della dottrina cattolica
Felice espressione quella di “cattolicesimo liquido” affibbiata da Gnocchi e Palmaro alla dottrina ufficiale della Chiesa di questi tempi. Dolorosamente felice. E in perfetta sintonia con le risultanze degli studi di filosofi come Antonio Livi ed Enrico M. Radaelli – i quali parlano ormai da tempo di progressiva “dedogmatizzazione” della Chiesa –, e di teologi come Brunero Gherardini, il quale parla invece di “ipodogmatizzazione” in quest’epoca di ormai avanzato postcristianesimo: sempre si tratta comunque dello stesso evidente fenomeno, in atto, di svuotamento progressivo dei valori cattolici essenziali, che per ora sembra solo lambire la soglia delle verità di fede, superata però la quale si verrebbe a mettere in pericolo l’essenza stessa della Chiesa.
Del resto, è un fatto che il Magistero ordinario della Chiesa parli pochissimo di dogmi e che l’opinione corrente dei fedeli tenda ad una interpretazione sempre più personalistica e riduttiva dei medesimi, in nome di quella nuova deontologia che Gnocchi e Palmaro ascrivono esattamente al soggettivismo luterano da una parte e allo statalismo kelseniano dall’altra.
Amerio, che aveva la vista lunga, non parlava di «ipo-» o «de-dogmatizzazione» ma con un anticipo di decenni si riferiva allo stesso fenomeno quando segnalava che l’ultimo Concilio aveva aperto le porte del Magistero ad una «quiddità eterogenea» di teoremi religiosi che preludeva ad un saltus ad aliud del cattolicesimo, saltus camuffato dall’innocenza di dire in un modo nuovo l’identica religione (si veda Iota Unum, ediz. Ricciardi 1989, pag. 595).
Stando alle esternazioni di questi mesi sembra che – proprio al centro della Chiesa – non si voglia più sentir parlare di clericalismo; di Chiesa orante; tanto meno di devozionismo; di Messa tradizionale (con lo scandalo accessorio dei benemeriti Frati dell’Immacolata, e con buona pace delSummorum Pontificum del tuttora vivente e di f. r. Benedetto XVI); di un uomo “che sia illuminato dalla Rivelazione di Dio” sulla via del Bene (art. 38 CCC) mentre tutto – perfino il giudizio sul bene e sul male - viene rimesso ai tortuosi meandri della coscienza individuale, dell’opinabilità, della relatività delle verità, in una parola, della mondanità.
Se la sorgente dell’equivoco è lontana cinquant’anni fa da oggi, e forse più, resta il problema della Chiesa contemporanea e della Chiesa prossima futura:
quale Chiesa sto vivendo ora e quale la vivranno i miei figli?
Esclusa l’utilità di un perenne dibattito su una Chiesa sempre in bilico fra l’ipotesi di una «rottura della continuità» col passato, e quella di una semplice «riforma nella continuità» (interessante al riguardo l’ultimo libro di Radaelli Il domani – terribile o radioso? – del dogma, che confuta entrambe le alternative, in vista dell’interesse superiore della salvaguardia del dogma); esclusa altresì una ipotetica soluzione ad extra (o fuga per disperazione), la soluzione davanti ad una Chiesa così dimidiata e dissanguata va trovata ad intra: al momento non risultano né nuove sante Caterine né altre figure di santi riformatori, ma anche un modesto osservatore può riconoscere che il senso, la direzione da prendere è comunque interna a questa Chiesa che resta oggettivamente Santa non per i meriti dei suoi uomini, ma perché è corpo del Corpo Mistico, perché possiede l’Eucaristia e perché possiede in modo infallibile ed indefettibile la Verità rivelata.
Non sta certo al modesto osservatore prescrivere una ricetta, e nemmeno ne sarebbe in grado, semmai egli può solo intuire il senso di marcia, ed un esempio luminoso al riguardo viene offerto proprio in questi giorni dall’obbedienza incondizionata dei Frati dell’Immacolata. Già, il coraggio dei Santi, grazie all’opera interna dei quali la Chiesa è stata in grado di glorificare il Signore anche nei suoi momenti più critici ed oscuri.
