La comunione ai divorziati: cardinali divisi, parroci no
Il Papa apre sul sacramento ai separati e cinque cardinali scrivono un libro contro. Ma già tanti sacerdoti lo concedono
Il Papa apre sul sacramento ai separati e cinque cardinali scrivono un libro contro. Ma già tanti sacerdoti lo concedono
«Teologia in ginocchio». Così Papa Francesco ha definito la relazione del cardinale Walter Kasper, base di discussione per il Sinodo sulla famiglia che si aprirà il 5 ottobre in Vaticano.
Un testo in cui si parla di tante cose, ma quel che ha più agitato le acque della Chiesa riguarda la svolta proposta per i divorziati risposati che, dopo un periodo di penitenza, chiedono di essere riammessi ai sacramenti e ricevere la comunione. «Teologia in ginocchio», dice il Papa, cioè dottrina legata alla preghiera e alla misericordia.
L'indissolubilità del matrimonio non può essere messa in discussione, la tesi di Kasper, ma fedeltà e misericordia si coniugano andando incontro alle sofferenze e alle richieste di aiuto che nascono nei percorsi di fede di ciascuna persona, valutando ogni singolo caso. Ciò che già accade in molti confessionali e in molte chiese, con una lontananza tra la dottrina predicata e il comportamento che a volte genera confusione e qualche accusa di ipocrisìa.
Il Papa ha chiesto che il dibattito del Sinodo fosse franco e aperto. E il dibattito si è avviato ben prima e al di fuori dei canali ufficiali della Chiesa, con un confronto a base di libri, articoli, interviste. Qualche mese fa persino il cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'ex Sant'Uffizio, nonostante il suo alto ruolo istituzionale in Vaticano, ha concesso una lunga intervista diventata un libro, «La speranza della famiglia», edito da Ares. Müller contesta le posizioni di Kasper (e indirettamente del Papa) e si dice contrario a concedere la comunione ai divorziati risposati.
Adesso a rincarare la dose è arrivato un nuovo libro, scritto dal prefetto Müller con altri quattro cardinali, tra i quali l'arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, uno dei conservatori che il Papa ha voluto nominare personalmente tra i partecipanti al Sinodo per avere un dibattito completo (gli altri tre autori del libro sono Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Velasio De Paolis). «Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica» è il titolo del testo che uscirà il primo ottobre in Italia e negli Stati Uniti. «Misericordia non è dispensa dai comandamenti» scrivono i cinque cardinali, decisi a dare battaglia a Papa Francesco.
Un dibattito teologico che sacerdoti e fedeli già vivono nella vita. Chi si mette in fila per la comunione non esibisce attestati: risponde a Dio, al confessore e alla coscienza. Parecchi sacerdoti, accompagnando persone divorziate o coniugi di persone risposate, li lasciano accostare alla comunione. Storie le più diverse: persone abbandonate dalla moglie o dal marito, altre che si sono avvicinate o riavvicinate alla Chiesa dopo il secondo matrimonio, altre con obblighi gravi verso i figli della nuova unione. In alcuni casi si chiede alla coppia di non dare «scandalo» e di non ricevere la comunione in parrocchia (o è la coppia a preferirlo).
I sacerdoti che danno la comunione non ne parlano troppo volentieri. Tra le eccezioni padre Cesare Azimonti, francescano milanese: «Già Giovanni Paolo II aveva lasciato a noi sacerdoti una possibilità di valutazione con la persona. L'indicazione del magistero, per difendere il valore, ha un suo peso e non deve essere calpestata. C'è anche il vissuto personale e la misericordia. Io faccio un cammino di accompagnamento e lascio che ciascuno decida nella preghiera e in coscienza».
Naturalmente ci sono sacerdoti convinti che non sia possibile concedere l'assoluzione. Coppie che non ricevono la comunione, nonostante il sì del parroco. E persone che seguono con convinzione l'indicazione della Chiesa di rimanere fedeli al coniuge dopo il divorzio, per testimoniare nella vita l'indissolubilità del matrimonio e lasciare le porte aperte a un ritorno a casa. Sempre possibile.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/comunione-ai-divorziati-cardinali-divisi-parroci-no-1052709.html
La defenestrazione di Piazza della Cancelleria – di Patrizia Fermani e Elisabetta Frezza
di Patrizia Fermani e Elisabetta Frezza
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Walter Kasper l’aveva avvertito nel famoso discorso al Concistoro Straordinario in cui ha segnato le direttive inderogabili per il Sinodo sulla famiglia. Aveva detto, Kasper, che per risolvere i problemi che interessano il vincolo matrimoniale non sono necessari i tribunali ecclesiastici, i quali “non sono de iure divino perché si sono formati storicamente”, e che sono “auspicabili soluzioni più pastorali e spirituali”. In fondo – suggeriamo en passant - il Servizio Sociale è già un ottima risorsa per la famiglia, e comunque basterebbe sottoporre la questione al popolo di Dio, magari nella forma ridotta del Consiglio Pastorale. Il principio del primato della democrazia sarebbe salvo, e pure quello della inutilità delle gerarchie che non siano quelle di partito.
