Cosa disse San Francesco al Sultano? Ce lo ricorda Giovanni Paolo II
La figura di san Francesco è pacifista, come tale almeno è stata esaltata. Ma la sua santità non è affatto così scontata e riconducibile a un solo aspetto. A quanti propongono che Papa Francesco intervenga nell’inferno iracheno come il Santo fece con il Sultano, riproponiamo passo passo quella vicenda basandoci su quanto ben riportato dal sito Storia Libera.
La forza di Francesco era la sua decisione nell’annuncio della verità. Il dialogo tra popoli e religioni era un passaggio per arrivare ad essa.
Proprio San Giovanni Paolo II ad Assisi presentò il Santo come un uomo dalla profonda certezza della fede tanto da rispondere al Saladino in maniera chiara e inequivocabile. Queste le parole del Papa tanto amato in ricordo di quel gesto: «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”».
E ricordiamo che tra i cristiani e i saraceni era in corso un conflitto violento e che quando l’umbro partì per la coraggiosa missione incontrando due pecorelle, sentenziò deciso: “Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”.
Poi superò ingiurie e percosse, e quello che più stupisce di questo piccolo grande uomo è quanto ebbe modo di chiedere al Sultano, che rimase della sua tenacia: “Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti” (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42).
Francesco parlava con la Parola, non con altro. E anche se il Sultano non osò accettare questa sfida, ne rimase positivamente colpito e decise di regalargli dei doni. Ma anche in questo caso la mossa non fu affatto buonista, la sua vita l’aveva dedicata alla libertà dal peso delle cose del mondo, e decise di non accettarli.
Ecco la storia tra san Francesco e il Sultano. Le conclusioni le tragga il lettore.
La forza di Francesco era la sua decisione nell’annuncio della verità. Il dialogo tra popoli e religioni era un passaggio per arrivare ad essa.
Proprio San Giovanni Paolo II ad Assisi presentò il Santo come un uomo dalla profonda certezza della fede tanto da rispondere al Saladino in maniera chiara e inequivocabile. Queste le parole del Papa tanto amato in ricordo di quel gesto: «Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: “Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire”».
E ricordiamo che tra i cristiani e i saraceni era in corso un conflitto violento e che quando l’umbro partì per la coraggiosa missione incontrando due pecorelle, sentenziò deciso: “Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”.
Poi superò ingiurie e percosse, e quello che più stupisce di questo piccolo grande uomo è quanto ebbe modo di chiedere al Sultano, che rimase della sua tenacia: “Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti” (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42).
Francesco parlava con la Parola, non con altro. E anche se il Sultano non osò accettare questa sfida, ne rimase positivamente colpito e decise di regalargli dei doni. Ma anche in questo caso la mossa non fu affatto buonista, la sua vita l’aveva dedicata alla libertà dal peso delle cose del mondo, e decise di non accettarli.
Ecco la storia tra san Francesco e il Sultano. Le conclusioni le tragga il lettore.
Pulsioni da crociata? La guerra contro l’Isis parte dentro il Vaticano
“No alle pulsioni da crociata”, è questa l’ultima trovata dei benpensanti, quelli che per anni ci hanno raccontato che dovevamo accogliere e integrare ad ogni costo gli immigrati di fede islamica, venendo incontro alle loro esigenze, sacrificando se necessario le nostre tradizioni sull’altare del politicamente corretto.
Adesso che tutto il mondo sta conoscendo la ferocia dell’Isis e ha scoperto che i miliziani più spietati, quelli che provano il massimo del compiacimento tagliando le gole delle persone, bambini compresi, sono stati arruolati ed addestrati nelle moschee d’Europa, questi benpensanti nazi-buonisti si guardano bene dall’ammettere i loro errori, anzi cercano di salvare la faccia facendosi scudo degli appelli al dialogo lanciati da papa Francesco. E’ accaduto che nei giorni scorsi il vescovo di Imola Tommaso Ghirelli abbia invitato gli islamici presenti in Italia a condannare pubblicamente le violenze compiute dai miliziani dell’Isis in Iraq e in Siria contro i cristiani; ”Altrimenti – ha detto – è meglio che lascino il nostro Paese perché non ci va di avere dei nemici in casa”. Parole dure senza dubbio, ma efficaci e necessarie, nel momento in cui nei paesi islamici il fanatismo sta prendendo piede e i macellai dell’Isis stanno seminando il terrore contro le comunità cristiane, minacciando di esportare la guerra santa anche in Occidente.
