Le anime del Purgatorio e l’adorazione eucaristica
Uno
degli aspetti tuttora inesplorati riguardanti le anime del Purgatorio
è quello del loro essere il più mirabile esempio e modello di
“adoratrici eucaristiche”.
Riteniamo doveroso, a questo proposito citare, quale spunto, il tributo del grandissimo santo e scrittore napoletano don Dolindo Ruotolo, il quale dedica a questo argomento un passaggio del suo ricchissimo e illuminante trattato sul Purgatorio, del quale consigliamo la lettura per intero, attenta e meditata a tutti, specialmente nel periodo dell’anno consacrato dalla Chiesa al suffragio dei defunti.
Riteniamo doveroso, a questo proposito citare, quale spunto, il tributo del grandissimo santo e scrittore napoletano don Dolindo Ruotolo, il quale dedica a questo argomento un passaggio del suo ricchissimo e illuminante trattato sul Purgatorio, del quale consigliamo la lettura per intero, attenta e meditata a tutti, specialmente nel periodo dell’anno consacrato dalla Chiesa al suffragio dei defunti.
L'Eucaristia
e la pena del danno
La
pena del danno, per tutte le anime, e specialmente per le più vicine
alla gloria, è immensamente temperata dall'Eucaristia, che è la
presenza velata di Gesù. Per questo da tante rivelazioni sappiamo
che quando si celebra la Messa per un'anima, essa non soffre o per lo
meno è grandemente refrigerata, proprio per la presenza di Gesù
sull'Altare. Celebrandosi la Messa per lei, e applicandola Dio
all'anima penante, quando non c'è un ostacolo di giustizia che lo
impedisca, l'anima ritorna quasi come pellegrina di amore sulla terra
dove si celebra, si unisce alla Chiesa militante, partecipa al suo
ineffabile tesoro Eucaristico, e si trova con immenso amore vicina a
Gesù, adoratrice amorosissima, attraverso il velo dell'Ostia santa,
di Gesù, suo amore e sua vita. Nessuna
creatura della terra è adoratrice Eucaristica come un'anima purgante
che partecipa ad una Messa celebrata per lei, o che si unisce per il
suffragio all'adorazione della Chiesa per Gesù Sacramentato. Ne abbiamo un esempio bellissimo in una rivelazione di S. Geltrude.
A questa Santa apparve, appena dopo morta, una Religiosa deceduta nel fiore dell'età, e nel bacio del Signore, dopo una vita passata in continua adorazione verso il SS. Sacramento. Le apparve tutta sfolgorante di luce celeste, inginocchiata davanti al Divino Maestro, che faceva partire dalle sue piaghe gloriose cinque raggi infiammati, che andavano a toccare dolcemente i cinque sensi della pia Suora. Ciononostante, sembrando la fronte di questa come offuscata da una nube di profonda tristezza, S. Geltrude, piena di meraviglia, domandò al Signore come mai, mentre Egli favoriva la sua serva in modo tanto speciale, questa sembrava che non godesse di una gioia perfetta. Gesù rispose: « Fino ad ora quest’anima fu giudicata degna di contemplare solamente la mia umanità glorificata e le mie cinque piaghe in considerazione della sua devozione verso il mistero Eucaristico, ma non può essere ammessa alla visione beatifica a cagione di alcune macchie leggerissime da lei contratte nella pratica della Regola ».
E poiché la Santa intercedeva per lei, Gesù le fece conoscere che senza numerosi suffragi, quell'anima non avrebbe potuto terminare la sua pena. La defunta medesima fece cenno a S. Geltrude di non voler essere liberata, prima di avere soddisfatto al suo debito. L'amore che aveva per Dio, le faceva desiderare di comparirgli davanti tutta pura. L'amore che in vita aveva avuto a Gesù Sacramentato, le faceva contemplare la Divina Umanità di Lui, come l'aveva contemplata velata nell'Ostia Santa.
Ecco un altro esempio che ci dimostra come la Divina Eucaristia attenua nelle anime purganti la pena del danno, e la separazione da Dio.
