ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 28 giugno 2014

Letture volpine

La chiacchierata di congedo – temporaneo – 

Firenze, caldo e afa. Il dott. Rigoletto Corsini saluta i suoi lettori e si trasferisce in collina. Ma niente paura, le chiacchierate riprenderanno. L’appuntamento è per autunno.
di Rigoletto Corsini

zzvlpfrncescFirenze è una città caldissima, il clima è afoso e umido, per cui a casa, ti assalgono sciami di zanzare – che sembra abbiano sostituito le petulanti mosche, sempre più rare – sì, la nostra bella e cara città, è grigia, costruita in massima parte in pietra, e i grandi monoliti grigi, durante la notte, come potenti caloriferi, ributtano generosamente il caldo che hanno incamerato durante il giorno…e, forse, si spiega così l’escursione termica, pressoché inesistente nella nostra città. A casa, Dina, con i suoi dolori artritici immaginari, dice che a lei “il caldo fa buono” e che l’aria condizionata le acuisce i già insopportabili (immaginari) dolori per cui…il condizionatore rimane quasi sempre spento e le zanzare divengono padrone delle stanze…lei afferma di aver  trovato un modo per allontanare i fastidiosi insetti: i gerani. E ha messo piante di colorati gerani da ogni parte: sui balconi e sui davanzali, sul piano di casa, nei corridoi,in sala da pranzo, in camera sua, nel ripostiglio…e le piante vanno innaffiate per cui il caldo-umido rappresenta l’habitat naturale delle stesse zanzare.
Per dirla con Dina, l’aria fresca emessa dal condizionatore sarebbe “refrattaria” (sic!) e porterebbe ogni malattia. Io lascio perdere, lo stesso fa Corradino che, oltre tutto, si diverte ad aizzare Dina; mi sfogo la sera, al rientro a casa e in camera mia e nello studio accendo a tutta valvola i condizionatori…

Il giorno non ce la faccio a tornare al Campo di Marte e poi ritornare, ancora una volta, in via de’ Tavolini. Parto, come sempre, la mattina di buon ora, ma da Gilli c’è già un’aria caldissima, afosa, appiccicosa, che sembra gelatina in emulsione che ti tenga attaccati i vestiti alla pelle…
Prendo veloce il caffè al banco e, dopo aver acquistato la mazzetta dei giornali -son rimasto ancora agli anni Settanta- Ottanta, in quanto la “mazzetta” nessuno l’acquista più con l’avvento del computer – e me ne corro in ufficio in via de’ Tavolini e,dopo aver acceso l’aria condizionata (almeno qui posso fare come mi pare e piace!) mi siedo e frescheggiando inizio a leggermi per un’oretta i giornali senza che nessuno mi disturbi…il Commendator Cherubino Montechiaro arriva sempre per primo…l’Avvocato Julo Alberto Scopetani – e lo vedo dai mozziconi di sigaretta che lascia in giro – in genere torna in studio e fa le ore piccole (ma qualche volta l’ho trovato di prima mattina, questo intrepido ventisettenne che è considerato uno dei migliori “azzeccagarbugli” del Foro Fiorentino, ancor vispo e dinamico…) a preparare le comparse…
Dalle 9 alle 12,15 faccio una tirata con le visite…e poi vado a mangiare un boccone, attraversando l’assolata piazza della Repubblica  e via Tornabuoni , in via della Spada da “Marione”, dove Giacomo, Fabio, Alessio, Marco, Luca e Daniele mi mettono al corrente degli ultimi avvenimenti cittadini con tanto di sagaci e sapidi commenti…tornando, dopo pranzo, in studio passo da piazza San Giovanni e faccio una visitina nella chiesetta della Misericordia, la più antica istituzione cristiana di Firenze fondata nel 1240 dal Domenicano San Piero da Verona, martirizzato a Lodi dagli eretici catari e patarini mentre, contro di loro, andava a inquisire un processo. Gli spaccarono la testa dalla quale sgorgò copioso sangue e, con quel sangue, scrisse, su una pietra, prima di rendere la sua bell’anima a Dio, la parola: “CREDO”.
Entro in quell’Oratorio per recitare una preghiera e lì c’è ancora l’altare “rivolto al Signore” dove don Luigi Stefani, grande amico di papà, che ora avrebbe oltre cent’anni, celebrava, il rito romano antico…quante volte sono passato dalla chiesa della Misericordia dove, all’interno della Compagnia, c’era uno studiolo, il regno di don Luigi Stefani con un quadro di Umberto II con la cappa nera della Misericordia, sul tavolo un barattolo sigillato pieno di “Terra di Zara” e, al muro, sotto il Crocifisso, una piastrella di maiolica con la scritta : “Parce mihi Domine quia Dalmata sum” e poi tanti quadri alle pareti di gruppi scolastici: i suoi alunni…quanto mi piaceva recarmi lì, allora ragazzino, con papà per il quale c’era sempre un libro da prendere, una rivista a cui abbonarsi, una tessera da rinnovare, una fotocopia di un articolo per leggere, e poi degli incartamenti contenenti le poesie e i racconti di due premi letterari, quello della “San Giovanni” e quello dello “Sprone” di cui mio padre, insieme all’avvocato Carlo Alberto de’ Lapi, a Mario Luzi e a Carlo Betocchi,faceva parte della Giuria…Ricordo Stefano Burbi, un giovanissimo poeta che don Stefani considerava una “sua scoperta”…e, al ritorno a casa, papà che, se non ci fosse stata la mamma, si sarebbe gettato, pieno di curiosità a sfogliare quei manoscritti, che leggeva con estrema attenzione, direi quasi con amore…e poi, proprio il sabato dopo la Festività di San Giovanni, la cena di fine d’anno degli artisti dello “Sprone” nella piazzetta del Giglio, insieme al Sindaco Bargellini – poi insieme all’altro sindaco Bausi – e a tutta la Giunta di Palazzo Vecchio; erano presenti anche i Docenti e i Discenti della “Piccola Accademia di Pittura dello Sprone”, gli artisti che , durante l’anno, avevano esposto le loro opere in quella Galleria artistica, i poeti e gli scrittori che, il giovedì, dopo la S. Messa in rito antico alla Misericordia, avevano presentato le loro opere in quella elegante sala per conferenze…e poi la presenza degli “Sproni d’Oro”, ovvero quei cittadini di Firenze che si erano distinti nella vita per doti artistiche, letterarie e di cuore: l’Ing. Giuseppe Amati, Medaglia d’Argento del Corpo degli Alpini, il Maestro Bruno Fallani, compositore e Direttore della Filarmonica Comunale “G. Rossini” di Firenze, Gennaro Napolitano “Censore di disciplina” del Convitto agrario delle Cascine, l’artigiano Ferdinando Del Fante “Scrittore di Cartelli”, il pittore Ugo Fanfani, con la sua botteghina di “legatore” in via de’ Leoni, detto anche “La Gazzetta di Firenze”, la pittrice e incisore Almina Dovati Fusi, delicata scrittrice, il Provveditore agli Studi di Firenze dottor Giovanni Pedrini…e poi un personaggio d’eccezione con il quale anch’io, nonostante la mia giovanissima età, divenni subito amico, il fotografo ebreo David Levi…monarchico, la sua famiglia era scesa a Firenze, con i piemontesi al tempo di Firenze capitale; era nato in via Vacchereccia e aveva il suo Studio Fotografico nel Vicolo dell’Oro, proprio sull’Arno…era stato deportato a Dachau dove conobbe Mafalda di Savoia, che lo confermò ancor di più nelle sue convinzioni politiche. Mi raccontava il babbo che, nel Sessantotto, David Levi si presentò candidato in una lista di monarchici e missini per il Comune di Firenze e divenne la “bestia nera” delle Sinistre. Io ho un archivio con oltre quattrocento foto di David Levi di personaggi fiorentini, molti dei quali amici di famiglia… chi sa che non ne nasca un libro.
