DOVE É FINITA LA RAGAZZA CON LA FASCETTA? TRENT’ANNI DI BUGIE E (FALSI) SCOOP: IL MISTERO DI EMANUELA ORLANDI CONTINUA A TORTURARE LA SUA FAMIGLIA, A STUZZICARE LA FANTASIA DI MITOMANI E SEDICENTI SENSITIVI, A FORNIRE MATERIALE PER INCHIESTE E LIBRI
In un libro la vicenda della 15enne scomparsa e le false piste seguite per 30 anni: l’inchiesta stavolta non punta l’indice contro gruppi terroristici, malavitosi, massoni, satanisti e preti pedofili ma tira in ballo papa Wojtyla, i servizi e la grancassa mediatica nazionale...
Stefania Parmeggiani per “la Repubblica”
Sono in tanti a cercare la verità su Emanuela Orlandi. Da trent’anni le ipotesi sul destino della quindicenne cittadina vaticana si rincorrono e smentiscono finendo nel nulla. Non è stata trovata a Parigi dove sarebbe andata a vivere con l’aiuto di un non meglio precisato gruppo d’intelligence.
Non è mai stata internata in un manicomio a Londra, come aveva giurato uno dei tanti “supertestimoni”, non vive felice in Ungheria o Turchia con uno dei suoi rapitori islamici e tantomeno si nasconde in un convento di clausura italiano. Si era creduto, sulla scia di uno “scoop” più affascinante di altri, che il suo cadavere riposasse in Sant’Apollinare a Roma, nella tomba del boss della banda della Magliana Renato De Pedis. Due anni fa è stata aperta: c’era la salma di Renatino, alcune ossa del ‘700 e nulla più.
Il mistero di Emanuela Orlandi continua a torturare la sua famiglia, a stuzzicare la fantasia di mitomani e sedicenti sensitivi, a fornire materiale per inchieste e libri. Peccato che se tutto fosse andato come doveva andare – come di solito va in questi brutti casi di cronaca – l’enigma sarebbe stato sciolto subito.
Ne è convinto Pino Nicotri, l’ex inviato dell’ Espresso che non ha mai voluto “mollare l’osso”, il giornalista che ha intervistato chiunque si sia avvicendato sul palcoscenico di questa storia e che di ognuno di loro ha diffidato, il cronista che ha inseguito la verità in due libri e che ora torna a cercarla con un terzo. Triplo inganno ( Kaos edizioni, euro 17) è una inchiesta che non punta l’indice contro gruppi terroristici, malavitosi, massoni, satanisti e preti pedofili, bensì contro il Vaticano, i servizi segreti e la grancassa mediatica nazionale.
Secondo la sua tesi il primo inganno del titolo, quello che ha bruciato la possibilità di condurre indagini approfondite, è il “rapimento politico”. Responsabile Karol Wojtyla, in quel momento impegnato nella lotta anticomunista nell’Est europeo: attraverso i suoi appelli avrebbe spinto la vicenda sui binari dell’affaire politico internazionale, connesso all’attentato di piazza San Pietro.
Il secondo inganno è quello delle autorità e degli apparati, vaticani e italiani, impegnati ad assecondare la messinscena. «Il terzo inganno è quello di stampa e tv, che non solo hanno assecondato la grande menzogna papale, ma hanno anche trasformato il caso Orlandi in uno show mediatico di supertestimoni fasulli, false rivelazioni e notizie inventate».
Senza gli appelli del Papa, i depistaggi dei servizi e la faciloneria dei media, secondo Nicotri avremmo scoperto da tempo la verità sul caso Orlandi. O perlomeno avremmo smesso di parlarne.
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