[Danilo Quinto su Introvigne, Galantino & C.] "Le foglie degli alberi sono verdi in primavera"


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Le foglie degli alberi sono verdi in primavera

di Danilo Quinto
Ogni giorno, Massimo Introvigne, su La Nuova Bussola Quotidiana, «spiega ai lettori che cosa ha veramente detto il Papa». Se ne avverte il bisogno, in effetti.  «Metodicamente» - egli scrive. «Non, come scrive qualcuno, “arrampicandosi sugli specchi”, ma semplicemente aprendo e chiudendo, con pazienza, le virgolette per far conoscere le parole esatte del Papa e non le loro più o meno maliziose interpretazioni». Bisogna dare atto al reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica che obiettivamente supplisce alle vistose carenze che manifestano gli organi preposti della Santa Sede, che spesso si astengono dal commentare o dall’interpretare, forse perché comprendono – loro - che l’impresa è così grande che quando si azzardano a farlo, compiono danni irreparabili. Il compito che si è assunto Introvigne è, quindi, lodevole e volenteroso.  

Lo scorso 15 maggio, con l’articolo intitolato Ma il Papa sull’aborto parla chiaro, in risposta a coloro che dicono «Mons. Galantino sembra aprire all'aborto, il Papa ha nominato Mons. Galantino, dunque il Papa apre all'aborto», dopo aver spiegato agli ignoranti quali siamo noi il significato del termine paralogismo, Introvigne scrive: «Che cosa insegna Papa Francesco sull'aborto non è oggetto di illazioni, né abbiamo bisogno di chiederlo a Mons. Galantino. L'espressione coniata da San Giovanni Paolo II (1920-2005)e ripresa da Benedetto XVI per opporsi all'aborto e all'eutanasia - la vita si difende “dal concepimento alla morte naturale”, oppure la sua difesa è fasulla - torna costantemente nel Magistero di Papa Francesco. Ne cito solo alcuni esempi». Seguono gli esempi, riportati rigorosamente tra virgolette, delle volte in cui il Papa ha parlato della vita.
Su questa terra dobbiamo duellare. Come diceva Chesterton, dobbiamo dimostrare che le foglie degli alberi sono verdi in primavera. Duelliamo, allora.
Il 28 dicembre 2013, il Papa scrisse un’inedita lettera, che si concludeva con queste parole: «Vi domando, per favore, di comprendermi... e di perdonarmi». Seguiva, come di consueto, l’invito a pregare per lui. Era rivolta ai sacerdoti, ai consacrati e ai fedeli della diocesi calabrese di Cassano allo Jonio, contestualmente all'annuncio della nomina del loro vescovo, Nunzio Galantino, quale nuovo segretario della Cei ad interim. La carica era vacante da alcune settimane, dopo la nomina di Mariano Crociata a vescovo di Latina. Il Papa scrisse per chiedere «aiuto». Sì, «aiuto». «Per una missione importante nella Chiesa italiana»- rivelò - «ho bisogno che monsignor Galantino venga a Roma almeno per un periodo. So quanto voi amate il vostro vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto, e vi capisco. Per questo ho voluto scrivervi direttamente come chiedendo il permesso. Egli sicuramente preferisce rimanere con voi, perché vi ama tanto. L'affetto è reciproco, e vi confesso che vedere questo amore filiale e paterno del popolo e del vescovo mi commuove e mi fa rendere grazie a Dio».
