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giovedì 8 maggio 2014

Dio li ha fatti ma loro si sono accoppiati indissolubilmente (B&K)

Kasper insiste: "Sì alla comunione ai divorziati risposati"

Lunga intervista del porporato tedescoche parla del prossimo sinodo sulla famiglia: "Se Dio perdona, perché la chiesa non dovrebbe essere in grado di fare altrettanto?"

A margine dell'affollato incontro alla Fordham University di New York, il cardinale Walter Kasper ha concesso una lunga intervista al magazine Commonweal. Il porporato tedesco – che si sente forte di un legame speciale con il Papa, e lo mette in rilievo in diversi punti – torna sugli argomenti oggetto dei prossimi due Sinodi sulla famiglia convocati da Francesco. Se il tema è ampio, è sulla questione della riammissione alla comunione dei divorziati risposati che le posizioni all'interno del collegio cardinalizio sono variegate e diverse tra loro. La relazione di Kasper che ha aperto il confronto nel concistoro di febbraio ha fatto discutere: da una parte molti interventi hanno criticato le tesi del presidente emerito del Pontificio consiglio per l'Unità dei cristiani, dall'altra (come risulta al Foglio) un gruppo altrettanto consistente ha appoggiato le "domande" poste dal teologo cresciuto alla scuola di Tubinga. 


Conversando con Commonweal, Kasper risponde alle critiche e ribadisce di non poter pensare "a una situazione in cui un essere umano che è caduto in un buco non abbia una via d'uscita. Spesso, non può tornare al primo matrimonio. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma non sempre questo è possibile". Ecco perché, bisogna domandarsi "se in questo caso l'assoluzione non sia possibile". E, conseguentemente, "se c'è l'assoluzione ci può essere poi anche la Comunione? Ci sono molti argomenti della nostra tradizione cattolica che potrebbero consentire questo modo di procedere" – argomentazioni fortemente contestate, tra gli altri, dal cardinale Walter Brandmüller, storico di rango e presidente emerito del Comitato di Scienze storiche.

Misericordia, ha aggiunto Kasper, "significa che Dio dà a tutti coloro che si convertono e si pentono una nuova possibilità". Su un punto, il porporato tedesco ci tiene a non essere frainteso: "Il Papa mi ha detto di credere che il cinquanta per cento dei matrimoni non siano validi. Il matrimonio è un sacramento e presuppone la fede". Ecco perché, "è necessario rafforzare la catechesi prematrimoniale". Dare la comunione ai divorziati risposati, poi, non significherebbe negare l'indissolubilità del matrimonio – concetto sul quale si era ampiamente soffermato in una lunga intervista al Foglio il cardinale Carlo Caffarra – ma "se guardiamo all'azione di Dio nella storia della salvezza, vediamo che Dio dà una nuova possibilità. Questa è la misericordia. Dio concede una nuova possibilità senza annullare le esigenze della giustizia. Dio non giustifica il peccato, giustifica il peccatore". E' importante, a giudizio di Kasper, riconoscere "che i cristiani possono fallire, e che quindi vanno aiutati". E se è possibile che i divorziati risposati siano ammessi alla Comunione spirituale, "significa che essi non sono più in una situazione di peccai grave. Quindi, se possono ricevere la comunione spirituale, perché non possono ricevere anche la comunione sacramentale?". In sostanza, si è chiesto il porporato tedesco, "se Dio ha perdonato, perché la chiesa non dovrebbe essere in grado di fare altrettanto?".
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«Ecco gli argomenti per la comunione ai divorziati risposati»

Card. Kasper
CARD. KASPER

Intervista di Kasper con «Commonweal»: «Il Papa mi ha detto di credere che il cinquanta per cento dei matrimoni non siano validi»

«Ci sono quelli che credono che la Chiesa è per i puri. Ci si dimentica che la Chiesa è una Chiesa di peccatori. Siamo tutti peccatori. E sono felice che sia così, perché se non lo fosse allora io non vi apparterrei. È una questione di umiltà... Ho l'impressione che questo sia molto importante per Papa Francesco. Non gli piace la gente che sta nella Chiesa solo per condannare gli altri».
Sono parole del cardinale tedesco Walter Kasper, autore della relazione sui problemi della famiglia al concistoro dello scorso febbraio. Continua dunque la discussione su quello che si preannuncia come l'argomento più spinoso del Sinodo straordinario sulla famiglia in programma per il prossimo ottobre: i sacramenti per i divorziati che si sono risposati civilmente. Kasper ha risposto ad alcune delle obiezioni dei suoi critici con una lunga intervista sulla rivista americana «Commonweal».

Parlando della relazione tenuta al concistoro e della possibilità di riammettere ai sacramenti quei divorziati risposati che conducano una vita cristiana e abbiano compiuto un cammino penitenziale, Kasper ha detto: «Non riesco a pensare ad una situazione in cui un essere umano è caduto in un buco e non c'è via d'uscita. Spesso egli non può tornare al primo matrimonio. Se questo è possibile, ci dovrebbe essere una riconciliazione con la moglie o con il marito, ma spesso questo non è possibile».

