CHI SONO IOR PER GIUDICARE? - LA “BANCA DI DIO” PUBBLICA IL BILANCIO SUL WEB E SI SCOPRE CHE L’EX PRESIDENTE VON FREYBERG HA INCASSATO NEL 2013 208 MILA EURO - I DEBITI PENDENTI CON GLI EX MANAGER CIPRIANI E TULLI
Il board di sovrintendenza (Hermann Schmitz, Carl A.Anderson, Antonio Maria Marocco, Soto Serrano), ha un credito di 260 mila euro, che non è ancora stato pagato - Un milione di euro è stato invece destinato al “precedente management generale, in funzione fino al 30 giugno”, cioè Paolo Cipriani e Massimo Tulli, di cui 694 mila euro ancora non pagati…
Sandro Iacometti per “Libero Quotidiano”
Mentre il governo nasconde i file sulla spending review, a casa di papa Francesco si procede a testa bassa sulla trasparenza.C’è chi assicura che sulle questioni veramente importanti la riservatezza all’interno delle mura vaticane sia ancora impenetrabile. Sta di fatto, però, che dopo l’esordio dello scorso ottobre, la prima volta in assoluto per l’istituto bancario della Santa Sede, ieri lo Ior ha pubblicato on line (www.ior.va) il suo secondo rendiconto della storia.
I dati principali erano già stati resi noti la scorsa settimana ma nelle pieghe del documento pubblicato integralmente sono reperibili notizie che vanno oltre l’utile e il fatturato. A partire dagli stipendi dei manager sostituiti incorsa una settimana fa.
L’ex presidente Ernst von Freyberg, rimpiazzato il 9 luglio con il francese Jean-Baptiste de Franssu, ha guadagnato nel corso del 2013 208mila euro, mentre al direttore generale Rolando Marranci, entrato in ruolo il primo luglio, sono andati 77 mila euro. Il board di sovrintendenza (Ronaldo Hermann Schmitz, Carl A.Anderson, Antonio Maria Marocco, Manuel Soto Serrano), ha un credito di 260 mila euro, che non è ancora stato pagato.
Un milione di euro è stato invece destinato al «precedente management generale, in funzione fino al 30 giugno», di cui 694 ancora non pagati. Una cifra, si legge nel rendiconto, che comprende anche «le indennità relative alla conclusione dei loro contratti».
Il documento ricorda che dal primo gennaio 2013 al primo luglio 2013 il direttorato era rappresentato da Paolo Cipriani e Massimo Tulli, dal primo luglio al 30 novembre da Ernst von Freyberg (ad interim) e Rolando Marranci, dal 30 novembre da Rolando Marranci come unico «managing director».
Complessivamente nel 2013 questa voce di bilancio sfiora gli 1,6milione di euro rispetto agli 877mila euro del 2012. Anche i costi per lo staff,a 11,9milionidieuro, sono aumentati del 4,3% «in seguito a nuove assunzioni» effettuate nel 2013. In evidenza nel bilancio anche una cifra abbastanza consistente, 23 milioni di euro, «depositati in una banca terza la cui disponibilità è ancora pendente».
La cifra coincide con quella che nel 2010 venne sequestrata al conto Ior presso il Credito Artigiano per violazione della normativa antiriciclaggio: stessa posta era evidenziata anche nel rendiconto del 2012. Sono dunque passati quattro anni e nei quasi 716milioni di depositi in altri istituti, la cifra è ancora congelata alla voce «altri depositi ». Piccolo allarme per l’outlook finanziario sul 2014.
Finora l’investimento nei titoli dell’eurozona è stato profittevole, con una compensazione tra bond delle aree periferiche, il cui valore è salito, e di quelle core dell’Europa, dove invece il rendimento è sceso. Ma «alla scadenza delle obbligazioni», avverte una nota del bilancio, «diventerà più difficile trovare rendimenti a un rischio accettabile».