Nunzio Galantino, classe 1948, è un teologo. Ha insegnato, ha anche fatto il parroco e nel 2004 è diventato responsabile del Servizio nazionale per gli Studi Superiori di Teologia della Conferenza episcopale italiana. Incarico che ha lasciato alla fine del 2011, quando Benedetto XVI l'ha nominato vescovo di Cassano allo Jonio. Ha iniziato da sei mesi questa sua missione importante. Ha il compito  di condurre la Conferenza Episcopale Italiana verso la riforma del suo statuto con l’elezione da parte dell’episcopato del suo presidente e del suo segretario. Durante questa missione importante, il monsignore rilascia lo scorso 12 maggio un’intervista al Quotidiano Nazionale. In esordio, dichiara che il Papa «ha capito che non tutte le frange ecclesiali italiane si sono rese conto di ciò di cui il mondo ha bisogno, di ciò che, in nome del Vangelo, noi credenti siamo chiamati a dare». Galantino mostra di avere le idee fin troppo chiare. Ci sono frange ecclesiali che non hanno ancora compreso quello di cui il mondo ha bisogno. Lui sì che l’ha compreso. Di che cosa ha bisogno il mondo? Galantino afferma: «In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa». Niente di nuovo. Il Papa aveva detto al direttore di Civiltà Cattolica: «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione». Quindi, il pensiero del nuovo segretario della CEI, coincide perfettamente con quello del Papa. Per rincarare la dose, non c’è bisogno di scomodare Marco Pannella - che sostiene «Hanno fatto la Marcia per la Vita. I quarantamila, ecc… Questa a me pare la reazione assolutamente inevitabile delle basi vaticane e clericali di questi ultimi cinquant’anni, che con questo Papa sentono che devono fare i conti con quanto ha esclamato due mesi fa: ‘Basta con le ossessioni su aborto, divorzio e non so cos’altro’» - c’è già il segretario della CEI, che è ideologicamente allineato con coloro che da cattolici ritengono che la legge sull’aborto sia una buona legge e da applicare interamente, tanto che non usa neanche il termine aborto. Lo edulcora e dice: «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza». Le preghiere e i rosari per far cessare gli aborti? Non servono a nulla. Le persone che dicono preghiere e rosari? Solo visi inespressivi. Da rottamare. Sembra Matteo Renzi, Mons. Galantino, quando afferma che si identifica «con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro». Eccolo, il contesto. Non la cura delle anime, ma le preoccupazioni mondane. Senza comprendere che se non si curano le anime come priorità esclusiva e principale, se le anime non vengono nutrite dei principi della legge naturale e quindi divina, tutti i bisogni delle persone saranno ignorati. Niente di nuovo. Il nuovo segretario della Cei si colloca sulla scia di tutti coloro che negli ultimi anni hanno operato attraverso una spregiudicata mistificazione: per consolidare solo gli interessi di lobby interessate, hanno fatto credere che siamo immersi nella crisi economica, che è in realtà solo la conseguenza di una drammatica crisi morale. Le società non vengono distrutte per la mancanza del diritto alla salute o del lavoro. Muoiono per la mancanza di principi.
Ai  visi inespressivi che recitano il rosario, quelli di coloro che formano la Chiesa italiana, Mons. Galantino augura «Che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni delle proprie posizioni». Ai credenti omosessuali che vivono insieme da anni fedelmente, Mons. Galantino si metterebbe «in ascolto della loro storia, come cerco di fare per tutte le relazioni tra persone che mi è capitato e mi capita ancora di incontrare. Non è necessario avere sempre qualcosa da dire. Molte volte è importante ascoltare, prima di dire».
Tranquillizziamo Introvigne e non operiamo nessun paralogismo. Consultando il vocabolario, abbiamo appena scoperto cosa la parola significa e sarebbe un po’ scivoloso. Diamo per assodato che il Papa non la pensi come Mons. Galantino su aborto, preti sposati, eucarestia ai divorziati, omosessualità. Se il Papa non la pensa come il segretario della CEI, chiamato ad una missione importante, si pone però un problema. Pubblicata l’intervista, Mons. Galantino non l’ha smentita. Si deve quindi ritenere che corrisponda al suo pensiero. L’ufficio stampa della Santa Sede l’avrà di certo riassunta al Papa. C’è stata una telefonata? C’è stato un rimbrotto? O la misericordia può coprire anche la violenza di un uomo di Chiesa che irride coloro che recitano il rosario? Il Papa ha forse chiarito a Mons. Galantino che a proposito di preti