«Nel Credo - ha aggiunto il porporato - diciamo di credere nel perdono dei peccati. Se ci fosse questa mancanza, e ci si è pentiti, l'assoluzione non è possibile? La mia domanda passa attraverso il sacramento della penitenza, attraverso il quale abbiamo accesso alla santa comunione. Ma la penitenza è la cosa più importante: il pentimento per ciò che è andato storto, e un nuovo orientamento di vita. La nuova quasi-famiglia o la nuova partnership devono essere solidi, e bisogna vivere in modo cristiano. Un tempo di nuovo orientamento - metanoia - sarebbe necessario. Non per punire le persone, ma per un nuovo orientamento di vita, perché il divorzio è sempre una tragedia».

Kasper si è quindi chiesto: «La mia domanda - non è una soluzione, ma un quesito - è questa: l'assoluzione non è possibile in questo caso? E se c'è l'assoluzione ci può essere poi anche la santa comunione? Ci sono molti argomenti della nostra tradizione cattolica che potrebbe consentire a questo modo di procedere».

Il cardinale ha quindi risposto a una domanda sull'insegnamento della Chiesa, che prescrive, ai divorziati risposati che vogliano ottenere l'assoluzione e la comunione, di astenersi dall'avere rapporti sessuali, vivendo dunque come «fratello e sorella». «Vivere insieme come fratello e sorella? Naturalmente ho grande rispetto per coloro che stanno facendo questo - ha detto Kasper - Ma è un atto eroico, e l'eroismo non è per il cristiano medio. E potrebbe anche creare nuove tensioni. L'adulterio non è solo il comportamento sessuale sbagliato. È lasciare una "Familiaris consortio", una comunione, e per stabilirne una nuova. Ma normalmente ci sono anche i rapporti sessuali in una tale comunione, quindi non posso dire se vi sia un adulterio in corso. Quindi risponderei di sì, che l'assoluzione è possibile. Misericordia significa che Dio dà a tutti coloro che si convertono e si pentono una nuova possibilità».

«Vorrei dire - spiega ancora il porporato tedesco - che le persone devono fare ciò che è possibile nella loro situazione. Non siamo in grado, come esseri umani, di raggiungere sempre l'ideale, la cosa migliore. Dobbiamo fare il meglio possibile in una determinata situazione. Una posizione, questa, che sta tra il rigorismo e il lassismo. Il lassismo non è possibile, naturalmente, perché sarebbe contrario alla chiamata alla santità di Gesù. Ma anche il rigorismo non appartiene alla tradizione della Chiesa».

«Alfonso Maria de' Liguori - spiega Kasper - era un rigorista all'inizio. Poi ha lavorato con la gente semplice a Napoli e ha scoperto che non è possibile essere rigoristi. Era un confessore». Il cardinale fa quindi un riferimento al cosiddetto «equiprobabilismo», tesi sorta sul terreno della casistica gesuitica e fatto proprio dal santo napoletano e dalla sua congregazione. Il principio fondamentale consiste nell'affermazione che una regola morale è realmente incerta – e dunque non vincolante – soltanto nel caso in cui le opinioni a essa favorevoli e quelle a essa contrarie siano egualmente fornite di un pari grado di probabilità.

«Sono molto d'accordo con questo. E, ovviamente, dato che Alfonso Maria de' Liguori è il patrono della teologia morale, non siamo in cattiva compagnia se ci basiamo su di lui. Tommaso d'Aquino ha scritto sulla virtù della prudenza, che non contesta la regola comune, ma che va applicata al concreto e a una situazione spesso molto complessa. Quindi penso che ci siano argomenti della tradizione».
Kasper, dopo aver spiegato che la prima unione, l'unica sacramentalmente valida, deve essere davvero fallita senza più alcuna possibilità di recupero, ha quindi fatto un esempio della colpa nella quale incorrerebbe un coniuge lasciando la nuova unione civile, appunto «la rottura della seconda famiglia. Se ci sono bambini, non si può fare. Se tu si sei impegnato con un nuovo partner, se hai dato la tua parola, non è possibile».

Quindi il cardinale ha affrontato il tema della mancanza di fede al momento del matrimonio religioso. «Questo è un vero problema. Ho parlato con il Papa su questo, e mi ha detto di credere che il cinquanta per cento dei matrimoni non siano validi. Il matrimonio è un sacramento. Un sacramento presuppone la fede. E se la coppia desidera solo una cerimonia borghese in una chiesa perché è più bello, più romantico rispetto a una cerimonia civile, ci si deve chiedere se ci fosse la fede, e se sono state realmente accettate tutte le condizioni per la validità sacramentale del matrimonio» che sono l'unità degli sposi, l'esclusività del loro rapporto e la sua indissolubilità.

