Leoncavallo, persecuzioni e martirio…
IL PAPA LOTTA COL LEONCAVALLO E CON
TONI NEGRI. E TACE SUI CRISTIANI BRUCIATI IN PAKISTAN. E SUGLI ALTRI
CRISTIANI MARTIRI DELL’ISLAM, DEL COMUNISMO E DI ALTRI PERSECUTORI.
di Antonio Socci
Shahzad
Masih aveva 28 anni e sua moglie Shama, 25. Due giovani cattolici con
quattro bambini. Lei era incinta del quinto. Lui lavorava come operaio
molto sfruttato in un mattonificio (il cui padrone, musulmano, lo aveva
già brutalmente picchiato) a Kasur, vicino a Lahore, in quel Pakistan in
cui i cristiani sono considerati spazzatura. Il 4 novembre scorso i due
giovani sono stati falsamente accusati di aver profanato delle pagine
del Corano, torturati per due giorni, linciati da una folla inferocita e
alla fine gettati in una fornace e bruciati. Questi macelli non sono
rari. E’ un orrore continuo che i cristiani subiscono da una popolazione
e da uno stato che quotidianamente li umilia e li tiene sotto minaccia
di morte (con la famigerata legge sulla blasfemia). Non è uno
staterello, il Pakistan. Ha la bomba atomica e conta 180 milioni di
abitanti (la sesta nazione più popolosa al mondo e il secondo fra i
paesi musulmani dopo l’Indonesia). Il rogo dei due cristiani per la sua
ferocia è riuscito ad arrivare anche sulle cronache dei nostri giornali.
Ma non ha mobilitato nessuno, né persone, né associazioni, né
istituzioni.
INDIFFERENZA
Qualcuno ha accusato l’opinione pubblica
di essere rimasta più scandalizzata per l’inchiesta di “Report” sulle
oche spennate che per la sorte di questi cristiani. Così come a
settembre fece scandalo per una settimana l’uccisione (involontaria)
dell’orsa in Trentino, mentre passò quasi inosservata, nelle stesse ore,
l’uccisione di tre suore italiane in un paese africano. Tuttavia c’è
chi ha replicato che lo stesso papa Bergoglio, pur intervenendo ogni
giorno e più volte, ha taciuto su questa tragedia. Se lui è il primo a
non parlare di questi orrori (preferisce pontificare sui pettegolezzi
nelle parrocchie, questione a cui ha dedicato decine di omelie), non si
può accusare il mondo di insensibilità. In effetti Bergoglio non ha mai
voluto dire una parola neanche in difesa della povera Asia Bibi, madre
poverissima di quattro figli che da cinque anni è chiusa in una lurida
prigione dove viene sottoposta a torture indicibili e che è stata
condannata a morte per impiccagione solo perché cristiana. La povera
donna scrisse al Papa, ma invano. Neanche la conferma della sua condanna
a morte in corte d’appello nei giorni scorsi ha smosso Bergoglio, che è
sempre molto timido e reticente quando si tratta dei musulmani. E’
dovuto intervenire, tre giorni fa, impietosito, Kirill, il patriarca di
Mosca e di tutte le Russie, per chiedere formalmente al Presidente del
Pakistan, a nome della Chiesa ortodossa, la grazia per la cattolica Asia
Bibi. Ma papa Bergoglio no. Del resto tacque ostinatamente anche sul
caso di Meriam in Sudan. Come sui tanti cristiani che in Pakistan vivono
la stessa tragedia di Asia Bibi. E sulle violenze e gli abusi subiti
soprattutto dalle ragazze cristiane. Nelle omelie quotidiane di Santa
Marta Bergoglio si dedica piuttosto a randellare coloro che considera
“conservatori” (che sono poi maggioranza, come si è visto al Sinodo). E
assesta colpi pesanti e continui sui cristiani in generale da lui
dipinti ogni giorno come ricettacolo di tutti i difetti. Eppure sono
quegli stessi cristiani che egli, come pastore, dovrebbe difendere e
confortare. Gli stessi cristiani che ad ogni latitudine subiscono, sotto
ogni potere e ogni ideologia, persecuzioni, martirio e odio.