Quanti cari ricordi passando per quella chiesetta e come, ahimè, mi accorgo del tempo passato. Venerdì tornando in studio c’era la madre dell’Avvocato Scopetani; non conoscendola la sbaglieresti per la sorella e ai soliti complimenti che le ho fatto per suo figlio mi ha risposto: “Sì, dottor Corsini, sono anch’io molto soddisfatta di Julo Alberto junior che se anche m’inguaiasse una ragazza…sarei contenta lo stesso…”
Eh,già, benedetta donna, ma che c’entrano questi discorsi. Domani, sabato, saremo a Rincine, dove ho acquistato una casa, là su quelle montagne dell’Appennino Toscano, in mezzo a quel verde e a quelle gole, piene di fungaie, dove non esistono giornate afose insopportabili…
Ho molto posto nella mia casa e, siccome, more solito, penso che faremo le “ore piccole” potrò ospitare coloro che non se la sentono di tornare a casa specialmente dopo aver abbondantemente mangiato e, casomai, aver bevuto un bicchiere in più…
Sì, è stato un sabato spumeggiante e, a cena, siamo stati da Ettore, il mitico “Colonnello”, il cui ristorante è proprio davanti alla chiesetta, dove in una stanza della canonica, vengono confezionate le medicine per mandare, poi, nelle missioni in terra d’Africa. Me l’ha detto Julo Alberto junior, ci veniva anche lui, da ragazzo, con gli altri giovani della sua parrocchia fiorentina.
Che bello cenare con il golf sulle spalle, in attesa di indossarlo, con quel venticello frizzante che ti abbraccia e ti parla, dicendoti:
“Non tornare in città al caldo e agli affanni giornalieri:  ” rimanti e i rei fantasmi, oh, non seguir..” , sì, resta qui, e, durante la notte, riposerai e riscoprirai quel “silenzio delle tenebre”…non saranno le fantasime ma le voci della natura a farti piacevole compagnia, lo scorrer veloce del torrente, l’abbaiar delle volpi in lontananza, il bramire dei cerbiatti, il canto buffo del barbagianni e quello della civetta che è di cattivo augurio soltanto per gli abitanti della città che non sanno gustarlo…no, l’uccello notturno di Minerva non è una malaugurante “fattucchiera” ma una voce amica che ti chiama, per farti compagnia…”rimanti”…”
A Ettore, il Colonnello, andrebbe dato un premio speciale per il suo contributo alla tradizione culinaria e ce ne siamo accorti: dai crostini toscani agli affettati, dalla zuppa di funghi alle tagliatelle al porcino fatte in casa , dal cinghiale e al capriolo stufati in umido, al vino profumato di Pomino fino al Tiramisù fatto in casa…Ettore non è loquace, anzi è molto riservato, ma con lo sguardo ti dimostra la sua simpatia e il suo calore umano. E questo è già tanto. Siamo in molti al nostro tavolo : il sottoscritto con i suoi figli Corradino e Manfredi, la nuora Elsa , l’avvocato Julo Alberto Scopetani con la sua splendida fidanzata Norina che, tra breve, prenderà la laurea in filosofia discutendo la sua tesi su Joseph de Maistre, la signora Serena, madre di Norina – il marito perì, nel febbraio 2010, in seguito a un grave incidente stradale – infine il Comm. Cherubino Montechiaro che stasera è in vena di far concioni…andando a scovare quegli argomenti tanto cari a tutta la compagnia, per cui il “neoborbonico” inizia il suo discorso:
Sentite cari amici, senta dottor Corsini, sentite Corradino,
Ormai, dallo scorso luglio -praticamente è passato un anno – come voi tutti sapete, è stato commissariato l’Ordine dei frati francescani dell’Immacolata fondato, quarant’’anni orsono, dai padri Stefano M. Manelli e Gabriele M. Pellettieri, un Ordine approvato da San Giovanni Paolo II e incoraggiato da Benedetto XVI. Dopo il “Motu Proprio” Summorum Pontificum di Benedetto XVI che liberalizzava e liberalizza tuttavia -  almeno che non ci si ponga in posizione di “sedevacantismo”, rompendo con il papa precedente, tra l’altro, ora “emerito” –  la S. Messa in rito Romano antico, la Messa di sempre e di tutti,  i padri fondatori decisero di celebrare – rendendo, peraltro, libera la celebrazione anche della Messa di Paolo VI- nel rito romano antico. Chiaramente chi conosce la “vecchia Messa” e la celebra o vi assiste con devozione si troverà, anche inavvertitamente, nella condizione di non poter più celebrare o assistere alla così detta “Messa riformata o conciliare”… uno abituato a leggere i classici latini e greci difficilmente, potrà leggere, poi, i romanzi d’appendice…I giovani frati, ad esempio, i novizi e i postulanti ,sceglievano liberamente il rito romano antico…
Comunque l’Ordine dei francescani dell’Immacolata – ripeto son cose queste che più o meno tutti conosciamo – erano l’unico Ordine della Chiesa che avesse delle vocazioni, un Ordine fiorente che voi tutti conoscete…qui a Firenze tutti quasi i conventi  dei vari ordini sono stati chiusi, a uno a uno; erano rimasti soltanto alcuni vecchi frati che hanno chiesto di “mettersi a riposo”: nella Chiesa di Ognissanti c’era, prima della venuta dei Francescani dell’Immacolata, un solo frate, vecchio e malato, il caro amico p. Ferdinando Battazzi che mi disse: “Cherubino, ringraziamo davvero l’Immacolata perché io credevo, dopo la grave malattia che mi ha colpito, che la mia chiesa di Ognissanti rimanesse chiusa per sempre”…Morì padre Battazzi che sempre ripeteva al Direttore dell’Edizione fiorentina de “Il Giornale” : “Riccardo, mi raccomando aiuta, aiutate tutti, il padre Serafino Lanzetta…è un frate eccezionale, quell’Ordine salverà la Chiesa…” E questo può testimoniarlo il Senatore Riccardo Mazzoni, un mio caro amico…
Poi il Kommissariamento – voluto e richiesto, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, da quattro frati ribelli invidiosi della vitalità dell’ordine, intolleranti della vita di spiritualità e di preghiera, incapaci di affrontare seriamente impegni di apostolato o seri studi, ma intenti nel ciarlatanismo sociologico, proprio delle fattucchiere, degli psicologi e delle cartomanti, dei venditori di erbe depurative e di prodotti biologici, delle pitonesse, dei maghi e degli assistenti sociali, avidi di cariche : il loro capo era ed è tuttavia p. Alfonso Giuda Bruno, uno strano frate scodinzolante con padre Manelli e, poi, al momento giusto, pronto a colpirlo alle spalle. Gli altri tre o quattro non val la pena di citarli, non hanno faccia (o almeno – mi scuserete- hanno la faccia al posto del c..o e viceversa, intercambiabile) e, soprattutto, non hanno anima. Il compito di questi ribelli – guarda un po’ aiutati dai girondini “alleanzini” con a capo Massimiliano Spaccapigne che negli anni Settanta faceva parte della scorta di Monsignor Marcel Lefebvre, ora grande nemico della Tradizione e barboso sociologo – era quello di cacciare i padri fondatori e di prendere in mano l’Ordine.