Il giorno di tutti i Santi una giovane di rara virtù e modestia, vide comparirle davanti l'anima di una dama di sua conoscenza, morta poco tempo prima, la quale le fece conoscere come essa soffrisse bensì la sola privazione di Dio, ma che questa privazione era per lei così intensa, che le procurava un tormento indicibile. In tale stato le si fece vedere più volte, e quasi sempre in Chiesa, poiché, non potendo contemplare Dio a faccia a faccia nel Cielo, cercava di trovare refrigerio alla sua pena, contemplandolo almeno sotto le specie Eucaristiche.
Sarebbe impossibile riferire a parole con quale slancio di adorazione, e con quale umile rispetto, rimanesse quell'anima davanti alla Sacra Ostia. Quando assisteva al divino Sacrificio, nel momento dell'elevazione il suo volto s'illuminava in tal modo, che sembrava un Serafino. La giovanetta dichiarava di non aver visto mai uno spettacolo più bello. Ogni volta che la fanciulla si comunicava, l'anima della matrona l'accompagnava alla Sacra Mensa, e rimaneva poi accanto a lei per tutto il tempo del ringraziamento, per godere della sua felicità innanzi a Gesù Sacramentato vivente in lei.
Questi esempi scostano appena il velo su un mistero che è forse troppo profondo, sia per noi uomini di un’era tanto desacralizzata, sia per chi ci ha preceduto in epoche di fede più radicata e diffusa.
Questo mistero, infatti, attiene a due realtà straordinarie come il Divin Sacrificio e la vita ultraterrena delle anime trapassate. Troppe sono, però, le testimonianze di quanto queste anime bramino essere alleviate nelle loro sofferenze, dalla S.Messa, per non tentare di darne spiegazione. Risulta quasi scontato premettere che i meriti infiniti di Nostro Signore morente sulla croce e riattualizzati nelle mani del consacrato, applicati a queste sue figlie predilette (perché confermate in eterno nella grazia, salve e destinate al paradiso), apportino un sollievo inimmaginabile.
Quello che ci preme considerare è il ruolo di silenziose e invisibili adoratrici che svolgono le anime purganti nelle nostre chiese, abbandonate dai cristiani di una Chiesa sempre meno “militante”.
Queste ardenti sentinelle degli altari sentono una comunanza tutta particolare con il Prigioniero d’amore, languente nei tabernacoli della terra. Esse stesse, come il loro Maestro, sono nelle condizioni di volontaria segregazione: l’Uno per santificare gli uomini, le altre per purificare se stesse. Stessa la condizione, stesso lo scopo. Quali colloqui, quali scambi ineffabili intercorreranno tra queste due realtà tanto vicine? Quale palpito soavissimo di adorazione, essendo ormai dissolto il corpo che faceva da barriera alla contemplazione diretta del Dio tre volte santo?
Nessun santo sulla terra, per quanto mistico finissimo può eguagliare un’anima purgante nella tensione irresistibile all’Ostia Santa, perché nessun santo vive abitualmente fuori dal pesante involucro corporeo. Tutti i grandi santi hanno avvertito il corpo come un limite all’unione mistica perfetta con Dio (il primo e più illustre esempio è San Paolo, che dissemina letteralmente di questo concetto i suoi scritti: celebre il motto “Cupio dissolvi et esse cum Christo” o “chi mi libererà da questo corpo di morte?” ma ci è caro ricordare anche altri santi più vicini a noi cronologicamente, come riportato in uno degli scritti di padre Manelli:Una volta, alcuni confratelli mandarono a san Massimiliano M. Kolbe l'augurio di poter volare presto in Cielo presso l'Immacolata. Il Santo rispose: «Ringrazio coloro che... particolarmente mi hanno augurato non una lunga vita, ma una sollecita morte per trovarmi con l'Immacolata».
