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mercoledì 18 febbraio 2015

Code di paglia?

Francescani dell’Immacolata, facciamo il punto sull’evoluzione della vicenda



manelli
Non si placano le polemiche intorno ai Francescani dell’Immacolata, la congregazione religiosa fondata da padre Stefano Manelli e nata all’interno della famiglia francescana; ai tre voti di povertà, obbedienza e castità propri dei francescani, padre Manelli ha voluto aggiungere un quarto voto che in realtà precede gli altri tre, un voto mariano di devozione a Maria Immacolata (da qui il nome). La congregazione dopo il motu proprio Summorum Pontificum con cui Benedetto XVI ha liberalizzato l’uso dell’antico rito tridentino ha riscoperto, sempre dietro impulso di Manelli, la messa secondo il messale di San Pio V al punto che, in breve tempo, pur senza una specifica imposizione, il rito tridentino è sembrato prendere il sopravvento su quello post conciliare.

Sul tavolo della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata guidata dal cardinale Braz De Aviz sono iniziati ad arrivare esposti di frati cosiddetti dissidenti contrari alla politica di padre Manelli, i quali hanno denunciato una deriva lefebvriana della Congregazione sollecitando interventi in merito. La svolta c’è stata con l’elezione al soglio di Francesco, quando Braz De Aviz, pare in pieno accordo con il Papa, ha deciso di vederci chiaro, disponendo il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata e affidandone la guida al cappuccino padre Fidenzio Volpi. Dicevamo di Francesco; in tanti, all’inizio, hanno pensato che il Papa fosse estraneo ai provvedimenti, ma questo dubbio è stato dissipato nel momento stesso in cui Bergoglio ha ricevuto in udienza padre Volpi e i suoi più stretti collaboratori, esaltandone l’operato e dimostrando chiaramente di condividere l’opera di rinnovamento in atto all’interno dell’Ordine.
Con la nomina del commissario è nato un vero e proprio braccio di ferro fra i fedelissimi di Manelli e padre Volpi; i primi hanno accusato il secondo di aver isolato il fondatore e di aver intrapreso un’opera di “demolizione” della Congregazione, cacciando tutti i suoi fedelissimi e mettendo ai posti chiave i cosiddetti “dissidenti” quelli cioè che per l’appunto avevano sollecitato l’intervento del Vaticano. In più è stato contestato il divieto imposto da Volpi di celebrare la messa secondo il rito antico se non dietro sua esplicita autorizzazione, decisione questa che è stata giudicata in contrasto con il motu proprio di Benedetto XVI mai revocato e quindi pienamente legittimo.
Perché dunque i frati non dovrebbe celebrare secondo l’antico rito? Padre Volpi ha sempre specificato che non è in discussione la possibilità di celebrare la messa in latino, bensì il fatto che il rito tridentino abbia preso sempre più il sopravvento sulla liturgia conciliare, nonostante questo non sia contemplato dallo statuto della Congregazione. Il Cappuccino ha poi sempre negato le accuse a suo carico e ha sempre sostenuto che i provvedimenti “restrittivi” adottati nei confronti di padre Manelli si sarebbero resi necessari per impedire al fondatore di gestire i beni della Congregazione. A forza di accuse, la questione è finita in tribunale. Nell’inchiesta da noi pubblicata mesi fa raccontammo di come Padre Volpi, per difendersi dalle accuse che sulla stampa continuavano a piovere su di lui per il trattamento riservato a Manelli, sia entrato inevitabilmente in contrasto diretto con i parenti del fondatore a causa di alcune sue affermazioni riportate sulla stampa: “«Cosa estremamente grave – dichiarò padre Volpi  – è stato il trasferimento delle disponibilità di beni mobili e immobili dell’Istituto a fedeli laici, noti figli spirituali e familiari del fondatore, Padre Stefano M. Manelli, nonché ad alcuni genitori di suore».
E proseguiva: «Tali operazioni, gravemente illecite sotto il profilo morale e canonico, con risvolti anche in ambito civile e penale, sono state fatte dopo la nomina del Commissario Apostolico, manifestando così la volontà di sottrarre tali fondi al controllo della Santa Sede». Minacciando anche sanzioni: «Chi ha fatto o permesso tutto ciò, è caduto in gravi mancanze e, se religioso, è passibile di severe sanzioni canoniche. Una simile cosa è avvenuta anche per le opere di apostolato: editrice, televisione,…».
I parenti di padre Manelli sentendosi chiamati in causa si rivolsero ad un legale che annunciò l’intenzione di intraprendere un’azione legale nel caso in cui il commissario non avesse ritirato le accuse. Padre Volpi pare lo abbia fatto solo parzialmente chiarendo che i parenti di padre Manelli erano del tutto estranei a dette operazioni, in quanto le stesse avevano riguardato soltanto un familiare del fondatore, un suo cognato, che quindi non discendendo dallo stesso stipite non poteva essere considerato parente. I parenti insomma a detta del commissario non dovevano sentirsi in alcun modo chiamati in causa perché utilizzando il termine familiare, lo stesso Volpi aveva tenuto a specificare che non si trattava di consanguinei del fondatore. Questa sottile differenza fra parente e familiare che il commissario ha utilizzato per smentire ogni coinvolgimento dei fratelli e delle sorelle di Manelli nelle accuse da lui formulate non ha però scongiurato la minacciata azione legale.
Ebbene la vicenda, stando a quanto riferito da diversi organi d’informazione sarebbe sfociata poi in una causa vera e propria, che si sarebbe risolta con una transazione. Riferisce infatti l’agenzia d’informazione “Corrispondenza Romana”: “Padre Fidenzio Volpi, alla fine, aderendo alla preliminare mediazione, «nell’ambito del giudizio civile pendente per asserita diffamazione dinanzi al Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile» ha dovuto confermare, smentendo sé stesso e quanto a suo tempo scritto, «il non coinvolgimento dei “familiari” di Padre Stefano Maria Manelli, ribadendo l’assoluta estraneità» dei medesimi «a qualsiasi operazione ritenuta illegittima e perciò contestata dallo stesso Commissario Apostolico, avente ad oggetto l’asserito trasferimento della disponibilità dei beni dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata». Tali pubbliche scuse, a spese «dell’obbligato» ovvero dello stesso Padre Volpi, dovranno essere pubblicate entro il 3 marzo come lancio dell’AGI-Agenzia Giornalistica Italia, sul sito www.immacolata.com (dove dovrà restare per almeno 3 mesi consecutivi, peraltro predisponendo un apposito link in prima pagina e con veste grafica analoga a quella di altre comunicazioni), tramite lettera su carta intestata dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata da inviarsi a tutti i religiosi e le religiose con l’invito a leggere la comunicazione ai i membri di ogni singola Comunità. Non solo: Padre Volpi si è impegnato a corrispondere alla controparte la somma onnicomprensiva di 20 mila euro, sempre entro il 3 marzo”. Questo quello che riferisce la suddetta agenzia di stampa”.
Va precisato che la transazione non costituisce una condanna, molto più semplicemente il commissario apostolico ha preferito chiudere la vicenda senza affrontare un giudizio. Giudizio di carattere civile, non penale. Infatti nel processo civile non si valuta la sussistenza del reato ma soltanto il danno arrecato alla parte quantificandone l’entità se il giudice ne ravvisa le ragioni.
Americo Mascarucci

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