E grazie anche al coraggio di quanti – ancor oggi, magari solo avviati ad un cammino di santità – prestano voce, ingegno e penna per dissentire, eppure perseverano.
E’ attraverso il coraggio di aver fede che va auspicata, cercata ed attesa quella metanoia della Chiesa la cui miccia nessuno sembra oggi saper accendere, ma che in molti sapremmo accogliere una volta accesa.
Del resto, è un fatto che il Magistero ordinario della Chiesa parli pochissimo di dogmi e che l’opinione corrente dei fedeli tenda ad una interpretazione sempre più personalistica e riduttiva dei medesimi, in nome di quella nuova deontologia che Gnocchi e Palmaro ascrivono esattamente al soggettivismo luterano da una parte e allo statalismo kelseniano dall’altra.
Amerio, che aveva la vista lunga, non parlava di «ipo-» o «de-dogmatizzazione» ma con un anticipo di decenni si riferiva allo stesso fenomeno quando segnalava che l’ultimo Concilio aveva aperto le porte del Magistero ad una «quiddità eterogenea» di teoremi religiosi che preludeva ad un saltus ad aliud del cattolicesimo, saltus camuffato dall’innocenza di dire in un modo nuovo l’identica religione (si veda Iota Unum, ediz. Ricciardi 1989, pag. 595).
Stando alle esternazioni di questi mesi sembra che – proprio al centro della Chiesa – non si voglia più sentir parlare di clericalismo; di Chiesa orante; tanto meno di devozionismo; di Messa tradizionale (con lo scandalo accessorio dei benemeriti Frati dell’Immacolata, e con buona pace delSummorum Pontificum del tuttora vivente e di f. r. Benedetto XVI); di un uomo “che sia illuminato dalla Rivelazione di Dio” sulla via del Bene (art. 38 CCC) mentre tutto – perfino il giudizio sul bene e sul male - viene rimesso ai tortuosi meandri della coscienza individuale, dell’opinabilità, della relatività delle verità, in una parola, della mondanità.
Se la sorgente dell’equivoco è lontana cinquant’anni fa da oggi, e forse più, resta il problema della Chiesa contemporanea e della Chiesa prossima futura:
quale Chiesa sto vivendo ora e quale la vivranno i miei figli?
Esclusa l’utilità di un perenne dibattito su una Chiesa sempre in bilico fra l’ipotesi di una «rottura della continuità» col passato, e quella di una semplice «riforma nella continuità» (interessante al riguardo l’ultimo libro di Radaelli Il domani – terribile o radioso? – del dogma, che confuta entrambe le alternative, in vista dell’interesse superiore della salvaguardia del dogma); esclusa altresì una ipotetica soluzione ad extra (o fuga per disperazione), la soluzione davanti ad una Chiesa così dimidiata e dissanguata va trovata ad intra: al momento non risultano né nuove sante Caterine né altre figure di santi riformatori, ma anche un modesto osservatore può riconoscere che il senso, la direzione da prendere è comunque interna a questa Chiesa che resta oggettivamente Santa non per i meriti dei suoi uomini, ma perché è corpo del Corpo Mistico, perché possiede l’Eucaristia e perché possiede in modo infallibile ed indefettibile la Verità rivelata.
Non sta certo al modesto osservatore prescrivere una ricetta, e nemmeno ne sarebbe in grado, semmai egli può solo intuire il senso di marcia, ed un esempio luminoso al riguardo viene offerto proprio in questi giorni dall’obbedienza incondizionata dei Frati dell’Immacolata. Già, il coraggio dei Santi, grazie all’opera interna dei quali la Chiesa è stata in grado di glorificare il Signore anche nei suoi momenti più critici ed oscuri.
E grazie anche al coraggio di quanti – ancor oggi, magari solo avviati ad un cammino di santità – prestano voce, ingegno e penna per dissentire, eppure perseverano.
E’ attraverso il coraggio di aver fede che va auspicata, cercata ed attesa quella metanoia della Chiesa la cui miccia nessuno sembra oggi saper accendere, ma che in molti sapremmo accogliere una volta accesa.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.