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Vaticano e lobby gay, le confessioni che scuotono la Chiesa
Un altro scandalo in Vaticano. Un'ex guardia svizzera ha raccontato di aver ricevuto almeno una ventina di richieste sessuali da parte di preti, cardinali e vescovi mentre era in servizio in Vaticano. L'intervista choc è stata rilasciata al domenicale di Basilea, “Schweiz am Sonntag”, ed è stata ripresa da tutti i media della Confederazione Elvetica, compreso Ticinonline.
L'ex guardia ha raccontato al domenicale di una telefonata in piena notte di un alto prelato che lo invitava ad andare nella sua stanza e di un biglietto d'invito a cena di un vescovo accompagnato da una bottiglia di whisky. L'uomo ha avvertito i superiori che però non avrebbero dato seguito alle sue denunce.
Intervistato dal giornale, il portavoce della Guardia Pontificia, Urs Moser, non ha voluto commentare i fatti denunciati. “I pettegolezzi di una lobby gay in Vaticano non ci riguardano - ha detto - le uniche preoccupazioni delle guardie sono di natura religiosa e militare”.
Fonte: LiberoQuotidiano
Vaticano e lobby gay, le confessioni che scuotono la Chiesa
«Io, molestato dai prelati»
Telefonate notturne. Inviti a cena. Approcci. Un'ex guardia svizzera racconta le avance dei presuli. Ai tempi di Wojtyla.
Regali costosi recapitati con discrezione, biglietti da visita ammiccanti, inviti a cena. E, al secondo, la frase audace buttata lì dal prelato: «Il dessert sei tu».
Le guardie svizzere sull'attenti alle porte del soglio di Pietro sono tra le attrattive più fotografate dai turisti della città eterna. Con malizia, qualcuno ha scritto che anche il timido Benedetto XVI, noto esteta, ne subisse platonicamente il fascino.
IL CASO ESTERMANN. Per non parlare delle mille voci che, negli anni, si sono rincorse sui sexy scandali con le guardie svizzere della Santa Sede: gossip di inconfessabili amori gay che si sono tinti di giallo, con il caso del misterioso omicidio-suicidio, nel 1998, del comandante del Corpo Alois Estermann e della moglie Gladis Romero. Uccisi nel loro appartamento curiale, appurò l'indagine del Vaticano, dalla giovane guardia 23enne Cedric Tornay, colta da raptus prima di togliersi la vita.
Le guardie svizzere sull'attenti alle porte del soglio di Pietro sono tra le attrattive più fotografate dai turisti della città eterna. Con malizia, qualcuno ha scritto che anche il timido Benedetto XVI, noto esteta, ne subisse platonicamente il fascino.
IL CASO ESTERMANN. Per non parlare delle mille voci che, negli anni, si sono rincorse sui sexy scandali con le guardie svizzere della Santa Sede: gossip di inconfessabili amori gay che si sono tinti di giallo, con il caso del misterioso omicidio-suicidio, nel 1998, del comandante del Corpo Alois Estermann e della moglie Gladis Romero. Uccisi nel loro appartamento curiale, appurò l'indagine del Vaticano, dalla giovane guardia 23enne Cedric Tornay, colta da raptus prima di togliersi la vita.
Sulla ricostruzione - sommaria per i famigliari svizzeri del ragazzo - fonti anonime più o meno interessate hanno, di tanto in tanto, allungato le ombre dei servizi segreti e di una relazione omosessuale tra l'ufficiale e il suo subalterno: piste di intrighi e tresche, anch'esse mai chiarite.
ETERNA LOBBY GAY. Brutta storia, comunque. Dal novembre 2011 sul tavolo di Benedetto XVI (ceduto a Francesco) pende la richiesta dei legali della madre di Tornay, di accedere ai documenti del caso. Intanto dalla Svizzera, all'indomani dello scandalo sulla lobby gay in Vaticano - esploso con le dimissioni del papa salvo raffreddarsi dopo il conclave - un'ex guardia del corpo ha deciso improvvisamente di svelare al mondo la sua storia di soldato bello e desiderato dai prelati.
Avance su avance, ha raccontato allo Schweiz am Sonntag l'anonimo G., ricevute ai tempi del pontificato di Giovanni Paolo II da una ventina di religiosi. E tenute gelosamente segrete fino all'arrivo di papa Francesco.
