ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 1 gennaio 2015

Meglio minoranza che minorati

Bilancio
VATICANISTA DE LA STAMPA
01/01/2015
«All'interno di una frangia, per fortuna minoritaria, della Chiesa c'è da accogliere con maggiore convinzione, sensibilità, attenzione e disponibilità questa ventata nuova che Papa Francesco sta portando sulla scia di quello che già i Papi precedenti ci avevano detto. E lo dico con grande serenità». Così mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Ionio, traccia un bilancio del suo primo anno come segretario della Cei.«È molto probabile - ha aggiunto - che il linguaggio, il tipo di approccio che Papa Francesco ha con le realtà stia facendo capire meglio cose che già Papa Benedetto aveva detto, che già Papa Giovanni Paolo II aveva chiesto. Quindi, io vedo per la nostra Chiesta italiana, che da parte di alcuni è necessario fare un ulteriore scatto.
Nella Chiesa italiana, grazie a Dio c'è tanta gente che, con l'aiuto del Signore, risponde alle proprie responsabilità, che ci vengono dal Vangelo prima di tutto, e poi vengono a ognuno di noi a secondo della missione che ci è stata affidata. È chiaro che come in ogni organismo esistono anche realtà negative e altre che vanno sicuramente potenziate».«In questo anno - ha poi sostenuto il presule - più volte mi son ritrovato a dire grazie al Signore, al Papa e ai confratelli vescovi per avermi dato questa opportunità di servire la Chiesa italiana in maniera più immediata, in maniera più diretta. La segreteria della Cei è un po' una sorta di motore e come ogni motore ha bisogno di ruote e di tutto il resto per poter veramente sprigionare le sue potenzialità. È stato un anno per me particolarmente impegnativo anche perché ho conservato il mio rapporto con la diocesi di origine e quindi si è trattato di lavorare su due piani che per certi versi coincidono, per altri sono assolutamente diversi perché l'orizzonte nel quale si muove il segretario generale della Cei è come minimo nazionale. Il vescovo ha un occhio attento e particolare alla sua diocesi, al suo territorio. Quindi è stato un anno di fatica, di fatica bella ma anche di relazioni nuove che ho potuto intessere».Mons. Galantino, infine, ha rivolto un pensiero a chi sta male, ai poveri, ai diseredati. «Li vedo oggi giorno - ha detto - e mi rendo conto che il messaggio a loro rivolto non può essere a parole. Deve essere fatto di relazione, di vicinanza. Quindi non me la sento di dire parole al vento a questa gente. Auguro loro, soltanto, di poter incontrare gente che, animata dal Vangelo o comunque dal senso civico, possa dare loro una mano sul serio».

SARAIVA MARTINS: TRE TEMI ‘CALDI’ NEL 2014 DELLA CHIESA - di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 29 dicembre 2014
   
