La Shoah, il Sacro e l’Occidente
Il 27 gennaio non è altro che un giorno religioso svuotato di religiosità, dunque, patetico.
DI SEBASTIANO CAPUTO - 27 GENNAIO 2015
Il termine “Shoah” (in ebraico significa “catastrofe”) nemmeno esisteva ai tempi del processo di Norimberga (1946). Venne introdotto successivamente nel linguaggio collettivo, quando da tragico evento storico, le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento, dovevano diventare un episodio memoriale, dunque, sacro. Sono le nuove generazioni, quelle nate dopo la seconda guerra mondiale (sic!), a subire la ritualizzazione martellante di questa nuova religione.
Pellegrinaggi scolastici ad Auschwitz, gite nei musei della memoria, giornate di raccoglimento, minuti di silenzio, proiezioni pubbliche di film documentari, fanno di contorno ai suoi sacerdoti, ai suoi luoghi santi, ai suoi martiri, ai suoi miracoli, ai suoi miracolati, ai suoi missionari, alle sue reliquie, ai suoi dogmi, ai suoi demoni. Così la Shoah si è goffamente sacralizzata a tal punto che la “Legge Mancino” ha vietato ogni forma di “bestemmia storica” mentre l’accusa di “antisemitismo”, introdotta mediaticamente negli anni Settanta per mascherare le offensive militari israeliane nel Vicino Oriente, si è trasformata in un’arma per discreditare storici e giornalisti. Più si allontanano quegli anni di violenza, più il romanzo di quegli anni diventa grottesco, emotivo, illogico.
Il primo a denunciarlo fu lo stesso Norman Finkelstein, figlio di deportati, che nel suo saggio L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei scrisse: “l’attuale campagna dell’industria dell’Olocausto per estorcere denaro all’Europa in nome delle ‘vittime bisognose dell’Olocausto’ ha ridotto la statura morale del loro martirio a quella di un casinò di Montecarlo”. Dall’elezione di Miss Olocausto ai falsi sopravvissuti passando per i master di primo livello in “Didattica e comunicazione della memoria della Shoah e della cultura della tolleranza”, le cerimonie commemorative hanno raggiunto un livello talmente ridicolo che si stanno rivelando contro-producenti agli occhi dell’opinione pubblica.
Nell’Occidente desacralizzato e dollarizzato non poteva essere altrimenti. Già il cristianesimo, prima ancora delle deportazioni degli ebrei da parte del governo nazional-socialista tedesco, aveva subito la stessa sorte. La passione di Cristo è diventata ormai da qualche anno oggetto di derisione pubblica. Gli artisti ci urinano sopra, le Femen si infilano i crocefissi tra le gambe, mentre la rivista satirica e blasfema Charlie Hebdo viene considerata dai benpensanti come l’emblema della libertà di espressione. L’Olocausto, desacralizzato ogni anno che passa dai suoi affabulatori, continua a conservare con la forza la sua dimensione sacra (chi bestemmia se la vede con la giustizia). Due pesi e due misure. Esistono religioni di prima categoria e religioni di seconda categoria. Esistono massacri di prima categoria e massacri di seconda categoria. Come del resto esistono ebrei di prima categoria ed ebrei di seconda categoria. Non crederete mica che Benjamin Netanyahu valga quanto Norman Finkelstein.
27 gennaio, giornata della memoria. Benissimo, allora facciamo memoria – di Paolo Deotto
Le cifre dell’aborto in Italia: una strage continua, incessante. Sei milioni di vittime, innocenti uccisi nel silenzio generale, nell’appannamento della ragione. Non laviamoci le coscienze sporche deprecando le stragi del passato e proseguendole nel presente.
di Paolo Deotto
.
