Tra Kasper e Müller, la terza via di Ouellet per i divorziati risposati
“Tradizione non significa immobilismo, ma è l’espressione di una realtà viva che cambia e si adatta senza perdere la propria identità”.
Il cardinale Marc Ouellet, prefetto della congregazione per i Vescovi nominato da Benedetto XVI nel 2010, è intervenuto nel dibattito sulla famiglia e il matrimonio con una lectio magistralis tenuta a Valencia, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario del locale tribunale ecclesiastico.
“Molti – ha detto il porporato canadese – ritengono che la complessità delle situazioni matrimoniali richieda una riflessione e alcune iniziative innovative che rispondano alle nuove sfide dell’evangelizzazione.
E io condivido questa speranza e questa convinzione”, ha chiarito Ouellet, spiegando che l’esigenza è quella di attuare “una pastorale del matrimonio e della famiglia rinnovata che faccia conoscere più approfonditamente il patrimonio del Concilio e l’adeguata ermeneutica che di esso ha fatto Giovanni Paolo II”.
In riferimento al problema del riaccostamento dei divorziati risposati alla comunione – questione
che ha diviso il collegio cardinalizio nel corso dell’ultimo concistoro a porte chiuse di febbraio –, il prelato canadese invita ad “accogliere calorosamente coloro che aspirano a regolarizzare la loro
partecipazione alla vita ecclesiale” attraverso “un cammino di conversione, penitenza e crescita
spirituale”. Si tratta di una soluzione già prospettata non solo dal cardinale honduregno Oscar
Rodríguez Maradiaga, ma anche da Walter Kasper nella sua lunga relazione concistoriale dal “taglio teologico”. Il punto sul quale se ne distanzia, invece, è relativo al fatto che a giudizio di Ouellet l’aiuto che si deve concedere ai divorziati risposati “ha il limite imposto dalla verità dei sacramenti della chiesa”. Un po’ come aveva sostenuto il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, nell’intervento dello scorso 22 ottobre pubblicato sull’Osservatore Romano, riprendendo quanto scritto anni prima nell’enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II, la cui importanza è stata recentemente sottolineata dal Papa emerito in un libro dedicato a Karol Wojtyla: i fedeli “hanno l’obbligo di formare la propria coscienza e di tendere alla verità” e a tal fine possono ascoltare nell’obbedienza il magistero della chiesa, che li aiuta “a non sviarsi dalla verità circa il bene dell’uomo, ma, specialmente nelle questioni più difficili, a raggiungere con sicurezza la verità e a rimanere in essa”.
Inoltre, ha ricordato il prefetto già arcivescovo di Québec, la misericordia si può annunciare anche “al di fuori di un contesto propriamente sacramentale”. Implicitamente, dunque, il cardinale Ouellet ricorda che una soluzione del problema era già stata trovata nel 1994 dalla congregazione per la Dottrina della fede, quando stabilì che se i divorziati risposati non possono ricevere la comunione sacramentale, possono però ricevere quella spirituale. A patto che i soggetti in questione siano “spiritualmente ben disposti”. Tesi – ribadita anche da Benedetto XVI in occasione dell’ultimo incontro internazionale delle famiglie a Milano del 2012 – che Kasper ritiene debole, come ha detto nell’intervento davanti al collegio cardinalizio: “Chi riceve la comunione spirituale è una cosa sola con Gesù Cristo, perché quindi non può ricevere anche la comunione sacramentale?”
di Matteo Matzuzzi
in “Il Foglio” del 29 marzo 2014
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140329matzuzzi.pdf
Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
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