ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 29 novembre 2013

Ecco l'autonomia bergoglista!

Allegria del vangelo va bene, ma senza esagerare, dice il tedesco custode della fede ai tedeschi in rivolta

Vescovi importanti, e il capo della conferenza tedesca, contro il Sant’Uffizio di Müller sui divorziati risposati e la comunione. Botte da orbi a colpi di dottrina

Sarà pure in scadenza di mandato, ma Robert Zollitsch, il presidente uscente della Conferenza episcopale tedesca, non ha alcuna intenzione di prepararsi al pensionamento chiudendosi in un meditabondo silenzio. Tutt’altro. Prima dell’addio alla presidenza dei vescovi di Germania, ultima carica che ancora ricopre – a settembre, appena un mese dopo aver compiuto i settantacinque anni canonici, è stato sollevato dalla guida della diocesi di Friburgo, rimanendovi come amministratore apostolico – vuole accelerare sulla riammissione dei divorziati risposati al sacramento dell’eucaristia. E pazienza se il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede – anche ieri ricevuto in udienza da Francesco – da Roma, ha detto che non se ne parla: “Noi andiamo avanti”, ha risposto Zollitsch durante il Consiglio diocesano autunnale del 15-16 novembre.
A riportarlo è il Konradsblatt, il settimanale online della diocesi di Friburgo. A inizio ottobre, molto rumore aveva fatto il documento diffuso dall’ufficio preposto alla cura delle anime della diocesi tedesca, in cui si invitava “a rendere visibile l’atteggiamento umano e rispettoso di Gesù nel contatto con le persone divorziate e con chi ha deciso di risposarsi con rito civile”. Tradotto, via libera alla comunione ai divorziati risposati, giustificando il tutto con la misericordia che perdona ogni peccato.
A riportare a terra chi s’era già librato in voli pindarici arrivava il custode dell’ortodossia, Gerhard Ludwig Müller, che dall’ex Sant’Uffizio ammoniva sul rischio di “banalizzare la misericordia”, dando l’immagine sbagliata secondo la quale “Dio non potrebbe far altro che perdonare”. Ecco perché il prefetto aveva chiesto alla diocesi di Friburgo di ritirare il testo, in quanto utilizzava “terminologia non chiara” e perché “contrastante con l’insegnamento della chiesa”. Müller invitava infine a “non creare smarrimento tra i fedeli relativamente al magistero della chiesa sull’indissolubilità delle nozze”. Ma Zollitsch non ne vuole sapere: quel documento rientra tra i contributi in vista del Sinodo sulla famiglia in programma a Roma nell’ottobre del 2014. Bisogna dare spazio a tutti gli “impulsi costruttivi” che provengono dalla base e si dirigono ai vertici episcopali.
Il primo a sposare la linea del capo dei vescovi tedeschi è stato il cardinale Reinhard Marx, pastore della diocesi di Monaco e Frisinga che lasciando perdere il diplomaticamente corretto, sfidava apertamente Müller. “Il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede non può fermare il dibattito”, diceva in occasione di una conferenza in cui erano riuniti tutti i vescovi bavaresi. Se la prendeva con la lectio sulla pastorale del matrimonio tenuta dal titolare dell’ex Sant’Uffizio e pubblicata sull’Osservatore Romano a fine ottobre: “Parlare del divorzio come di fallimento morale è del tutto inadeguato”, tuonava Marx, ribadendo che di tutte quelle questioni “necessarie e urgenti” sulla famiglia si sarebbe discusso al Sinodo “in modo ampio e con risultati al momento non prevedibili”. Pazienza, dunque, se Müller chiariva che l’insegnamento dottrinale della chiesa non può essere cambiato da un vescovo diocesano o da una conferenza episcopale. L’insegnamento della chiesa può essere certamente aggiornato, “ma questo è un compito che spetta al Papa, in pieno accordo con i vescovi”.
In Germania, però, non ci sentono. Anche il vescovo di Stoccarda, monsignor Gebhard Fürst, chiede di far presto e di arrivare ad approvare “le nuove regole sulla comunione ai divorziati risposati entro il marzo del 2014”, quando si terrà la riunione primaverile della Conferenza episcopale tedesca. Il caso vuole che quell’appuntamento sarà l’ultimo con Robert Zollitsch in veste di presidente. Il presule di Stoccarda non bada molto ai paletti posti da Roma, guarda con fiducia l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Francesco in cui si sottolinea la necessità di potenziare il ruolo delle chiese locali “anche in alcune questioni dottrinali”, e spiega che loro, vescovi di Germania, altro non fanno che “rispondere alle domande dei fedeli”. Dopotutto, “le aspettative sono sì grandi, ma grande è anche l’impazienza”. Insomma, non bisogna perdere tempo in troppe discussioni polverose impregnate di teologia e dottrina. La chiesa tedesca vuole agire subito, anticipando e, possibilmente, orientando il grande dibattito sinodale del prossimo autunno.
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«La comunione ai divorziati va affrontata con approccio nuovo»