Oggi si celebra il giorno della memoria, in ricordo dell’Olocausto. Non ho bisogno di leggere i discorsi ufficiali, so benissimo cosa fu la follia nazista. Sono nipote di ebrei. Mio nonno materno, ebreo tedesco, riuscì a sfuggire alla strage, vivendo due anni nascosto in una soffitta a Saronno. Due suoi fratelli furono meno fortunati: vivevano ancora in Germania e furono deportati ad Auschwitz, da cui uscirono passando per il camino. I racconti di mia madre mi fecero capire, fin da piccolo, cosa furono quegli anni di orrore. Considero il negazionismo semplicemente un’idiozia. Sono cattolico, ma in sincera amicizia con tanti ebrei. Sono un povero peccatore, un uomo pieno di limiti, ma non ho mai accettato di consegnare il mio cervello all’ammasso. Non accetto una moralità “ufficiale” che depreca lo sterminio degli ebrei, ma dimentica altri orrori (L’America, per non fare che un esempio, non ha nulla da dire sulla “soluzione finale” del problema dei pellirossa? Le stime degli storici oscillano tra gli otto e i dieci milioni di nativi d’America sterminati dalla “civiltà” del dollaro). Ma soprattutto non accetto che una società marcia fino al midollo, che dal 1978 consente e finanzia col danaro pubblico l’aborto, si scopra a date fisse tanto buona e morale. Se voglio lezioni sulla bellezza della verginità, non mi rivolgerò mai alla tenutaria di un bordello. Sia detto con tutto il rispetto per le prostitute, la cui moralità è di gran lunga superiore a quella degli abortisti.
27 gennaio. Non cesserà mai la sagra dell’ipocrisia? Diamo la parola ai numeri, poi ognuno valuti da sé:
.
I numeri degli aborti in Italia
Ovviamente a questa rilevazione sfuggono gli aborti chimici “fai da te”, operati con farmaci regolarmente acquistati con ricetta medica.
Anno 2013: 102.644 aborti
Anno 2012: 103.191 aborti
Anno 2011: 110.041 aborti
Anno 2010: 115.981 aborti
Anno 2009: 116.933 aborti
Anno 2008: 121.142 aborti
e via via andando… chi vuole proseguire questo viaggio nell’orrore, può farlo visitando il sito dell’Istat.
anno di “produttività record” dell’industria dell’omicidio: 1982, con 234.801 aborti.
La legge 194 è entrata in vigore nel 1978. Da allora l’industria della morte ha lavorato a pieno ritmo, facilitata anche dalla totale gratuità del servizio. Attualmente il risultato complessivo è consolante per gli adoratori della morte: ci si avvicina al numero di 6.000.000 (dicasi SEIMILIONI) di innocenti assassinati in Italia nel grembo materno.
È in aumento, anno per anno, il numero dei medici obiettori. Ma a questo si porrà rimedio, perché non poche “forze democratiche” sono al lavoro per limitare o cancellare il diritto all’obiezione di coscienza e garantire a tutte le donne la felicità di poter uccidere il proprio figlio, con servizio veloce e gratuito. NB: non sono poche le strutture sanitarie nelle quali si devono attendere mesi per visite specialistiche e/o esami diagnostici, anche in casi gravissimi (esempio: prevenzione e cura dei tumori). Pagando il ticket, ovviamente.
Buon lavoro, Satana. Sei stato in gamba, ti va riconosciuto. Sei velocissimo nel cambiare uniforme, dalla camicia bruna, al vestitino elegante o costosamente sciatto della radical chic. E sei coerente e fedele fino in fondo. Cambi uniforme, ma non abbandoni mai il tuo grande amore: la morte.
.
di Paolo Deotto
.
Oggi si celebra il giorno della memoria, in ricordo dell’Olocausto. Non ho bisogno di leggere i discorsi ufficiali, so benissimo cosa fu la follia nazista. Sono nipote di ebrei. Mio nonno materno, ebreo tedesco, riuscì a sfuggire alla strage, vivendo due anni nascosto in una soffitta a Saronno. Due suoi fratelli furono meno fortunati: vivevano ancora in Germania e furono deportati ad Auschwitz, da cui uscirono passando per il camino. I racconti di mia madre mi fecero capire, fin da piccolo, cosa furono quegli anni di orrore. Considero il negazionismo semplicemente un’idiozia. Sono cattolico, ma in sincera amicizia con tanti ebrei. Sono un povero peccatore, un uomo pieno di limiti, ma non ho mai accettato di consegnare il mio cervello all’ammasso. Non accetto una moralità “ufficiale” che depreca lo sterminio degli ebrei, ma dimentica altri orrori (L’America, per non fare che un esempio, non ha nulla da dire sulla “soluzione finale” del problema dei pellirossa? Le stime degli storici oscillano tra gli otto e i dieci milioni di nativi d’America sterminati dalla “civiltà” del dollaro). Ma soprattutto non accetto che una società marcia fino al midollo, che dal 1978 consente e finanzia col danaro pubblico l’aborto, si scopra a date fisse tanto buona e morale. Se voglio lezioni sulla bellezza della verginità, non mi rivolgerò mai alla tenutaria di un bordello. Sia detto con tutto il rispetto per le prostitute, la cui moralità è di gran lunga superiore a quella degli abortisti.