Ampia intervista al card. José Saraiva Martins su alcuni dei temi ‘caldi’ nella vita della Chiesa cattolica nell’anno quasi concluso: realtà della convivenza in Vaticano tra il Papa regnante e il suo predecessore; diatribe prima, durante e dopo il Sinodo di ottobre sulla famiglia; schizofrenia di molti politici che applaudono i discorsi del Papa e agiscono al contrari (ultimo esempio: Strasburgo). 
Salire dal cardinale portoghese José Saraiva Martins e conversare con lui sull’uno o sull’altro argomento che riguarda il mondo cattolico è sempre un privilegio. L’ormai ottantatreenne prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi (ed anche rettore emerito della Pontificia Urbaniana) conserva un’invidiabile lucidità di giudizio che stimola l’interlocutore a continue riflessioni. Con lui abbiamo cercato di mettere a fuoco alcuni dei temi che hanno caratterizzato la vita vaticana nel 2014. Avremmo naturalmente potuto approfondire tanti altri argomenti, da ultimo quello riguardante la ripresa del dialogo tra Stati Uniti e Cuba: in verità, a margine dell’intervista, il cardinale ha comunque qui evidenziato gli effetti positivi imprevedibili della ripresa delle relazioni tra i due Paesi voluta fermamente da papa Francesco, la lunga preparazione diplomatica vaticana (Segreteria di Stato, nunzi apostolici, Curia - ebbe un primo momento molto importante nel periodo natalizio del 1989 con la visita del card. Etchegaray nel 1989) e la grande e pubblica spinta anti-embargo data da Giovanni Paolo II nel viaggio apostolico del gennaio 1998 nell’isola caraibica (cui seguirono visite del card. Bertone e, nel 2012, di Benedetto XVI). Avremmo potuto chiedere l’opinione del card. Saraiva Martins su altri temi di rilievo: dal viaggio apostolico in Terrasanta (con l’ “Invocazione” nei Giardini vaticani connessa) a quello in Turchia. Ancora: i rapporti con gli ortodossi; la grave situazione dei cristiani in tante parti del mondo e anche il molto controverso discorso natalizio di Francesco alla Curia Romana. Abbiamo invece preferito concentrarci su altri tre argomenti, anch’essi assai delicati…

Eminenza, tracciare un bilancio completo dell’operato della Chiesa cattolica nel 2014 è opera tanto complessa quanto ardua: tanti gli argomenti su cui si potrebbe discutere, ma in un’intervista (pur ampia) ci si deve limitare per non mandare in tilt chi ci legge. Perciò scegliamo tre argomenti principali. Il primo ci è offerto dalla foto molto bella e significativa che Lei ha qui, davanti a noi, sul tavolo del salotto: l’abbraccio in San Pietro tra Francesco e Benedetto XVI in occasione del concistoro del 22 febbraio 2014 per la creazione dei nuovi cardinali del 22 febbraio 2014. Tra l’altro, appena dietro le due persone vestite di bianco, ce n’è una terza, rossoporpora, che occhieggia compiaciuto: è Lei, che – per motivi di ‘gerarchia cardinalizia’, essendo cardinale dell’ordine dei vescovi – era seduto in prima fila, perdipiù accanto a Joseph Ratzinger…Dica allora, eminenza, quell’abbraccio secondo Lei suggella senza possibilità di equivoci la perfetta convivenza a pochi metri di distanza in Vaticano tra un Papa regnante e il suo predecessore?  Un qualcosa di realisticamente inimmaginabile fino a poco tempo fa, un qualcosa che ha suscitato e continua a suscitare interrogativi di vario genere…
Certamente posso testimoniare che i rapporti tra il Papa regnante e il suo predecessore sono ottimi. I due si ritrovano in un clima fraterno, quando lo ritengono opportuno. Non ci sono contrasti tra l’uno e l’altro. Papa Francesco ha un grande rispetto per Benedetto XVI…

FRANCESCO E BENEDETTO: UN DIVERSO MODO DI ESERCITARE IL PRIMATO PETRINO

Però alcuni cattolici hanno prospettato contrasti di fondo tra i due Papi, così diversi tra loro nell’azione pastorale…
E’ ovvio che Francesco è diverso da Benedetto XVI. Ognuno agisce secondo le proprie caratteristiche. Tali differenze non sono un pericolo, ma un bene, arricchiscono il carisma del primato, poiché ognuno vi apporta le proprie esperienze e qualità. Osservava san Tommaso d’Aquino che ognuno agisce secondo il suo modo di essere. E aveva pienamente ragione.
Altri cattolici osservano però che, se le differenze negli atteggiamenti sono normali e comprensibili, tra Francesco e Benedetto XVI c’è anche una palese e forte diversità di accenti…
Sottolineare alcuni aspetti più di quanto non hanno fatto i predecessori è un arricchimento anche questo nella complessità del cattolicesimo. Sono espressioni diverse dell’unica pastorale della Chiesa, modi diversi di concretizzarla, basata sullo stesso Vangelo.

