ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 settembre 2013

Mamma li Turchi!

Che cosa non condivido della comunicazione di Papa Francesco. Parla il tradizionalista De Mattei

Nel momento in cui Bergoglio, per sua stessa ammissione, si sposta dal piano dottrinale in cui nulla innova a quello della strategia comunicativa, è lecito per ogni cattolico discutere questo suo approccio. E sotto questo aspetto a mio parere si tratta di un approccio infelice, perché rende possibile una strumentalizzazione delle sue parole.
L'opinione del tradizionalista Roberto de Mattei che non lesina rilievi anche alle ultime sortite di Ratzinger...
La stampa strumentalizza, ma il Papa le ha dato una mano: è l’opinione del tradizionalistaRoberto De Mattei, docente di Storia Moderna e Storia del Cristianesimo all’Università Europea di Roma, fino al 2011 vice-presidente del Cnr. De Mattei dirige le riviste “Radici Cristiane”, “Nova Historica” e l’agenzia di informazione “Corrispondenza Romana” e affida a Formiche.net la sua personale lettura del primo semestre papale, sulla cui strategia comunicativa esprime forti riserve.
Come vive un “cattolico senza compromessi”, come lei si definisce, le aperture di Papa Francesco a gay e divorziati?
La mia opinione è che ci sia stata una forte strumentalizzazione delle parole del Pontefice, nel senso che io non vedo questa così grande apertura. Almeno dal punto di vista della dottrina, anche perché lo stesso Papa Francesco ha ribadito che le sue posizioni su questi temi non sono diverse da quelle del Catechismo.
Che analisi fa dell’intervista-manifesto di Bergoglio a Civiltà Cattolica?
Proprio perché il Papa ha ribadito che dal punto di vista dottrinale intende porsi in continuità con l’insegnamento della Chiesa e non intende affermare novità dottrinali, ecco che il piano su cui si pone con questa intervista è di natura pastorale, o strategico: vale a dire che ciò che propone non è una nuova dottrina, ma un nuovo metodo di approcciarsi a questi problemi.
Con quali riverberi?
Nel momento in cui Bergoglio, per sua stessa ammissione, si sposta dal piano dottrinale in cui nulla innova a quello della strategia comunicativa, è lecito per ogni cattolico discutere questo suo approccio. E sotto questo aspetto a mio parere si tratta di un approccio infelice, perché rende possibile una strumentalizzazione delle sue parole. Ma responsabile della strumentalizzazione non è solo la stampa che, se vogliamo, fa il suo mestiere bensì chi la rende possibile con un linguaggio su alcuni punti assolutamente ambiguo.
Qual è il risultato di questo nuovo linguaggio?
Credo possa essere molto pericoloso, perché chi domina il mondo della comunicazione non è il Papa, né tantomeno lo sono i cattolici, ma lobby e potentati laicisti in grado di farne un uso distorto. Personalmente ho una posizione di forte riserva nei confronti della strategia comunicativa del Papa.
Ha ragione Il Foglio di Ferrara a osservare come i principi non negoziabili siano ormai ridotti a lettera morta allora?
Mi sembra eccessivo, si tratta di principi che per loro natura possono conoscere momenti di eclissi. Però mi sembra che il Papa abbia detto, senza negarli, che privilegia altri punti nella sua comunicazione, partendo dal presupposto che il diritto alla vita e alla famiglia sono principi già noti. Ma il problema di fondo è che la posizione nel merito della Chiesa non è nota al grande pubblico e vi è grande confusione anche all’interno del mondo cattolico. Gli unici due Papi ad insistervi sono stati Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Bergoglio, pur ponendosi in continuità dottrinale con i suoi predecessori, credo voglia esprimere una discontinuità strategica.
Come valuta questa scelta?
Preferisco la precedente strategia comunicativa, ma naturalmente sarà il tempo a dirlo e l’albero si vedrà dai frutti che darà. Mi auguro che le conseguenze di questo approccio non siano devastanti.
E invece la lettera di Ratzinger a Odifreddi cos’è, un modo di puntare i paletti?
É una lettera che a mio parere aumenta la confusione in atto, perché pur ribadendo solidi principi, insinua l’idea che ci possono essere, seppur a livello di magistero privato, due fasi che contemporaneamente intervengono sulla medesima tribuna che in questo caso è quella diRepubblica. Avevo pensato, come molti, che Benedetto XVI intendesse ritirarsi dalla vita pubblica per abbracciare una vita di preghiera e silenzio, ciò non significa che sbagli in quanto la sua critica a Odifreddi è puntuale. Quindi non discuto il contenuto, ma ancora una volta esprimo delle riserve in termini di opportunità.
La riforma della Curia crede sia ormai irreversibile?
Non è ancora stata avviata, aspettiamo a giudicare. Per ora ci sono stati normali avvicendamenti, ma nessun segno di riforma. Ad ottobre il Papa si riunirà con quel gruppo di cardinali a cui ha affidato il compito di avanzargli delle proposte. Vedremo e giudicheremo nei prossimi mesi.
26 - 09 - 2013Francesco De Palo
twitter@FDepalo