Cominciarono questi figli di Giuda a boicottare la Casa Mariana Editrice e a calunniare secondo il detto Volterriano: “Calunnia, calunnia, qualcosa rimane…”  Si ventilava da più parti: “Non è stato fatto il Kommissariamento per la Messa in latino…ma per gravissimi motivi…che verranno fuori..vedrete, cose gravissime…”
Naturalmente non poteva venir fuori nulla, si trattava soltanto di infami calunnie…ma insomma qualcuno, casomai, sollevava dei dubbi, quasi ci credeva. Il tutto dipendeva dalla Congregazione dei religiosi retta dal Cardinale Comunista Braz de Avil, difensore della Teologia della Liberazione e della criminale guerriglia rossa armata dell’America latina fortemente condannate da San Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Il Kommissario è stato (ora il suo compito di distruzione è terminato) un frate cappuccino, certo p. Fiorenzo Volpi, un tagliagole mozzaorecchi che sembrava uscito, papale papale, da qualche “covo” dell’Onorata Società. Stendiamo un velo pietoso sul suo operato e sulle sue dichiarazioni (che sembravano suggerite dal p. Giuda Alfonso Bruno)…del resto si potrà leggere il libro curato da Carlo Manetti : “Un caso che fa discutere: i francescani dell’Immacolata” – Ed. Fede e Cultura – per rendersi conto di quanto di devastante sia stato fatto (clicca qui per ordinarlo). Sembrava e, tuttavia sembra, che un odio “teologico” abbia guidato le menti perverse (ripeto, non si può parlare di anime) di questi ribelli iscariotiti:
Divieto di celebrare o di assistere alla Messa Romana antica e, conseguentemente, un atto di chiaro “sedevacantismo” rompendo così con il Magistero del precedente pontefice.
Esilio e “deportazione” – non sto usando termini a caso – degli oltre trecento frati rimasti fedeli all’Ordine e ai Carismi dei padri fondatori, sparsi ai quattro angoli della terra (“normale avvicendamento” lo definì il Kommissario Tagliagole e Mozzaorecchi).
Rimozione dall’insegnamento teologico nei seminari di tutti i professori rei di essere rimasti fedeli all’Immacolata. Chiusura del Seminario e sospensione delle ordinazioni sacerdotali e degli ordini minori maschili e femminili i cui membri (centinaia di persone consacrate) venivano accusati di seguire l’ortodossia della Fede e p.Manelli.
Incarcerazione di p.Manelli, che fu lasciato vergognosamente solo, senza nessuna assistenza, vietandogli anche le visite dei parenti stretti, nell’ospedale dove fu sottoposto a una difficile operazione durante la quale gli fu asportata una massa tumorale (clicca qui per leggere l’intervista di Danilo Quinto al chirurgo che operò il Padre Fondatore) Dopo il p. Manelli ebbe gli “arresti domiciliari” e gli fu impedito anche di andare a celebrare la S. Messa sulla tomba dei propri genitori. Lo strano è che , incredibilmente, non ci siano state indagini della Magistratura riscontrandosi, in quei comportamenti, diversi estremi di reato.
Il tentativo di impossessarsi dei beni dell’Ordine….ma siccome la regola dei frati dell’Immacolata prevedeva la povertà assoluta, i beni non erano intestati ai frati ma ai laici, e questo da sempre. Qui i ribelli e il Mozzaorecchie persero la calma arrivando a calunniare i nipoti di p. Manelli, salvo poi dover pubblicare rettifiche e chiedere scuse. Per questo il p. Fiorenzo Volpe dovrà presentarsi, per il momento, di fronte al Tribunale degli uomini…niente, assolutamente niente, di fronte al Giudizio – inappellabile- che sarà dato da ben più grande e autorevole Tribunale…
Per rappresaglia il Kommissario chiuse le Case dove si celebrava ancora, con il permesso dei vescovi, il rito romano antico…Ma si voleva mettere le mani anche sulle riviste tra cui la diffusissima “Il Giornale di Padre Pio” , “Fides Catholica” la rivista di apologetica liturgica fondata e diretta dal prof. p. Serafino M. Lanzetta e soprattutto sulla Casa Mariana Editrice gestita (ma non di proprietà) dalle suore, rea, tra l’altro, di aver pubblicato gli Atti dei Convegni sull’esistenza dell’Inferno, sul Concilio Vaticano II come Concilio Pastorale , sull’eresia di Karl Ranher oltre a tante altre opere teologiche, devozionali e apologetiche e  interessantissimi libri, ahimè, “CONTRO LA MASSONERIA”….Quindi non potendo impossessarsi delle riviste e della Casa Editrice il p. Mozzaorecchi decretò, minacciando pene canoniche, che dette riviste fossero tolte dalle chiese dei Francescani dell’Immacolata e fece divieto a tutti i frati di scrivere sulle medesime.
