ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 dicembre 2014

Chocolat teology

L'amore di Vito Mancuso? Meglio i Baci Perugina

Non comprate quel libro! Il saggio sull'amore del teologo radical-chic Vito Mancuso è meno interessante delle frasi che si trovano nei cioccolatini

L’antistrenna: l’amore di Mancuso? Meglio i Baci Perugina


Vito Mancuso, Io amo. Piccola filosofia dell'amore, Garzanti
Vito Mancuso, Io amo. Piccola filosofia dell’amore, Garzanti 2014
La frase in esergo è altamente esplicativa: “Questo libro è il tentativo di dire in poche pagine ciò che non basta una vita intera a imparare”, e l’argomento è di quelli ad alto rischio Baci Perugina e apostrofi rosa. 
Si parla, naturalmente, d’amore. E quello che vuole dire tutto in poche pagine è l’alfiere della soap theology, Vito Mancuso, con in Io amo, piccola filosofia dell’amore (Garzanti, pp. 214, euro 14,90) .
Fa bene Mancuso a ricordare di trovarsi alle prese con un tentativo. Scongiurare l’effetto cioccolatini è difficile: ci sono riusciti, in poche pagine, geni universali come Platone (Il Simposio, Adelphi, pp. 108,  euro  9,00), o come Stendhal (Dell’amore, Garzanti, pp. 292,  euro 10,00) i cui sforzi consigliamo, se proprio necessitiamo di educarci sull’argomento.
Mancuso, lui, tenta. E il risultato è un curioso centone. Tra cenni all’etica e alla sessualità contemporanee, c’è spazio per la mitologia pagana, un capitolo sul punto di vista delle altre religioni e ovviamente il Vangelo. I panni del teologo sembrerebbero smessi, ma i lamenti contro Santa Romana Chiesa restano: il suo limite sarebbe il non saper stare al passo con i tempi. Per esempio in fatto di divorzio. Gesù ha detto “L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”, ma per Mancuso “ne ha dette molte altre, non tutte sempre applicabili all’esistenza concreta”.
Platone, Simposio, Adelphi
Platone, Simposio, Adelphi
Don Bruno Forte stavolta non si scomoderà a confessare “un senso di profondo disagio” per il pensiero del suo allievo, che sull’Osservatore Romano aveva definito “una gnosi di ritorno”. Né Padre Giovanni Cavalcoli ricorderà in Mancuso un rappresentante “dell’ala tendenzialmente atea del modernismo”.Non tanto perché nel libro non si fa “una teologia dell’amore, ma una filosofia dell’amore”. Quanto perché mancano le argomentazioni: la teologia latita, anche di filosofia se ne trova poca.
Come strenna amorosa di Natale decisamente meglio i due classici citati prima, quelli sì capaci di dire tanto in poche pagine. O alle brutte, si regali direttamente una confezione grande di Baci Perugina.

http://www.ilgiornaleoff.it/2014/12/15/lamore-di-vito-mancuso-meglio-ibaci-perugina/

Le parole semplici. Bergoglio non ama le citazioni. Analisi di una missione e di un linguaggio universale

LA COLLANA DA DOMANI IN EDICOLA UNA BIBLIOTECA DI VENTI VOLUMI DEDICATI AI DISCORSI DI FRANCESCO SUI VARI ASPETTI DELLA VITA DEL CREDENTE, INDIVIDUATI DAI VOCABOLI SU CUI HA APERTO UNA RIFLESSIONE. IL PRIMO LIBRO SUL «NATALE», IL SECONDO SULLA «SPERANZA»

le parole semplici

Bergoglio non ama le citazioni analisi di una missione e di un linguaggio universale