Quell'ardente apostolo che fu san Leonardo da Porto Maurizio predicava anche dal pulpito questo suo desiderio di morire subito per raggiungere la Beata Vergine in Paradiso. Una volta, predicando, arrivò a dire: «Io bramo di morire per vivere con Maria. E voi recitate un'Ave Maria per me. Ottenetemi la grazia di morire adesso su questo pulpito... Voglio andare a vedere Maria». È la stessa brama veemente che bruciava il cuore di san Paolo (Fil 1,23), rivolta a Maria Santissima: «Bramo morire per stare con Maria»
Nessun santo inoltre, neppure il più grande, era “impeccabile”: fintanto che duravano i giorni della vita terrena, c’era quantomeno la possibilità, anche la più remota, di peccare e perdersi. Questo pensiero di “incertezza” formava il tormento delle anime sensibili: ai santi non solo incuteva orrore il peccato, ma persino la potenzialità del rendersi invisi al loro Dio. Piuttosto che correre questo rischio, i santi avrebbero preferito mille volte sottoporsi al fuoco del Purgatorio: terribile sì ma anche sigillo di salvezza finale, in quanto sostanzialmente opposto a quello infernale, che è cupo e impenetrabile. Quello del Purgatorio è doloroso ma anche “luminoso” come attestano le testimonianze di diversi santi: deve infatti servire a vagliare le anime e renderle perfettamente splendenti per accedere alla visione beatifica.
A questo proposito citiamo sempre dei passaggi di don Dolindo:
La prima gioia delle anime purganti è il sentirsi confermate in grazia, e quindi sicure della loro eterna salvezza, e nella felice impotenza di più peccare, esse che nelle pene causate loro dai peccati commessi, ne ponderano tutto l'orrore, e ne sentono tutto il pentimento.
E’ una gioia che difficilmente noi possiamo valutare, perché viviamo spensieratamente nell'incertezza della nostra salvezza eterna. E’ un fatto accertato da molte rivelazioni e da molti fatti storici, che le anime preferiscono di rimanere nelle pene del Purgatorio con la certezza di essere salve ed impeccabili, anziché ritornare in terra nell'incertezza di salvarsi. I morti risuscitati dai Santi per miracolo, hanno sempre preferito ricadere nella morte e ritornare in Purgatorio.
S. Stanislao
A conferma di quanto asseriamo, citiamo il celebre fatto avvenuto nel 1070 a S. Stanislao, Vescovo di Cracovia.
Era perseguitato dall'empio Principe Boleslao, e questi, tra le altre infamie fatte contro di lui, riuscì ad eccitargli contro gli eredi di un certo Pietro Miles, che era morto tre anni prima, lasciando una delle sue terre alla Chiesa. I suoi eredi, sicuri della protezione del Re, intentarono un processo al Santo, e subornando o intimidendo i testimoni, ottennero che il Santo fosse condannato alla restituzione del terreno.
Il Santo, vedendosi mancare la giustizia degli uomini, si appellò fiduciosamente a quella di Dio, e fatta sospendere l'udienza e la condanna, promise che avrebbe fatto comparire come testimone il defunto testatore, che giaceva da tre anni nella tomba. La sua proposta fu accettata tra mordaci derisioni come assurda. Dopo tre giorni di digiuno e di preghiere, il Santo Vescovo si recò col Clero e col popolo sulla tomba di Pietro Milés, ed ordinò che venisse aperta. Ma vi si trovarono solo, com'era da prevedersi, poche ossa tra un mucchio di cenere. I nemici del Santo esultarono, certi della vittoria. Quando ecco il Santo ordinare a quelle ossa di risorgere in nome di Gesù, resurrezione e vita. A quel comando quelle ossa, sotto gli occhi di tutti si avvicinarono, si riunirono, si ricoprirono di carne, e il morto, uscendo dalla tomba, dette la mano al Vescovo, e con lui e col Clero e col popolo stupito, si recò da Boleslao, certificando la verità della donazione fatta. Dopo, S. Stanislao gli domandò se volesse ritornare nella tomba o vivere ancora qualche anno sulla terra, ma il morto risuscitato rispose che, sebbene per i molti peccati commessi si trovava in Purgatorio tra atroci pene, preferiva ritornarvi, anziché rivivere in terra nell'incertezza di salvarsi. Implorò solo dal Vescovo preghiere e suffragi, per essere libero da quelle pene. Ricondotto processionalmente alla sepoltura, e benedetto dal Vescovo, vi si adagiò, e ritornò nello stato primiero.
E’ un fatto assolutamente storico, testimoniato da migliaia di testimoni.
Nessun santo vivo è dunque paragonabile, per ardore, ad un’anima purgante, per via della troppo diversa condizione stessa.