IMMENSO MARTIRIO
L’80 per cento delle vittime, per
discriminazioni religiose, nel mondo, sono cristiane. Lo hanno
confermato, proprio in questa settimana, due denunce pesanti: il “Libro
nero della condizione dei cristiani nel mondo” (Mondadori) e l’annuale
Rapporto dell’ “Aiuto alla Chiesa che soffre”. E’ una tragedia che va
avanti da anni. Io stesso pubblicai dodici anni fa “I nuovi
perseguitati” e il panorama era identico. Come pure le cifre: centomila
cristiani uccisi ogni anno a causa della loro fede che significa cinque
vittime al minuto. Il totale dei cristiani perseguitati si aggira sui
200 milioni e le notizie di atrocità e massacri – a volerle seguire –
sono quotidiane. Basta leggere i resoconti dei reporter che sono andati a
Erbil a parlare con i 30 mila cristiani profughi, che ancora sono
esposti alla pioggia, alla fame e al freddo perché cacciati dalle loro
case dai terroristi dell’Isis. Ogni famiglia piange le sue tragedie:
figlie catturate e vendute come schiave al mercato di Mosul, mariti e
figli ammazzati, e poi crocifissi, sepolti vivi, sgozzati, donne
stuprate. Nei giorni scorsi è circolato il video sui miliziani islamisti
che contrattavano il prezzo delle schiave. A volte si tratta di
ragazzine. Vendute per poche monete. E in Africa è la stessa tragedia.
Sempre nei giorni scorsi si è conosciuta la sorte toccata alle 200
studentesse cristiane rapite in Nigeria da Boko Haram, stuprate,
costrette a convertirsi all’Islam e al matrimonio forzato con
musulmani. E poi c’è la Siria. E gli altri Paesi islamici. Infine quelli
comunisti. Con la Cina e il suo immenso Gulag che ha ingoiato anche
eroici vescovi cattolici. O quel disumano lager a cielo aperto che è la
Corea del Nord dove migliaia e migliaia di cristiani sono semplicemente
spariti nelle fauci del mostro.
IL PAPA DI TONI NEGRI
Dopo l’orrore dei cristiani bruciati in
Pakistan il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo
interreligioso, cardinale Jean-Louis Tauran, inorridito, ha detto a
Radio Vaticana: “Si può rimanere così passivi di fronte a crimini
dichiarati legittimi dalla religione?”. No, non si può. Ma dovrebbe
farlo sapere anzitutto a papa Bergoglio. Il cardinale si chiede
angosciato: “la comunità internazionale non dovrebbe intervenire?”.
Certo. E il Papa? E’ la stessa storia dell’estate scorsa, davanti ai
massacri dell’Isis. Il Papa non solo fu reticente, ma quando alla fine
fu interpellato direttamente sul volo di ritorno dalla Corea volle
sottolineare che non si dovevano usare la forza e i bombardamenti per
difendere gli inermi minacciati di massacro dai criminali. Un
commentatore pur di sinistra come Adriano Sofri gli fece notare che ciò
“lascerebbe alla loro mercé donne bambini vecchi e uomini, di tutte le
fedi e nazioni”. Certo Francesco ha parlato diverse volte delle
persecuzioni. Vero. Ma sempre genericamente, ripetendo la stessa frase:
“ci sono più martiri oggi che nei primi secoli”. Mai però è intervenuto
sui casi specifici o per fermare i massacri, mai ha condannato i
carnefici chiamandoli per nome, mai ha attivato canali di intervento,
mai ha nominato l’Islam o il comunismo, mai ha coinvolto la
Chiesa. Sembra non voglia pestare i piedi ai persecutori. Dei musulmani
parla sempre come fraterni interlocutori a cui inviare gli auguri per il
Ramadan. Anche sul comunismo (il più sanguinario esperimento
anticristiano della storia) dribbla le domande dicendo sempre che ha
conosciuto militanti comunisti in Argentina che erano brave persone.
“Chi sono io per giudicare?”. Sfodera toni infuocati (e giudica) solo
quando si scaglia contro il “liberismo selvaggio”. Il 28 ottobre ha
ospitato in Vaticano vari movimenti noglobal, compreso il Leoncavallo e
ha scagliato fulmini. Tanto che Fausto Bertinotti ha subito indicato in
lui – venerdì sera, a Tg3 notte – il vero “rivoluzionario” del
momento. Bertinotti ha sottolineato che Bergoglio in quell’incontro –
dove non ha fatto mai l’annuncio della salvezza di Cristo – “ha ripetuto
una parola che nessun papa aveva pronunciato: lotta”. In effetti Sandro
Magister ha notato: “ciò che più colpisce di questo discorso è la sua
stupefacente somiglianza con le teorie sostenute dal filosofo Toni Negri
e dal suo discepolo Michael Hardt in un libro del 2002 che ha fatto
epoca: Impero”. La deriva noglobal insieme al disastro
dottrinale tentato al Sinodo (che sarà compiuto al prossimo Sinodo) e a
un governo della Chiesa fatto di defenestrazioni e “purghe” di chi è
fedele alla tradizione cattolica, pongono oggi la Chiesa in una
situazione tragica. Non si tratta solo delle persecuzioni. C’è buio a
Roma.
© LIBERO (9 novembre 2014)
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