Organizzazione di corsi “per il recupero” tipo quelli organizzati nella Cambogia da Pol Pot. A Firenze dove la fa da padrone, p. Giuda Bremarco Dicette e Facette- come ben sapete e come ben sa Lei, avvocato Scopetani, che rischia, con quella sua “macchietta” di farlo accettare alla gente -che pur fedele al motto : “Francia o Spagna purché se magna” ha chiamato vergognosamente un padre Legionario (il fondatore di quell’Ordine era  p. Maciel, noto pedofilo) che , ogni giorno, faceva l’indottrinamento dei novizi dicendo che “in tutti gli ordini c’è il problema del fondatore”…insomma cercando di far capire che anche tra  fondatori dell’Ordine dei frati dell’Immacolata c’era qualcosa del genere..azione miseranda, miserevole e spregevole che solo  Facette e Dicette, in combutta con un frate inglese – lo stesso che ha distrutto l’Ordine in Inghilterra – poteva fare…ma le conseguenze sono state che su diciassette novizi, quindici, indignati, se ne sono andati per rimanere fedeli all’Immacolata e ai padri fondatori.
Evito di parlare di altri mille episodi incresciosi e vergognosi e, anzi, come ben dite voi, Corradino, bisogna pregare non per i frati fedeli ma per i traditori, per i ribelli, per i persecutori.
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Ora fa davvero freddo- e quando lunedì, in ambulatorio, lo racconterò, non ci crederanno – e il Colonnello ci chiama tutti su e trovo una tavola con una bella tovaglia, tutta piena di coppe per lo Champagne (ottima marca francese) e lì, a fare il Maestro delle cerimonie, ora c’è Corradino.
“Un altro brindisi alle 23 -azzardo io - ma chi festeggiamo?”
“No, Alberto, papà non sa nulla…forse è l’unico a non saperlo – esclama, ridendo, Corradino – diglielo tu…”
“Ma come – inizia Alberto – tu, Corradino, non gliel’hai detto…Io, dottor Corsini, anzi…noi…sì, io e Norina ci sposiamo…”
“Codesto lo so bene, Alberto…ne abbiamo parlato e ho anche promesso, contro le mie abitudini, di venire, a ottobre, alla cerimonia…stai certo…”
“No…dottore – risponde Alberto un po’ imbarazzato – mi sposo, anzi ci sposiamo, il mese prossimo …sabato 26 luglio a San Donato in Poggio …vero Norina?”
“E chi vi capisce – interloquisco – non potevate aspettare altri due mesi?..”
“Noi sì – mi dice Alberto – ma lui no…ha già bussato alla porta…non può aspettare – e a un mio sguardo interrogativo continua l’avvocato Scopetani – del resto , dottore, io e Norina abbiamo seguito i suoi consigli… ci diceva sempre che ogni atto di amore deve essere aperto alla vita…e noi abbiamo obbedito…e ora quello lì bussa alla porta…che dobbiamo fare?..”
E un applauso sommerge il discorso.
Benedetti figlioli! Ma hanno ragione loro, penso tra, me : “Oh, fate i bravi – dicevo loro – e ricordate che ogni atto di amore deve essere aperto alla vita”…E loro l’hanno preso alla lettera.
“Guardi, dottor Corsini che è già tutto stabilito: il collega Ascanio Ruschi mi farà da testimone, Guido Scatizzi, il poeta di Romole, farà da testimone a Norina…e Corradino il “Compare d’anello”…Lei, dottore, porterà all’altare Norina che è orfana di padre…”
Benedetti figlioli…pretendono anche di “inquadrarmi” ma non immaginano neanche quanto io sia contento per questo matrimonio d’amore, anche se un po’ incontinente, tra due persone meravigliose…che Iddio le benedica davvero…
E mentre tutti brindano e commentano benevolmente, il Comm. Cherubino Marechiaro che già sapeva, continua nel suo lungo concione.
IL PRIMO CERCHIO : LA SARASKA
“La saraska era così chiamata dal villaggio di Mavrino, che un tempo era lì ubicato, ma da un pezzo ormai era stato incluso nel perimetro cittadino. La fondazione della saraska era avvenuta…in una sera di luglio…Da allora l’erba era stata tagliata da un pezzo , le porte venivano aperte per la passeggiata soltanto quando suonava il campanello ; dalle dipendenze di Beria la saraska era stata trasferita alle dipendenze di Abakumov e incaricata di occuparsi di telefonia segreta …(onde cercare la) possibilità di riconoscere le voci al telefono, ossia il problema di chiarire che cos’è che rende irreperibile la voce di una data persona…Secondo la coartata abitudine dei reclusi, essi parlavano a bassa voce…ora si erano voltati d’un mezzo giro e si trovavano di spalle rispetto alla finestra, ai lampioni della zona del lager, alla torretta di vigilanza che si indovinava nell’oscurità, alle luci isolate delle lontane serre e alla colonna biancastra del fulgore di Mosca che si librava nel cielo.”
“Ragazzi!” echeggiò la voce di Ruska. “Vado alla Butyrca per l’istruttoria! Chi c’è qui?  Chi portano via?”
Scoppiò d’un tratto uno sfogo di voci , tutti i venti zek si misero a gridare, rispondendo, e anche tutti e due i sorveglianti, affinché Ruska tacesse; e anche dalla soglia del comando sbucò Klimentiev affinché i sorveglianti non dormissero e non lasciassero i detenuti parlare fra loro.
“Silenzio,per..! ” imprecò qualcuno nel furgone. Si fece silenzio e si udì che i sorveglianti nel loro scomparto si affaccendavano per ficcar dentro al più presto Ruska nel box…”E voi quanti siete?” gridò Ruska . “Venti”. “E chi?..”
Ma già l’avevano spinto dentro il box e chiudevano lo sportello…Finché era rimasto aperto lo sportello esterno , dentro il furgone c’era ancora un po’ di luce, ma anch’esso si chiuse, le teste degli agenti di scorta sbarrarono l’ultimo incerto raggio di luce attraverso le grate delle due porte; il motore scoppiettò , la macchina fremette, si mise in movimento…”Ruska!” gridò uno zek. “Menano?”
Non subito e sorda echeggiò la risposta: “Menano…”
….Elia Chorobrov, che si era un po’ ripreso,  disse nel buio e tra il mucchio di corpi:
“Fa niente, ragazzi, non rammaricatevi di partire. E’ vita forse quella alla saraska?..su ogni cinque c’è una spia , non puoi (andare) al gabinetto che subito il compare lo sa. ..E ti vietano pure la corrispondenza con quelli di casa , gli venisse!..”
…Nel silenzio che seguì, tra il ronzio del motore …echeggiò la risposta cesellata di Nerzin:
“No, Ilja Terentic, la saraska non è l’inferno . Non è l’inferno! All’inferno ci stiamo andando. Nell’inferno ci stiamo tornando. La saraska, invece è il primo, il migliore, il più alto cerchio dell’inferno . E’ quasi un paradiso…”
… Sì, li aspettava la tajgà e la tundra, il Polo del freddo di Oj-Mjakon…l’ospedale, la morte. Li aspettava soltanto il peggio.
