Parte il “G8” di Francesco, per “migliorare la reputazione” della curia
La “consulta outsider” è pronta per la sua prima riunione. Il gruppo degli otto cardinali nominati dal Papa lo scorso aprile si ritroverà martedì prossimo a Roma (sarà presente il Papa) per iniziare a lavorare alla riforma della curia, studiando quanto e come sia possibile aggiornare ai tempi correnti e alle nuove esigenze la costituzione apostolica “Pastor Bonus” promulgata da Giovanni Paolo II nel 1988. Saranno loro, capitanati dal porporato honduregno Oscar Maradiaga a fare sintesi della notevole mole di consigli, suggerimenti, idee, proposte raccolti in questi mesi tra gli episcopati locali.
Per facilitare il compito, auspicava lo scorso luglio Maradiaga, come primo atto potrebbe essere adottato un instrumentum laboris, un piano di lavoro che aiuti a definire priorità e tempistica. Gli otto porporati hanno comunque già avuto l’opportunità di scambiarsi le prime impressioni, e anche Francesco è al corrente delle principali istanze provenienti dalle conferenze episcopali nazionali. Il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, ha fatto sapere che da mesi si scambia e-mail con l’inquilino più prestigioso di Santa Marta, senza alcun filtro della segreteria di stato. L’obiettivo è di giungere a una riduzione degli uffici e degli organismi, e l’idea che sembra riscuotere maggior consenso è quella di favorire possibili accorpamenti tra i Pontifici consigli, ridefinendone i compiti e le funzioni. In curia, ad esempio, ci si chiede che senso abbia avere il Pontificio consiglio Cor Unum, quello Giustizia e Pace e un consiglio per i Migranti e gli itineranti, quando Francesco è determinato a fare della segreteria di stato il centro deputato a trattare con gli stati e a seguire le crisi internazionali. Anche per questo, Jorge Bergoglio ha voluto che a succedere a Tarcisio Bertone fosse monsignor Pietro Parolin, un diplomatico di carriera, un nunzio che per anni ha lavorato al dossier cinese e ha contribuito al riavvicinamento con il Vietnam prima di essere mandato in Venezuela a fare da tramite con il governo di Chávez prima e di Maduro poi.
Se la Terza loggia diventerà il cuore della politica estera vaticana, subirà con ogni probabilità una deminutio delle sue competenze negli affari interni. Il Papa, infatti, punta a responsabilizzare maggiormente i capi dicastero e a favorire il coordinamento tra loro. A ogni modo, ed è lo stesso Francesco ad averlo detto in più d’un’occasione, la riforma non sarà completata in tempi brevi. Ci saranno almeno altre due-tre riunioni, prevedeva il Pontefice durante la conferenza stampa aerea tornando da Rio de Janeiro dopo la settimana trascorsa in Brasile per la Giornata mondiale della gioventù. Alla Civiltà Cattolica aggiungeva inoltre che “molti pensano che i cambiamenti e le riforme possano avvenire in breve tempo. Io credo che ci sia sempre bisogno di tempo per porre le basi di un cambiamento vero, efficace. E questo è il tempo del discernimento”.
L’unico membro europeo della speciale consulta, il cardinale tedesco Reinhard Marx, arcivescovo della diocesi di Monaco e Frisinga, sottolinea al settimanale Zeit che “prima di tutto bisogna migliorare la reputazione della Santa Sede, e per fare questo abbiamo bisogno di una forte autorità centrale”. Molti dei problemi, aggiunge il porporato, “sono stati causati dalla mancanza di comunicazione tra il Papa, la curia e i vescovi locali. Noi siamo un’organizzazione mondiale senza eguali, ma forse non abbiamo raggiunto ancora il livello di sviluppo che un’organizzazione mondiale richiede. Molti dei nostri fedeli pensano che la chiesa dovrebbe essere devota e che la burocrazia è qualcosa di diabolico. La chiesa non deve essere un sistema feudale, le sue decisioni devono essere trasparenti e verificabili”.
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