Chi vuole uccidere la memoria scomoda del Beato Rolando Rivi?
Da parte sua la preside della scuola elementare dopo avere visionato la mostra ha emesso un giudizio inquietante: “La visita alla mostra viene annullata per ragioni didattiche per l’impossibilità di contestualizzare dal punto di vista storico e didattico la mostra”. “Contestualizzare”: parola magica dietro cui nascondere l’ennesima discriminazione post mortem di una figura evidentemente “imbarazzante” per la vulgata antifascista.
Chi era infatti il Beato Rivi ? Nato il 7 gennaio 1931 a San Valentino di Castellarano, Rolando Rivi a undici anni, subito dopo la Cresima, sentì improvvisa la chiamata del Signore: “Voglio farmi prete per salvare tante anime. Poi partirò missionario per fare conoscere Gesù lontano”, disse ai genitori che assecondarono la sua vocazione e all’inizio del 1942 lo mandarono nel Seminario di Marola, a Carpineti, in provincia di Reggio Emilia, per frequentare le scuole medie e per iniziare gli studi che un giorno lo avrebbero fatto diventare prete.
In seminario indossò con orgoglio l’abito talare, considerandolo il segno dell’appartenenza alla Chiesa e non se ne separò sino alla morte, portandolo anche quando l’Italia era divisa da un odio fratricida, diffuso dai comunisti che consideravano i sacerdoti nemici da uccidere. Il suo sogno di diventare prete si spezzò nel 1944 quando i tedeschi occuparono il seminario di Marola e tutti i ragazzi dovettero tornare nelle loro case e continuare gli studi da soli.
Rolando Rivi rientrò a San Valentino ma continuò a indossare la talare. “Studio da prete e la tonaca è il segno che io sono di Gesù ”, rispondeva con determinazione, dividendosi sempre tra la chiesa, la casa e un boschetto dove andava a studiare. Fece così anche il 10 aprile 1945, ma quel giorno non tornò a casa. E quando, non vedendolo arrivare, i genitori andarono a cercarlo, trovarono a terra i libri e un biglietto: “Non cercatelo, viene un momento con noi partigiani”.
Si misero a cercarlo dovunque. Quattro giorni dopo un partigiano che aveva assistito alle ultime ore di vita del ragazzo, tentando di opporsi alla sua fine, confessò che cosa era accaduto: Rolando Rivi era stato sequestrato, torturato e ucciso a Piana di Monchio, sull’Appennino modenese. Era successo il 13 aprile 1945, fu ritrovato, su indicazione del partigiano comunista pentito, il giorno dopo da suo padre e da quel momento divenne il simbolo dell’amore per Dio.
Questi i fatti, indiscutibili, che hanno portato la Chiesa a beatificare Rivi, riconoscendo il martirio di quell’adolescente ucciso perché la talare che indossava lo faceva considerare un “nemico”.
A quasi settant’anni di distanza da quelle terribili vicende, scandalizzarsi per una mostra a Lui dedicata è un po’ come ucciderlo una seconda volta.
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Sul Beato Rolando Rivi vedi anche: “Rolando Rivi, seminarista martire per la talare” e la “Lettera del Vescovo alla Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla“
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