Ma nelle loro anime c’era la pace.
                                        (Aleksander Solzenicyn : “Il Primo Cerchio” - Mondadori 1968)
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Ecco, dottor Corsini, ecco amici, i frati francescani fino a ora sono stati nella saraska che, in confronto, agli altri gironi è il Paradiso. Sì certo, sono stati esiliati, tolti dall’insegnamento, controllati, spiati, calunniati…ma fino a ieri proprio come ci dice Solzenicyn : “nelle loro anime c’era la pace” …e la speranza. Sì, vedrete, dicevano i poveri fraticelli tribolati, il papa che è tenuto all’oscuro di tutto farà giustizia (anche nei Gulag gli zeck erano sicuri che Stalin fosse all’oscuro di tutto)…e anche noi ci credevamo: il papa avrà forse ascoltato una sola parte ma quando si renderà conto finalmente si ristabilirà la verità.
Due mesi, fa durante una cerimonia nel corso di una visita di Bergoglio nella parrocchia romana di Tor Vergata, il parroco della Chiesa incaricò due suoi buoni parrocchiani, una coppia di coniugi, parenti del p. Stefano Manelli (genitori di otto figli: due frati e quattro suore nell’Ordine dei francescani dell’Immacolata), di salutare il Santo Padre a nome della Comunità. I due coniugi gli andarono incontro e, tra l’altro, gli consegnarono un bel quadro di carattere religioso poi , all’improvviso: “Santo Padre…quando farà uscire i frati francescani dell’Immacolata dal Sepolcro?”. Riportano le cronache che il papa ebbe un attimo di imbarazzato silenzio ma, poi, paternamente rispose ai due : “Presto..presto…” e si accomiatò.
Evidentemente il papa sapeva tutto e non contestò quell’espressione aspra “Quando li farete uscire dal sepolcro?” ma rispose subito assicurando che la persecuzione sarebbe finita.
Dopo pochi giorni – ed erano in molti a sperare che, stavolta, il papa qualcosa avrebbe fatto, se non altro avrebbe dato l’indulto agli oltre duecento (non una quarantina, come è stato affermato) frati e novizi che vorrebbero (vogliono!) uscire dall’Ordine che “non è più esso”- una notizia sconvolgente : anche le oltre quattrocento suore (che all’interno non avevano i Quisling che invece c’erano nel ramo maschile) ebbero una visitatrice con il potere di Kommissaria e fu, subito chiaro, che la persecuzione ora diventava ideologica. Si vuol distruggere anche questo ordine femminile perché di idee tradizionali. Più e più volte il p. Alfonso Bruno Giuda aveva denunziato una sorta di “matriarcato” ovvero “il ramo femminile che influenzava in senso autoreferenziale e pelagiano il ramo maschile”. Più e più volte, non essendo riusciti a mettere le mani sui beni (affidati ai laici delle suore) delle monache, tra cui la Casa Editrice Mariana, ora si cercava e si cerca di farle fuori.
Con più abilità e sottigliezza. Vedete, amici, sono finiti i tempi di un tagliagole e mozzaorecchi come p. Fiorenzo Volpi, di un uomo rozzo e “ignorante” (nel senso etimologico del termine) che ha creato tanti guai, facendo confusione, con le sue roboanti e clownesche dichiarazioni… A perseguitare le quattrocento suore che tengono aperti conventi, ospedali, lazzaretti, scuole…suore che pregano da mane a sera e aiutano, pur vivendo di carità, il loro prossimo…ma che hanno un peccato originale : anche loro (dopo il motu proprio Summorum Pontificum) di Benedetto XVI assistono alla celebrazione della Santa Messa in rito antico…su di loro nessuna ombra, ma soltanto una splendente luce divina, chi viene mandato?
Anche il loro destino è segnato.
La suora visitatora con poteri di Kommissaria (“vitae necisque”)  entra intrepida con il suo zainetto in mezzo a tutte queste suore allibite, a queste monache “medievali” (nel senso più vero e bello del termine) e mostra le sue credenziali: Maestra dorotea, laureata in teologia, teologhessa essa stessa, Docente presso la Pontificia Università Urbiniana…e tanto per esser chiari lei non è il p. Volpi che aveva soltanto un pensiero: mettere in saccoccia cinquemila euro al mese esentasse (sessantamila caccardelloni per distruggere un Ordine…pagati dai frati stessi); no lei il suo “pensiero” (la sua ideologia) ce ‘ha , eccome! (leggi qui la nuova teologia di Suor Fernanda Barbiero) e si avvicina molto a quello di Monsignor Galantino:
“Noi religiose siamo state formate a un tipo di fede e di spiritualità che ci trattiene nella ragione. E’ una spiritualità congelata nella filosofia dell’essere, non più attuale per l’urgenza di costruire un’etica: Ed etica vuol dire relazione di vita, non ragione (…) Noi dovremmo semplificare la religiosità e renderla più vicina ai bisogni reali dei poveri. C’è troppo “invisibile”, troppo arcano. La direzione della vita religiosa pare dimostrare che la santità ha il suo epicentro nell’al di là, nell’invisibile o in una carità molto più vicina all’elemosina che alla responsabilità e all’impegno per un mondo più giusto.”Cercate il regno di Dio e la sua giustizia”, ha detto Gesù. Dove?”
Dunque anche le suore verranno distrutte, fatte fuori…abbattuto l’Ordine e disperse le oltre quattrocento monache… anche loro, come i frati, avranno una tormentata esperienza passando “attraverso tutti i nove cerchi dell’Inferno”
Non si permette ai frati rimasti fedeli di uscire dall’Ordine, si arriva ad intimorire i vescovi perché non li accolgano nelle loro diocesi…si minacciano i novizi e gli studenti “Se tu lascerai..non diverrai mai sacerdote…porterai a vita questo marchio di pelagianesimo e di criptolefebvrismo…”
Per proseguire gli studi nelle Università Romane (“per diventare, così, come tutti gli altri”) i pochi che sono rimasti devono fare autocritica e sottostare ai quattro tirannelli staliniani agli ordini del Cardinale Comunista della guerriglia armata Braz De Avril.