‘ABBRACCIARE IL MONDO’? SI’, MA DA SUCCESSORE DI PIETRO

Ancora: c’è chi osserva che per papa Francesco la priorità assoluta è abbracciare il mondo… poi potrà seguire anche la dottrina cattolica…Per i suoi predecessori non sembrava essere così…
Sono diversi anche i modi di esercitare il Primato di Pietro. Per papa Francesco certo l’abbracciare il  mondo è la priorità, ma attenzione: abbracciare il mondo non superficialmente e sentimentalmente, ma da successore di Pietro! Del resto tutti i Papi, ognuno a suo modo, hanno cercato di raggiungere quell’obiettivo. Facciamo un esempio. Alcuni pensano o dicono o scrivono che Giovanni XXIII e Pio XII sono Papi in contrapposizione…
Lei ritiene di no?
No, non erano in contrapposizione. Direi di più. Giovanni XXIII ha indetto il Concilio ecumenico vaticano II, ma l’idea era già stata di Pio XII. Papa Pacelli aveva persino nominato una commissione per studiare il problema. Poi però era già in avanti con gli anni, si è ammalato e il tema è stato accantonato: Giovanni XXIII ha ripreso e sviluppato un’idea del suo predecessore immediato. Con il che viene a cadere anche un’altra idea diffusa ed errata: quella che Pio XII sia un Papa anticonciliare. Assolutamente no: bisogna leggere la storia con attenzione. Papa Pacelli è un Papa profondamente conciliare. Il Vaticano II in molti campi non ha fatto altro che riprendere e sviluppare il pensiero di Pio XII, approfondendolo e applicandolo nella realtà contingente della Chiesa. Tant’è vero che Pio XII è citato ben 64 volte nei documenti conciliari… Ecco: due modi diversi nell’agire, ma nessun contrasto dottrinale tra Giovanni XXIII e Pio XII! 

FRANCESCO PAPA RIVOLUZIONARIO? CAUTELA NELL’USARE TALE TERMINE

A proposito di continuità sostanziale tra un papa e il suo predecessore:  eminenza, pure tra i Suoi confratelli o nelle gerarchie della Chiesa, c’è chi continua a dire e a scrivere che Francesco ha portato “un’aria nuova nella Chiesa” e che è da considerarsi un “rivoluzionario”. E la Rivoluzione non è proprio continuità…
Lo si diceva anche ai tempi di Giovanni XXIII rispetto a Pio XII oppure a quelli di Giovanni Paolo II rispetto a Paolo VI. La parola “Rivoluzione” bisogna comprenderla pienamente, va usata con molta cautela: certo nel pontificato di Francesco ci sono delle novità, ma esse non contraddicono quanto è stato fatto prima, lo sviluppano sotto un’altra luce. Papa Francesco ha evidenziato ed evidenza la vicinanza alle pecore, di cui il pastore deve odorare. Ma non è che gli altri Papi fossero lontani dal gregge, però esprimevano tale vocazione secondo il loro modo di essere. 