27 gennaio. Non cesserà mai la sagra dell’ipocrisia? Diamo la parola ai numeri, poi ognuno valuti da sé:
.
I numeri degli aborti in Italia
Ovviamente a questa rilevazione sfuggono gli aborti chimici “fai da te”, operati con farmaci regolarmente acquistati con ricetta medica.
Anno 2013: 102.644 aborti
Anno 2012: 103.191 aborti
Anno 2011: 110.041 aborti
Anno 2010: 115.981 aborti
Anno 2009: 116.933 aborti
Anno 2008: 121.142 aborti
e via via andando… chi vuole proseguire questo viaggio nell’orrore, può farlo visitando il sito dell’Istat.
anno di “produttività record” dell’industria dell’omicidio: 1982, con 234.801 aborti.
La legge 194 è entrata in vigore nel 1978. Da allora l’industria della morte ha lavorato a pieno ritmo, facilitata anche dalla totale gratuità del servizio. Attualmente il risultato complessivo è consolante per gli adoratori della morte: ci si avvicina al numero di 6.000.000 (dicasi SEIMILIONI) di innocenti assassinati in Italia nel grembo materno.
È in aumento, anno per anno, il numero dei medici obiettori. Ma a questo si porrà rimedio, perché non poche “forze democratiche” sono al lavoro per limitare o cancellare il diritto all’obiezione di coscienza e garantire a tutte le donne la felicità di poter uccidere il proprio figlio, con servizio veloce e gratuito. NB: non sono poche le strutture sanitarie nelle quali si devono attendere mesi per visite specialistiche e/o esami diagnostici, anche in casi gravissimi (esempio: prevenzione e cura dei tumori). Pagando il ticket, ovviamente.
Buon lavoro, Satana. Sei stato in gamba, ti va riconosciuto. Sei velocissimo nel cambiare uniforme, dalla camicia bruna, al vestitino elegante o costosamente sciatto della radical chic. E sei coerente e fedele fino in fondo. Cambi uniforme, ma non abbandoni mai il tuo grande amore: la morte.
.
27 gennaio, “Giornata della memoria”: risposta ad una domanda scomoda sull’antisemitismo – di Luciano Garibaldi
E’ provato che un milione di ebrei si salvarono grazie alle iniziative di Pio XII … già nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’enciclica «Summi Pontificatus», Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo su «L’Osservatore Romano», in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale»
di Luciano Garibaldi
.
In un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” (riprodotto in calce a questo articolo) in occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio di ogni anno), due noti ed apprezzati editorialisti, Ricardo Franco Levi e Alberto Melloni, pongono una serie di «domande scomode sull’antisemitismo» (questo il titolo del loro editoriale) che ancora – purtroppo – sussiste nella nostra società. Il che è vero. Ed auspicano l’avvento di «una conoscenza più vera della storia, delle storie, delle responsabilità. Per superare gli stereotipi, le visioni rassicuranti, le verità di comodo: quelle degli italiani brava gente, delle leggi razziali fasciste come frutto dell’obbligato accordarsi all’alleato nazista, della Chiesa avversaria del regime e impegnata, sotto la guida di Papa Pio XII, a difesa e a protezione degli ebrei». Dunque, ci risiamo. La Chiesa e il Papa difesero gli ebrei? Neanche per sogno: una balla, una falsità, una “verità di comodo”.
Avendo dedicato un bel po’ del mio ormai lungo tempo a scrivere «O la Croce o la svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo», uscito quattro anni fa per la Lindau di Torino, non posso restare indifferente di fronte a queste reiterate polemiche, che non accennano a placarsi, sull’atteggiamento di Papa Pacelli verso la persecuzione antiebraica. Scrissi quel libro perché, nel mio archivio di giornalista di lungo corso, avevo materiali anche inediti che non potevano più restare tra le carte polverose. E che mi posero nelle condizioni di porre finalmente un punto sicuro sulla vicenda. Quel punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di salvare – conti alla mano – non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, e consistente in non meno di 4000 religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei Lager nazisti.
Il primo religioso tedesco a finire in un Lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». E il primo ad essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme ad un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Alla guida di questa eroica impresa, due grandi Pontefici: Pio XI e Pio XII.
