prima parte
I futuri partecipanti all'ONU delle religioni: agghindati per la bisogna
Il 4 settembre di quest’anno, Papa Bergoglio ha ricevuto in Vaticano, nell’udienza privata, l’ex presidente dello Stato ebraico, Shimon Peres. Egli ha definito, d’accordo con lo stesso Peres – come riferisce il portavoce della Sala Stampa Vaticana padre Federico Lombardi – “non fallita l’iniziativa della preghiera per la pace con la partecipazione, in Vaticano, di Peres ed Abu Mazen l’8 giugno scorso, visti gli eventi che poi sono seguiti, ma di considerarla una porta aperta per altre iniziative e valori” e, riferendosi alla proposta di Peres, quella di istituire una “ONU delle Religioni”, si è mantenute sulle generali, diremmo su una linea neutra ribadendo di credere nell’efficacia di ulteriori incontri per l’avvìo di processi e di cammini.
Intanto, definire “non fallita” l’esperienza dell’incontro di preghiera dell’8 giugno, più che una litote di ripiego e poco convincente, è, come i fatti testimoniano, un correre in avanti per non cadere indietro e per non ammetterlo, invece, come vero e proprio fallimento viste le conseguenze tragiche che, all’indomani dell’avvenimento, si susseguirono, e si susseguono ancora. Un comportarsi a un dipresso simile a quel tizio che, caduto da cavallo, osservò che tanto doveva scendere. Ulteriore dimostrazione che, quando non è il Signore a costruire la casa, invano vi lavorano quelli che credono di edificarla (Ps. 126,1).
Detto di passaggio, cari lettori: vi ricordate il gabbiano e il corvo che, sopra Piazza San Pietro, sbranarono la bianca e goffa colomba che papa Francesco aveva, con a lato due bimbi, lanciato quale augurio di pace?
Sareste capaci di dire che la disavventura della colomba è un’esperienza “non fallita”?
Ritenere, poi, l’iniziativa, una porta aperta per ulteriori simili incontri significa far entrare invitati alle nozze senza l’abito nuziale, come richiesto da Cristo Gesù. Cioè, porte aperte ai ladri, ai nemici di Dio in un’epoca che sta diventando la notte della Chiesa. Una volta, questa porta – la porta del Signore, la Chiesa cioè – veniva aperta per far entrare i giusti (Ps. 117, 20), ma non oggi, perché mutato è il criterio che da dogmatico è diventato pastorale. Perciò, come si sa, anche la porta del Paradiso, che san Pietro tiene sprangata ai peccatori, ligio all’ordine della giustizia divina, ora viene schiusa - pensate un po’ - di notte e nel silenzio – l’ora, appunto, dei ladri – dalla Vergine Maria la quale maternamente, secondo la “nuova teologìa bergogliana” da fine del mondo edita in quel di Santa Marta, vi fa entrare “i poveri peccatori”.
Ora, se la nostra esperienza e la capacità critica non ci ingannano, sembra che l’atteggiamento vago, “basculante” di papa Bergoglio a proposito dell’iniziativa talmudista di fondare una ONU delle religioni, nasconda non troppo efficacemente un’adesione che, come nello stile della diplomazia vaticana, sarà comunque annunciata dopo, quando, intorno a siffatta proposta, saranno state allestite tavole rotonde e confezionati fior di convegni, giusto il tempo di diluire le eventuali obiezioni ed uccellare, poi, la cattolicità col farle credere che l’esito finale è il coagulo di profonde, responsabili riflessioni suscitate dallo Spirito Santo, scaturite da esaurienti dibattiti ed approvate in armonìa con lo ‘spirito del tempo’ e nel solco del Vangelo (!).
E non si mancherà di citare, a opportuno sostegno, che proprio il Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace vagheggiò, nell’ottobre del 2010, l’istituzione di un Ente, unico e sovranazionale, quale sorvegliante di tutta l’attività economica mondiale. Una “torre di Babel”, insomma, con un’azione - il lettore può notare - partita da lontano e che si inserisce nel filone di quella manovra massonica, la cosiddetta URI (United Religions Initiative) fondata dall’ebreo Sigmund Sternberg già direttore del “Consiglio Internazionale dei Cristiani Ebrei” (ICCJ), “congiuntamente a Robert Muller, illustre rappresentante New Age presso le Nazioni Unite” (Epiphanius: Massoneria e sètte segrete – E. Controcorrente 2002, Napoli – pag. 739) con lo scopo di unificare le religioni mondiali costituendosi quale ramo dell’ONU. Questo nel 1993, Peres oggi, 2014: tessere che, se il Signore non darà uno scossone, andranno a completare il mosaico del regno di Satana.