Vescovi, cardinali, sacerdoti: bufera sull'entourage di Giovanni Paolo II
Vergogna, riservatezza e minacce, più o meno velate, lo avrebbero trattenuto dall'esporsi.
Neppure con i suoi camerati l'uomo si sarebbe abbandonato a confidenze.
«Non sapevo cosa facessero i miei compagni. Tra noi non ne abbiamo mai parlato», ha tagliato corto l'ex guardia svizzera, precisando di aver segnalato le avance più imbarazzanti a un suo superiore, ma di essere stato liquidato come un ragazzino che aveva esagerato. O comunque frainteso.
UN CHIODO FISSO. Eppure, a suo dire, gli approcci di chi ha giurato castità al Signore non sarebbero mancati, anzi.
Vescovi, cardinali, sacerdoti e religiosi. Ognuno con tattiche proprie, più o meno soft, ma con un obiettivo costante: fare sesso con i giovani e prestanti difensori elvetici, in cambio (talvolta) di promesse e avanzamenti di carriera.
Una notte, smontata la guardia, il telefono del ragazzo avrebbe iniziato a suonare: una «persona», riporta il quotidiano svizzero, «per gli insider in diretto contatto con la lobby gay e alloggiata nel palazzo apostolico, vicino al Santo Padre», si era invaghita di lui e lo invitava nella sua stanza.
All'epoca anche un collaboratore della segreteria di Stato avrebbe tentato di approcciare G., con modi talmente espliciti da essere poi trasferito ad altre mansioni.
AVANCE SCONVENIENTI. Dalla Santa Sede, il corpo svizzero ha smentito qualsiasi legame con la presunta lobby gay: «Per le guardie del papa, i pettegolezzi sulla rete omosessuale non sono un problema. I giovani svizzeri, che per due anni sono impegnati nel servizio a Roma, hanno ben altri interessi al centro delle loro vite, in caserma e nel tempo libero».
Al servizio del Vaticano dal 1506, quando varcarono le Mura leonine per servire Giulio II, le guardie svizzere nacquero nel XV secolo come corpo d'élite mercenario presso le corti d'Europa. Tuttora, entrare nella scorta di 110 uomini che - tra ufficiali, sottoufficiali e alabardieri - protegge i papi è tra i traguardi più ambiti dei giovani elvetici.
Neppure con i suoi camerati l'uomo si sarebbe abbandonato a confidenze.
«Non sapevo cosa facessero i miei compagni. Tra noi non ne abbiamo mai parlato», ha tagliato corto l'ex guardia svizzera, precisando di aver segnalato le avance più imbarazzanti a un suo superiore, ma di essere stato liquidato come un ragazzino che aveva esagerato. O comunque frainteso.
UN CHIODO FISSO. Eppure, a suo dire, gli approcci di chi ha giurato castità al Signore non sarebbero mancati, anzi.
Vescovi, cardinali, sacerdoti e religiosi. Ognuno con tattiche proprie, più o meno soft, ma con un obiettivo costante: fare sesso con i giovani e prestanti difensori elvetici, in cambio (talvolta) di promesse e avanzamenti di carriera.
Una notte, smontata la guardia, il telefono del ragazzo avrebbe iniziato a suonare: una «persona», riporta il quotidiano svizzero, «per gli insider in diretto contatto con la lobby gay e alloggiata nel palazzo apostolico, vicino al Santo Padre», si era invaghita di lui e lo invitava nella sua stanza.
All'epoca anche un collaboratore della segreteria di Stato avrebbe tentato di approcciare G., con modi talmente espliciti da essere poi trasferito ad altre mansioni.
AVANCE SCONVENIENTI. Dalla Santa Sede, il corpo svizzero ha smentito qualsiasi legame con la presunta lobby gay: «Per le guardie del papa, i pettegolezzi sulla rete omosessuale non sono un problema. I giovani svizzeri, che per due anni sono impegnati nel servizio a Roma, hanno ben altri interessi al centro delle loro vite, in caserma e nel tempo libero».
