ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 23 settembre 2013

Parlare in continuazione di che?

Papa Francesco e i cari estinti

I principi non negoziabili, bandiera di due papi, sono ormai lettera morta. Con l’intervista al giornale dei gesuiti, il vescovo di Roma ribalta il paradigma cattolico ratzingeriano. Reazioni di sconcerto

“Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione”.
A chi si interrogava sul sostanziale silenzio del nuovo Pontefice su quelli che il suo predecessore, Benedetto XVI, aveva chiamato “principi non negoziabili” (che attengono alla nascita, alla morte, al generare, alla libertà educativa) e la cui centralità, con Ratzinger ma anche con Papa Wojtyla, aveva caratterizzato gli ultimi vent’anni di cattolicesimo, Papa Francesco ha risposto nella lunga intervista autoritratto concessa a padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti. Alla domanda specifica su “divorziati risposati, coppie omosessuali”, il Papa risponde che “dobbiamo annunciare il Vangelo su ogni strada, predicando la buona notizia del Regno e curando, anche con la nostra predicazione, ogni tipo di malattia e di ferita. A Buenos Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono ‘feriti sociali’ perché mi dicono che sentono come la chiesa li abbia sempre condannati. Ma la chiesa non vuole fare questo”.
E ripete quanto già detto durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro: “Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: ‘Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?’. Bisogna sempre considerare la persona”. Il Papa fa anche l’esempio “di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e adesso è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramente pentita. Vorrebbe andare avanti nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?”.
Con questa intervista, Papa Bergoglio ha dato e darà molto da fare agli esegeti delle sue parole, agli scrutatori di sfumature che vorranno leggerci aperture inedite o conferme dottrinali. Intanto il vescovo di Providence, Thomas J. Tobin, ha appena scritto sul suo giornale diocesano di essere un po’ deluso dal fatto che Papa Francesco “non abbia detto molto, almeno per quanto ne sappia, dei figli non nati, dell’aborto. In tanti l’hanno notato. Penso che sarebbe bene che Papa Francesco affronti in modo più diretto il male dell’aborto e incoraggi chi si impegna nei movimenti pro life”. Se il vescovo di un paese, gli Stati Uniti, dove quei movimenti sono fortissimi esprime una rispettosa “delusione”, il vaticanista italiano Sandro Magister osserva che “quando Ratzinger mise i principi non negoziabili (il copyright è suo) al centro della riflessione e dell’azione della chiesa, lo fece perché cresceva la sensazione di una rivoluzione antropologica incombente e sconvolgente”. Nel famoso discorso del 30 giugno 2006 ai deputati del Partito popolare europeo, Benedetto XVI sottolineò: “Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana, e pertanto sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere confessionale, ma si dirige a tutte le persone, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa”. Ora, osserva Magister, “tutto questo è come ‘silenziato’, e direi che ha ragione chi dice che stiamo assistendo alla fine dei principi non negoziabili come insegnamento capace di dare una direzione, una meta”. Secondo il vaticanista, per capire la genesi di questo cambio di rotta “è necessario tornare al pontificato di Wojtyla e al 1995, l’anno dell’Evagelium Vitae. Era l’anno successivo all’epica lotta Papa-resto del mondo combattuta al Cairo nella Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo. Lì  Papa Wojtyla aveva colto il calibro della sfida antropologica in atto, che nemmeno nella chiesa era avvertita in tutta la sua gravità.