Un altro motivo che dovrebbe spingerci ad invocare le anime sante affinché adorino per noi Gesù Sacramentato è che le anime non hanno alcun vincolo umano, tantomeno le nostre affannose o inutili occupazioni: non chiedono che di intercedere per noi presso il tabernacolo, in un soccorso reciproco. Esse lo faranno ben volentieri: noi possiamo applicare loro le indulgenze e i nostri meriti, due cose che nel loro stato non possono più lucrare per se stesse. Come le più misere e impotenti mendicanti, attendono da noi un gesto di cartità nei loro confronti. Tutto possono per noi ma niente per sé stesse. Il tempo della mietitura è per loro passato, mentre noi possiamo ancora ammassare tesori spirituali per noi stessi e per loro. La Chiesa non è certo avara di devozioni fruttuosissime se destinate alle anime del purgatorio: si va dalle quasi prodigiose indulgenze giubilari o le Messe Gregoriane, fino alla più umile giaculatoria. Nessuna di queste preghiere è inutile, l’importante è scegliere la più adatta al nostro stato di vita (non si può “pretendere” lo stesso tempo dedicato all’orazione per un padre di famiglia rispetto ad una suora di clausura!) e perseverare con costanza.
Si segnala in particolare la bella coroncina per i sacerdoti che soffrono in purgatorio:
CORONCINA PER LE ANIME DEI SACERDOTI PIÙ ABBANDONATI
Nel none del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre
San Michele Arcangelo difendici nella lotta per essere salvati nell'estremo giudizio.
De profundis
Dal profondo a Te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera. Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono: perciò avremo il tuo timore. Io spero nel Signore, l'anima mia spera nella tua parola. L'anima mia attende il Signore più che le sentinelle l'aurora. Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.
L'Eterno riposo, dona loro, o Signore, e risplenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen.
Si usi una normale coroncina del Santo Rosario.
Sui grani grossi si reciti:Nostra Signora del Sacro Cuore, prega per questa Anima Consacrata.
Sui grani piccoli:Eterno Padre, Vi offro il Sangue Preziosissimo di Gesù, per l'anima di quel sacerdote che nel Purgatorio maggiormente soffre ed è più abbandonata.
Alla fine della coroncina si pregano queste orazioni:
I. O Signore Gesù Cristo, Sacerdote Eterno, che nella Tua vita terrena con generosa sollecitudine hai soccorso ogni povero afflitto e abbandonato, Ti supplico di rivolgere il Tuo sguardo compassionevole verso l'anima del sacerdote che nel Purgatorio soffre più atrocemente ed è da tutti dimenticata ed abbandonata. Guarda come quest'Anima Santa tormentata dalla voracità delle fiamme e con voce straziante chiede pietà e soccorso.
II. O Cuore Misericordioso di Gesù, che nell'Orto degli Ulivi, nell'amara solitudine, in preda ai più crudeli tormenti spirituali e sanguinosi spasimi, pregasti: "Padre, se è possibile allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà,", per questa Tua rassegnazione e dolorosa passione ed agonia, Ti prego d'aver pietà dell'Anima Santa per cui Ti supplico e degnati di sollevare le sue sofferenze e consolarla nel suo abbandono come Ti ha consolato il Tuo Padre Celeste per mezzo del Suo Angelo. Amen.
L'Eterno riposo
ALLA MADONNA DEL SACRO CUORE PER LE ANIME SACERDOTALI
Madre della Misericordia e Madre dell'Eterno Sacerdote, Regina degli Apostoli, volgi il tuo sguardo di pietà verso l'anima sacerdotale cui ti prego. O dolce Regina del Sacro Cuore, mostra la Tua potenza e libera l'Anima di questo sacerdote dalle pene del Purgatorio per i meriti del Preziosissimo Sangue di Gesù. Ricordati, o Madre Ammirabile, dei sacerdoti che sono oggi in agonia e salva quelli che stanno forse, in questo momento gettando la loro corona sacerdotale sotto i piedi del demonio per la loro dannazione eterna. San Giuseppe, San Michele Arcangelo, Santi Apostoli, Vescovi, Sacerdoti e Anime beate del Paradiso, intercedete per queste Anime sacerdotali e religiose che soffrono. Consolatele, sostenetele, affrettate la loro liberazione e il loro ingresso glorioso in Paradiso. E voi, Anime Sante, intercedete per noi, e otteneteci la grazia... (la si chieda), se essa serve alla gloria di Dio e per la salvezza della nostra anima, affinché possiamo far conoscere a tutti la vostra potente intercessione e questa devozione per la gloria di Dio e per la nostra felicità eterna. Amen.