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“Gli stabilimenti penitenziari sono insomma innanzi tutto scuole per quei “cattivi allievi”, turbolenti…”Diamo il benvenuto ai nostri nuovi compagni studenti!” recita lo striscione che accoglie Pasqualini in un campo…Lo studio è tutto tranne che una vana parola: per l’intero periodo dell’istruttoria  a esso vengono dedicate, nel quadro della cella, almeno due ore al giorno, la sera dopo cena; ma se i “progressi” di qualche prigioniero sono insoddisfacenti, o nelle campagne politiche,  la sua durata può estendersi alla giornata, alla settimana, se non addirittura al mese intero. In molti casi funge da stage d’integrazione nel’universo carcerario….Pasqualini cresciuto nel cattolicesimo, fu sorpreso di ritrovare meditazione, confessione e pentimento eretti a pratiche marxiste leniniste; la differenza è la loro dimensione obbligatoriamente collettiva e pubblica: non si tratta infatti di ripristinare il legame tra uomo e Dio, ma di fondere l’individuo in una massa totalmente sottomessa al Partito…In tutti i casi l’obiettivo è lo stesso : l’abdicazione alla personalità. In questo il capocellula…gioca un ruolo fondamentale:
“Ci lanciava senza tregua in discussioni di gruppo o storie contenenti principi morali da osservare: tutti gi altri argomenti cui la nostra mente si sarebbe potuta abbandonare – la famiglia, il cibo, gli sport, i passatempi o, certo, anche il sesso – erano assolutamente vietati. “Davanti al governo dobbiamo studiare insieme e sorvegliarci a vicenda” : questo era il motto, e lo si trovava scritto dappertutto in prigione”.
“Sedetti al mio posto e cominciai a scrivere la confessione. Durante l’esame di coscienza settimanale , qualche giorno dopo, la lessi ad alta voce… “A prima vista quello che ho fatto può sembrare non molto grave…ma a esaminare le cose più da vicino, il mio atto dimostra che non rispetto gl’insegnamenti del governo e oppongo resistenza alla riforma. Pisciando in quel modo, io ho dato subdolamente espressione alla mia collera: è stato un atto pieno di viltà. E’ stato come sputassi in faccia al governo, pensando che nessuno mi vedesse (aveva orinato all’aperto N.d.R.). Non posso che chiedere al governo di punirmi il più severamente possibile”
(Jean- Louis Margolin : Cina : una lunga marcia nella notte” in “Il libro nero del Comunismo” Ed. Oscar Storia Mondadori gennaio 2000)
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Quando i furgoncini (“cellulari”) arrivano a prelevare i frati (docenti e discenti) la destinazione è ignota. Vengono fatti montare sui pulmini: una gita a Roma? Un trasferimento per “normale avvicendamento”? Poi ci si accorge che si era entrati nell’area vaticana. L’ordine era di non parlare e di non scambiare opinioni. Sulla porta della Pensione Santa Marta p. G. Gaeta, che è stato l’artefice dell’incontro, fa alcuni cenni  ai “frati ribelli” (gli unici ad essere al corrente della cosa) che si dislocano, distanziati, nel tragitto tra la strada e la cappella dell’hotel Santa Marta. Nella cappella si crea un plotone di una cinquantina di tonache; in prima fila i Giuda si mettono statuari: p. G. Sgangherati, p. G. Iorio, p. G. Gaigher, p. Felner . A qualcuno che guarda il gruppo – non ci sono tra i cinquanta frati presenti coloro che sono rimasti fedeli all’Ordine e ai Carismi dei frati fondatori…esclusi anche i “sospetti” di tener contatti con i confratelli rimasti nell’ortodossia – non può sfuggire il p. Giordano Bruno Alfonso Giuda Maggiore che è alla sinistra, con i caproni, come nel giudizio universale. Viene a mente il Dies Irae:
Inter oves locum praesta                                                           alla destra con gli agnelli
et ab haedis me sequestra                                                        non coi capri a Te ribelli
statuens in parte destra.                                                             chiedo o Dio che Tu m’appelli.
Sì, p. G. Bruno è alla sinistra del papa con i “capri ribelli”. Le consegne date ai partecipanti sono state precise: in silenzio, composti, e soprattutto niente domande. E Bergoglio fa gli elogi di p. Fidenzio Volpi, anche lui in prima fila, con p. G. Bruno, con i “capri ribelli”. Dice (Bergoglio) che lui è a conoscenza di tutto e che quindi ringrazia e che il seminario lo ha fatto chiudere lui perché i novizi frequentassero, come tutti gli altri, le facoltà romane. Cantano e ballano. Tutto bene, come da copione. Poi succede l’imponderabile. Un giovane studente , Matteo Meni, in un silenzio di ghiaccio, mentre i quattro ribelli si guardano angosciati, si mette in ginocchio e parla:
“Santità come un figlio al padre la prego – il mio cuore è lacerato – abbiamo bisogno di pace. ..prego e soffro per Lei, parli, Santità, con p. Stefano Manelli…”
E’ sempre Matteo che testimonia: “Il papa ha annuito ma non ha detto nulla”.
L’imbarazzo, ora, nella cappella del Santa Marta, si taglia a fette, il papa sembra irritato. Qualcuno gli suggerisce qualcosa all’orecchio…L’udienza finisce.
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Soltanto dopo tredici giorni dall’udienza – eppure loro, i ribelli, aspettavano il giorno, del riconoscimento ufficiale di papa Bergoglio – un articolo di Tornielli raccontava l’episodio falsandolo. Dopo Tornielli ha rettificato. Gli altri sono restati in silenzio.
Talvolta nella saraska e specialmente nel Gulag accadeva che fossero poi, oltre agli zeck, anche i caporioni e i funzionari del Partito a pagare. Molti cadevano, allora, in disgrazia e pagavano. Spesso con la morte. Stalin, il Grande Padre,era imprevedibile.
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Fantasie (quasi) domenicali dell’Avvocato Julo Alberto junior Scopetani
Lettera di p. Dicette e Facette a Monsignor Galantino.
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Badrino, Patremo, Badrino a me, Monsignore Galandino gioioso e simbadico, deologo rosminiano e pastoso in guando nel vosdro nome Galandino c’è il rigordo del pollo alla galandina, poi siede anche un filosofo e sociologo eggezionale (clicca qui per leggere “il Segretario della CEI non crede nel valore della preghiera?” su Riscossa Cristiana) in quando avede deddo e sgriddo una considerazione, una probosizione deologica e filosofica che a me sdesso medesimo Dicette e Facette mi facesse venire i bordoni e l’infiammazone ormonale di gioia biacevole che mi sendissi duddo brugiare di bassione rileggendo quello vosdro bensiero degno di Barbariccia, diavolo nosdro:
“Pensiamo alla sacralità della vita , in passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle ciniche che praticano l’interruzione della gravidanza…”
Eggo Badrino, Patremo, Badrino a me monsignore Galandino illusdrissimo segredario dei vescovi idaliani che non a gaso voi siede oggi il simbolodella nuca Chiesa conciliare insieme a quello eggellendissimo deologo e bastore ghe risponde al nome di BIANCHINI CONSUETO e ghe anghe lui è sdado chiamado a Roma e adesso possiede anghe uno banghetto o ghiosghetto per l’ingremendo della vendida dei garofani, Ma voi eggellendissimo signore, Badrino, Patremo, Badrino a me, monsignore Galandino – ghe a differenza di quelli infame di dradizionalisde che snoggiolano rosari di fronde a quelle belle clinichette dove si braticano gli abordi che i dradizionalisde infame condinuano ad avversare e non gapiscono – come invece spiega quello bravo badrino On Casini - sodale del nosdro p. Bruno Alfonso Giuda Maggiore -  ora drombato anghe per colba dei dradizionalisdi infami che aldrimendi avrebbe finido a 92 anni quesda legisladura in Europa- che la legge dello abordo 194 essere una buona legge ghe va difesa come dige quella brava badrina, la signorina Assundina Morrese.