Oggi sono in tanti ad accorgersi di quanto giusti siano stati gli appelli lanciati in tempi non sospetti dall’allora arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi; il porporato di fronte all’afflusso sempre maggiore di immigrati che si registrava in Italia, invitò le istituzioni italiane ed europee a selezionare gli extracomunitari alle frontiere, facendo entrare esclusivamente quelli di religione cristiana. Il ragionamento di Biffi poggiava su un assunto pienamente condivisibile; i musulmani infatti non accettavano le nostre leggi, le nostre tradizioni e pretendevano di vivere secondo i loro usi e costumi, costringendo gli altri ad adeguarsi alle loro regole incompatibili con le nostre, sposando le donne occidentali, obbligandole a convertirsi e ad educare la prole secondo la legge coranica.
Il vescovo di Como Alessandro Maggiolini per anni ha invocato la difesa delle tradizioni cristiane (il crocefisso negli edifici pubblici, il presepe nelle scuole) combattendo il politicamente corretto dei presidi che per non urtare la suscettibilità degli islamici proibivano persino agli insegnanti di pronunciare il nome di Gesù in classe. Di contro si assisteva al proliferare di un cattolicesimo progressista, ben incarnato dall’ex arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, che sosteneva piuttosto l’esigenza di costruire una moschea accanto ad ogni chiesa per favorire il dialogo e l’integrazione. Non si possono dimenticare in quei tempi gli attacchi rivolti contro Biffi, Maggiolini e gli altri vescovi che si opponevano all’apertura di nuovi luoghi di preghiera per i musulmani, accusati di razzismo, islamofobia, di filo leghismo ecc. mentre sui giornali apparivano dichiarazioni entusiaste delle comunità islamiche italiane all’indirizzo dell’altra compagnia di porporati che si facevano portavoce più delle esigenze dei musulmani che dei cattolici. Già allora c’era chi faceva presente che nelle moschee, nelle scuole coraniche e nei centri di cultura islamica si predicava l’odio contro i nemici dell’Islam e si faceva proselitismo in favore della guerra santa.
Ma chi lo diceva veniva accusato di allarmismo ingiustificato, di essere prevenuto, di voler appunto scatenare nuove crociate. Oggi si scopre che i miliziani dell’Isis, quelli più pericolosi, hanno origini europee e sono stati arruolati e indottrinati proprio nelle moschee d’Europa, Italia compresa. E allora di che stiamo parlando? Ha ragione il vescovo di Imola a chiedere chiarezza ai musulmani che vivono in Italia pretendendo da loro una posizione chiara ed inequivocabile contro il terrorismo islamista, senza ambiguità di sorta. Per troppo tempo abbiamo ascoltato da parte del cosiddetto islam moderato dichiarazioni molto labili tipicamente nazi-buoniste che nel condannare l’estremismo islamico in realtà non condannavano nulla, anzi finivano con il giustificarlo. I ma e i però non sono più accettabili.
O si sta con l’Isis o si sta contro, le vie di mezzo non sono possibili, ne va della sicurezza nazionale nel momento in cui questi pazzi criminali annunciano di voler tornare nei loro paesi di origine per avviare la guerra santa anche lì. E allora cari nazi-buonisti del politicamente corretto della carta stampata, non vi inventate adesso il pericolo delle “pulsioni da crociata” per coprire certa cecità o incapacità di comprendere a quale rischi si esponeva ed espone il Paese lasciando campo libero agli imam dell’intolleranza che per anni hanno predicato l’odio contro il mondo occidentale, hanno arruolato manovalanza criminale ora pronta a rientrare fra di noi per seminare il terrore in Europa. Tutto questo è avvenuto con la vostra colpevole complicità.
Non fatevi scudo di papa Francesco, chiedete scusa a Biffi che è ancora in vita, onorate la memoria di Maggiolini e di quei vescovi che avete accusato con un perbenismo falso. Meglio le pulsioni da crociata che le pulsioni dell’idiozia.
Adesso che tutto il mondo sta conoscendo la ferocia dell’Isis e ha scoperto che i miliziani più spietati, quelli che provano il massimo del compiacimento tagliando le gole delle persone, bambini compresi, sono stati arruolati ed addestrati nelle moschee d’Europa, questi benpensanti nazi-buonisti si guardano bene dall’ammettere i loro errori, anzi cercano di salvare la faccia facendosi scudo degli appelli al dialogo lanciati da papa Francesco. E’ accaduto che nei giorni scorsi il vescovo di Imola Tommaso Ghirelli abbia invitato gli islamici presenti in Italia a condannare pubblicamente le violenze compiute dai miliziani dell’Isis in Iraq e in Siria contro i cristiani; ”Altrimenti – ha detto – è meglio che lascino il nostro Paese perché non ci va di avere dei nemici in casa”. Parole dure senza dubbio, ma efficaci e necessarie, nel momento in cui nei paesi islamici il fanatismo sta prendendo piede e i macellai dell’Isis stanno seminando il terrore contro le comunità cristiane, minacciando di esportare la guerra santa anche in Occidente.
