La disputa sui “due Papi”
Confesso onestamente che la disputa sui “due Papi” mi appassiona molto poco. Non sono infatti un “nostalgico” di Benedetto XVI nè penso tanto meno che “quando c’era lui…” la sana Dottrina albergasse maggiormente nella vita quotidiana della Chiesa.
I problemi di Fede e di governo erano sostanzialmente i medesimi e, al di là di alcuni pochi, pur se importanti, atti oggettivamente coraggiosi del Pontefice, durante il regno di Papa Ratzinger non si è verificata alcuna reale inversione di tendenza rispetto alla deriva post-conciliare.
Come del resto osserva giustamente il prof. Roberto De Mattei dunque, oggi stiamo assistendo soltanto ad una impressionante accelerazione di un percorso già comunque ben delineato nelle sue linee programmatiche.
All’interno pertanto di questo quadro desolante: cosa mi può interessare se le dimissioni di Benedetto XVI, siano state realmente “libere” oppure in qualche modo indotte?
In entrambi i casi, infatti, si trattò di una decisione, certo canonicamente valida, ma assolutamente negativa ed inopportuna per la Sposa di Cristo. Comunque siano andate le cose, e più passa il tempo e più ce ne si rende conto, si trattò di un atto che denotò quanto meno un carattere debole e poco determinato.
Così, nel caso, comunque non provato, di costrizione morale, le dimissioni rappresenterebbero comunque un esempio di cedimento a tali pressioni mentre il Vicario di Cristo, come fecero numerosi Pontefici nella storia, dovrebbe essere pronto, se richiesto, anche al sacrificio della propria vita piuttosto che venir meno ai propri doveri di stato.
Se invece non ci fosse stata alcuna pressione in tal senso, la scelta resterebbe comunque indice di scarsa fiducia nell’aiuto celeste garantito dal Signore stesso ai Suoi vicari, fino alla consumazione dei secoli. Tutto ciò senza neppure soffermarci a valutare i gravi e destabilizzanti effetti, prodotti da questo gesto, sull’istituzione divina del Papato in generale.
Non mi possono inoltre appassionare nè le dotte discussioni sull’abito bianco, sullo stemma o sulla denominazione prescelta di “Papa emerito”.
Mi sembrano francamente disquisizioni un pò sterili ed adatte piuttosto ai proverbiali cristiani da “pizzi e merletti”, tanto vituperati da Andrea Tornielli e da p. Ariel S. Levi di Gualdo.
Vituperati però…, guarda caso, solo quando li si ricollega al mondo tradizionalista. Oggi invece, che la disputa sui “pizzi e merletti” coinvolge nomi illustri del “normalismo” cattolico… tutto va evidentemente bene, e con la benedizione della Sala Stampa Vaticana.
In realtà, con queste mie parole, non intendo minimamente sminuire le questioni relative ai simboli ed alle prerogative pontifice. Si tratta certo di elementi antichi, carichi di significati ed oggettivamente importanti, su cui però sarebbe forse opportuno soffermarsi a disquisire in momenti meno drammatici. Oggi i problemi della Chiesa sono purtroppo assai diversi: Sono infatti in gioco la trasmissione fedele del “depositum Fidei” alle generazioni che verranno, l’oggettività dei valori morali naturali e cristiani, il significato della Liturgia come “Lex Orandi et Lex Credendi”, il ruolo del sacerdote, i rapporti fra Verità ed errore nelle legislazioni civili, e, forse prima di tutto, il concetto stesso di Chiesa di Cristo come “societas perfecta”.
Ed allora? Ratzinger e Bergoglio, insieme a tutti gli altri uomini di Chiesa, si abbraccino, si parlino al telefono, pranzino assieme, si vestano come vogliono… ma, sempre e soprattutto, si adoperino a proclamare la Verità, con voce chiara e senza rispetti umani, usino un linguaggio cristallino e non equivocabile, si comportino non come i padroni della Dottrina ma come i custodi della medesima: più che dialogare… insegnino, più che moltiplicare le omelie… governino, più che ascoltare il mondo con i sondaggi… lo giudichino.