Ma voi Monsignore Gallandino, Badrino, Patremo, Badrino a me, avede faddo angor di più e dopo aver giusdamende gasdigato quelli infamone (“Dradizinalisde infame”; “Manif pour Tous”; “Sentinelle in piedi”) delle bersone malamende avede capido la siduazion e avede deddo:
“Non non mi identifico con i visi inespressivi di coloro che recitano rosari fuori dalle cliniche dove si praticano gli aborti, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro.”
Eggo Badrino, Patremo, Badrino a me, monsignore Galandino, eggelso chierigo e deologo, voi , nella vosdra grande qualida’ vesgovile, avede – sgusasse se accusì mi esprimessi – dando un bel galcio in gulo (quando ce va ce vole) a dudde quelle suberstizioni che gonsiderano vida un grumello di sangue, uno zigote, un mosdriciattolo ghe sda su un dido e ghe morendo non sendisse nessuno male, come giusdamende ebbe a dire il nosdro garo badrino Margo Pannella – che il Diavolo nosdro lo aiudi sembre nelle sue baddaglie di liberdà sbecie quando ,di fronde alla ipogrisia borghese, beve bure la sua gialla urinella bella e chi sa se non arrivasse anghe al bundo sublime di mangiare li brobri esgremendi…che sarebbe assai esemblificadivo per golpire quesdi borghesi conformisdi , audoreferenziali, pelagiani e gripto lefebvristi – dunque voi, badrino, patremo, badrino a me monsignore Galandino avede rigonosciuto che oldre a quello diriddo alla vida (ma ghe vida è quella di uno uomo o della donna che esseno addaggati a un macchinario e ghe bastasse staccare la spinetta per farlo sdare meglio e dare questi disperadi una morde dolge?) c’è pure uno diriddo alla salude e io, Dicette e Facette, denunzio a voi, badrino, Patremo, Badrino a me, ghe quesdo diriddo non mi viene congesso a gomingiare dalla guria fiorendina che non pensa a noi e sbecialmende a me, Dicette e Facette stesso medesimo ghe sto morenno e’ fame, ma a dande sgiogghezze che voi – Badrino, Patremo, Badrino a me monsignore Galandino avede condannado…a gominciare goi “pelagiani” che scassassero i’ zibidei davanti alle glinighe dove si bratigano, senza dolore, ber la madre e ber il figlio, gli abortarielli belli.
Boi voi, Badrino, Patremo, Badrino a me, con quella vosdra generosità e imbeduosidà, vi siede geddado in una bellissima indervisda ghe io, Dicette e Facette stesso medesimo, soddiscrivessi rigo per rigo, bundo per bundo, con una biccola gorrezione ghe voi, Badrino, Patremo, Badrino a me, Monsignore Galandino che avede a far rigare diriddi i vesgovi che biù o meno esseno duddi “audoreferenziali”, “griptolefebvristi”, ” (Per leggere l’intervista clicca qui : “Galantino: con Francesco un nuovo inizio per unire) ber cui voi giusdamende avede dighiarado che ci vuole:
“Rinnovamento liturgico; formazione del clero e dei laici (fine del clericalismo)…povertà della Chiesa (in quanto) la Chiesa nel suoi insieme e nelle sue singole posizioni non ha bisogno di protezioni, di garanzie e di sicurezze, di mondanità, di posizioni di potere…Prima che un cattivo comportamento (una libido dominandi ),il clericalismo è un errore teorico, propriamente da ricondurre alla teoria delle “due città” con la quale si definisce che i cristiani (preti e laici) abbiano una loro città da imporre agli altri uomini, mentre in realtà essi vivono nella città comune…si è pensato (e qualche nostalgico lo pensa ancora!) che la fede fosse un contenuto da trasmettere o qualcosa da dire in maniera perfetta e con parole definite. Oggi si è compreso che ci deve essere una concordanza da onorare tra contenuto e forma- e cioè tra quello che si dice e come lo si vive-perché diversamente viene meno…”
Eggo, Badrino, Patremo, Badrino a me. Voi avede deddo e sgriddo quesde cose perfette e grandi filosofazioni in uno sdile addiriddura poedico dando che il p. Ga- Ga – Ga – Ga – Ga – Ga- Ga -Gaaalloni dicette ghe lui un disgorso così lo indendeva venudo direddamende dal padre nosdro che sda all’Inferno, perfino p. Degasperiello Giuda Bello mi dicette: “Dicette e Facette quesd’uomo è senz’aldro ispirado e cose aggusì io mai le sentetti e dovessero essere imbarate a memoria dagli sdudenti e dai novizi..quando ci sarebbero in quando ora sono duddi – infami! – andadi via e bure digono ghe noi siamo ribelli e draditori”
Io soddoscgriddo, sdesso medesimo Dicette e Facette mi scappello di fronde a voi e bure mi scappellassi di fronde all’altro Badrino, Patremo, Badrino a Me Monsignore Consueto Bianchini ghe nel suo ghiosghetto di garofani in San Piedro sta spiegando ai duristi la sua eggezionale filosofazione fatta propria dal badrino Severini di noi iscariotiti dando bravo che sembrasse che a oddanda-novanda anni si bisgliasse il suo diploma in deologia prammatica e drammatica.
Ma dunque Badrino, Patremo, Badrino a me Monsignore Galandino che, nudo, immagino siade sdupendo a vedersi (e lo digo senza il pizzigore dei sensi) come nu bronzetto de’ Riace e non con una faccia inesbressiva come le dradizionalisde infame. Ma vedete, dudde le cose belle e buone, vengono denigrade dalli dradizionalisde infame (nonosdande io e Spaccavigne nostro cercherebbero di sbiegare che non è come quelle anime perse intendessero) e sappede che mi digono a me soddosgriddo? Mi digono:
“Facette e Dicette vuoi la Chiesa povera e sei contro il clericalismo? I soldi invece ghe chiederli a noi dudde le volde che parli dall’aldare che facessi senso, fatteli dare da Marco Pannella, dall’Arci – Gay, da Dario Fo e da Eugenio Scalfari che fossero li nuovi padri della Chiesa…l’otto per mille fattelo dare dai gattolici adulti e non da noi ghe abbiamo la faccia inespressiva…Sì, Dicette e Facette, i soldi faddeli dare da quelli ghe hanno la faccia esbressiva come quella di Monsignor Galandino ….”