Se noi ci siamo permessi di sospettare, nel comportamento di papa Bergoglio, una strategìa attendista e diluente, è perché ce ne dà motivo l’appartenenza della Chiesa cattolica al WCC (World Council of Churches), il Consiglio Mondiale delle Chiese in cui essa ricopre il ruolo di “osservatrice”. Se, infatti, fosse stato palese un atteggiamento contrario, il Vaticano non avrebbe accettato lontanamente quel ruolo.
La visita di Peres replica, secondo le fasi di un disegno a lungo compimento, quella che, nel 1994, Sternberg fece in Vaticano in occasione del concerto tenuto per la commemorazione della Shoa, alla presenza di GP II e del massone presidente della repubblica italiana Giorgio Napolitano. Come ben si vede, per la porta, lasciata aperta in ossequio alla fratellanza universale, di cui la Chiesa postconciliare – o meglio, gli uomini della Chiesa – si fa interprete volenterosa ed entusiasta, sono entrate lupi, volpi e faine con l’incarico di custodire il gregge di Cristo. E per consentire tale suicida operazione, la Gerarchìa tien lontani, come appestati, la Fraternità S.S. Pio X, i Frati e le Suore dell’Immacolata e tutti i gruppi che tentano di rammentare e difendere la Tradizione. In pratica, il cibo ai cani e le briciole, che cadono dal tavolo, ai figli.
E in siffatta situazione, si continua stolidamente a perseguire la strada del dialogo suicidario.
“Errare humanum est, perseverare bergolianum”.
I vescovi multicolore della neo-Chiesa conciliare
Secondo fiore: Papa Bergoglio e i vescovi del Camerun.
Il giorno 6 settembre scorso, papa Bergoglio ha ricevuto, per la visita “ad limina Apostolorum”, i vescovi del Camerun. Ad essi ha rivolto l’esortazione ad alimentare “il dialogo della vita” con i musulmani, in uno spirito di fiducia reciproca indispensabile oggi per favorire “la coabitazione pacifica e contrastare la violenza di cui i cristiani sono vittime in certe regioni dell’Africa” (O. R. 7 settembre 2014).
Ancora con questo dialogo, strumento che, da 60 anni in qua, ha prodotto soltanto apostasìe, fughe dalla vita consacrata, vittime e martiri. E quel riferimento alla “coabitazione pacifica” che ricorda tanto la dottrina sovietica-breznviana della “coesistenza pacifica” con cui, abbindolati i paesi occidentali, si permise all’URSS, sulla punta delle baionette, dei missili e dei cannoni, di espandersi ad est ed ad ovest nel mentre protestava il suo spirito pacifista attraverso associazioni varie che trovarono adesioni in personaggi quali il filosofo B. Russell, il cristiano C. Collins e le molte personalità italiche – vedi il presunto santo sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, i Cristiani per il Socialismo - adesioni che, nel rendere smidollati gli occidentali, consentirono all’URSS di propagare il veleno dei suoi errori nel mondo.
E poi, questo ricorrere ancora a un’auspicata “fiducia reciproca”, come se le vicende antiche e recenti non ne svelassero la natura di utopìa!
Se questo è il metodo con cui perseguire la coabitazione pacifica, se così efficace è questa reciproca fiducia perché, santità, proprio in nome di questa “reciprocità” lei non osa chiedere che a La Mecca, sì, a La Mecca, si possa edificare una chiesa intitolata alla SS.ma Trinità? Lei potrebbe addurre, come argomento inoppugnabile, la presenza, in Roma capitale del Cattolicesimo e sede del Vicario di Cristo – pardon! del “Vescovo di Roma” – della più grande moschea europea che si correda di un minareto che, non fosse stato per il veto del popolo “cattolico romano” - non il qualunquista “popolo di Dio” - oggi svetterebbe più alto della cupola della nostra Basilica apostolica.
Se è tanto così convinto della forza della reciprocità, ci provi.
E mentre papa Bergoglio si affida al dialogo della vita (?), in Africa e in Asia continua la mattanza dei cristiani ad opera dei fratelli musulmani – i tagliagole, come li chiamano i giornali - ai quali, recentemente, l’ambrosiano cardinal Angelo Scola, in linea col suo predecessore Dionigi Tettamanzi grande suscitatore di entusiasmi pro- islam e pro–moschee milanesi, ha indirizzato gli auguri per un santo e proficuo ramadan.
Si aggiunga poi che, proprio pochi giorni fa, un tale imam Bilac Bosnic proclamava la certezza di un prossimo dominio musulmano col dire che “Noi musulmani crediamo che un giorno il mondo intero sarà uno stato islamico. Anche il Vaticano sarà musulmano. Forse non arriverò a vederlo, ma quel momento arriverà, così è scritto”.
