di
don Mauro Tranquillo
Si rifanno insistenti le voci, nell’ambiente “tradizionale”,
di una presunta irregolarità nell’abdicazione di Benedetto XVI, e questo anche
da settori della Chiesa che non avevano avuto da ridire sui recenti Papi
post-conciliari. Sembra quasi che l’elezione di Francesco abbia apportato un
cambiamento qualitativo alla crisi, come se finora nessun errore fosse stato
diffuso dalle Autorità e la situazione fosse esplosa ora.
Tralasciando per ora questo aspetto, le obiezioni
all’abdicazione non sembrano più rivolgersi alla possibilità metafisica
dell’atto in sé (abbiamo risposto qui a
questa idea), ma su presunte pressioni, minacce e timori, se non addirittura
riserve mentali, che renderebbero nullo l’atto di Benedetto XVI. Tutti hanno
letto le dichiarazioni recenti del fatimologo Padre Kramer, e numerose
illazioni e bisbigli che circolano sul web, su indicibili violenze morali
esercitate su Ratzinger per “costringerlo” a un passo che, a detta di costoro,
ha gettato la Chiesa
nel baratro (come se prima di Francesco non ci fossero stati Concilio, nuova
messa, abusi ed eresie ad ogni livello). Addirittura per Padre
Kramer Francesco non sarebbe Papa perché diffonde la teoria della permanenza
della vecchia alleanza per gli ebrei: uno dei vecchi leit-motiv di Ratzinger e
Giovanni Paolo II...
Un atto compiuto sotto timore grave è sempre invalido? Non
ha mai valore? È corretta una tale interpretazioni, ammesso che i tanti
sussurri siano veri e dimostrabili? In realtà occorre ricordare un principio
morale, prima che giuridico: un atto fatto sotto minaccia e timore grave,
purché non tale da togliere completamente la libertà o l’uso di ragione, è un
atto umano e volontario di cui si è responsabili. Altrimenti i martiri non
avrebbero avuto alcun merito, tanto erano tutti sotto timore grave e potevano
giustificare la loro apostasia come “invalida”. Solo se il timore fa impazzire
(letteralmente) o se mi fanno una violenza fisica assoluta (per esempio
mi prendono la mano per forzarmi a firmare) posso dire che l’atto non è mio.
Nel timore grave la scelta di non cedere, di non fare un atto contro coscienza
sotto minaccia anche della morte, non è solo possibile ma anche doverosa. Non
esiste nessuna minaccia che giustifichi il compiersi di un atto moralmente
malvagio.
Ma si sa, siamo uomini, e a volte si cede. Il diritto
positivo, ecclesiastico o anche civile, ha stabilito dei casi in cui gli atti
(volontari quindi) di persone sotto minaccia o timore grave non abbiano i
loro effetti giuridici. Non perché di per sé siano invalidi, ma perché
l’autorità vuole evitare i danni che azioni simili potrebbero avere. L’esempio
classico è quello del matrimonio, che è invalido se compiuto sotto il timore di
una minaccia grave: non perché di per sé il consenso non sia reale (rifiutare e
subire gli effeti della minaccia è sempre possibile, in teoria), ma perché la Chiesa ha stabilito un
impedimento dirimente a riguardo. Anzi nel vecchio codice di diritto canonico
non ogni timore grave invalida il matrimonio, ma solo quello definito
“ingiustamente incusso”. Così per alcuni contratti nel diritto civile. Certo chi
cedesse a sposarsi sotto minaccia, sapendo che sta per fare un finto
matrimonio, peccherebbe gravemente simulando scientemente il sacramento, benché
la Chiesa –per
il bene comune- lo preservi dalle conseguenze del legame che stava per
contrarre.
Così, i sostenitori di Ratzinger, che dicono che la sua
abdicazione sia stata fatta sotto minaccia, dovrebbero rendersi anzitutto conto
(ancor prima di chiedersi se sia invalida) che lo stanno accusando di un
peccato gravissimo. Anzi a maggior ragione il peccato sarebbe grave se
Benedetto XVI fosse stato cosciente che stava abdicando “per finta”. Potrebbero
scusarlo solo se le immagini che abbiamo visto fossero state quelle di un
ologramma, o la voce quella di un ventriloquo. Evidentemente si cade qui nella
fantascienza, e i nostri amici non hanno mai sostenuto cose simili. L’atto
dell’abdicazione rimane valido anche se compiuto sotto timore grave: questo
perché resta un atto volontario, umano, scelto e voluto, magari pusillanime, ma
chiaramente espresso come personalmente deciso, magari per evitare mali più
grandi di cui ci si sentiva minacciati. Il diritto della Chiesa, che invalida
il matrimonio contratto sotto timore grave, non fa altrettanto con
l’abdicazione: non trovandosi infatti nessuna norma a riguardo, si deve
ricorrere ai princìpi del diritto naturale, e ammettere che un atto volontario
ha le sue conseguenze, se non impedite dalla legge. Che l’abdicazione sia
valida anche se fatta per timore grave, non lo inventiamo noi, ma lo dicono
anche canonisti di altissimo livello come il Padre Coronata[1] e il Padre
Cappello[2]: entrambi ammettono che né il timore grave, né l’inganno possono
influire sul valore della rinuncia al Pontificato, né inespresse riserve. Una
volta manifestata in qualsiasi modo l’abdicazione è valida e non si torna
indietro. Prima di parlare di simili argomenti, spinosi anche per gli studiosi,
si dovrebbe almeno leggere la letteratura canonistica a riguardo.
La ragione per cui il diritto non invalida una tale
abdicazione è ovvia: il timore grave, l’inganno o le riserve dovrebbero potersi
provare: ma trattandosi di un atto personale del Papa, quale corte potrebbe
dirsi competente a stabilire questi fatti? E se si potesse, con il diritto
positivo, dichiarare invalida un’abdicazione, non si aprirebbe una situazione
di scisma? La norma che invalidasse l’abdicazione fatta sotto una minaccia
grave, che nessuno potrebbe giuridicamente stabilire, aprirebbe un’incertezza
peggiore di altri mali.
Lo stesso Ratzinger, nonostante i tanti pasticci circa
titolo e abito, ha chiaramente mostrato di non ritenersi più Papa, ordinando
che un Conclave si aprisse dopo il suo ritiro: mi pare un atto di altissimo
valore legale che esclude particolari fantasmagoriche indimostrabili “riserve”.
Infine, chiedo a Padre Kramer: è veramente necessario
rigettare Francesco per ricadere sotto Papa Benedetto, che egli stesso, nel
libro La
battaglia finale del diavolo ha accusato (a giusto titolo) di “avvicinarsi all’eresia, per
usare un eufemismo”, e di aver occultato con la menzogna e l’inganno il
segreto di Fatima?
Se abbiamo vissuto la cancellazione della Messa tridentina e
della liturgia romana tutta intera sotto Paolo VI, gli incontri ecumenici
spettacolari di Giovanni Paolo II, la partecipazione a riti luterani di
Benedetto XVI e le sue dottrine collegialiste, dobbiamo stupirci di Francesco e
delle sue bizzarrie? I fatti giuridici si stabiliscono giuridicamente, non con
chiacchiere e voci di corridoio: e anche se potessimo portere le prove delle
peggiori minacce, o riserve, il diritto non annullerebbe l’atto epocale di
Joseph Ratzinger, pubblicamente e sufficientemente manifestato nel concistoro
dell’11 febbraio scorso.
[1] Institutiones iuris canonici vol. I n.
316
[2] De curia romana, II, Romae 1913, pagg. 6-7
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