La ripartizione dei clienti dell’Ior vede al primo posto sempre gli ordini religiosi, con oltre la metà degli asset. Seguono la Santa Sede e le Nunziature (13%), cardinali vescovi e clero (9%), diocesi (7%), e il resto diviso in altre tipologie di clienti, tra i quali impiegati del Vaticano e istituti di educazione cattolica.
Quello che viene chiarito nel bilancio, che allega anche la «certificazione» della società indipendente di revisione Deloitte & Touche, è anche la mission dell’istituto: «In tempi di grande cambiamento, è di vitale importanza», dice il Prelato, monsignor Battista Ricca», ricordare lo scopo dello Ior, che è quello di sostenere coloro che faticano a portare a compimento le buone opere realizzate dalla Chiesa cattolica, spesso senza alcun grazie, giorno dopo giorno, in tutto il mondo».
Finanze vaticane, lo Ior nel 2013 ha speso 1,6 milioni per i suoi vertici
Nel bilancio i 23 milioni bloccati dalla Procura nel 2010 presso il Credito Artigiano e solo un accenno al prestito di 15 milioni alla Lux Vide di Bernabei che chiama in causa Tarcisio Bertone
Ribaltone allo Ior
Il presidente Ernst von Freyberg è stato è stato sacrificato sull’altare degli interessi di nuovi gruppi di potere in ascesa
La nuova guerra dello Ior ha lasciato sul campo morti e feriti. Proprio come ai vecchi tempi. Nonostante gli uomini di Bergoglio abbiano fatto di tutto per nascondere le beghe interne alla banca di Dio, il presidente Ernst von Freyberg è stato defenestrato appena 15 mesi dopo il suo insediamento.“L’Espresso” due settimane fa ha anticipato l’esito finale della battaglia, e le ragioni politiche e finanziarie dello scontro. La Santa Sede ha imparato che le estromissioni violente sono mediaticamente assai dannose (vedi il caso di Ettore Gotti Tedeschi, cacciato con ignominia nel 2012 dai bertoniani), così stavolta ringrazia la dirigenza uscente e parla alla stampa di semplice «transizione verso una nuova fase». Ma in realtà von Freyberg è stato silurato, sacrificato sull’altare degli interessi di nuovi gruppi di potere in ascesa.
Il primo gruppo fa capo a Jeffrey Lena, l’avvocato californiano che da mesi è diventato fido consigliere del prelato
dello Ior Battista Ricca. Se Lena pare abbia cominciato a lavorare ai fianchi del banchiere tedesco appena quest’ultimo gli ha tagliato la consulenza (a metà del 2013), è proprio Ricca ad aver firmato un mese fa una durissima lettera di critiche a von Freyberg, contestando al numero uno dello Ior di non inviare al papa tutte le informazioni in merito ad alcune operazioni, tra cui il prestito da 15 milioni di euro fatto da Tarcisio Bertone alla Lux Vide.
«Una missiva paradossale, visto che tutte le anomalie - risalenti tra l’altro al periodo in cui Paolo Cipriani era direttore generale - le abbiamo scoperte e denunciate noi», spiegano dallo Ior alcuni collaboratori del presidente uscente. Che ricordano anche le difficoltà organizzative in cui si sono trovati: «Abbiamo cacciato un sacco di gente, tra cui importanti dirigenti e il tesoriere. Decisioni che abbiamo preso con il board. Peccato che non ci hanno dato nessuna risorsa adeguata per sostituirli». Von Freyberg, però, oltre che dalla gerarchia vaticana si è sentito abbandonato anche da Francesco: in oltre un anno il papa, in effetti, non l’ha mai voluto incontrare.
Il timing del cambio al vertice è stato deciso dal cardinale australiano George Pell, capo della neonata Segreteria dell’Economia, sorta di superministero che coordinerà tutti gli enti finanziari vaticani. Pell da mesi ha lo Ior nel suo mirino, e vuole che a guidarlo sia uno dei fedelissimi della “lobby maltese”, guidata dal finanziere maltese Joseph Zahra e dal francese Jean Battiste De Franssu.