Ho l’ambizione di aver raccontato la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il Nazismo illudendomi così di chiudere definitivamente la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il Papa che Reinhard Heydrich – il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» – in un rapporto segreto aveva definito «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali». Nel libro raccontai anche i due enigmi che ancora avvolgono la vicenda di Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. Altri capitoli furono dedicati: alle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista; ai non pochi ebrei, anche famosi, scesi in campo in difesa di Pio XII, un Papa ingiustamente diffamato; ed anche, per una informazione completa ed obiettiva, ai sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
Del resto, le vere intenzioni di Hitler nei confronti del cattolicesimo si erano manifestate fin dall’inizio della dittatura. Primo febbraio 1933: presa del potere e impegno formale a «proteggere fermamente il cristianesimo». Poco dopo, seguendo l’esempio di Mussolini, Hitler firma il concordato con la Santa Sede. Ma ben presto rivela le sue vere intenzioni. Una serie di soprusi e violenze ai danni della Chiesa cattolica tedesca spinge Pio XI a promulgare l’enciclica «Mit brennender Sorge». L’assassinio del presidente dell’Azione Cattolica di Berlino segna l’inizio di un’autentica persecuzione: soppressione delle scuole cattoliche, chiusura della stampa confessionale, arresto dei suoi direttori, ondata di processi-farsa contro il clero. In Austria, dopo l’Anschluss, si arriva al saccheggio e all’incendio delle scuole cattoliche e del palazzo arcivescovile. Negli stessi anni, una persecuzione ancora peggiore, caratterizzata da un atroce spargimento di sangue, colpisce il clero cattolico nella Spagna repubblicana, dove l’esercito si è ribellato al governo filocomunista spalleggiato dalla Russia sovietica, dando inizio alla guerra civile.
In Germania, fu Clemens von Galen, futuro Beato, vescovo di Muenster, ad assumere un ruolo fondamentale nello schierare la Chiesa cattolica tedesca contro la dittatura nazista. Accanto a lui, il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, suo cugino primo. Furono essi a dare inizio ad una lotta senza quartiere, da parte delle organizzazioni cattoliche, contro Alfred Rosenberg e il suo «Mito del XX secolo», il razzismo. Il segretario di Stato vaticano, Eugenio Pacelli, già nunzio apostolico in Germania, inviò ben settanta note di protesta al governo di Hitler mentre i vescovi tedeschi, riuniti alla conferenza di Fulda, pronunciarono una condanna definitiva nei confronti del «neopaganesimo del sangue e della razza».
Del pari, parole inequivocabili di condanna del nazismo erano contenute nei due radiomessaggi pronunciati dal Pontefice in occasione del Natale del 1941 e del Natale 1942. Ma già nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’enciclica «Summi Pontificatus», Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo su «L’Osservatore Romano», in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale».
Un capitolo a sé è quello che si occupa della sorte degli ebrei ungheresi deportati nei Lager. Avuta la certezza della terribile fine che attendeva quelle creature, Pio XII giocò la carta dell’ammiraglio Horty, reggente d’Ungheria e a lui devoto, per cercare di salvare 300 mila persone, appunto i componenti della comunità ebraica di quella nazione ancora formalmente indipendente. Le sue note restano quali veri capolavori di diplomazia ma anche di fermezza. Horty trovò la forza di resistere ai «protettori» nazisti, ma fu fatto prigioniero dai tedeschi e obbligato a trasferirsi in Germania. Tutto fu inutile. I prigionieri ungheresi furono sterminati in 15 giorni nelle camere a gas di Auschwitz.
Questi, ed altre decine di elementi di prova della tenace azione svolta dalla Chiesa contro il nazismo non sono bastati a sgomberare il campo dai dubbi e dai sospetti. Così come non sono bastati i dieci libri che suor Margherita Marchione ha dedicato a raccogliere e catalogare le prove del soccorso prestato da Pio XII agli ebrei. Il Congresso Mondiale Ebraico ha infatti chiesto alla Chiesa di bloccare la causa di beatificazione di Pio XII, e allo Yad Vashem non è ancora stata rimossa la scritta che lo diffama. Eppure è provato che un milione di ebrei si salvarono grazie alle sue iniziative. A cominciare dai cinquemila nascosti nei conventi, nelle case religiose della capitale e a Castelgandolfo, durante la razzia nazista dell’autunno ’43 nei quartieri ebraici di Roma.
