ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 23 agosto 2013

L'enciclica del teologo Cotichella

Cotichella, l'artista dei papi: “Francesco è teologia, pastorale, preghiera e azione”

Gigi Cotichella
GIGI COTICHELLA

Intervista all'educatore-animatore che da anni si esibisce sui palchi nei grandi raduni giovanili e per i Pontefici, oltre a essere direttore dell'area educazione dell'editrice Elledici

Da anni calca i palchi e le piazze dei grandi raduni giovanili di tutta Italia (e non solo): dal Teatro Ariston di Sanremo all’aula “Paolo VI” nella Città del Vaticano, dalla spianata di Montorso (Loreto) a piazza del Duomo a Milano. Davanti a lui ogni volta ci sono da 1000 a 500mila persone.
Si è esibito per due Papi – Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - e ha già incontrato circa 2 milioni di persone tra spettacoli e corsi di formazione. Luigi (Gigi) Cotichella, torinese, è un’eclettica figura che in scena si presenta con dei guantoni stile Topolino e un’appariscente cravatta argentata, e allo stesso tempo è un teologo di formazione diventato poi educatore e formatore; è attore e sceneggiatore; e non è tutto: è anche presidente di una cooperativa sociale - “AnimaGiovane” - e direttore dell’area educazione dell’editrice Elledici dei Salesiani di Don Bosco.

Chi è veramente Gigi Cotichella? Cosa significa essere "educanimatore"?
“Gigi Cotichella è oramai un quarantenne felicemente sposato con Laura e padre di Simone e Chiara. Fin da giovanissimo ha avuto la passione per l’educazione e la creatività. Non sapendo cosa scegliere tra le due ha provato a unirle. È nata così la mia professione ed è nata anche una cooperativa, 'AnimaGiovane', alla quale ho legato la mia vita da dieci anni. 'Educanimatore' è un termine emerso durante un lavoro per la parte più 'animativa', indica una modalità di stare su un palco, di fare animazione che punta alla relazione. Non è semplicemente l’animazione che passa un valore o un messaggio, ma è l’animazione che cambia perché punta al ben-essere totale del pubblico. È il 'cosa' e il 'come' dell’animazione che si uniscono”.

Viaggiando per l'Italia da un palco all'altro, che idea si è fatto dei giovani del terzo millennio?

“Un’idea di bellezza infinita e di possibilità immense. Un giorno durante un’intervista mi scappò che il vero problema dei giovani sono gli adulti. Nella sua durezza mi sembra ancora più vera. Non sono i giovani che non ci credono, ma noi adulti. I giovani al massimo esagerano o sbagliano. Il problema siamo noi che spesso tendiamo a soffocare l’energia dei giovani di cui in realtà abbiamo un disperato bisogno. Un’energia che non è solo 'casino' ma è anche riflessione, pensiero, testimonianza”.

Tra i numerosi grandi avvenimenti che ha animato-guidato-condotto, qual è stato il più emozionante, o comunque il suo preferito? Perché?

“'Italyani' della Giornata mondiale della Gioventù Colonia 2005 sicuramente è stato il più forte, perché il primo così grande e perché l’ho aperto io… letteralmente buttato sul palco per un disguido tecnico. Ma quello che ricordo con più affetto è la Festa dei Giovani del Movimento giovanile salesiano Triveneto del 2010: l’ho scritto e portato in scena con tanti miei ex-allievi oggi veri professionisti. E poi perché ho azzardato di più: finire un avvenimento con 6mila giovani dopo il classico e anche scontato finale esplosivo, con un testo a effetto sul video. Risultato? Silenzio totale durante la lettura e poi apoteosi. Mi vengono ancora i brividi!”.

Come si vive da "educanimatore" e allo stesso tempo direttore dell'area educativa della Elledici? Quanto la aiuta san Giovanni Bosco?

“Il mio lavoro sul palco è uno di quei lavori che se fai da solo hai più soddisfazioni economiche e riesci a essere più spesso in luce. Ma da sempre ho capito che oggi o si lavora insieme o (ci) si perde. Per questo ho creduto nel progetto 'AnimaGiovane' prima e in quello dell’Elledici poi. Un’editrice che scommette sul futuro alleandosi con una cooperativa è la strada per me. Questo è fare cultura: salgo su un palco per fare eventi che emozionino ma con la vita dietro costruita giorno dopo giorno nei progetti educativi dei più svantaggiati, aiutando i genitori, i formatori. Ora con Elledici, gli eventi continuano in progetti che diffondono cultura e aiutano a pensare, a costruire nuovi mondi. In tutto questo don Bosco mi aiuta in due modi: con il suo stile, cioè con la capacità di guardare i bisogni dell’oggi e trovare risposte adeguate; e con la sua spiritualità: azione e riflessione, preghiera e concretezza”.

Come commenta i primi cinque mesi di pontificato di Francesco?

“La sera dell’elezione eravamo in pizzeria in pausa-lavoro. Ho detto a due colleghi: 'Spero che non sia un nome noto e che scelga il nome Francesco'. Quindi direi che sono stato molto contento quando ha parlato Papa Bergoglio. I mesi successivi sono stati una conferma continua. Francesco è un grande nei modi ma anche nella sua ricerca teologica. Non ci sono solo i gesti, ci sono le parole: accarezza ma poi dice 'Non abbiate paura della tenerezza!'. Non è solo una pastorale fine a se stessa: è teologia e pastorale, è preghiera e azione, è riflessione e conseguenza. Per me rappresenta la via giusta per la Chiesa”.
DOMENICO AGASSO JR.ROMA

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.