Se non ci fossero novità dell’ultim’ora sarà quest’ultimo, nonostante le polemiche sui suoi conflitti d’interessi, a dover continuare il lavoro iniziato da von Freyberg. E, soprattutto, a decidere come e dove investire i 6 miliardi di euro in pancia all’istituto.
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/07/14/news/ribaltone-allo-ior-1.173142
Ior: un nuovo corso, tante domande
12-07-2014
«Noi riponiamo ogni fiducia in René Bruelhart, il direttore dell’Aif, l’autorità per l’informazione finanziaria». Così ieri il cardinale australiano George Pell, definito il “super-ministro dell’economia” in Vaticano, dalle colonne del Corriere della Sera spiegava la strategia per normalizzare i rapporti dello Ior (Istituto di Opere religiose) con le autorità finanziarie italiane e applicare le norme anti-riciclaggio. Dunque, il nuovo corso dello Ior, la cosiddetta Banca vaticana da anni al centro delle polemiche e più volte fonte di imbarazzo per la Santa Sede, sembra contare soprattutto su una persona, che peraltro non è il presidente appena nominato, il francese Jean-Baptiste de Franssu. Il che avrebbe un senso perché l’Aif è l’autorità di controllo, l’organo che dovrebbe fare da garante della regolarità delle operazioni bancarie vaticane davanti alle autorità internazionali. «Non vogliamo più scandali», ha insistito il cardinale Pell interpretando il mandato dell’intero collegio cardinalizio.
Sulle intenzioni non si discute, ciononostante il tanto sbandierato nuovo corso dello Ior suscita alcune domande inquietanti, che non lasciano tranquilli sul futuro di un istituto che ha un ruolo fondamentale nel sostenere la missione della Chiesa. Al punto che anche papa Francesco, che all’inizio del suo pontificato sembrava addirittura incline alla sua eliminazione, ha in pochi mesi dovuto cambiare idea, ricentrando però la sua missione sull’aiuto ai poveri.
Domande inquietanti, si diceva. A cominciare dall’uomo su cui viene riposta la massima fiducia. Proprio pochi giorni fa infatti, da alcuni giornali è stata pubblicata la notizia che Moneyval, il Comitato Ue di esperti per la valutazione delle misure contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, ha già pronto un rapporto che declassa il Principato del Liechtenstein in fatto di controlli sul denaro sporco e sotto accusa c’è proprio il periodo in cui a capo dell’autorità antiriciclaggio del paese centroeuropeo c’era René Bruelhart. Questione non da poco, perché Bruelhart, che il settimanale britannico The Economist aveva allora definito «il James Bond dell’anti-riciclaggio», era giunto in Vaticano proprio sulla scorta della fama conquistatasi nel “ripulire” l’immagine del Liechtenstein. Ora si scopre invece che aveva contribuito a sporcarla.
È una circostanza che dovrebbe mettere in allarme la Santa Sede, che non si può certo permettere un altro passo falso sullo Ior, tanto più che il mistero che circonda Bruelhart non si limita al passato in Liechtenstein ma anche le modalità del suo arrivo in Vaticano. Ufficialmente infatti è stato ingaggiato nel settembre 2012 come consulente per rafforzare gli strumenti contro i crimini finanziari, ma in realtà ci sono indizi che in Vaticano fosse già all’opera – segretamente – dall’anno prima e che sia lui il vero artefice della “controriforma” che ha bloccato il processo di trasparenza dello Ior.