Egregio imam: viste le vecchie e recenti politiche filo-islamiche in atto, ci sembra che il Vaticano sia già, se non un dominio musulmano, quanto meno una dipendenza o un stazione di posta. Le prove?
Ci troveremmo nell’imbarazzo se dovessimo produrre tutti gli eventi che, nella fattispecie, si sono succeduti da un sessantennio in qua. Ė una quantità impressionante per la quale sarebbe necessario impegnare pagine e pagine. E queste, ordite per la presente e succinta ricognizione, non lo consentono. Ma ci impegniamo per una prossima trattazione monografica in tal senso.
Terzo fiore: il Forum Ambrosetti 2014: finanza laica e Cattolicesimo.
Facendo seguito alle innumeri udienze concesse dai papi conciliari a varie organizzazioni di potere, tra le quali la Chiesa ha pensato bene di collocarsi come entità etico/politico/finanziaria, si è consolidata una, diciamo così, tradizione per la quale al cattolico non desta il minimo senso di sorpresa e di sgomento vedere cardinali e sacerdoti sedere in consessi ove gli esponenti del NuovoOrdine Mondiale déttano le linee guida per l’esecuzione di disegni che, sotto le condivisibili ed ampollose forme della filantropìa liberale – lotta alla povertà, rispetto della persona, equa distribuzione della ricchezza, godimento dei diritti – altro non sono che lente ma inarrestabili fasi di quel dominio planetario di cui sarà riconosciuto capo il “ Mysteriuminiquitatis” (2 Tess. 2,7) cioè l’Anticristo.
Ricordammo, in un nostro precedente scritto, del festoso e beneaugurante messaggio inviato da papa Bergoglio al prof. Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum(WEF) in occasione dell’incontro annuale che, di questo, si tenne il 17 gennaio 2014 in Svizzera, a Davos. Tràttasi di una delle tante ramificazioni della massoneria finanziaria, un’adunata di selezionati economisti, industriali, giornalisti e politici più influenti che si son dati il compito di “migliorare lo stato del mondo”.
In nome di chi e di che cosa? Ma del denaro, ovviamente e dei suoi depositi: le banche!
Ora, questa riflessione ci è girata per la mente quando abbiamo visto, in piena luce ed in evidenza massmediatica (Il Giornale 6 settembre 2014 pag. 11) il faccione pacioso, ma serio e compunto qual si conveniva a simile solenne circostanza, del cardinal Gianfranco Ravasi – indicato con il classico cartellino su cui era scritto semplicemente: RAVASI (!) – posto in tribuna d’onore, a fianco del Bildeberg Enrico Letta, nella sfilata annuale del Forum Ambrosetti – sottosezione del WEF – tenutasi, in questi giorni, 5/6/7 settembre a Cernobbio, a Villa d’Este.
La faccia gioiosa della mondialista finanza mondiale,
in coppia con la faccia gioiosa della mondialista cultura cattolica conciliare
Non vogliamo girarci troppo attorno, per cui gli domandiamo e ci domandiamo: che ci faceva un Ravasi (cardinale di Santa Cattolica, Apostolica e Romana Chiesa) in quel convegno dove i potenti, - Trilateral, CFR, Lucis Trust, B’naï B’irith - selezionati e in completa segretezza, decidono le sorti dei popoli a cui dispensano messaggi di speranza, ma solo messaggi, nello stile dell’attuale Presidente del Consiglio che si balocca in annunci e mezze maniche?
Non era papa Bergoglio che, per bocca del Segretario CEI, Mons. Galantino, affermava, il 21 luglio scorso, la necessità di una Chiesa povera, lontana dalle tentazioni del potere? Cosa, infatti, diceva lo stesso prelato? “Cosa volete che se ne faccia oggi il nostro mondo di una Chiesa impegnata a difendere le proprie posizioni (qualche volta dei veri e proprî privilegi)”?
Ed allora: che cosa ci faceva a Cernobbio il cardinale GF Ravasi, Presidente del Consiglio Pontificio per la Cultura – sì, proprio lui, anche se il cartellino lo indicava solo con il cognome – in mezzo ai privilegiati, ai reggitori delle sorti del mondo, ai potenti, ai massoni? Che ce ne facciamo di lui?
Osservando quell’immagine, ci è venuto alla memoria il monito severo che Gesù indirizzò ai farisei di cui ebbe a dire che “tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini… amano posti d’onore nei conviti [Forum Ambrosetti]… e i saluti nelle piazze [Cortile dei Gentili]” –Mt. 23, 5/6 .
Santità, vogliamo essere, una volta tanto, coerenti?
di L. P.
Questa Chiesa postconciliare sta scivolando sempre piu' nel calderone che partorira' l' unica religione mondiale, la chiesa dell' apostasia.
RispondiEliminasorriso al botulino ?
RispondiElimina