Olio rancido
L’allarme del vice Papa sulla fronda Ancien régime
Maradiaga parla di cardinali pentiti e maldicenze contro “il piccolo argentino”
Il cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, gran consigliere del Papa – del quale è stato anche un grande elettore – e coordinatore della consulta degli otto porporati che studia la riforma della governance vaticana, è preoccupato. Vede agitarsi strane correnti nei sacri palazzi, per nulla ben disposte nei confronti della svolta impressa nell’ultimo anno da Francesco. Parlando davanti ai Frati minori di St. Petersburg, in Florida, Maradiaga non si è nascosto dietro il rituale linguaggio diplomatico: “Dobbiamo essere preparati, dal momento che questa meravigliosa ma strana popolarità sta iniziando sì a rafforzarsi, ma allo stesso tempo sta risvegliando una opposizione sorda non solo nella vecchia curia, ma anche in chi non ci sta ad aver perso privilegi nel trattamento e nelle comodità”.
A chi si riferisca il porporato honduregno non è dato sapere, ma torna alla mente in modo prepotente quell’accenno ai preti “untuosi, sontuosi e presuntuosi”, che giovedì scorso – durante l’omelia della messa crismale in San Pietro – il Papa ha messo in contrapposizione ai sacerdoti poveri votati alla missione evangelizzatrice: “Se non esci da te stesso, l’olio (dell’unzione, ndr) diventa rancido”, aveva scandito Francesco davanti all’altare della Confessione. Tra i saloni affrescati dei rinascimentali palazzi d’oltretevere si sente di tutto, ha rivelato l’arcivescovo di Tegucigalpa agli interlocutori della Conferenza degli ordini dei frati minori di lingua inglese, e non sempre sono complimenti diretti al Pontefice: “Ma cosa pretende questo piccolo argentino?”, si sarebbe lasciato scappare qualche monsignore di spicco avvezzo agli antichi ritmi e privilegi, stando alle parole di Maradiaga. Un cardinale, ha aggiunto il porporato honduregno, avrebbe perfino detto di “aver commesso un errore” nell’aver votato l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio nel chiuso della Sistina in occasione dell’ultimo Conclave. Sono tutti elementi che, messi in fila l’uno dopo l’altro, rivelano l’esistenza di una fronda interna che resiste al “nuovo modo di essere chiesa” che Francesco sta cercando di costruire, ha spiegato il capo degli otto consiglieri che si riuniranno nuovamente a Roma dal 28 al 30 aprile per discutere di riforma della curia e di probabili accorpamenti tra i pontifici consigli.
L’attesa per la riforma della curia - E’ l’incertezza sul futuro di dicasteri, uffici e altri organismi curiali a creare più d’un malessere in Vaticano. Se è vero che il Pontefice ha provveduto a pochi cambi alla guida delle congregazioni – ha rimosso solo il cardinale Mauro Piacenza, lo scorso settembre, destituendolo dalla guida del potente dicastero per il Clero e destinandolo al ruolo più defilato di Penitenziere maggiore –, ancora da decidere è invece il destino di molti presidenti di Pontifici consigli. Il motivo l’aveva implicitamente spiegato lo stesso Maradiaga, in uno dei suoi numerosi interventi apparsi sulla stampa nei mesi scorsi: l’idea è di procedere ad accorpamenti, snellendo il più possibile la macchina burocratica e mettendo insieme competenze che ora sono divise tra più uffici. A cosa serve avere un Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione (oggi retto da mons. Rino Fisichella), quando c’è già la congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli?, si domandava la scorsa estate il capo del cosiddetto C8. E lo stesso porporato diceva di ritenere assai plausibile l’unificazione dei dicasteri per i laici e la famiglia in una nuova grande congregazione, “magari affidata alla guida di due sposi”. Dal Papa, però, nessuna parola in proposito. In questi primi tredici mesi di pontificato, Francesco ha agito soprattutto sul fronte finanziario, dovendo così rivedere i progetti iniziali di posticipare al secondo anno la “revisione” della struttura amministrativa ed economica. Già dalla scorsa estate, a mezzo di chirografo, ha costituito varie commissioni consultive e istituito ex novo la Segreteria per l’economia, affidata al cardinale australiano George Pell, anch’egli fra gli otto porporati consultori. Accanto a questo organismo, il Papa ha voluto un più ampio Consiglio per l’economia, che avrà come coordinatore il cardinale tedesco Reinhard Marx, neo presidente dei vescovi di Germania. Ora tocca ai vecchi dicasteri, perno della curia plasmata dopo il Concilio da Paolo VI e aggiornata nel 1988 da Giovanni Paolo II.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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