in Vaticano. Non tutti. E Gotti Tedeschi?
Monsignor Carlo Maria Viganò, attuale nunzio apostolico negli Stati Uniti e già segretario del Governatorato della Santa Sede, è in procinto di tornare in Vaticano per assumere, pare, la Presidenza dello stesso dicastero.
Nel momento in cui la nomina verrà ufficializzata, per monsignor Viganò si tratterà di una riabilitazione in piena regola, dal momento che si era visto trasferito negli Usa, dopo che contro di lui era stata messa in moto una ben congeniata “macchina del fango”.
Nonostante da segretario del Governatorato avesse dichiarato guerra agli sprechi e ridotto drasticamente le spese rimettendo in sesto i conti del Vaticano, Viganò si ritrovò trasferito a Washington in seguito alle insinuazioni ed ai sospetti mossi nei confronti del suo operato, giudicato poco trasparente e inviso a gran parte della Curia romana.
Francesco sembra ora deciso a restituirgli l’onorabilità, macchiata da quegli stessi schizzi di fango che lo hanno “condannato” all’esilio dorato negli Usa, incarico sicuramente prestigioso ma che Viganò interpretò sin dall’inizio come una “punizione” suggerita a Benedetto XVI dall’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone; una punizione idonea a compiacere i suoi presunti numerosi avversari desiderosi di fermare l’opera di pulizia da questo intrapresa con successo. La vicenda di Viganò rispecchia in larga parte quella vissuta dal banchiere Ettore Gotti Tedeschi, l’ex presidente dell’Istituto per le Opere Religiose che si vide defenestrato dopo l’entrata in azione della stessa macchina del fango. Viganò e Gotti Tedeschi hanno in comune un’altra caratteristica; quella cioè di essere stati allontanati dal Vaticano dopo aver tentato di fare pulizia mei sacri palazzi, l’uno al Governatorato, l’altro nello Ior. Ma il banchiere a differenza del monsignore non sembra destinato a ricevere alcuna riabilitazione. Come mai? Tra i suoi competitor, che non gradirebbero un suo ritorno, pare ci sia tra gli altri lo statunitense Peter Brian Wells, attuale assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, nominato nel 2009 da Benedetto XVI e riconfermato da Francesco.
Ma torniamo alla storia. Al suo arrivo al Governatorato Viganò si mostrò subito molto pratico e deciso a rimettere ordine nel dicastero economico della Santa Sede. Senza troppa diplomazia il segretario, scontrandosi frontalmente con i dirigenti preposti alla spesa, impose un radicale cambiamento mettendo fine a molte di quelle consuetudini che a leggere le carte dell’inchiesta Vatileaks, gridavano vendetta (pare vi fossero delle commesse date all’esterno che costavano alla Santa Sede 200-300-400% di più di quello che costavano al mercato). Fu a quel punto che contro Viganò iniziarono a partire lettere anonime cariche di calunnie ed insinuazioni che sfociarono anche in alcuni velenosi articoli di stampa attraverso i quali si invitavano Benedetto XVI ed il segretario di stato Tarcisio Bertone a rimuoverlo dall’incarico. Viganò dopo aver vergato di suo pugno la famosa lettera al Papa dove denunciava i tentativi di screditarlo per impedirgli di portare a compimento l’opera di pulizia intrapresa nei sacri palazzi, si ritrovò trasferito negli Stati Uniti per volontà di quello stesso Bertone che in precedenza gli aveva assicurato tanto la presidenza del Governatorato, e pare anche la porpora cardinalizia. Ora Viganò è pronto a rientrare in Vaticano grazie soprattutto all’appoggio dei cardinali americani che si sono rivelati determinanti per l’elezione di Bergoglio al soglio di Pietro.