Bisogna infatti ricordare che a tracciare una linea di trasparenza assoluta per lo Ior era stato Benedetto XVI che il 30 dicembre 2010 aveva promulgato con un Motu Proprio la legge 127 - scritta dall’allora presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e dal cardinale Attilio Nicora - che toglieva ogni segretezza ai conti dello Ior e istituiva l’Aif affidandole ampi poteri di controllo. Era una riforma che fin dall’inizio trovò forte opposizione nel management dell’istituto (lo stesso management recentemente incriminato dalla giustizia italiana per reati finanziari) spalleggiato dall’allora segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone. Al punto che nel gennaio 2012 fu varata – all’insaputa di Gotti Tedeschi e Nicora – una “controriforma” che legava le mani all’Aif e limitava la trasparenza dei conti correnti. Ne seguirono mesi roventi, che culminarono nella scandalosa cacciata di Gotti Tedeschi – a cui la giustizia italiana ha ora riconosciuto la volontà di perseguire la trasparenza secondo il mandato di Benedetto XVI contro un management a dir poco spregiudicato – e successivamente nel ridimensionamento prima e nel siluramento poi del cardinale Nicora.
Bisogna infatti ricordare che a tracciare una linea di trasparenza assoluta per lo Ior era stato Benedetto XVI che il 30 dicembre 2010 aveva promulgato con un Motu Proprio la legge 127 - scritta dall’allora presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e dal cardinale Attilio Nicora - che toglieva ogni segretezza ai conti dello Ior e istituiva l’Aif affidandole ampi poteri di controllo. Era una riforma che fin dall’inizio trovò forte opposizione nel management dell’istituto (lo stesso management recentemente incriminato dalla giustizia italiana per reati finanziari) spalleggiato dall’allora segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone. Al punto che nel gennaio 2012 fu varata – all’insaputa di Gotti Tedeschi e Nicora – una “controriforma” che legava le mani all’Aif e limitava la trasparenza dei conti correnti. Ne seguirono mesi roventi, che culminarono nella scandalosa cacciata di Gotti Tedeschi – a cui la giustizia italiana ha ora riconosciuto la volontà di perseguire la trasparenza secondo il mandato di Benedetto XVI contro un management a dir poco spregiudicato – e successivamente nel ridimensionamento prima e nel siluramento poi del cardinale Nicora.
Bruelhart dunque è considerato il vero artefice – sebbene nascosto - della controriforma; e poco dopo il suo arrivo ufficiale in Vaticano ha assunto l’incarico di direttore generale dell’Aif defenestrando Francesco De Pasquale, uomo di Bankitalia che garantiva la collaborazione tra Ior e autorità italiane.
C’è voluto un altro Motu Proprio, stavolta di papa Francesco nell’agosto scorso, per restituire maggiori poteri all’Aif, ma la rivoluzione nello Ior – stando alle parole di Pell – sarebbe nelle mani di un uomo il cui ruolo nelle tristi vicende degli ultimi due anni è fortemente sospetto.
Non bastasse, anche l’avvicendamento alla presidenza dello Ior fa nascere qualche domanda: il tedesco Ernst von Freiberg, nominato in fretta e furia subito dopo le dimissioni di Benedetto XVI, se ne va dopo appena 18 mesi per lasciare il posto a De Franssu. Ufficialmente nessuna polemica aperta, ma sono molte le voci che parlano di un von Freiberg in disaccordo sulla linea presa dall’istituto che non sembra avere fretta di entrare nella white list, ovvero nell’elenco dei paesi virtuosi.
Infine, a lasciare perplessi è anche la determinazione a non chiarire cosa è successo negli ultimi due anni, malgrado la giustizia italiana si sia già pronunciata in proposito. Nell’intervista al Corriere, il cardinale Pell fa riferimento a Calvi e Sindona, come simboli di uno Ior che non si deve più vedere. Ma la vicenda dei due banchieri, che rovinò l’immagine della Chiesa, risale ormai a trenta anni fa, mentre sarebbe più opportuno dare conto delle battaglie interne che si sono combattute negli ultimi anni. Anche perché l’ostinato silenzio sulle recenti vicende fa sorgere dubbi sulla reale affidabilità di chi vorrebbe costruire un nuovo futuro.
I prossimi mesi diranno se queste sono soltanto illazioni, timori ingiustificati, oppure qualcosa di drammaticamente serio.
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