L’episcopato italiano, con Camillo Ruini, era uno dei pochissimi che dava sostegno al Papa in quel periodo. Poi le cose sono cambiate. Una sequenza di novità che hanno portato pian piano settori della chiesa e anche settori e personalità del pensiero laico esterno alla chiesa – pensiamo al filosofo Jürgen Habermas, ma non solo – su una frontiera comune con il Papa. Benedetto XVI ha proseguito su questa linea, argomentando in modo serrato la necessità assoluta che la chiesa si impegnasse in quella battaglia. Wojtyla e Ratzinger sono stati due pastori determinati, anche per motivare episcopati a volte fragili, soprattutto in Europa. Ora Bergoglio dice agli episcopati: pensateci voi”. Si è visto con la timidezza dei vescovi francesi rispetto al mariage gay, per esempio. E ora che i frutti del turbosecolarismo arrivano a maturazione, con il matrimonio omosessuale o con il “diritto” di eutanasia, la battaglia sui principi non negoziabili passa in secondo piano, almeno nell’aspetto della comunicazione.  In Italia, conclude Magister, “si è da poco conclusa la Settimana  sociale dei cattolici. Chi si è accorto che il cuore della relazione introduttiva del presidente, cardinale Bagnasco, era dedicata ai principi non negoziabili e alla pervasività della teoria del gender?”.
“Il silenzio su questi temi del Papa – di un Papa che parla ogni giorno al mondo e ai fedeli – relega nell’irrilevanza, quantomeno mediatica, chi continua a farlo”, dice in forma riservata al Foglio un esperto di comunicazione nel mondo cattolico, che sottolinea come “Papa Francesco non sopporti la negatività espressa in quel ‘non’. la sua deve essere la chiesa del sì, la chiesa della misericordia, ed è un programma formidabile. Ma in quanti ‘sì’ c’è un no implicito?”. Il disagio, prosegue il nostro interlocutore, “almeno nella chiesa italiana si sente, e si sente la difficoltà di riconversione da un equilibrio ratzingeriano ‘cuore-ragione’ al ‘tutto cuore’ di questo Papa. L’enfasi messa sulla coscienza, e sul fatto che l’importante è la percezione di far bene (come Bergoglio ha scritto a Scalfari), lascia aperte voragini interpretative. Anche la coppia gay che affitta l’utero di una donna povera in India, può pensare di far bene, di dar corso a un diritto o al legittimo desiderio di avere un figlio. Ma questo solleva la chiesa dal dovere di dire che quella modalità è un’offesa all’umanità? E che succederà quando certe opinioni diventeranno reati, o se i cattolici vorranno continuare a scrivere padre e madre sui moduli scolastici dei figli?”.
Francesco Belletti, presidente del Forum che raccoglie le associazioni cattoliche che si occupano di famiglia, ha appena invitato i parlamentari italiani a non votare la legge sull’omofobia, che tenta di “introdurre aggravanti e strumenti giuridici che renderanno impossibile e illegittimo, persino perseguibile penalmente, affermare – e persino pensare – che per educare un bambino servono un padre e una madre”. Al Foglio, Belletti dice di non credere che stia venendo meno l’impegno del Vaticano sulla questione antropologica: “Credo si scambi per disimpegno quella che è una semplice differenza di logiche comunicative. La priorità rimane. Nel magistero relazionale di Papa Francesco, diverso da quello dei predecessori, i nodi centrali dell’umano sono costantemente rappresentati, in piena continuità. Non asseconderei il tentativo di certi osservatori di accentuare queste divergenze solo comunicative. Ricordo che anche Benedetto XVI, nella sua prima uscita da Papa, di fronte ai vescovi della Valle d’Aosta parlò di accoglienza e di cura per i separati e per le famiglie in difficoltà. Certo – ammette il presidente del Forum delle famiglie – dal lessico giornalistico e anche di molti soggetti del mondo cattolico quell’espressione, ‘principi non negoziabili’, sembra scomparsa. Ma che continui a resistere una piattaforma antropologica irrinunciabile sulle qualità fondanti dell’umano, mi pare chiaro. Lo stesso Papa Bergoglio lo ha ribadito nel suo famoso discorso a braccio in aereo, di ritorno dal Brasile: vale il magistero della chiesa”. Vale, anche se questo non impedisce a Giacomo Poretti, del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, tornato di recente alla fede, di dire al mensile Credere che dal Papa si aspetta “come papà, che mi aiuti a orientarmi nel mondo di oggi. Quando sento che in Francia non ci sarà più la festa della mamma, ma del ‘genitore uno’ o del ‘genitore due’, sono curioso di sapere cosa ne pensa il papa”. Nei primi giorni di ottobre, dal 3 al 6, a Bratislava, in Slovacchia, si terrà l’annuale assemblea plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali europee. Per loro, il tema è obbligato: “Dio e lo stato: tra laicità e laicismo”.

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