Questo i fedeli si attendono da loro e non aspettano altro che un tale esempio.
http://www.riscossacristiana.it/la-disputa-sui-due-papi-di-marco-bongi/
I problemi di Fede e di governo erano sostanzialmente i medesimi e, al di là di alcuni pochi, pur se importanti, atti oggettivamente coraggiosi del Pontefice, durante il regno di Papa Ratzinger non si è verificata alcuna reale inversione di tendenza rispetto alla deriva post-conciliare.
Come del resto osserva giustamente il prof. Roberto De Mattei dunque, oggi stiamo assistendo soltanto ad una impressionante accelerazione di un percorso già comunque ben delineato nelle sue linee programmatiche.
All’interno pertanto di questo quadro desolante: cosa mi può interessare se le dimissioni di Benedetto XVI, siano state realmente “libere” oppure in qualche modo indotte?
In entrambi i casi, infatti, si trattò di una decisione, certo canonicamente valida, ma assolutamente negativa ed inopportuna per la Sposa di Cristo. Comunque siano andate le cose, e più passa il tempo e più ce ne si rende conto, si trattò di un atto che denotò quanto meno un carattere debole e poco determinato.
Così, nel caso, comunque non provato, di costrizione morale, le dimissioni rappresenterebbero comunque un esempio di cedimento a tali pressioni mentre il Vicario di Cristo, come fecero numerosi Pontefici nella storia, dovrebbe essere pronto, se richiesto, anche al sacrificio della propria vita piuttosto che venir meno ai propri doveri di stato.
Se invece non ci fosse stata alcuna pressione in tal senso, la scelta resterebbe comunque indice di scarsa fiducia nell’aiuto celeste garantito dal Signore stesso ai Suoi vicari, fino alla consumazione dei secoli. Tutto ciò senza neppure soffermarci a valutare i gravi e destabilizzanti effetti, prodotti da questo gesto, sull’istituzione divina del Papato in generale.
Non mi possono inoltre appassionare nè le dotte discussioni sull’abito bianco, sullo stemma o sulla denominazione prescelta di “Papa emerito”.
Mi sembrano francamente disquisizioni un pò sterili ed adatte piuttosto ai proverbiali cristiani da “pizzi e merletti”, tanto vituperati da Andrea Tornielli e da p. Ariel S. Levi di Gualdo.
Vituperati però…, guarda caso, solo quando li si ricollega al mondo tradizionalista. Oggi invece, che la disputa sui “pizzi e merletti” coinvolge nomi illustri del “normalismo” cattolico… tutto va evidentemente bene, e con la benedizione della Sala Stampa Vaticana.
In realtà, con queste mie parole, non intendo minimamente sminuire le questioni relative ai simboli ed alle prerogative pontifice. Si tratta certo di elementi antichi, carichi di significati ed oggettivamente importanti, su cui però sarebbe forse opportuno soffermarsi a disquisire in momenti meno drammatici. Oggi i problemi della Chiesa sono purtroppo assai diversi: Sono infatti in gioco la trasmissione fedele del “depositum Fidei” alle generazioni che verranno, l’oggettività dei valori morali naturali e cristiani, il significato della Liturgia come “Lex Orandi et Lex Credendi”, il ruolo del sacerdote, i rapporti fra Verità ed errore nelle legislazioni civili, e, forse prima di tutto, il concetto stesso di Chiesa di Cristo come “societas perfecta”.
Ed allora? Ratzinger e Bergoglio, insieme a tutti gli altri uomini di Chiesa, si abbraccino, si parlino al telefono, pranzino assieme, si vestano come vogliono… ma, sempre e soprattutto, si adoperino a proclamare la Verità, con voce chiara e senza rispetti umani, usino un linguaggio cristallino e non equivocabile, si comportino non come i padroni della Dottrina ma come i custodi della medesima: più che dialogare… insegnino, più che moltiplicare le omelie… governino, più che ascoltare il mondo con i sondaggi… lo giudichino.
Questo i fedeli si attendono da loro e non aspettano altro che un tale esempio.
di Marco Bongi
http://www.riscossacristiana.it/la-disputa-sui-due-papi-di-marco-bongi/
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