ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 10 agosto 2014

Deo gratias


La Messa non è finita Deo gratias



Premetto che in quel che dirò non c’è alcuna vocazione polemica, perché le dispute intraecclesiali non mi appassionano. Anzi, mi infastidiscono. Sono cose di preti, nelle quali i laici, a mio avviso, meno mettono bocca e meglio è. Troppo spesso i preti si comportano come se la Chiesa fosse «cosa loro» e rispondono piccati quando li si critica. É da cinquant’anni, cioè dai tempi del Concilio, che il clero si riempie le gote del famoso «ruolo dei laici», ma poi, a conti fatti, il ruolo dei laici lo vorrebbe così: sempre in ginocchio, obbedienti e col portafogli aperto. 

Ho ormai una certa età e confesso che, quando sento parlare o leggo di dispute sul Concilio cambio canale o pagina o clicco qualcos’altro. Lo stesso dicasi per la Messa, nuovo rito, vecchio rito, rito straordinario, progressismi e tradizionalismi. Saranno gli anni, ma sono stufo da un pezzo. Quando mio nonno aveva l’età che ho io adesso e io ero un ragazzino, lui mi diceva sempre: sta’ lontano dai preti; onorali, riveriscili e salutali per strada, bacia loro la mano (allora usava) e va’ a Messa, ma non ti ci mischiare. Con sorpresa, diventato scrittore, mi accorsi che Padre Pio era dello stesso parere. Non sopportava i laici che ronzavano attorno alle tonache: allora si chiamavano «baciapile», oggi «impegnati nella pastorale». Il Santo diceva, col suo solito modo ruvido: «O dentro o fuori». Cioè: se ti piace l’ambiente entra nel clero, sennò esci di sacrestia e fai davvero il laico.

L’esperienza è quella cosa che quando l’hai fatta è troppo tardi. Infatti, oggi so –per esperienza- che sia mio nonno (uomo religiosissimo) che Padre Pio (santo, asceta e mistico) avevano ragione. Entrambi passarono i guai loro per colpa del clero: le vicissitudini di Padre Pio sono note (rileggersi il mio libro Vita di Padre Pio, Piemme, più volte ristampato), mio nonno (che era imprenditore) uscì mezzo rovinato economicamente per essersi fidato di preti in un affare. Premesso tutto questo, vengo al dunque.

Sono tanti anni ormai che nella mia mente la Messa domenicale è associata a un’ora di martirio di cui farei volentieri a meno. Tedio. Noia. Omelie banali e interminabili. Canzonette pop dal testo cretino. Estenuanti e retorici assilli al Padreterno terminanti con «…ascoltaci Signore». Segni di pace sudaticci. Ridicola miniprocessione per portare i «doni» all’altare. Chilometrici avvisi parrocchiali da ascoltare in piedi prima di avere la benedizione finale (dunque, abusivamente inglobati nella liturgia). Un «rendiamo grazie a Dio» che è un (mio) urlo di sollievo prima di uscire –finalmente!- a riveder le stelle. Ripeto: nessuna polemica. Trattasi solo di mie personali sensazioni.

Ora, però, ho scoperto che nella cittadina sul Lago Maggiore in cui passo di solito l’estate c’è un prete che dice l’antica Messa. Una sola, il sabato pomeriggio. Ci sono andato, per curiosità. Già, perché quando vigeva il vecchio rito io a Messa non ci andavo proprio, perciò per me era una vera novità. Stupore: il celebrante faceva quasi tutto lui, gli astanti dovevano «rispondere» di rado. Silenzio. Il centro del tutto era il tabernacolo, non lo show del prete. Uno, in un angolo, intonava gli antichi inni in latino e –sorpresa- qualcosa mi si scioglieva dentro. Non mi accorgevo del tempo che passava, mi ritrovavo attento e concentrato come non mai, «partecipavo» davvero. Uscii ancora pervaso da un senso del sacro quale mai avevo provato prima. C’erano a disposizione dei libri per seguire la Messa, di quelli coi nastrini segnapagine rossi. Io non ci capivo granché, ma –altra sorpresa- una bengalese seduta accanto a me, colta la mia difficoltà, prese a indicarmi i passi giusti.

Una bengalese! Il 5 agosto una lettrice romana mi ha scritto, raccontandomi della Messa a cui aveva assistito al mattino nella basilica di Santa Maria Maggiore. Ogni anno, per la ricorrenza della festa, vi si celebra solennemente in latino. Scrive la lettrice: «Mi sono trovata a cantare e a rispondere accanto a una coppia di giovani tedeschi e a due nere americane che conoscevano alla perfezione le parti della Messa in latino sia recitate che cantate; lo stesso mi capitò anni fa con dei giapponesi; è questo un modo davvero commovente di sentire e di vivere la cattolicità della Chiesa». Eggià: per «aggiornarsi» con gli anni Sessanta -del secolo scorso- la Chiesa rinunciò alla sua lingua sacra (mentre ebraismo e islamismo mantengono rigorosamente le loro). Il risultato di quello che Vittorio Messori definì in un’intervista «un golpe clericale» è che se percorro, che so, la Spagna devo assistere a Messe in catalano, castigliano, basco e via dicendo.