In questo tempo di perdita quasi totale di fede nel dogma del Purgatorio, quanto più devono soffrire le povere anime che hanno assistito impotenti al conseguente scemare dei suffragi in proprio favore. Eppure chi prega per loro compie un gesto di carità perfetto perché queste nostre sorelle nella fede sono in una sola volta come affamati, assetati, carcerati ecc. Far loro del bene significa assolvere a diverse opere di misericordia sia “corporali” che “spirituali”. Ricordiamo che è stretto dovere di religione “pregare Iddio per i vivi e per i morti”, così comanda la Chiesa da sempre. Se non esistesse il purgatorio, a che pro pregare? Per i santi non si prega, come pure per i dannati. Queste due categorie sono già “fisse” nel loro stato, non sono più pellegrine: sono solo le anime purganti ad esserci compagne verso la meta finale. Possiamo sostenerci vicendevolmente sulla via comune: chi non le scorda otterrà da loro immensi benefici spirituali e temporali. Innanzitutto un accresciuto fervore e maggior desiderio di perfezione. Segnatamente ci accompagneranno nell’accostarci alla S. Comunione, infondendoci un accresciuto ardore e formando come la corte di Nostro Signore nell’anima nostra. Meditando la loro sorte saremo spinti ad uno zelo più intenso, onde evitare di vederci imposto un giogo più duro dopo la nostra morte. Queste anime ci ricorderanno che al cielo non si arriva per vie traverse: tutti noi, o prima con merito, o dopo con tardiva volontà, dovremo subire una purificazione, dato che a nessun banchetto nuziale si accede (né si desidera per primi partecipare) con vesti sconvenienti. La loro devozione, oltre che un sollievo per loro è dunque anche un potentissimo antidoto contro periodi di tiepidezza, aridità, di desolazione o di apatia spirituale.
Facciamo, quindi, come nell’esortazione evangelica sul “fattore disonesto”:Diceva anche ai discepoli: "Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: 'Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare'.
L'amministratore disse tra sé: 'Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua'. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: 'Tu quanto devi al mio padrone?'. Quello rispose: 'Cento barili d'olio'. Gli disse: 'Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta'. Poi disse a un altro: 'Tu quanto devi?'. Rispose: 'Cento misure di grano'. Gli disse: 'Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta'.
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Si può ben applicare questa parabola alla devozione per le anime del purgatorio: tutti noi siamo in un certo senso “disonesti” perché “rubiamo” dai tesori secolari accumulati dalla Chiesa quando applichiamo le indulgenze a queste anime (i meriti non sono dunque direttamente e unicamente i nostri, ma quelli di tutti i Pontefici e dei santi che ci hanno preceduti). Il fattore disonesto inoltre avverte in sé stesso la mancanza di capacità o di coraggio nell’affrontare l’ora del rendiconto (la nostra morte). A questo punto cosa delibera? Di farsi “degli amici” che lo soccorrano nel momento del bisogno. Il divin Maestro aggiunge un dettaglio significativo quando parla di accoglienza nelle “dimore eterne” come a suggerire questa interpretazione. Infatti sono numerosissimi i casi di chi, nell’ora estrema, è stato difeso dalle schiere di anime beneficate, accorse a proteggere e accompagnare alla vita eterna il proprio soccorritore.
Non lasciamo di approfittare, come servi scaltri, di questo mezzo così semplice e così efficace per operare un bene così grande per tutto il Corpo Mistico. Un purgatorio svuotato corrisponde ad un profluvio di grazie anche sul nostro tempo tormentato, in un riverbero meraviglioso che confessiamo, nel Credo, la “Comunione dei Santi”.
Scritto da ITALIANO on 04 Novembre 2013.
Editoriale n. 6 - Novembre 2013
L
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