La vorace macchina mediatica non si fa scappare nulla di papa Francesco, che ci gioca come farebbe un gigantesco gattone bianco con i topolini del giornalismo. A dar retta ai media dovremmo essere grosso modo a 847 «rivoluzioni» in venti mesi: dove rivoluzione viene usato per tutto ciò che il Papa fa e il Papa dice. Questo istinto universale dei titolisti deriva in parte della quota ordinaria di papolatria che accompagna l?inizio dei pontificati e che Francesco stesso ? quando ha sgridato i ragazzi che scandivano il suo nome in una delle prime grandi udienza ? può solo deprecare e sopportare con la sua ironica bonomia. In parte questa eccitazione per tutto ciò che di nuovo il Papa fa o che si dice sia nuovo è frutto dell?amnesia collettiva contagiosa diffusa dall?ipertrofia dei social (come quell?inchino al patriarca a Istanbul che ha è diventata una fotonotizia mondiale, ma che era ben poca cosa confronto a Paolo VI che bacia il piede del metropolita Melitone in un gesto di cui però mancano gli scatti).In parte, però, questo moltiplicarsi delle «rivoluzioni» bergogliane che rimescolano gesti simpatici e scelte di governo, posizioni teologiche e nomine, atti di magistero e battute riportate ? serve inconsciamente a occultare quello che non è necessario che sia una rivoluzione per essere importante: e cioè il modo di essere cristiano di quel cristiano che è Bergoglio, il modo di essere vescovo del Francesco vescovo. Un modo ? uno stile, direbbe Christophe Théobald ? che assume il vangelo con semplicità, con radicalità, con fiducia.La semplicità è quella che soprattutto soffrono (e amano) i teologi: che si sentono spiazzati da un rapporto col racconto della fede che sembra far a meno dell?elaborazione intellettuale e teologica. Il che non è tecnicamente vero. Papa Francesco infatti, non so perché, detesta il citazionismo: quel continuo ricorrere del superego ad «auctoritates» che quanto più lontane e bislacche sono, tanto più attirano l?ammirazione degli incompetenti che confondo la cultura con il virtuosismo erudito. Che non lo pratichi è una virtù: ma in lui c?è qualcosa di più. Un volontario misconoscimento delle fonti storiche, esegetiche, teologiche del suo discorso: che è ovviamente nutrito da letture molto diverse, che però non indica mai, alle quali non fa mai appello, per lasciare che sia la parola evangelica come tale a far presa sugli uditori nella sua radicalità.Radicalità che invece inquieta (e affascina) i fedeli: perché quella di Bergoglio non è una parola che usa il radicalismo come un frustino per deprecare ideologicamente i vizi della modernità o altri soggetti identificati con gli «-ismi» di ratzingeriana memoria (relativismo, laicismo, ecc.). Ma è un ascolto del Vangelo nella sua esigenza ultima: quella che gli fa usare parole dure e chiare sulla povertà, sulla mitezza; oppure sulla calunnia con la durezza del superiore provinciale della Compagnia di Gesù di una «casa» che sa benissimo che senza una coralità di virtù vedrà corrompersi la vita comune e lo scopo stesso della militanza fraterna. Cosa che non piace al tradizionalismo o «conservatorismo» cattolico, abituato a parlar male di un «mondo» da cui si sentiva distante, ma che non lascia tranquilla neppure quella zona riformatrice o «progressista» che credeva che la vita cristiana fosse scuoter la testa sui mali del centro e del potere, come se la corruzione di questi non fosse matrice di epidemie gravi.Epidemie che richiedono un uso sapiente del Vangelo: sul quale è l?episcopato che giustamente si sente chiamato in causa e si trova davanti a una difficoltà (che è però la ragione stessa della loro vocazione) all?uso del Vangelo che fa Bergoglio. Un uso oggettivamente audace: perché Francesco ricorre alla parola biblica con radicalità, senza apparenti mediazion, e quindi muovendosi su un confine che normalmente intimidisce i vescovi. Il fondamentalismo biblico e il letteralismo sono una grande patologia delle chiese libere e pentecostali, che sono oggi l?ala marciante del cristianesimo, in termini di conversioni: è evidente fondamentalismo e radicalismo biblico appartengono a due modi distinti e divergenti di vivere la vita cristiana, fra letteralismo e adesione spirituale al testo delle scritture, sono diversi come il bianco e il nero. Diversi, distinti, divergenti: ma oggettivamente confinanti. La «fede dei semplici» ? l?argomento classico che tutti i repressori hanno usato contro il rinnovamento della Chiesa ? è in grado di distinguerli? Per Francesco sì: ha fiducia nel «sensus fidei» che gli permette di predicare l?evangelo come lo predica lui e di sapere che esso possa essere compreso, soprattutto da chi ne ha più bisogno ? e cioè le persone segnate e ferite, da sé, dalla vita, da tutte e due.Fiducia ? è questo un tema che Enzo Bianchi ha reso discorso comune ? o fede che dir si voglia. La scommessa di papa Francesco è proprio questa: usare fino in fondo la sua fede nella fiducia che chi lo ascolta capirà. Nella convinzione che il suo ministero e la sua vocazione non sia restituire alla istituzione pontificia un prestigio perduto e rifondare il papismo «da sinistra«, laddove il tentativo di rifondarlo «da destra», in una chiave conservatrice, ha fatto naufragio. Ma riattivare una sete.Una delle preghiere della comunità di Taizé che il Papa ha citato a Istanbul, intrecciando san Giovanni della Croce e Luis Rosales, parla di un cammino fatto nell?oscurità alla luce della sola sete: la parola di Francesco disseta e asseta, appunto.© RIPRODUZIONE RISERVATADOMANI 24 dicembre 31 dicembre Natale Speranza Desiderio Pace Il piano dell’opera Le parole di Papa Francesco 1 2 3 8 gennaio 4 Educazione Misericordia 15 gennaio 5 22 gennaio 6 Testimonianza29 gennaio 7 Popolo5 febbraio 8 Scelta12 febbraio 9 Corriere della Sera Perdono19 febbraio 10 Mi ione26 febbraio 11 Impegno5 marzo 12 Vita 12 marzo 13 Fede 19 marzo 14 Umiltà26 marzo 15 Pasqua2 aprile 16 Presenza9 aprile 17 Incontro16 aprile 18 Cambiamento23 aprile 19 Chiesa30 aprile 20
Melloni Alberto

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