Tutte le critiche dei cattolici americani a Papa Francesco

27 - 09 - 2013Matteo Matzuzzi
Tutte le critiche dei cattolici americani a Papa Francesco
Se in Italia le parole e i gesti di Papa Francesco sono accolti quasi sempre con favore e plauso, altrove l’onda-Bergoglio fa discutere e divide.
È il caso degli Stati Uniti, teatro da anni della battaglia per la difesa dei principi che Joseph Ratzinger definì “non negoziabili”. Aborto, contraccezione e nozze omosessuali hanno rappresentato infatti il terreno di scontro tra la Chiesa locale e il governo federale, da quando alla Casa Bianca risiede il liberal Barack Obama.
In prima fila, c’è il presidente della conferenza episcopale, il conservatore arcivescovo di New York Timothy Dolan. Solo pochi giorni prima dell’intervista di Papa Francesco a Civiltà Cattolicain cui il Papa chiariva che “l’opinione della Chiesa su questi temi è nota e non c’è bisogno di parlarne sempre”, il porporato ribadiva le critiche al mandato sanitario federale, definito ancora una volta come minaccioso per la libertà religiosa. In pochi mesi, Bergoglio ha rovesciato l’agenda pastorale. Le priorità non sono più quelle di prima, il timone va orientato verso i poveri, alla misericordia, alla pietà cristiana. Niente più baionette, dunque. E il risultato è che un intero episcopato è rimasto spiazzato. Il più noto filosofo cattolico americano, Michael Novak, qualche giorno fa alla Stampa si è chiesto se il Papa “si renda conto di quanti danni sta facendo“.
“Incoraggia le critiche contro la chiesa”
Francesco – spiega Novak – non vuole cambiare la dottrina, ma il tono. “Però l’effetto rischia comunque di essere dannoso, perché mette molti cristiani sulla difensiva, proprio quando sono attaccati. Nello stesso tempo incoraggia le critiche contro la chiesa, da parte dei suoi avversari dichiarati, che non aspettavano altro”. In particolare, nota ancora il filosofo, le sue parole lo espongono alla strumentalizzazione da parte di chi vuole colpire la chiesa. Basta guardare come le ha usate il New York Times”. Rusty Reno, direttore del mensile cattolico “First Things”, mette in guardia circa la possibilità che “i lettori americani, e forse anche gli europei, potrebbero leggere tracce di progressimo nelle parole di Francesco. E questo – chiarisce – non aiuta, almeno non nell’ospedale da campo della chiesa americana“. Reno va oltre e parla apertamente di una cultura che ha fatto propria la “resa incondizionata”. Davanti a noi, aggiunge, “c’è una cultura secolare che non accetterà di parlare meno di aborto, nozze gay o contraccezione. L’unica via d’uscita accettabile è il compromesso o il silenzio”. Il dialogo no, perché “il mondo intellettuale cattolico ha dialogato per cinquant’anni, e il risultato è la secolarizzazione”.
La prospettiva cristocentrica di Francesco
Più prudente e aperto al cambiamento è invece il biografo di Giovanni Paolo II, George Weigel. Bisogna prendere atto, dice, che il Papa è cambiato. C’è un pastore che si rivolge al popolo come predicatore piuttosto che come accademico, e che Francesco “è determinato a reindirizzare l’attenzione della chiesa e del mondo a Gesù Cristo”. Una dimensione cristocentrica che, secondo Weigel, alla fine farà risultare evidente la continuità con i due predecessori. Ma il tema è comunque all’ordine del giorno. Lo stesso Dolan, a luglio, si mostrava perplesso per alcuni passi del Pontefice argentino, mentre l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, parlava apertamente di “delusione” nell’ala conservatrice per l’elezione di Jorge Mario Bergoglio. Frasi poi addolcite, ammorbidite, spiegate, ma che lasciano comunque il segno di un malessere. Pochi giorni fa, poi, il vescovo di Providence, mons. Thomas Tobin, si chiedeva nel bollettino diocesano “perché il Papa non parli dei bambini non nati”.
Il contesto di Bergoglio
Francesco non cambia la dottrina, ma ritiene che di questi temi se ne debba parlare nel contesto adeguato. Un esempio è arrivato la scorsa settimana, quando ha usato parole durissime contro l’aborto ricevendo in udienza una delegazione di medici cattolici. Frasi in continuità con quelle di Wojtyla e Ratzinger, ma che appunto venivano pronunciate nell’ambito di un incontro ad hoc. L’episcopato americano non ha che due strade davanti a sé: o si conforma al nuovo corso (e le prime parole di Dolan dopo l’intervista del Papa a Civiltà Cattolica sembrano andare in tale direzione) o si innesterà un pericoloso meccanismo potenzialmente lacerante. Ma su questi rischi, Francesco ha indirettamente messo in guardia proprio ieri, nell’udienza generale in Piazza San Pietro: “Come recitiamo nel Credo, la chiesa cattolica è una. Non esiste una chiesa europea, una asiatica, una africana, una americana. Non si può privatizzare la chiesa”.


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