sposati, di eucarestia ai divorziati e di omosessualità, non sono da eliminare i tabù – come li chiama Mons. Galantino, cioè i principi, quelli della storia bimillenaria della Chiesa – ma sono da educare vescovi e sacerdoti al rispetto del Vangelo? Il Papa ha spiegato a Mons. Galantino che l’ascolto di credenti omosessuali che vivono insieme da anni fedelmente, può corrispondere ad una pratica psichiatrica, ma non attiene al dovere che un vescovo ha di proclamare – sempre, in ogni circostanza – la dottrina della Chiesa Cattolica? Se si ascoltasse il mondo, Mons. Galantino – come sembra lei voglia fare – senza dire al mondo dove sta il bene e dove sta il male, si tradirebbe Gesù Cristo e la Sua Verità. Il Papa ha ricordato a Mons. Galantino che se incontrasse credenti omosessuali che vivono insieme da anni fedelmente, dovrebbe ricordare loro il Magistero? Quale? Non certo quello di chi ascolta, senza dire – e magari senza giudicare – ma quello espresso da sempre dalla Chiesa Cattolica. Scrive il Cardinale Giacomo Biffi, nel capitolo dedicato al tema del suo libro Dodici digressioni di un italiano cardinale, Cantagalli 2011: «Riguardo al problema oggi emergente dell’omosessualità la concezione cristiana ci dice che bisogna sempre distinguere il rispetto dovuto alle persone, che comporta il rifiuto di ogni loro emarginazione sociale e politica (salva la natura inderogabile della realtà matrimoniale e familiare), dal rifiuto di ogni esaltata ‘ideologia dell’omosessualità’, che è doveroso. La parola di Dio, come la conosciamo in una pagina della lettera ai Romani dell’apostolo Paolo, ci offre anzi un’interpretazione teologica del fenomeno della dilagante aberrazione culturale in questa materia: tale aberrazione - afferma il testo sacro - è al tempo stesso la prova e il risultato dell’esclusione di Dio dall’attenzione collettiva e dalla vita sociale, e della renitenza a dargli la gloria che gli spetta (1,21)». E aggiunge: «San Paolo si premura di osservare che l’abiezione estrema si ha quando ‘gli autori di tali cose… non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa’» (Rm, 1,32).
Invece di difendere i genitori cristiani ai quali la cultura dominante vuole sottrarre la libertà di educare i propri figli, consegnandoli, sin dalle scuole elementari alla cultura del gender; invece di promuovere nelle Chiese e nelle piazze la lettura della Lettera di San Paolo ai Romani (1,27) e della 1Cor (5,10-11;6,9-10: «Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio»),  il Segretario della CEI vuole ascoltare. Ascoltare senza dire la Verità, significa approvare. È questo che la missione importante della nuova Chiesa vuole fare? Approvare? Se il Papa ha taciuto dopo aver letto o ascoltato l’intervista di Mons. Galantino, ha approvato. A meno che non abbia nominato – noi ne siamo ignari – Introvigne quale suo supremo interprete e correttore. Il Papa può parlare della vita quanto vuole, ma se non ha rimosso Galantino dal suo incarico dopo che questi ha offeso, in maniera violenta e gratuita, coloro che dicono il rosario contro gli aborti davanti agli ospedali, ha sbagliato. Questo lo diciamo, facendo nostre le parole che Alessandro Manzoni scrive nel suo libro Osservazioni sulla Morale Cattolica: «(…) Bisogna chiedere conto, a una dottrina, delle conseguenze legittime che si cavano da essa, e non di quelle che le passioni possono dedurne». Siamo certi che Introvigne sarà d’accordo. Così come concorderà sul fatto che i cristiani – a iniziare dal Papa - hanno l’obbligo di conformarsi al Magistero. E’ difendendo il Magistero che essi tutelano la persona e la missione del Vicario di Cristo. Infatti, non è la santità dell'uomo a giustificare l'obbedienza nella fede. I cristiani, e i vescovi per primi – come ha ripetuto Benedetto XVI a proposito dei crimini sessuali - hanno l’obbligo di denunciare i sacerdoti che sono indegni moralmente. Facendolo, danno al Ministro la possibilità di salvarsi. È ingenuo credere, come alcuni, che questa sia una posizione moralistica o farisaica o protestante. Al contrario, essa è un’opera di filiale misericordia. La sentì così, Santa Caterina da Siena quando richiamò il Papa al dovere di lasciare Avignone e di tornare a Roma. Richiamandolo per mezzo di quella sua serva fedele, Cristo mostrò la vitalità irriducibile del suo Corpo storico. In fondo, anche per il Papa, vale questa domanda: se un padre o una madre abusano del loro bambino, chi dobbiamo proteggere? Il genitore o il bambino?
Continua la collaborazione di Danilo Quinto con Radio Spada: