ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 8 gennaio 2015

Sorvoliamo?

Comunione sulla mano o sui guanti di lana

La Comunione sulla mano: da profanazione ad eccezione, da eccezione a regola

Comunione-con-tutti-mani
di Massimo Micaletti
Prendereste in mano, anche solo per un istante, la cosa più preziosa, pura ed incontaminata  che esista al mondo? E se invece che una cosa fosse una persona, vi sentireste degni di farlo?
Eppure ciò avviene ormai ordinariamente ogni Domenica, quando un fedele prende la cosiddetta “Comunione sulla mano”.
Sorvoliamo sulle vicende che hanno portato all’approvazione, anche da parte della CEI, di questa prassi di matrice protestante: si è trattato di un vero e proprio … colpo di mano che ha portato all’accettazione dell’inaccettabile.
Sorvoliamo pure sul fatto che esistono alcune pratiche rituali, per così dire “cattoliche”, che hanno quale presupposto indefettibile l’assunzione dell’Eucarestia nelle mani: ad esempio, il rito neocatecumenale, mai approvato dalla Chiesa ed anzi espressamente disapporvato da Papa Ratzinger nell’aprile 2012 eppure tollerato in ogni parte del mondo, che prevede che il Presbitero dia a ciascuno un pezzo di pane e che tutti insieme lo si metta in bocca nel medesimo momento.


Sorvoliamo anche su tutte le obiezioni che da sempre si muovono a tale prassi. Basti ricordare che essa, adottata nei primi tempi del cristianesimo, è stata immediatamente bandita non appena si è compreso l’immenso valore della Particola consacrata: per effetto della Transustanziazione, infatti, essa diviene Corpo di Nostro signore Gesù Cristo, quanto di più prezioso ci sia dato di vivere e vedere su questa terra, in questa vita. L’idea di prendere il Corpo di Cristo in mano per portarlo alla bocca viene ripresa dal Protestantesimo nel Secolo XVI,  quale naturale conseguenza del fatto che i protestanti non credono nella Transustanziazione (con buona pace di ecumenisti e sincretisti d’assalto); similmente, viene immediatamente adottata da tutte quelle eresie cristiane, alcune eradicate dalla Chiesa, altre prosperanti in essa, che non credono che con la Consacrazione dietro l’apparenza del pane s’inveri la sostanza della carne del Salvatore. Non a caso, se ne è riparlato solo negli Anni Sessanta, a cominciare dall’Olanda per poi estendersi a Francia e Belgio, con la tolleranza dei Vescovi locali.
 Dopo il Concilio, diversi Pontefici hanno ammonito sull’Eucarestia nelle mani sebbene, come ormai prassi di molta della produzione postconciliare, all’enunciazione della norma si affianchino eccezioni dagli indistinti contorni, che però pur sempre eccezioni sono.
Paolo VI, nel documento “Memoriale Domini”[1] del 1969, dopo una ricca e documentata esposizione sulla necessità e conformità della Comunione in bocca, introduce la possibilità del ripristino dell’uso sulle mani. Leggiamo il passo in questione.
Se poi in qualche luogo fosse stato già introdotto l’uso contrario, quello cioè di porre la santa Comunione nelle mani dei fedeli, la sede apostolica, nell’intento di aiutare le Conferenze Episcopali a compiere il loro ufficio pastorale, reso non di rado ancor più difficoltoso dall’attuale situazione, affida alle medesime conferenze il compito di vagliare attentamente le eventuali circostanze particolari, purché sia scongiurato ogni pericolo di mancanza di rispetto all’eucaristia o di deviazioni dottrinali su questo Santissimo Sacramento, e sia eliminato con cura ogni altro inconveniente.
In questi casi, per un’opportuna normativa del nuovo uso, le Conferenze Episcopali, esaminata con prudenza la cosa, prenderanno le loro deliberazioni con votazione segreta, a maggioranza di due terzi, e presenteranno poi il tutto alla Santa Sede, per averne la necessaria conferma, allegandovi una accurata esposizione dei motivi che le hanno indotte alle deliberazioni stesse. La Santa Sede vaglierà con cura i singoli casi, tenendo anche presenti i rapporti che uniscono le varie Chiese locali tra di loro, e ognuna di esse con la Chiesa universale, per il bene comune, per la comune edificazione, e per l’incremento di  fede e di pietà che il vicendevole esempio reca e promuove”.
Ora, questo passo pone diversi problemi, ne rileviamo soltanto due: la constatazione che l’ufficio dei Vescovi sia “reso non di rado ancor più difficoltoso dall’attuale situazione”, come a concedere la prassi della Comunione in mano quale strumento di facilitazione di un contesto complicato ed a prendere atto che la violazione è invalsa e tollerata; e la disposizione che nelle singole Conferenze Episcopali la votazione sul punto sia assunta “a votazione segreta”, sebbene con una maggioranza qualificata.
Ciò detto, nell’Istruzione l’ipotesi della Comunione nelle mani viene ristretta a “particolari circostanze” che devono essere “attentamente vagliate” dalle Conferenze. Si tratta quindi di una possibilità riservata a casi eccezionali, anche se francamente non ci viene in mente una situazione in cui un fedele potrebbe assumere l’Eucarestia soltanto nel palmo e non direttamente in bocca.
 Per quanto riguarda la CEI, il relativo documento è il Decreto del 1989[2] e non individua alcuna condizione o circostanza particolare per accedere alla Comunione in palmo. Tale nuovo uso viene considerato in tutto e per tutto equivalente a quello invalso: “Il modo consueto di ricevere la comunione deponendo la particola sulla lingua rimane del tutto conveniente (ci mancherebbe, verrebbe da dire. Ma non dimentichiamo che un paio di decenni prima era stata di fatto resa fuorilegge la Messa di sempre, perciò forse la precisazione non è del tutto pleonastica, n.d.r.) e i fedeli potranno scegliere tra l’uno e l’altro modo”.
Il solo requisito per accedere alla nuova prassi è che il fedele si sia lavato le mani e che abbia partecipato ad una “congrua catechesi, che illustri i vari punti della presente istruzione e in particolare il significato della nuova prassi”: qualcuno ha mai frequentato questa “congrua catechesi”? Qualcuno ne ha mai sentito parlare? Qualche Sacerdote si è mai accertato che il fedele cui consegna il Corpo di Cristo abbia frequentato tale formazione? Vengono rilasciate patenti? Attestati? E se un fedele prendesse la Comunione sulla mano senza aver frequentato la “congrua catechesi”, il Sacramento è valido o no?
In un passo estremamente eloquente, lo stesso Decreto recita: “La Chiesa ha sempre riservato grande attenzione e riverenza all’eucaristia, anche nel modo di avvicinarsi alla mensa e ricevere la comunione. Particolarmente appropriato appare oggi l’uso di accedere processionalmente all’altare ricevendo in piedi, con un gesto di riverenza, le specie eucaristiche, professando con l’«Amen» la fede nella presenza sacramentale di Cristo“. Non c’è alcun cenno all’inginocchiarsi all’Eucarestia, che deve anzi essere assunta in piedi facendo un signorile inchino. In un simile contesto, tutto si spiega.
 Forse, se si considerassero per un attimo soltanto l’importanza ed il valore della Particola consacrata, “ogni ginocchio si piegherebbe”, e nessuno si sentirebbe degno di tenerla nelle mani, neppure per pochi istanti. E gli inchini resterebbero a protestanti e assimilati.

[1]    http://www.santuariodivinamaternita.com/Sito/Documenti/MemorialeDomini.pdf
[2]   http://www.preghiereagesuemaria.it/sala/decreto%20cei%20sulla%20comunione%20nella%20mano.htm

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