Ma tanti ebrei, anche famosi, si sono schierati in sua difesa: Albert Einstein, Golda Meir, Martin Gilbert, Michael Tagliacozzo, Gary Krupp, Elio Toaff, William Zuckermann. L’auspicio è che il loro esempio possa essere seguìto da intellettuali del livello di Levi e Melloni.
.
fonte: Il Sussidiario – 27.1.2015
di Luciano Garibaldi
.
In un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” (riprodotto in calce a questo articolo) in occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio di ogni anno), due noti ed apprezzati editorialisti, Ricardo Franco Levi e Alberto Melloni, pongono una serie di «domande scomode sull’antisemitismo» (questo il titolo del loro editoriale) che ancora – purtroppo – sussiste nella nostra società. Il che è vero. Ed auspicano l’avvento di «una conoscenza più vera della storia, delle storie, delle responsabilità. Per superare gli stereotipi, le visioni rassicuranti, le verità di comodo: quelle degli italiani brava gente, delle leggi razziali fasciste come frutto dell’obbligato accordarsi all’alleato nazista, della Chiesa avversaria del regime e impegnata, sotto la guida di Papa Pio XII, a difesa e a protezione degli ebrei». Dunque, ci risiamo. La Chiesa e il Papa difesero gli ebrei? Neanche per sogno: una balla, una falsità, una “verità di comodo”.
Avendo dedicato un bel po’ del mio ormai lungo tempo a scrivere «O la Croce o la svastica. La vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il nazismo», uscito quattro anni fa per la Lindau di Torino, non posso restare indifferente di fronte a queste reiterate polemiche, che non accennano a placarsi, sull’atteggiamento di Papa Pacelli verso la persecuzione antiebraica. Scrissi quel libro perché, nel mio archivio di giornalista di lungo corso, avevo materiali anche inediti che non potevano più restare tra le carte polverose. E che mi posero nelle condizioni di porre finalmente un punto sicuro sulla vicenda. Quel punto sicuro consiste nel fatto che la Chiesa cattolica fu la più eroica, la più determinata, la più intransigente comunità ad opporsi alle follie razziste e alla persecuzione antiebraica. Con il risultato di salvare – conti alla mano – non meno di un milione di ebrei in tutta Europa, e con un tragico conto da pagare al Terzo Reich, e consistente in non meno di 4000 religiosi immolatisi in nome della fede e della giustizia, e sterminati nei Lager nazisti.
Il primo religioso tedesco a finire in un Lager fu il gesuita Josef Spieker. In una predica a Colonia, nel 1934, aveva esclamato: «La Germania ha un solo Führer ed è Cristo!». E il primo ad essere eliminato dai nazisti fu monsignor Bernard Lichtenberg, arciprete della cattedrale di Berlino: aveva pregato assieme ad un gruppo di ebrei. Non fu che l’inizio di una sfida senza equivoci che si concluse con il sacrificio di quattromila sacerdoti e religiosi cattolici. Alla guida di questa eroica impresa, due grandi Pontefici: Pio XI e Pio XII.
Ho l’ambizione di aver raccontato la vera storia dei rapporti tra la Chiesa e il Nazismo illudendomi così di chiudere definitivamente la disputa sui presunti silenzi di Pio XII, il Papa che Reinhard Heydrich – il promotore della «soluzione finale del problema ebraico» – in un rapporto segreto aveva definito «schierato a favore degli ebrei, nemico mortale della Germania e complice delle potenze occidentali». Nel libro raccontai anche i due enigmi che ancora avvolgono la vicenda di Claus Von Stauffenberg, l’ufficiale che il 20 luglio 1944 tentò di uccidere il Führer: se cioè sia vero che il colonnello, fervente cattolico, prima di collocare la bomba si confessò dal vescovo di Berlino, ne ottenne l’assoluzione e si comunicò; e se si possa affermare che il Vaticano fu preventivamente informato dell’Operazione Valchiria. Altri capitoli furono dedicati: alle donne tedesche che si batterono per la fede e la carità contro l’antisemitismo nazista; ai non pochi ebrei, anche famosi, scesi in campo in difesa di Pio XII, un Papa ingiustamente diffamato; ed anche, per una informazione completa ed obiettiva, ai sacerdoti e monsignori che si schierarono a fianco di Hitler.