«Molti canonisti - ha continuato Kasper - mi dicono che oggi, nella nostra situazione pluralistica non possiamo presupporre che le coppie diano veramente il loro assenso a ciò che la Chiesa richiede. Spesso c'è anche l'ignoranza. Pertanto è necessario sottolineare e rafforzare la catechesi prematrimoniale. Spesso la si fa in un modo molto burocratico. Invece dobbiamo fare catechesi... Dobbiamo fare molto di più nella catechesi prematrimoniale perché non possiamo presupporre che quanti sono formalmente cristiani abbiano anche la fede. Non sarebbe realistico».

Kasper ha quindi risposto direttamente alle critiche che gli sono arrivate dall'arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, il quale aveva rivolto al confratello tedesco questa domanda: «Che cosa ne è del primo matrimonio?». «Il primo matrimonio è indissolubile - risponde Kasper - perché il matrimonio non è solo una promessa tra le due parti; è anche la promessa di Dio, e ciò che Dio fa è fatto per ogni tempo. Pertanto, il vincolo del matrimonio rimane. Naturalmente, i cristiani che lasciano il loro primo matrimonio hanno fallito. Questo è chiaro. Il problema è quando non c'è modo di uscire da una tale situazione. Se guardiamo all'azione di Dio nella storia della salvezza, vediamo che Dio dà al suo popolo una nuova possibilità. Questa è la misericordia. L'amore di Dio non si esaurisce perché un essere umano ha fallito, se si pente. Dio offre una nuova possibilità, senza annullare le esigenze della giustizia: Dio non giustifica il peccato. Ma giustifica il peccatore. Molti dei miei critici non capiscono questa distinzione. Pensano: così noi vogliamo giustificare il peccato. No, nessuno vuole questo. Ma Dio giustifica il peccatore che si converte. Questa distinzione appare già in Agostino».

«Non nego - spiega ancora il cardinale tedesco - che il vincolo del matrimonio rimanga. Ma i Padri della Chiesa avevano una splendida immagine: se c'è un naufragio, tu non ottieni una nuova nave per salvarti, ma ottieni una zattera che ti permetta di sopravvivere. Questa è la misericordia di Dio, il darci una zattera che ci permetta di sopravvivere. Questo è il mio approccio al problema. Io rispetto chi ha una posizione diversa, ma d'altra parte, bisogna guardare qual è la situazione concreta di oggi. Come possiamo aiutare le persone che lottano in queste situazioni? So che queste persone, spesso donne, sono molto impegnate nella vita parrocchiale; fanno tutto il possibile per i loro figli. Conosco una donna che preparava la figlia per la prima comunione. Il parroco ha detto che la ragazza può andare a ricevere la santa comunione, ma non la mamma. Ho parlato al Papa di questo, e lui ha detto: "No, questo è impossibile"».

Quanto alle seconde nozze celebrate solo civilmente, Kasper afferma: «Il secondo matrimonio, naturalmente, non è un matrimonio nel nostro senso cristiano. E io sarei contrario a celebrarlo in chiesa. Ma ci sono alcuni elementi del matrimonio. Vorrei paragonare questa situazione con il modo con cui la Chiesa cattolica vede altre Chiese. La Chiesa cattolica è la vera chiesa di Cristo, ma ci sono altre chiese che hanno elementi della vera Chiesa, e noi riconosciamo questi elementi. In modo simile, possiamo dire: il vero matrimonio è il matrimonio sacramentale; il secondo non è un matrimonio nello stesso senso, ma ci sono degli elementi di esso: i partner si prendono cura uno dell'altro, sono vincolati esclusivamente uno all'altro, c'è l'intenzione di permanere in questo vincolo, si prendono cura dei bambini, conducono una vita di preghiera, e così via. Non è la situazione migliore. È la migliore situazione possibile».
«In nessun modo - chiarisce Kasper nell'intervista - posso negare l'indissolubilità del matrimonio sacramentale. Sarebbe stupido. Dobbiamo farla rispettare, e aiutare le persone a capirla e a viverla. Questo è un compito per la Chiesa. Ma dobbiamo riconoscere che i cristiani possono fallire, e quindi dobbiamo aiutarli. A coloro che dicono: "Beh, sono in una situazione di peccato", risponderei: Papa Benedetto XVI ha già detto che questi cattolici possono ricevere la comunione spirituale. Comunione spirituale significa essere unito con Cristo. Ma se io sono unito con Cristo, non posso essere in una situazione di peccato grave. Quindi, se possono ricevere la comunione spirituale, perché non posso ricevere anche la comunione sacramentale? Penso dunque che ci siano problemi anche nella posizione tradizionale, e Papa Benedetto ha riflettuto molto su questo: mi ha detto che queste persone devono avere mezzi di salvezza e di comunione spirituale. Ma la comunione spirituale va molto lontano: è essere uniti con Cristo. Perché queste persone dovrebbero essere escluse dall'altra comunione? Essere in comunione spirituale con Cristo significa che Dio ha perdonato questa persona. Così anche la Chiesa - conclude il cardinale - attraverso il sacramento del perdono, dovrebbe essere in grado di perdonare se Dio lo fa. Altrimenti c'è un'opposizione fra Dio e la Chiesa, e questo sarebbe un grande problema».

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

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