A Washington infatti intorno a Viganò si è creato un ampio consenso, unito alla consapevolezza dell’ingiustizia subita a Roma e della necessità di ripararvi. Gli americani lo vogliono in Vaticano in una posizione strategica che sarebbe pronta ad arrivare. Sarà il nuovo presidente del Governatorato? Può darsi, ma c’è pure chi si dice convinto che Francesco abbia in serbo per lui incarichi ancora più prestigiosi. Staremo a vedere. Tornando a Gotti Tedeschi, sembrerebbe che dopol’intervista di Mons. Ganswein sul Messaggero, qualcuno come Wells si sia infastidito e altri invece abbiano cominciato a sentirsi incoraggiati nel chiedere la verità su quanto successe il 24 maggio del 2012 quando questi veniva sfiduciato da presidente dello Ior dal Consiglio di Sovrintendenza della Banca Vaticana con l’accusa di non aver svolto funzioni di primaria importanza per il suo ufficio. Anche perché questo avvenne grazie all’intervento di un potente monsignore che riuscì a far sfiduciare Gotti prima che Gotti sfiduciasse la direzione Ior. Il segretario di Benedetto XVI Padre Georg Ganswein proprio nell’intervista al quotidiano Il Messaggero ha rivelato che Ratzinger non era affatto d’accordo con la rimozione di Gotti dalla Ior perché lo stimava profondamente, gli voleva bene ed era altresì convinto della sua onestà. Ma, persone vicine a Gotti Tedeschi assicurano la veridicità della sua intervista sempre al Messaggero (del 10 gennaio 2014) dove, nonostante l’amarezza di non veder riconosciuta dalle alte sfere la sua buona fede e la necessità di un riconoscimento morale, il banchiere dichiara la sua devozione incondizionata nei confronti di Bergoglio. Anzi, pare sia proprio questa devozione per Papa Francesco a trattenerlo dal rilasciare dichiarazioni ai vari quotidiani che spesso lo contattano per avere da lui commenti e rivelazioni. Eppure per l’ex presidente Ior nessuna riabilitazione sembra prospettarsi all’orizzonte. In Vaticano è stata costituita una commissione mista composta da laici e prelati con l’obiettivo di studiare la costituzione di un ipotetico Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Nel momento in cui la nomina verrà ufficializzata, per monsignor Viganò si tratterà di una riabilitazione in piena regola, dal momento che si era visto trasferito negli Usa, dopo che contro di lui era stata messa in moto una ben congeniata “macchina del fango”.
Nonostante da segretario del Governatorato avesse dichiarato guerra agli sprechi e ridotto drasticamente le spese rimettendo in sesto i conti del Vaticano, Viganò si ritrovò trasferito a Washington in seguito alle insinuazioni ed ai sospetti mossi nei confronti del suo operato, giudicato poco trasparente e inviso a gran parte della Curia romana.
Francesco sembra ora deciso a restituirgli l’onorabilità, macchiata da quegli stessi schizzi di fango che lo hanno “condannato” all’esilio dorato negli Usa, incarico sicuramente prestigioso ma che Viganò interpretò sin dall’inizio come una “punizione” suggerita a Benedetto XVI dall’ex segretario di Stato Tarcisio Bertone; una punizione idonea a compiacere i suoi presunti numerosi avversari desiderosi di fermare l’opera di pulizia da questo intrapresa con successo. La vicenda di Viganò rispecchia in larga parte quella vissuta dal banchiere Ettore Gotti Tedeschi, l’ex presidente dell’Istituto per le Opere Religiose che si vide defenestrato dopo l’entrata in azione della stessa macchina del fango. Viganò e Gotti Tedeschi hanno in comune un’altra caratteristica; quella cioè di essere stati allontanati dal Vaticano dopo aver tentato di fare pulizia mei sacri palazzi, l’uno al Governatorato, l’altro nello Ior. Ma il banchiere a differenza del monsignore non sembra destinato a ricevere alcuna riabilitazione. Come mai? Tra i suoi competitor, che non gradirebbero un suo ritorno, pare ci sia tra gli altri lo statunitense Peter Brian Wells, attuale assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, nominato nel 2009 da Benedetto XVI e riconfermato da Francesco.
