Papa Francesco è un capolavoro comunicativo
Non solo la copertina di Time Magazine, che lo ha nominato “Persona dell’anno”. Non solo l’uscita di un settimanale a lui dedicato (Il mio Papa, edito da Mondadori). Non solo le imitazioni di Maurizio Crozza elo svarione lessicale che ha reso virale uno dei suoi ultimi Angelus: in un anno di pontificato, Jorge Mario Bergoglio ha dimostrato di essere diventato una celebrità mediatica a tutto tondo, in grado di catalizzare l’attenzione di giornali e televisioni a livello globale.
A dimostrazione di ciò è arrivata, qualche giorno fa, una ricercapubblicata dai ricercatori del Pew Research Center, dove si analizza la copertura informativa e comunicativa ricevuta dal pontefice durante i primi dodici mesi del suo pontificato. «L’interesse mediatico per Francesco è stato intenso subito dopo la sua elezione nel marzo 2013», si legge nel rapporto, «ma ha toccato il picco quattro mesi dopo, a luglio, nel periodo del suo viaggio in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù». In quella occasione, durante il volo aereo di rientro in Vaticano, ad una domanda sulla presenza dell’omosessualità tra i preti, il Pontefice rispose: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». In poche ore, la frase «Chi sono io per giudicare un gay?» diventò il titolo di apertura di tutti i quotidiani del pianeta.
Quantitativamente, l’interesse mediatico suscitato da Francesco è stato davvero clamoroso. Il Papa è stato menzionato dalle principali testate americane ben 47.738 volte in un anno, circa 26 volte di più del Dalai Lama, superando leader mondiali come Vladimir Putin, Angela Merkel, David Cameron e Hillary Clinton. Soltanto Barack Obama, Nelson Mandela e il presidente siriano Bashar al-Assad hanno ricevuto una copertura maggiore su televisioni e giornali rispetto a Bergoglio. Impietoso il confronto con il predecessore Benedetto XVI che, negli ultimi due anni di pontificato (i dati relativi al suo primo anno di elezione, il 2005, sono difficilmente comparabili con quelli attuali, a causa del grande cambiamento del mondo dei media durante gli ultimi otto anni), aveva totalizzato una media di appena 18.317 menzioni all’anno.
La differenza, però, è soprattutto qualitativa. Lo si vede da Twitter, dove i post relativi a Papa Francesco hanno riscontrato toni di apprezzamento: differentemente a quanto avviene normalmente sulla piattaforma di microblogging, infatti, i commenti positivi sono stati cinque volte di più rispetto a quelli negativi. Nel caso di Benedetto XVI, invece, il dato era diametralmente opposto, con due messaggi negativi ogni messaggio positivo durante la parte finale del suo pontificato. Anche Ratzinger ha avuto, però, i suoi “picchi”: nel 2009, due delle cinque storie religiose più trattate dai giornali riguardarono proprio la sue attività da Pontefice, in corrispondenza con la sua visita in Medio Oriente e con il perdono concesso a Richard Williamson, il vescovo negazionista che contestò il numero di ebrei uccisi dai nazisti nelle camere a gas.
Come il Pontificato di Benedetto XVI, anche quello di Francesco ha vissuto di un interesse mediatico altalenante, più che di una copertura stabile dal momento dell'elezione a oggi. Il Papa ha comunque conquistato le prime pagine dei giornali in numerose occasioni: l’esternazione sui gay nella Chiesa fu la principale, ma anche la sua prima Messa dopo l’elezione divenne di interesse globale, così come l’intervista rilasciata a La Civilta Cattolica in settembre, quando il Papa si definì «un peccatore» e spiegò che «gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti» e che è necessario «trovare un nuovo equilibrio». La contemporanea copertina su Time e The Advocate, una pubblicazione rivolta alla comunità LGBT, causarono un nuovo “picco” mediatico a dicembre, con oltre 7000 menzioni in un solo mese.
La voce di Papa Francesco, come del resto quella di ogni Papa, ottiene una risonanza universale. L’argentino, però, ha il pregio di riuscire a veicolare soprattutto messaggi positivi, o quantomeno in contrasto con i “pregiudizi” che hanno aleggiato negli ultimi anni intorno alla Chiesa e ai suoi rappresentanti. Bergoglio ha attualmente 15 milioni di follower su Twitter, distribuiti sui suoi otto account (in inglese, spagnolo, italiano, portoghese, tedesco, polacco, arabo e francese); nell’ultimo anno, spiegano dal Pew Research Center, dei circa 8 milioni di tweet “rilevanti” che lo riguardavano circa l’85% è risultato essere neutrale(ad esempio la semplice condivisione di un articolo). Del restante 15%, ben l’84% dei messaggi sono risultati essere di apprezzamento, la stragrande maggioranza.
Francesco, dunque, non si è dimostrato solo un grande comunicatore: è anche risultato in grado di veicolare i messaggi giusti. Le due cose, probabilmente, vanno di pari passo. I Papi futuri prendano nota.
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