Oggi sono in tanti ad accorgersi di quanto giusti siano stati gli appelli lanciati in tempi non sospetti dall’allora arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi; il porporato di fronte all’afflusso sempre maggiore di immigrati che si registrava in Italia, invitò le istituzioni italiane ed europee a selezionare gli extracomunitari alle frontiere, facendo entrare esclusivamente quelli di religione cristiana. Il ragionamento di Biffi poggiava su un assunto pienamente condivisibile; i musulmani infatti non accettavano le nostre leggi, le nostre tradizioni e pretendevano di vivere secondo i loro usi e costumi, costringendo gli altri ad adeguarsi alle loro regole incompatibili con le nostre, sposando le donne occidentali, obbligandole a convertirsi e ad educare la prole secondo la legge coranica.
Il vescovo di Como Alessandro Maggiolini per anni ha invocato la difesa delle tradizioni cristiane (il crocefisso negli edifici pubblici, il presepe nelle scuole) combattendo il politicamente corretto dei presidi che per non urtare la suscettibilità degli islamici proibivano persino agli insegnanti di pronunciare il nome di Gesù in classe. Di contro si assisteva al proliferare di un cattolicesimo progressista, ben incarnato dall’ex arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, che sosteneva piuttosto l’esigenza di costruire una moschea accanto ad ogni chiesa per favorire il dialogo e l’integrazione. Non si possono dimenticare in quei tempi gli attacchi rivolti contro Biffi, Maggiolini e gli altri vescovi che si opponevano all’apertura di nuovi luoghi di preghiera per i musulmani, accusati di razzismo, islamofobia, di filo leghismo ecc. mentre sui giornali apparivano dichiarazioni entusiaste delle comunità islamiche italiane all’indirizzo dell’altra compagnia di porporati che si facevano portavoce più delle esigenze dei musulmani che dei cattolici. Già allora c’era chi faceva presente che nelle moschee, nelle scuole coraniche e nei centri di cultura islamica si predicava l’odio contro i nemici dell’Islam e si faceva proselitismo in favore della guerra santa.
Ma chi lo diceva veniva accusato di allarmismo ingiustificato, di essere prevenuto, di voler appunto scatenare nuove crociate. Oggi si scopre che i miliziani dell’Isis, quelli più pericolosi, hanno origini europee e sono stati arruolati e indottrinati proprio nelle moschee d’Europa, Italia compresa. E allora di che stiamo parlando? Ha ragione il vescovo di Imola a chiedere chiarezza ai musulmani che vivono in Italia pretendendo da loro una posizione chiara ed inequivocabile contro il terrorismo islamista, senza ambiguità di sorta. Per troppo tempo abbiamo ascoltato da parte del cosiddetto islam moderato dichiarazioni molto labili tipicamente nazi-buoniste che nel condannare l’estremismo islamico in realtà non condannavano nulla, anzi finivano con il giustificarlo. I ma e i però non sono più accettabili.
O si sta con l’Isis o si sta contro, le vie di mezzo non sono possibili, ne va della sicurezza nazionale nel momento in cui questi pazzi criminali annunciano di voler tornare nei loro paesi di origine per avviare la guerra santa anche lì. E allora cari nazi-buonisti del politicamente corretto della carta stampata, non vi inventate adesso il pericolo delle “pulsioni da crociata” per coprire certa cecità o incapacità di comprendere a quale rischi si esponeva ed espone il Paese lasciando campo libero agli imam dell’intolleranza che per anni hanno predicato l’odio contro il mondo occidentale, hanno arruolato manovalanza criminale ora pronta a rientrare fra di noi per seminare il terrore in Europa. Tutto questo è avvenuto con la vostra colpevole complicità.
Non fatevi scudo di papa Francesco, chiedete scusa a Biffi che è ancora in vita, onorate la memoria di Maggiolini e di quei vescovi che avete accusato con un perbenismo falso. Meglio le pulsioni da crociata che le pulsioni dell’idiozia.
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