Del resto, le vere intenzioni di Hitler nei confronti del cattolicesimo si erano manifestate fin dall’inizio della dittatura. Primo febbraio 1933: presa del potere e impegno formale a «proteggere fermamente il cristianesimo». Poco dopo, seguendo l’esempio di Mussolini, Hitler firma il concordato con la Santa Sede. Ma ben presto rivela le sue vere intenzioni. Una serie di soprusi e violenze ai danni della Chiesa cattolica tedesca spinge Pio XI a promulgare l’enciclica «Mit brennender Sorge». L’assassinio del presidente dell’Azione Cattolica di Berlino segna l’inizio di un’autentica persecuzione: soppressione delle scuole cattoliche, chiusura della stampa confessionale, arresto dei suoi direttori, ondata di processi-farsa contro il clero. In Austria, dopo l’Anschluss, si arriva al saccheggio e all’incendio delle scuole cattoliche e del palazzo arcivescovile. Negli stessi anni, una persecuzione ancora peggiore, caratterizzata da un atroce spargimento di sangue, colpisce il clero cattolico nella Spagna repubblicana, dove l’esercito si è ribellato al governo filocomunista spalleggiato dalla Russia sovietica, dando inizio alla guerra civile.
In Germania, fu Clemens von Galen, futuro Beato, vescovo di Muenster, ad assumere un ruolo fondamentale nello schierare la Chiesa cattolica tedesca contro la dittatura nazista. Accanto a lui, il vescovo di Berlino, Konrad von Preysing, suo cugino primo. Furono essi a dare inizio ad una lotta senza quartiere, da parte delle organizzazioni cattoliche, contro Alfred Rosenberg e il suo «Mito del XX secolo», il razzismo. Il segretario di Stato vaticano, Eugenio Pacelli, già nunzio apostolico in Germania, inviò ben settanta note di protesta al governo di Hitler mentre i vescovi tedeschi, riuniti alla conferenza di Fulda, pronunciarono una condanna definitiva nei confronti del «neopaganesimo del sangue e della razza».
Del pari, parole inequivocabili di condanna del nazismo erano contenute nei due radiomessaggi pronunciati dal Pontefice in occasione del Natale del 1941 e del Natale 1942. Ma già nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, con l’enciclica «Summi Pontificatus», Pio XII si era schierato apertamente in difesa degli ebrei. E quando era ancora segretario di Stato, aveva pubblicato alcuni articoli dedicati al nazismo su «L’Osservatore Romano», in uno dei quali aveva scritto che il partito di Hitler non è «socialismo nazionale», ma «terrorismo nazionale».
Un capitolo a sé è quello che si occupa della sorte degli ebrei ungheresi deportati nei Lager. Avuta la certezza della terribile fine che attendeva quelle creature, Pio XII giocò la carta dell’ammiraglio Horty, reggente d’Ungheria e a lui devoto, per cercare di salvare 300 mila persone, appunto i componenti della comunità ebraica di quella nazione ancora formalmente indipendente. Le sue note restano quali veri capolavori di diplomazia ma anche di fermezza. Horty trovò la forza di resistere ai «protettori» nazisti, ma fu fatto prigioniero dai tedeschi e obbligato a trasferirsi in Germania. Tutto fu inutile. I prigionieri ungheresi furono sterminati in 15 giorni nelle camere a gas di Auschwitz.
Questi, ed altre decine di elementi di prova della tenace azione svolta dalla Chiesa contro il nazismo non sono bastati a sgomberare il campo dai dubbi e dai sospetti. Così come non sono bastati i dieci libri che suor Margherita Marchione ha dedicato a raccogliere e catalogare le prove del soccorso prestato da Pio XII agli ebrei. Il Congresso Mondiale Ebraico ha infatti chiesto alla Chiesa di bloccare la causa di beatificazione di Pio XII, e allo Yad Vashem non è ancora stata rimossa la scritta che lo diffama. Eppure è provato che un milione di ebrei si salvarono grazie alle sue iniziative. A cominciare dai cinquemila nascosti nei conventi, nelle case religiose della capitale e a Castelgandolfo, durante la razzia nazista dell’autunno ’43 nei quartieri ebraici di Roma.
Ma tanti ebrei, anche famosi, si sono schierati in sua difesa: Albert Einstein, Golda Meir, Martin Gilbert, Michael Tagliacozzo, Gary Krupp, Elio Toaff, William Zuckermann. L’auspicio è che il loro esempio possa essere seguìto da intellettuali del livello di Levi e Melloni.
.
fonte: Il Sussidiario – 27.1.2015
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.