaboratore di Benedetto XVI, nei cui confronti si sono addensate numerose critiche durante le discussioni del pre-conclave. «Mi aspetto che dopo la pausa estiva si concretizzi qualche segnale in più in merito al cambiamento della gestione», ha commentato il porporato statunitense dopo aver detto che si aspettava la sostituzione prima dell'estate, come peraltro da più parti erroneamente pronosticato.
 
Le parole di Dolan non hanno nulla a che vedere con altre dichiarazioni di esponenti di spicco della Chiesa a stelle e strisce, come ad esempio quelle dell'arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, che intervistato sempre dal«National Catholic Register»  aveva ammesso una certa insoddisfazione per l'elezione di Francesco da parte dell'«ala destra della Chiesa»: fenomeno peraltro ben constatabile dal punto di vista mediatico in molti siti e blog. Il cardinale di New York non si lamenta - come fanno altri ambienti conservatori o tradizionalisti - per qualche piccolo cambiamento liturgico, per lo stile più semplice o per la mancata pubblica ripetizione da parte del Pontefice delle già ben note posizioni della Chiesa su aborto, eutanasia e gay.

Dolan non nasconde invece la sua insoddisfazione per il fatto che Francesco, a suo dire, non si è ancora rivelato abbastanza «manager». Preoccupazione questa tipicamente americana.
 
Francesco allo scadere del primo mese di un pontificato iniziato ormai alla vigilia della Settimana Santa e dei suoi impegnativi riti, il 13 aprile, ha annunciato la costituzione di un gruppo di otto consiglieri chiamati ad aiutarlo a riformare la Curia ma anche a governare la Chiesa. Ha messo mano subito allo Ior, a motivo delle ben note e poco evangeliche vicende, nominando un prelato di sua fiducia e istituendo una commissione chiamata a riformare l'Istituto.

Ha avviato la riorganizzazione di tutte le strutture economico finanziarie della Santa Sede. Ha ricevuto e ascoltato tantissime persone, ha preso decisioni. Evidentemente Dolan, e forse non soltanto lui, si attendevano che qualche testa importante cadesse immediatamente, a partire da quella del cardinale Bertone, che all'inizio di dicembre compirà 79 anni.
 
Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non cambiarono il Segretario di Stato «ereditato» dai rispettivi predecessori nelle settimane successive all'elezione. Attesero anni (sei Montini, più di uno Ratzinger) o mesi (il Segretario di Stato Jean Villot fu sostituito meno di cinque mesi dopo il conclave che elesse Wojtyla, ma perché morì). Papa Francesco si appresta a farlo «post aquas», vale a dire al termine della pausa estiva, che per lui ha continuato a essere un periodo di lavoro.
 
Nel libro di meditazioni «Mente abierta, corazón creyente», pubblicato nel 2012 (in Italia «Papa Francesco. Aprite la mente al vostro cuore», Rizzoli 2013), l'allora cardinale Bergoglio, parlando di Abramo e del «distacco da sé», affermava: «Mi preme ricordare a quei sacerdoti che, quando ottengono un posto direttivo, pensano subito a rimodernare l'ufficio, cambiare i segretari, mettere nuovi tappeti, appendere le tende e dotarsi di tutti gli apparecchi tipici di un ufficio: creano un loro ambiente su misura. Tutto ciò non può che generare conflitti...».
 
Forse queste parole dicono qualcosa sul metodo usato dal nuovo Papa, pronto a cambiare il volto della Curia romana nelle sue strutture e nei suoi uomini, a partire dalla carica di Segretario di Stato - che potrebbe peraltro essere ridimensionata dalle riforme in cantiere - ma senza prendere decisioni affrettate, tenendo sempre conto delle persone. Nel volo di ritorno da Rio de Janeiro, Francesco aveva detto ai giornalisti di apprezzare i collaboratori che gli dicono «Io non sono d'accordo, questo non lo vedo, non sono d’accordo: io lo dico, lei faccia», perché chi dice così «è un vero collaboratore». Al contrario di chi invece afferma sempre «Ah, che bello, che bello, che bello» ma poi dice «il contrario dall’altra parte». 
 
Il pontificato di Benedetto XVI è stato oggettivamente condizionato - come mostrano gli ultimi otto anni - da collaboratori non sempre all'altezza del compito, si può comprendere che nella scelta dei più importanti uomini-chiave il suo successore proceda con la dovuta attenzione.

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