Il cardinale Burke lo sapeva che il suo alto scranno al Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica era in serio pericolo.
Forse si sarebbe salvato da una caduta rovinosa con una abiura pubblica, con una adesione alla marcia di San Patrizio arricchita dalle delegazioni pederastiche, a fianco del lungimirante Dolan. Avrebbe potuto giurare che la Marcia per la Vita è un ritrovo di perdigiorno con la fissa di non voler ammettere che l’aborto volontario è un diritto riconosciuto dalla società civile e che solo quella incivile lo condanna. Avrebbe potuto dire che il matrimonio tra il cacciatore e Zanna Bianca è l’apoteosi dell’Amore e che la produzione di piccoli cloni del vescovo di Roma dovrà essere prevista al più presto come la vera suprema testimonianza di cattolicità. Avrebbe potuto perorare la causa di beatificazione in vita di Bianchi, Mancuso, Melloni e Michelle Obama in unica soluzione.
Invece non ha fatto nulla per salvarsi l’anima. Non si è ricordato che certi avvertimenti non lasciano scampo, come quello lanciato da Dolores Ibarruri in pieno parlamento repubblicano a Calvo Sotelo, o da Totò u’ curtu in contesti più famigliari. Ma nel caso Burke è stato seguito il primo esempio, quello dell’avvertimento pubblico in sede istituzionale prescelto dalla pasionaria iberica perché tutti fossero avvertiti, soprattutto quelli che continuano ad inginocchiarsi davanti all’altare e, invece di nascondere la croce nella panciera e cancellare i comandamenti, insistono a pensare che Cristo vincerà proprio nel segno della croce e non in quello luminoso del pallone di Maradona.
Da Santa Marta l’ordine è impartito: “No pasaran”.
http://www.riscossacristiana.it/la-defenestrazione-di-piazza-della-cancelleria-di-patrizia-fermani-elisabetta-frezza/
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Walter Kasper l’aveva avvertito nel famoso discorso al Concistoro Straordinario in cui ha segnato le direttive inderogabili per il Sinodo sulla famiglia. Aveva detto, Kasper, che per risolvere i problemi che interessano il vincolo matrimoniale non sono necessari i tribunali ecclesiastici, i quali “non sono de iure divino perché si sono formati storicamente”, e che sono “auspicabili soluzioni più pastorali e spirituali”. In fondo – suggeriamo en passant - il Servizio Sociale è già un ottima risorsa per la famiglia, e comunque basterebbe sottoporre la questione al popolo di Dio, magari nella forma ridotta del Consiglio Pastorale. Il principio del primato della democrazia sarebbe salvo, e pure quello della inutilità delle gerarchie che non siano quelle di partito.
Il cardinale Burke lo sapeva che il suo alto scranno al Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica era in serio pericolo.
Forse si sarebbe salvato da una caduta rovinosa con una abiura pubblica, con una adesione alla marcia di San Patrizio arricchita dalle delegazioni pederastiche, a fianco del lungimirante Dolan. Avrebbe potuto giurare che la Marcia per la Vita è un ritrovo di perdigiorno con la fissa di non voler ammettere che l’aborto volontario è un diritto riconosciuto dalla società civile e che solo quella incivile lo condanna. Avrebbe potuto dire che il matrimonio tra il cacciatore e Zanna Bianca è l’apoteosi dell’Amore e che la produzione di piccoli cloni del vescovo di Roma dovrà essere prevista al più presto come la vera suprema testimonianza di cattolicità. Avrebbe potuto perorare la causa di beatificazione in vita di Bianchi, Mancuso, Melloni e Michelle Obama in unica soluzione.
Invece non ha fatto nulla per salvarsi l’anima. Non si è ricordato che certi avvertimenti non lasciano scampo, come quello lanciato da Dolores Ibarruri in pieno parlamento repubblicano a Calvo Sotelo, o da Totò u’ curtu in contesti più famigliari. Ma nel caso Burke è stato seguito il primo esempio, quello dell’avvertimento pubblico in sede istituzionale prescelto dalla pasionaria iberica perché tutti fossero avvertiti, soprattutto quelli che continuano ad inginocchiarsi davanti all’altare e, invece di nascondere la croce nella panciera e cancellare i comandamenti, insistono a pensare che Cristo vincerà proprio nel segno della croce e non in quello luminoso del pallone di Maradona.
Da Santa Marta l’ordine è impartito: “No pasaran”.
http://www.riscossacristiana.it/la-defenestrazione-di-piazza-della-cancelleria-di-patrizia-fermani-elisabetta-frezza/
Teologia in ginocchio? Sì, a 90 gradi davanti a Satana!
RispondiEliminastanno snaturando la chiesa istituita da Cristo x soccorrere gli uomini feriti dal peccato e sottrarli al dominio di satana.........siamo nella babilonia.......invece di insegnare la Via Verità Vita che è Gesù......vogliono convogliarci tutti nella via larga della perdizione!
RispondiEliminaè proprio una teologia in ginocchio, con queste teologie la chiesa si è messa in ginocchio anzi a pecoroni al mondo .
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