Monsignor Lorenzo Baldisseri
MONSIGNOR LORENZO BALDISSERI

Dopo le parole di Francesco nell'«Evangelii gaudium» l'arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, conferma che il tema resta aperto: «Ne parleremo senza tabù. L'esperienza ortodossa può esserci d'aiuto»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

«Quello dei sacramenti ai divorziati risposati è un tema da affrontare con un approccio nuovo». L'arcivescovo Lorenzo Baldisseri è il prelato che il Papa ha nominato segretario generale del Sinodo dei vescovi. Toscano di San Pietro in Campo, classe 1940, per quasi quattro decenni diplomatico vaticano, da fine settembre ha il compito di svecchiare l'istituto del Sinodo chiamato a discutere in due riprese - nel 2014 e nel 2015 - il tema della famiglia, dopo la capillare diffusione di un questionario in proposito.

Francesco nell'«Evangelii gaudium» non cita esplicitamente il tema dei sacramenti ai divorziati risposati. Scrive però che l'eucaristia «non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Come leggere queste parole?

«Sottolineiamo anche la frase successiva: "Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia". Il Papa mette insieme questi due elementi. Significa che vuole che si studino questi problemi con la prudenza e dunque con attenzione alla dottrina. Ma anche con audacia, che per me equivale a "senza paura", guardando alle situazioni concrete delle persone».

Dunque cambierà qualcosa?

«Il magistero non è ingessato, è l'accompagnamento della dottrina al popolo. C'è un approfondimento continuo e ci sono le applicazioni ai vari casi. La Chiesa deve saper trovare l'applicazione della dottrina nel caso concreto delle persone. Questo approccio non deve farci immaginare subito conclusioni generali, norme per tutti. Dobbiamo partire dai casi concreti. E lì si può anche sviluppare una maniera nuova di poter considerare la dottrina. In fondo, anche con le dichiarazioni di nullità matrimoniali noi interveniamo caso per caso. La pastorale è questo, non è uno schema».

È giusto perciò dedurre che il tema dei sacramenti ai divorziati risposati è aperto?

«Se è stato messo nella lista del Questionario vuol dire che si intende trattarlo. E se ne vuole parlare senza tabù, altrimenti non sarebbe stato citato. Questo mi sembra evidente».

Nell'intervista sul volo di ritorno da Rio, Bergoglio a questo proposito ha ricordato - senza prendere alcuna posizione - la via ortodossa, che prevede in certi casi la benedizione di una seconda unione...

«L'esperienza della Chiesa ortodossa può esserci di aiuto, non solo per quanto riguarda la sinodalità e la collegialità, ma anche nel caso di cui stiamo parlando, per illuminare il cammino. Ma ora non è il momento di discutere quale sia la soluzione migliore, sono temi che saranno trattati nel Sinodo. Abbiamo cominciato adesso a parlarne, in maniera nuova rispetto al passato, con una richiesta di informazioni e riflessioni alla base, alle diocesi e alle parrocchie, e questo ci aiuterà molto, insieme all'esperienza di altre Chiese, come di quelle orientali. Come lei ha ricordato anche il Papa ha fatto un riferimento a quella prassi ortodossa».

Il questionario che avete inviato è un sondaggio?

«No, non lo è, va ribadito. Non è un sondaggio così come lo si intende oggi, e nemmeno un referendum. È stata invece la volontà di conoscere direttamente dalle persone quella che è la loro esperienza non solo individuale ma anche di gruppo, per raccogliere dati statistici, riflessioni, elaborazioni. Così i vescovi del Sinodo avranno il polso della situazione senza doverla trarre dai libri o dalle indagini sociologiche. Il nostro questionario è molto di più di un'indagine sociologica. È una riflessione anche ecclesiale e spirituale. E le domande sono aperte...».

Può spiegare la novità di questo Sinodo in due tempi, con due riunioni sullo stesso tema a distanza di un anno?

«È una novità che risponde alla nuova dinamica voluta dal Papa e in qualche modo si ispira a quella conciliare. Francesco vuole un sinodo dinamico e permanente, non come organismo strutturato, ma come azione, come osmosi tra il centro e la periferia. E lo vuole aperto a tutti i temi, per accogliere suggerimenti che arrivano dalle Chiese locali. Il consiglio di segreteria, composto attualmente da 15 persone acquisterà maggiore importanza, e questo vuol dire che il Papa avrà anche qui la possibilità di consultare un consiglio permanente per il suo governo». 

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