Nel turista cattolico, con difficoltà avverto un fratello e la «cattolicità» di cui parlava la lettrice diventa teoria, non una sensazione palpabile. Scusate, ma siamo fatti anche di corpo. In quella chiesina sul Lago Maggiore ho visto un sacerdote che portava a Dio le preghiere del popolo che gli stava alle spalle in religioso (è il caso di dirlo) raccoglimento. Naturalmente –mi ha raccontato poi- si è inimicato il vescovo e tutti i colleghi della diocesi per via della sua ostinazione –qualificata di «lefebvriana»- a voler celebrare una (una!) Messa alla settimana secondo il motu proprio di Benedetto XVI. Tranquilli, quando finirà l’estate e tornerò in città non ho alcuna intenzione di macinare chilometri per andare a cercare una Messa di rito «straordinario» (sic!). Offrirò, come sempre, la mia pena domenicale al Signore nella solita parrocchia, a sconto dei miei peccati.

di Rino Cammilleri

La nuova Bussola Quotidiana 10 agosto 2014

7 commenti:

  1. [...quando finirà l’estate e tornerò in città non ho alcuna intenzione di macinare chilometri per andare a cercare una Messa di rito «straordinario» (sic!). Offrirò, come sempre, la mia pena domenicale al Signore nella solita parrocchia, a sconto dei miei peccati.]
    Mi fa specie che una persona del suo calibro, scrittore di fama internazionale, dopo questa parentesi estiva che gli ha procurato la grazia di poter assistere al Vero Sacrificio della Santa Messa, preferisca ritornare a partecipare di nuovo ad un rito bastardo, invalido, nullo, eretico e sacrilego.
    Forse che la mano tesa di NSGC non gli sia bastata?
    Ammesso e non concesso che percorrere qualche chilometro per onorare NSGC e santificare un precetto non ne valga la pena; come si può rifiutare tale grazia, continuando a vivere nel peccato? Si, perchè di peccato si tratta se si persevera nell'errore! Meglio non andarci proprio al Novus Ordo, soprattutto se questo è un rito eretico protestante, meglio restare a casa, in famiglia recitando il S. Rosario . Così si assolve meglio il proprio dovere di cattolico, senza mettere a rischio la propria fede. Meditate sig. Rino, meditate!

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  2. Lei centra ottimamente la questione, Anonimo. In Cammilleri è avvertibile il disagio e l'infinita voglia di normalità, dei Cattocon Foglieggianti, più devoti alla Binità (Giulianoferrara-Razingazeta) che alla Trinità. Cammilleri, che certo non è né scemo né cieco, capisce ben bene tutta la questione vaticanseconda; ma fattosi paladino del papismo Wojtylatrico, ora non può innestare la retromarcia mentre Bergoglio lancia le macchine a tutto vapore in direzione dell'Abisso. Questi personaggi devono ora ballare al ritmo che essi hanno selezionato nel juke box...

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  3. Ma il Sig. Camilleri non pensa che certe messe offendono Dio , e che partecipare a quelle celebrazioni è avallare le offese .

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  4. sempre 6.48 . Faccia un po' di sacrificio e cerchi la S. Messa di sempre , e dia gloria a Dio e non alla sua pigrizia .

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  5. Ma in quest'epoca è l'epoca del dio quattrino, che per i molti prevale sul Dio Trino.

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  6. Correggo:non "in quest'epoca" ma "quest'epoca"

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  7. Ho letto parecchi libri di Cammilleri e li ho fatti leggere ai miei figli, siamo abbonati al Timone ed ero meravigliata che non avesse mai trattato questo argomento .
    Da poco più di due anni ho avuto dalla Provvidenza il dono di poter assistere con una certa frequenza alla Santa Messa di sempre ( facendo 40 chilometri all' andata e 40 al ritorno ma li merita tutti) ; oggi non sono potuta andare perchè sono rimasta senza macchina.
    Nei giorni scorsi mi è capitato di piangere dalla rabbia: i miei nonni potevano frequentare la Santa Messa tutti i giorni se lo volevano perchè anche la più sperduta parrocchietta di montagna aveva il suo prete (anche se erano solo un pugno di anime) e ora condividiamo il sacerdote con altre due parrocchie.
    Caro Cammilleri devi approfondire questo argomento! Scoprirai è da qui che ha origine la crisi della Chiesa !
    Nella mia Parrocchia fino a 40 anni fa c'era una fede che qualcuno dubitava sarebbe venuta meno neppure se ci avessero sganciato sopra l' atomica... adesso che pena !
    Noi che ai referendum su divorzio e aborto eravamo andati controtendenza rifiutandoli con percentuali che lasciavano sbalorditi ( ma che pure erano già calate nel secondo) siamo infestati dalle convivenze: i giovani non se ne fanno più un problema .
    Quello che però mi fa specie (e che mi spinge a cercare l' aiuto di Dio nella Messa di sempre ) è che genitori che andavano a messa tutti i santi giorni ( la messa in italiano) non si siamo fatti un problema di permettere ai figli di andare a convivere in una loro casa accettando l'andazzo come un logico adattamento all'attuale modo di vivere le relazioni.
    Devo però avvertire Cammilleri : attento, toccare questo argomento crea problemi! Si informi sui Frati Francescani dell' Immacolata... c'è di che riflettere. Quanto al caro Don Marco gli ha parlato direttamente.
    E se ha capito che la Messa di sempre è un' altra cosa la cerchi. E più vi assisterà , più si informerà sul perchè ce l'hanno tolta, più capirà che è qui tutto il nocciolo del problema.
    Mariangela

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