“PRONTO!” “SONO PAPA FRANCESCO, DIAMOCI DEL TU”.
La notizia
non è certo nuova, ha già fatto il giro del mondo. Pochi giorni fa uno studente
padovano, che aveva scritto al Papa, ha ricevuto una telefonata che, è ben
comprensibile, lo ha colpito. Era il Papa in persona che gli telefonava: non
solo, lo invitava anche a dargli del “tu”. Leggiamo su
Avvenire: "Credi che gli apostoli dessero del Lei a Gesù - gli ha
chiesto Bergoglio -? O lo chiamassero Sua eccellenza? Erano amici come lo siamo
adesso io e te, ed io agli amici sono abituato a dare del Tu".
La notizia è stata ovviamente ripresa da tutti gli organi di
stampa, che non hanno mancato di sottolineare il gesto “di grande umiltà e
vicinanza”, “che annulla ogni distanza”, e così via.
Ho pensato a lungo a questo fatto e mi sono domandato: ma è
di questi gesti che abbiamo bisogno?
Dio mi scampi dal voler dare lezioni al Papa. Parlo da
fedele, da povero peccatore, e vorrei solo fare alcune brevi riflessioni.
Viviamo in un momento di eccezionale difficoltà. L’attacco
alla Chiesa e alle stesse basi della convivenza è furibondo e continuo. Se in
altre parti del mondo (guardiamo gli ultimissimi esempi nei tumulti in Egitto)
il massacro dei cristiani e la distruzione di chiese è pratica quotidiana,
tanto da far parte ormai della “routine”, nella civilissima Europa è in atto
una subdola guerra che, sbandierando un concetto falso e perverso di “libertà”,
mira a sovvertire lo stesso ordine naturale voluto dal Creatore. Mancano
autorevoli punti di riferimento e nella stessa Chiesa, duole dirlo, la gran
parte dei Pastori tace o sussurra.
Siamo vicini al collasso morale generale e per realizzarlo
fino in fondo il primo obiettivo sarà proprio la Chiesa cattolica, custode
della Verità.
In questa tragica situazione, noi abbiamo bisogno – ne
abbiamo sempre bisogno, ma ora più che mai – dell’Autorità che ci guidi. Ho
detto “Autorità”; non ho detto “amico”.
Siamo soldati di Cristo, avendo ricevuto il Sacramento della
Cresima. Ma un soldato per combattere ha bisogno di un Comandante che tale sia,
anche nei segni esteriori della sua autorità. Quando nella mia giovinezza fui
sergente di complemento, avevo un grande comandante, il colonnello Michele
Ennio Santaniello, che comandava il Terzo Reggimento Bersaglieri, di cui mi
onoro di aver fatto parte. Davanti a lui mi presentavo sull’attenti. Era un
uomo che aveva ogni attenzione per i suoi subordinati, ma che pretendeva,
giustamente, che fossero ben distinti i ruoli. Lui aveva sulle spalline i gradi
di colonnello, io avevo sul braccio la “V” dorata di sergente. Era un
comandante di profonde doti umane e di grandi capacità militari. Sarei rimasto
deluso se mi avesse concesso eccessiva confidenza, perché ciò che attendevo da
lui, e che da lui ricevevo, era che mi fosse da guida per il ruolo inferiore
che rivestivo.
Il servizio militare è un periodo breve della vita, ora non
è più nemmeno obbligatorio, tanto per non correre il rischio di avere dei
giovani educati anche alla durezza, sana, della vita. Ma tant’è. Il servizio
militare, dicevo, era un periodo breve, una parentesi educativa.
Nella vita ci misuriamo invece quotidianamente con una
realtà che col passar degli anni è sempre più nemica del bene e della
giustizia. È la realtà squallida che vediamo ogni giorno, malata di empietà, di
egoismo, di disumanità, frutti inevitabili quando si pensa di poter fare a meno
di Dio.
In questa tragica quotidiana realtà, dov’è l’Autorità che ci
guidi, che ci dia le indicazioni appropriate per combattere per il Bene? Il
Bene non può venire che dalla Chiesa cattolica, fuori della quale non c’è
salvezza, e l’Autorità a cui ci rivolgiamo per essere guidati è il Papa,
Vicario di Cristo, unica Autorità al mondo che è veramente, fino in fondo,
legittimata a guidare l’uomo, perché istituita da Cristo stesso. “Tu sei
Pietro”.
Un buon padre non è mai “amico” dei suoi figli. È padre,
punto e basta.
Con tutto il rispetto e la devozione filiale, mi sento di
dire: la notizia che ha tanto mandato in sollucchero i giornalisti di mezzo
mondo, mi ha colpito e rattristato. “Noi siamo amici”? No. Ho bisogno, abbiamo
bisogno, dell’Autorità del Papa.
L’Italia sta sprofondando nell’abisso. Se di qui a poche
settimane il Parlamento approverà una legislazione sciagurata e blasfema, che
vuol sovvertire l’ordine naturale delle cose, gran parte della responsabilità
ricadrà anche su di noi, cattolici per troppo tempo tiepidi e su tanti Pastori,
che tacciono, o se parlano ci offrono incredibili giri di parole per non essere
accusati di ingerenze nella politica. Sembra che il consenso del mondo (ma ci
ricordiamo chi è il “principe” di questo mondo?) sia diventato più importante
dell’affermazione della Verità.
Ma non solo la politica omosessualista mira a scardinare la
famiglia e con essa la stessa civiltà. Già è in atto una politica sciagurata
che ha impoverito la famiglia; molti, troppi, conoscono una nuova povertà non
per loro colpa, ma per le criminose manovre della finanza. La stessa insistenza
nel voler continuare a tassare l’abitazione cela un profondo odio per la
famiglia, di cui impunemente si vuol mettere in pericolo lo stesso focolare
domestico.
Perché solo un piccolo gruppo di animosi sta denunciando
questa deriva morale, questo attacco continuo alla razionalità e alla civiltà?
Perché il Vicario di Cristo non dice una parola sull’Italia, che ora è anche la
Sua Patria, che sta sprofondando? Non parliamo, per favore, di Stato “laico” e
di rispetto dei ruoli. La Chiesa ha il preciso ruolo e dovere di guida morale
della Società, né può rinunciarvi ora, di fronte alla Società che si sta
autodistruggendo.
L’Autorità deve parlare, ammonire, guidare, senza
esitazioni. Deve avere cura anche nei segni esteriori, che la facciano
riconoscere come tale. Un Re che rinuncia alla corona è “democratico” o sta
semplicemente abbandonando i suoi sudditi?
Avrei voluto scrivere tante altre cose, è da giorni che
penso e ripenso a queste poche righe.
Mi sento solo di dire e ribadire questo: preghiamo il Santo
Padre di essere tale. Non “amico” con cui darsi del tu, ma “Padre” e questa
paternità viene da Cristo stesso. Infatti lo chiamiamo “Santo Padre”. Un padre
non deve essere l’amico dei suoi figli. A ognuno il suo ruolo.
E parli, lo supplichiamo, parli, dica qualcosa su questa
Italia che corre verso il suicidio, nel pavido silenzio di troppo clero che ha
scelto come esempio Don Abbondio al posto del Curato d’Ars. Di questo abbiamo
bisogno, ora, subito.
Ci saranno pochi, pochissimi applausi dal mondo. Non sarà
forse il segno che si è imboccata la strada giusta?
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