ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 3 aprile 2014

Bianchi il cattoscuro

1/4/14 Bianchi e il suo cattolicesimo senza dottrina, emotivo, empatico, pneumatico
Con piacere oggi Don Chisciotte ha scoperto un ottimo blog che inseriamo tra gli amici in cui si commmenta positivamente il meraviglioso libro di Gnocchi Palmaro Ferrara. In questo passo il nostro amato compianto amico Mario Palmaro son la sua inarrivabile arguzia ci dice questo:
Portato nel perimetro della Chiesa, tutto questo produce un cattolicesimo senza dottrina, emotivo, empatico, pneumatico. Si sarebbe tentati di dire alla Enzo Bianchi, se persino lui non fosse stato oscurato dalla stella mediatica di papa Bergoglio. Parafrasando Zygmund Bauman, ciò segna la nascita di un cattolicesimo liquido, che disguazza nelle zone grigie evocate da Carlo Maria Martini. 

Una religione che, nell’incapacità di dare risposte, impone con prepotenza dubbi e domande e partorisce un cattolicesimo che “sa di non sapere”, di gusto prearistotelico. Qui dentro si trovano le coordinate dell’incontro con il mondo moderno da cui escono plotoni di cattolici che non credono nel credo perché non lo conoscono, ma accorrono festanti in piazza San Pietro o a Copacabana.
(Cristo senza dottrina né verità [Gnocchi e Palmaro], p. 70) Bose curiose non vuole far parte di questi plotoni di cattolici che non credono, ma vuole andare nella direzione esattamente opposta. Credere con coraggio e virilità nella univoca, sana, vera, immutabile dottrina cattolica. Per questo siamo ben felici di essere affrancati da questi plotoni come integralisti reazionari e tradizionalisti.
Don Chisciotte

Questo papa piace troppo

Talvolta l’editoria sforna libri intelligenti e utili. È il caso del recentissimo Questo papa piace troppo. Un’appassionata lettura critica, frutto dell’incontro fruttuoso della vispolemica di Giuliano Ferrara, Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, del quale è – purtroppo – l’ultimo scritto.
Contro la mitologia e l’esaltazione festante del regnante Pontefice Francesco, contro i rischi di banalizzazione della conseguenze pratiche e dottrinali dei gesti sempre più sorprendenti del Vicario di Cristo in terra, contro la riduzione della Fede al mero fatto di gossip mondano e buonista, il libro si contraddistingue per la franchezza e l’onestà intellettuale con cui gli autori osano avanzare riserve nei confronti del “Re Mida” dei nostri tempi. Voci isolate o quasi, attaccate violentemente per i loro articoli (mi riferisco soprattutto a Gnocchi e Palmaro), ripresi e raccolti in questa pubblicazione e uniti a un’introduzione tutt’altro che banale di Ferrara e una sua articolata appendice finale. Il rispetto e la venerazione nei confronti del Santo Padre – in quanto, appunto, Vicario di Cristo – non devono impedire a nessuno di dire la verità, criticare ciò che non funziona e far risuonare l’allarme per la situazione sempre più disperata in cui versa la Chiesa tutta, posto che la “cura Francesco” non sta ottenendo né otterrà risultati concreti positivi.
Per inquadrare l’opera, se mai qualcuno tra le fila degli amanti della nostra Chiesa Cattolica e dei militi della Tradizione ancora non conoscesse le varie questioni, fornisco qualche breve stralcio, che già di per sé funge da spunto di riflessione e da sprone per l’impegno costante a cui ciascuno di noi è chiamato.
I miscredenti d’antan hanno improvvisamente abbracciato una confortevole idea di fede del cuore e dell’intimo che li mette al riparo dalle conseguenze della cultura cristiana; questi laicisti devoti, con l’occasione, quando lo ritengono comodo, interpellano Sua Santità, che sornionamente risponde alla supplica, per l’elargizione di un perdono generoso alla loro coscienza non pentita, dongiovannesca. S’illudono perfino che il Commendatore mozartiano abbia abolito il peccato. Lodano la fine dell’ingerenza spirituale nella vita degli uomini e il rifiuto di imperniare la pastorale sulla difesa della vita, del matrimonio e della famiglia. L’ingiunzione del pentimento, con le dovute conseguenze in caso di rifiuto, è considerata un’anticaglia teologica del tempo in cui i confessionali erano “camere di tortura”.
(Mi aspetto che illuda il mondo [Giuliano Ferrara], p. 11)
Visto il consenso praticamente unanime del popolo cattolico e l’innamoramento del mondo, verso il quale però il Vangelo dovrebbe mettere in guardia, verrebbe da dire che dieci mesi di papa Francesco hanno cambiato un’epoca. In realtà, si assiste al fenomeno di un leader che dice alla folla proprio quello che la folla vuole sentirsi dire. Ma è innegabile che questo viene fatto con grande talento e grande mestiere. La comunicazione con il popolo, che è diventato popolo di Dio dove di fatto non c’è più distinzione tra credenti e non credenti, è solo in piccolissima parte diretta e spontanea. Persino i bagni di folla in piazza San Pietro, alla Giornata Mondiale della Gioventù, a Lampedusa o ad Assisi sono filtrati dai mezzi di comunicazione che si incaricano di fornire gli avvenimenti unitamente alla loro interpretazione.
(Questo papa non ci piace [Gnocchi e Palmaro], pp. 50-51)
Portato nel perimetro della Chiesa, tutto questo produce un cattolicesimo senza dottrina, emotivo, empatico, pneumatico. Si sarebbe tentati di dire alla Enzo Bianchi, se persino lui non fosse stato oscurato dalla stella mediatica di papa Bergoglio. Parafrasando Zygmund Bauman, ciò segna la nascita di un cattolicesimo liquido, che disguazza nelle zone grigie evocate da Carlo Maria Martini. Una religione che, nell’incapacità di dare risposte, impone con prepotenza dubbi e domande e partorisce un cattolicesimo che “sa di non sapere”, di gusto prearistotelico. Qui dentro si trovano le coordinate dell’incontro con il mondo moderno da cui escono plotoni di cattolici che non credono nel credo perché non lo conoscono, ma accorrono festanti in piazza San Pietro o a Copacabana.
(Cristo senza dottrina né verità [Gnocchi e Palmaro], p. 70)
Questo papa piace troppo

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