E uno giornalisda inafame ghe fiangheggiassse li dradizionalisdi (che li si pigliasse un aggidente dobbio o, almeno, due scembi) ghe si ghiamasse SOCCI Dr. ANTONIO  bure ha faddo il maramaldo e ha sgriddo cose bruddissime su di voi e berfino ave ingitato alla rivolda per cui chiedessi allo padre nosdro Giordano Bruno Alfonso, Giuda Maggiore una condanna con brovvedimendo ganonigo che pordasse alla sgomuniga sgomunigande di Socci Andonio che anghe, mi digono, scrivesse libri reazionari e ghe li combrassero bure li dradizionalisde infame.
Per avere un’ idea di quando male avesse fatto lo sullodato Soggi eccovi quello che l’nfamone have sgriddo e deddo su ungiornale della desdra reazionaria che si ghiamasse “Libero” (clicca qui qui per leggere l’articolo di Socci su Libero)
Ora Badrino, Patremo, Badrino a me, Monsignore eggelso Galandino, sono io, umile fradicello di Isgariota Patremo, a ghiedere di levare guei riferimendi alla ghiesa povera in quando qui non s’avesse chiù a mangiare in quando, perfino Agnellone Bebé che bure è sdado gapace di disdruggere l’Ordine in Inghilterra, barla tando ma bure mangia assaie e io qui non so biù cosa avessi a fare dal momendo ghe quando ghiedo offerte alle gente essi mi spernacchiassero Qui il biatto piange e io no abbi chiù viveri:
1) Salamelle belle (finide) – 2) Ovedde delle gallinelle belle fresghe (finide – mi rimangono quelle sgadute che l’aldra sera quando le apretti per fare la friddada uscissero fuori li pulcinelli ghe se la deddero a gambe, mendre Fabiolone mio bello a’ mammà e cocco e’ papà li inseguisse). 3) Caciottelle (finide); 4) Basta corta e lunga (finida- mi rimanettero soldando i risi per lo risotto); 5) Ollio per olliare (quasi finido); 6) Gorgunzula con lo puzzetto delli piedi di Rubagalline(quasi finido); 7) Aulive (finide); 8) Vinello bianco ghe sembrasse bisciato dagli arcangeli (quasi finido)…riamessero solo in abbondanza le sgatolette di sgomberi che berò gi meddono a duddi indisbosizione e fanno fare li ruddarelli e boi sciolgono anghe l’indesdino sbecie quello del p. Agnellone Giuda Bebé che fosse acusì deligado.
Qui nessuno da’ nulla e e per quesde sdesse cose e considerazioni mi sendo cosdreddo di pregare voi, Badrino Padremo, Badrno a Me, Monsignore Galandino illusdrissimo, di sollegidare:
1) La mia nomina al ganonigado nel duomo di Firenze (Monsignore Alberti-ello Alberti-elli dei Favini ghe li dradizionalisde infame chiamano delli Favoni dice ghe ormai è cosa fatta)
2) La mia nomina a Gorrettore della Gompagnia di San Nicola dello Ceppariello insieme a quello governatoriello accusì coraggioso e accusì buono ed edugato, quando fosse degeduto lo sdesso Alberti-ello Alberti-elli dei Favini che li conservatore infame chiamano delli favoni.
3) La gaddedra di Diriddo Ganonigo nel Seminario di Firenze e il pensionamendo di quello brofessore ghe già ave l’ingarico al Dribunale Eggesiasdico e al Ganonigato del Duomo per cui dovrebbe lasciare per dare a me Dicette e Facette. In second’ordine la Gaddedra di Deologia Prammadica e Drammatica.
4) La nomina a brofessore di Edugazione fisica (presso le sguole materne o elemndari) ai badri Agnelllone Giuda Bebé e Giuda Degasperiello Bello;
E duddo quesdo non per ambizione o ber trionfalismo ma per avere qualche quattrino per rifornire la gucina che langue. Ho parlado con Marco Grulli e ghe dando vorrei farvelo gonoscere quesdo Giullariello Bello che mi raggondasse duddo quello ghe ha padido quando, bur avendo il blacet dei badrini della riserva indiana accusì elegandi e riguardosi – ghe non mettessero mai il naso nelle guestione teologighe come facesse quello mezzo eredigo di p. Serafino(gli venisse un aggidente secco) al quale bure il Grulli disse: “Badre ma ghi ve lo facesse fare …lasciade correre ghe io fondassi una Groce alleanzina con Spaccapigne e brendessi in mano la Dradizione….  -  ebbe il rifiudo gadegorigo di quello Gonte che abida sull’Arno, di quello avvogado reazionario ghe non si vergognasse a fare perfino dei gonvegni ghe sputtanassero il nosdro nuovo ordine di Iscariota, quello brofessore breside  ghe si osdina da anni a far celebrare la Messa andiga a Sando Francesco Boverino duddi i fesdivi alle 10 e ne have fadda una bandiera (ghe gomporta la sgomuniga sgomunigante) ebbe dunque un rifiudo alla sua proposda: ridiradevi duddi e dre e io vi offrissi a giascuno una sgrivania e io brendessi, con la demograzia cristiana, in mano la Tradizione e con Spaggavigne facessimo bure un bella sede della Alleanza e ber di più brendessimo (per merido mio) la ghiesa di San Gaetano ber fare , una volda all’anno, dande belle gerimonie ghe sembrassero le brove dell’Aida.
No dissero quei brepotenti arroganti e Marco Grulli previde ghe avessero fatta una brudda fine e ghe bure p. Serafino avesse faddo una brudda fine in quando si frequentassero e maleficamente si influenzassero nel bordare avandi quelle loro idee sgomunigade.
Eggo, Badrino, patremo, Badrino a me, Monsignore Galandino, scrivesse bure a quello nosdro Cardinale Betori ghe droppo indulgente fosse con i nosdalgici e gli dicesse (dopo ghe mi avesse mandado tante salamelle belle, caciotte, aulive e gorgunzola) di ghiudere quella gompagnia di Santo Frangesco e di fare gonfluire duddi i nosdalgici qui a Tutti I Santi ghe io celebrassi il rido vegghio ma, nello sdesso modo, farebbe.. opera di disindossigazione come facetti ai novizi ghe pur se ne andassero. ..quelli scurnacchiati! Poi Marco Grulli dovesse avere la sgrivania di Gao della Dradizione demoniacocristiana e in quel gaso mi promeddesse di rifornire la mia gucina di duddi i viveri che chiederebbi.
Resdo in fiduciosa addesa
Vosdro
Facette e Dicette dei frati di Giuda Iscariota
http://www.riscossacristiana.it/la-chiacchierata-di-congedo-temporaneo-del-dott-rigoletto-corsini/

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