SINODO SULLA FAMIGLIA: LE DIVERSITA’ ARRICCHISCONO

Eminenza, passiamo al secondo argomento principale: il primo dei due Sinodi sulla famiglia. Nell’assise dello scorso ottobre (e già prima, in una sorta di lunga campagna elettorale) sono emersi temi che hanno mostrato una grande diversità di opinioni, non solo nell’ambito dei padri sinodali. Si sa che in Aula il dibattito è stato vivace e fuori dall’Aula ancora di più tra i cosiddetti ‘conservatori’ e i cosiddetti ‘innovatori’ che sembravano – secondo alcuni - godere del favore dell’équipe arbitrale. Poi si sa com’è finita, anche se – si dice - la vittoria complessiva dei ‘conservatori’ (che sono riusciti a modificare profondamente la contestata relazione intermedia)non è certo definitiva e non si sa quanto potrà effettivamente pesare in vista del Sinodo dell’ottobre 2015, considerati anche i contenuti del secondo questionario distribuito alle diocesi…
Anche qui occorre porre grande attenzione all’uso di certi termini. Si può parlare di “conservatori” e di “innovatori”, però bisogna ricordarsi che non sono in contrapposizione tra loro. Secondo l’accezione comune i “conservatori” sono coloro che pongono l’accento sul piano della dottrina; “innovatori” sarebbero invece coloro che guardano alla concretizzazione della dottrina nelle contingenze della storia in cui viviamo. Queste due tendenze sintetizzano i due principi cardine della pastorale odierna. Non nego che emergano qui opinioni diverse, come c’erano durante il Vaticano II: ma le diversità – se bene intese - sono un bene per la Chiesa, la arricchiscono…
Sempre che tali divergenze non si esasperino…
Oggi non mi pare il caso. Dopo tutto, le conclusioni sull’argomento si potranno trarre, avranno un senso solo dopo il secondo Sinodo sulla famiglia, quello ordinario dell’ottobre 2015. Prima sarebbe prematuro e fuorviante. Non siamo in grado di prevedere le conclusioni, anche perché la composizione del Sinodo 2015 sarà diversa da quella del Sinodo 2014: entreranno nuovi padri sinodali e inoltre la maggior parte dei partecipanti sarà nominata dalle tante conferenze episcopali del mondo e dunque parlerà in nome della propria conferenza episcopale. Poi il tema della pastorale della famiglia è in questi mesi nel pieno del dibattito a livello di Chiesa universale, si stanno approfondendo i punti più delicati, è ancora insomma in evoluzione. Si tratta di vivere i principi della dottrina applicandoli nella realtà quotidiana: la diversità di opinioni è solo sul modo della loro concretizzazione. Però è evidente che la Chiesa deve parlare all’uomo di oggi, non più a quello di ieri, non ancora a quello di domani.

DIVERSI CATTOLICI PERPLESSI,  MA BISOGNA ATTENDERE LA FINE DEL SINODO 2015

La diversità – in certi casi netta – di opinioni sul tema provoca anche non poco turbamento in parecchi cattolici. Un apparente, percepitolaissez-faire a proposito di norme e regole (non solo in materia di pastorale della famiglia) ha portato qualche giorno fa un cattolico praticante a piazza Bologna a pormi questa domanda: Ma con papa Francesco è ancora così importante andare a messa tutte le domeniche? Lei, eminenza, che cosa avrebbe risposto?
Si può capire la domanda, però chi la pone dovrebbe anche dire su che cosa la fonda. C’è forse qualche affermazione del Papa in tal senso? No, non mi pare proprio. E allora?
Altra domanda recente (e qui torniamo alla pastorale della famiglia), da un altro cattolico praticante: Sono d’accordo di accogliere con calore umano chi vive in situazione irregolare in comunità. Però perché dovremmo loro affidare compiti nella comunità parrocchiale? Perché dovremmo ascoltare una lettura della messa da parte di qualcuno che si trova pubblicamente in stato di peccato mortale? Oppure perché dovremmo affidargli la catechesi? Anche qui, Lei, eminenza, che cosa risponderebbe?
Per dare una risposta bisognerebbe in ogni caso attendere le conclusioni del Sinodo, che dovranno essere poi approvate dal Papa. Per ora si potrebbe osservare che la Parola di Dio è sempre tale, indipendentemente da chi è annunciata. Forse che perderebbe di contenuti se fosse annunciata anche da un peccatore incallito?
Insomma i contenuti della Parola prevalgono sempre su chi la annuncia…
Un sacerdote, anche se peccatore, ha il dovere di annunciare la Parola. Così è anche per tutti i cristiani laici, per peccatori che siano. Si può anche aggiungere che la Parola ‘lavora’ dentro chi la pronuncia; e non raramente fa nascere in lui domande, bisogni interiori, lo spinge magari a modificare il proprio comportamento. Naturalmente di regola si annuncia il Vangelo vivendolo; ma annunciarlo non fa certo male anche a chi vive in una condizione di peccato… lo Spirito sceglie a volte vie impensabili per convertire! Ci sono poi casi speciali di divorziati, quelli che riguardano chi ha subito il divorzio contro la sua volontà. Si può ad esempio ipotizzare il caso di una brava catechista, di grande aiuto al parroco e alla comunità, che ha dovuto subire un divorzio. Ci si può chiedere a livello di ragionamento se sia giusto negarle di continuare a far parte a pieno titolo della stessa comunità, continuando a esercitare quelle responsabilità educative che assumeva con grande impegno prima del divorzio imposto.  