Ma torniamo alla storia. Al suo arrivo al Governatorato Viganò si mostrò subito molto pratico e deciso a rimettere ordine nel dicastero economico della Santa Sede. Senza troppa diplomazia il segretario, scontrandosi frontalmente con i dirigenti preposti alla spesa, impose un radicale cambiamento mettendo fine a molte di quelle consuetudini che a leggere le carte dell’inchiesta Vatileaks, gridavano vendetta (pare vi fossero delle commesse date all’esterno che costavano alla Santa Sede 200-300-400% di più di quello che costavano al mercato). Fu a quel punto che contro Viganò iniziarono a partire lettere anonime cariche di calunnie ed insinuazioni che sfociarono anche in alcuni velenosi articoli di stampa attraverso i quali si invitavano Benedetto XVI ed il segretario di stato Tarcisio Bertone a rimuoverlo dall’incarico. Viganò dopo aver vergato di suo pugno la famosa lettera al Papa dove denunciava i tentativi di screditarlo per impedirgli di portare a compimento l’opera di pulizia intrapresa nei sacri palazzi, si ritrovò trasferito negli Stati Uniti per volontà di quello stesso Bertone che in precedenza gli aveva assicurato tanto la presidenza del Governatorato, e pare anche la porpora cardinalizia. Ora Viganò è pronto a rientrare in Vaticano grazie soprattutto all’appoggio dei cardinali americani che si sono rivelati determinanti per l’elezione di Bergoglio al soglio di Pietro.
A Washington infatti intorno a Viganò si è creato un ampio consenso, unito alla consapevolezza dell’ingiustizia subita a Roma e della necessità di ripararvi. Gli americani lo vogliono in Vaticano in una posizione strategica che sarebbe pronta ad arrivare. Sarà il nuovo presidente del Governatorato? Può darsi, ma c’è pure chi si dice convinto che Francesco abbia in serbo per lui incarichi ancora più prestigiosi. Staremo a vedere. Tornando a Gotti Tedeschi, sembrerebbe che dopol’intervista di Mons. Ganswein sul Messaggero, qualcuno come Wells si sia infastidito e altri invece abbiano cominciato a sentirsi incoraggiati nel chiedere la verità su quanto successe il 24 maggio del 2012 quando questi veniva sfiduciato da presidente dello Ior dal Consiglio di Sovrintendenza della Banca Vaticana con l’accusa di non aver svolto funzioni di primaria importanza per il suo ufficio. Anche perché questo avvenne grazie all’intervento di un potente monsignore che riuscì a far sfiduciare Gotti prima che Gotti sfiduciasse la direzione Ior. Il segretario di Benedetto XVI Padre Georg Ganswein proprio nell’intervista al quotidiano Il Messaggero ha rivelato che Ratzinger non era affatto d’accordo con la rimozione di Gotti dalla Ior perché lo stimava profondamente, gli voleva bene ed era altresì convinto della sua onestà. Ma, persone vicine a Gotti Tedeschi assicurano la veridicità della sua intervista sempre al Messaggero (del 10 gennaio 2014) dove, nonostante l’amarezza di non veder riconosciuta dalle alte sfere la sua buona fede e la necessità di un riconoscimento morale, il banchiere dichiara la sua devozione incondizionata nei confronti di Bergoglio. Anzi, pare sia proprio questa devozione per Papa Francesco a trattenerlo dal rilasciare dichiarazioni ai vari quotidiani che spesso lo contattano per avere da lui commenti e rivelazioni. Eppure per l’ex presidente Ior nessuna riabilitazione sembra prospettarsi all’orizzonte. In Vaticano è stata costituita una commissione mista composta da laici e prelati con l’obiettivo di studiare la costituzione di un ipotetico Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Un progetto questo caro allo stesso Gotti che nel 2011 inviò a Benedetto XVI la proposta di costituzione di questo Ministero, indicandone ruoli e funzioni. Chissà se i suggerimenti del Professore saranno presi in considerazione dalla commissione? Rumors vaticani riferiscono, poi, di un altro rientro in Vaticano, quello di monsignor Ettore Balestrero attuale nunzio apostolico in Colombia e già stretto collaboratore di Bertone, e confidente del card. Piacenza, come responsabile dei rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Della serie: come uscire dalla porta per rientrare dalla finestra, ha commentato più di qualche esponente della Curia non proprio allettato dalla prospettiva di ritrovarsi i bertoniani ai posti di comando.
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