Al servizio del Vaticano dal 1506, quando varcarono le Mura leonine per servire Giulio II, le guardie svizzere nacquero nel XV secolo come corpo d'élite mercenario presso le corti d'Europa. Tuttora, entrare nella scorta di 110 uomini che - tra ufficiali, sottoufficiali e alabardieri - protegge i papi è tra i traguardi più ambiti dei giovani elvetici.
Celibi, giovani, svizzeri e cattolici: i requisiti per diventare bodyguard dei papi
Per giurare fedeltà al pontefice, le reclute devono essere, obbligatoriamente, cittadini svizzeri tra i 18 e i 30 anni, di comprovata fede cattolica e con il servizio militare già svolto. Alti non meno di un metro e 74 centimetri, nonché rigorosamente celibi.
Un pedigree, per le malelingue, ideale anche per fungere da amanti di potenti porporati.
WOJTYLA NON RISPOSE. Fonti riservate del Vaticano averebbero indicato al giornale di Basilea come credibili, nel complesso, le descrizioni del giovane G., anche quando riferite ai dignitari più vicini al pontefice.
Già nel 2002, il legale della madre dell'omicida-suicida, Muguette Baudat, scrisse al papa polacco Karol Wojtyla, per chiedere i documenti, ma senza successo: «Il Vaticano non rispose mai», comunicò l’avvocato Luc Brossollet, bollando la ricostruzione fornita come «falsa, decisamente falsa».
Sulle incongruenze della presunta lettera d'addio del figlio, consegnata ai famigliari, in particolare, come l'imprecisione di alcune date e l'uso del cognome del marito di prime nozze della donna (molto insolito per il giovane), non si sarebbe mai voluto far luce.
SUL TAVOLO DI FRANCESCO. Il lento cambio di passo del pontificato di Benedetto XVI sui dossier scottanti della pedofilia ha spinto poi i Baudat a farsi ancora avanti: «Con la nuova politica del Santo padre abbiamo pensato che sia giunto il momento per tornare sulla vicenda», dichiarò Brossollet due anni e mezzo fa.
Eletto Francesco, i tempi potrebbero essere maturi. Strumentale o veriteriero che sia, il racconto pruriginoso di mister G. squarcia il velo di silenzio sul tabù degli scandali vaticani di sesso e pedofilia, taciuti o rimandati per anni fino al collasso del sistema. Alla vigilia, e forse non a caso, del 27 aprile del 2013, giorno della proclamazione a santo di Giovanni Paolo II.4di Barbara Ciolli
Un pedigree, per le malelingue, ideale anche per fungere da amanti di potenti porporati.
WOJTYLA NON RISPOSE. Fonti riservate del Vaticano averebbero indicato al giornale di Basilea come credibili, nel complesso, le descrizioni del giovane G., anche quando riferite ai dignitari più vicini al pontefice.
Già nel 2002, il legale della madre dell'omicida-suicida, Muguette Baudat, scrisse al papa polacco Karol Wojtyla, per chiedere i documenti, ma senza successo: «Il Vaticano non rispose mai», comunicò l’avvocato Luc Brossollet, bollando la ricostruzione fornita come «falsa, decisamente falsa».
Sulle incongruenze della presunta lettera d'addio del figlio, consegnata ai famigliari, in particolare, come l'imprecisione di alcune date e l'uso del cognome del marito di prime nozze della donna (molto insolito per il giovane), non si sarebbe mai voluto far luce.
SUL TAVOLO DI FRANCESCO. Il lento cambio di passo del pontificato di Benedetto XVI sui dossier scottanti della pedofilia ha spinto poi i Baudat a farsi ancora avanti: «Con la nuova politica del Santo padre abbiamo pensato che sia giunto il momento per tornare sulla vicenda», dichiarò Brossollet due anni e mezzo fa.
Eletto Francesco, i tempi potrebbero essere maturi. Strumentale o veriteriero che sia, il racconto pruriginoso di mister G. squarcia il velo di silenzio sul tabù degli scandali vaticani di sesso e pedofilia, taciuti o rimandati per anni fino al collasso del sistema. Alla vigilia, e forse non a caso, del 27 aprile del 2013, giorno della proclamazione a santo di Giovanni Paolo II.4di Barbara Ciolli
Mercoledì, 08 Gennaio 2014
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