SCHIZOFRENIA DI TANTI EUROPOLITICI: SI APPLAUDE IL PAPA, SI AGISCE AL CONTRARIO

Terzo e ultimo argomento dell’intervista di bilancio: il Papa ha fatto visita il 25 novembre all’Europarlamento e al Consiglio d’Europa, pronunciando due discorsi ben strutturati, molto chiari, in cui ha toccato tanti punti delicati riguardanti l’agire dei due organismi. E’ stato più volte interrotto dagli applausi e alla fine gli è stata tributata una standing ovation da tutti i settori politici rappresentati. Il fatto è che la standing ovation non corrisponde a buona parte delle decisioni prese dai due consessi in materia di vita, famiglia, educazione. Pensiamo ad esempio alla pervicacia nel diffondere l’ideologia del gender in tutti gli ambiti della società o, per passare a un importante legislativo nazionale, all’Assemblée nationale francese che qualche giorno dopo i discorsi europei del Papa ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione in cui si afferma che l’aborto è un diritto fondamentale…

Purtroppo è una contraddizione ricorrente, una sorta di schizofrenia. Spesso si applaude un’affermazione non per convinzione, ma per convenienza. Come si incaricano poi di confermare i fatti. Se un Parlamento applaude le parole del Papa e se avesse un minimo di coerenza elementare, poi dovrebbe adottare decisioni conseguenti nell’ambito legislativo. Ad esempio la diffusione dell’ideologia delgender è estremamente negativa per i giovani. Continuiamo a lamentarci del comportamento dei giovani, ma la società che offre loro? Già all’asilo si vuole insegnare l’ideologia del gender, provocando insicurezza identitaria, guasti psicologici enormi. I figli devono essere formati fin da piccoli secondo le costanti dei principi umani e dunque cristiani, devono imparare ad apprezzare i valori fondamentali che rendono bella la vita. Prima di tutto in famiglia e a scuola. Se così non è, come meravigliarsi poi di quel che succede, spargere lacrime di coccodrillo per la deriva morale di una parte della gioventù cresciuta con certe ideologie relativiste, nichiliste? Quale domani offriamo ai bambini di oggi? Scegliere se decidere di essere maschio o femmina?
Nella nostra società liquida, sempre più diffusa è l’insicurezza identitaria alimentata colpevolmente da tanti cattivi maestri, purtroppo potenti…
Se a qualcuno manca l’identità, può anche chiedersi – non trovando una risposta soddisfacente - perché mai io debba vivere. Vita, morte, tutto e il contrario di tutto si diluiscono in un gigantesco indifferentismo. Da qui nascono i maggiori problemi dei giovani oggi. Cari politici, sappiate che la società di domani sarà formata dai bambini di oggi. Aiutatela a essere solida, non liquida. Difendete e promuovete perciò la famiglia, la cellula fondamentale di una società sana; e operate per una scuola che sia profondamente umana, insegni i fondamenti, non alimenti una liquidità di valori le cui conseguenze – già ne possiamo constatare alcune oggi – sarebbero drammatiche per l’umanità. 
P.S. L’intervista apparirà in versione inglese nel mensile cattolico statunitense ‘Inside the Vatican’ di gennaio 2015.

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