ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 17 febbraio 2015

Cruci-verba

Adinolfi spiega chi è Adinolfi, e non lascia spazio ad equivoci  

Uno scambio di lettere tra un lettore de “La Croce” – che esprime alcune critiche – e la veemente risposta del direttore, Mario Adinolfi, chiarisce molte cose. Soprattutto è un’ottima occasione per ricordare che la tanto decantata “unità” è possibile solo nella Verità.

di Paolo Deotto

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Su “La Croce”, nella versione on-line, nella rubrica delle “lettere al direttore” è comparso, sotto il titolo “Da un lettore che non vuole leggerci più”, un interessante scambio di corrispondenza: un lettore, il dott. Franco Serafini, critica alcune posizioni del nuovo quotidiano. Il direttore de “La Croce”, Mario Adinolfi, risponde. E il tono e le argomentazioni usati da Adinolfi chiariscono perfettamente chi è il personaggio Adinolfi e cosa persegue. Riportiamo integralmente lo scambio di corrispondenza e quindi gli amici lettori potranno valutare. Qui ci permettiamo solo di fare alcune brevi considerazioni.

Poiché Riscossa Cristiana ha assunto una posizione critica nei confronti del nuovo quotidiano, nonché di quanto è emerso dal Convegno tenuto a Milano sabato 17 gennaio (e a questo proposito vi invitiamo a rileggere gli articoli di Roberto de Mattei, qui, Pucci Cipriani, qui e Patrizia Fermani, qui e qui) siamo stati accusati di attentare a un mito ricorrente, quello della “unità”. Ma se leggiamo alcuni passaggi della risposta che Adinolfi dà al lettore, ci rendiamo conto che per l’ “unità” invocata manca il presupposto essenziale, quello della Verità. Adinolfi ha scelto un tipo di strategia politica, che nulla ha a che vedere con una testimonianza di Fede, che è la prima urgenza in una società che è impazzita. È difficile voler combattere aborto, eutanasia, degenerazione della famiglia e nel contempo sostenere la bontà di leggi come la 194 e la 40. È difficile farsi paladini del progetto di Testo Unico presentato da Introvigne – anticamera del matrimonio tra omosessuali – e volersi presentare come difensori della famiglia. C’è un’incoerenza di fondo che del resto ha le sue radici nella sciagurata confusione tra “cattolico” e “democristiano”. La politica democristiana ci ha regalato la legge 194, questo non lo si ricorderà mai abbastanza.
Ma poi c’è un’altra notazione che ci sembra doveroso fare. Adinolfi si presenta come il novello difensore della Società con termini e modi che ci sentiamo di definire rabbiosi. Solo alcune “perle”: “Noi non vogliamo fare i fighetti, noi vogliamo salvare concretamente l’Italia dall’approvazione di leggi infami. Per questo ci troveremo dopo quattro mesi di mobilitazione in quindicimila il 13 giugno al Palalottomatica. Poi, per carità, si può scegliere di restare a casetta a limare l’articolo perfetto per la propria setta di trecento lettori. Ma noi riteniamo che di lettori e di militanti prolife sia meglio averne a decine di migliaia pronti a mobilitarsi quando servirà. E servirà. E noi ci saremo”. Chi critica è un “fighetto” ha stabilito Adinolfi.  E poi: “Chi non capisce che avere un presidente cristiano come Sergio Mattarella è meglio che avere Emma Bonino o Stefano Rodotà (ipotesi tutte in testa ai sondaggi di gradimento) non capisce di politica. E chi non capisce di politica non parli di politica. L’argomento è complesso”. Chiaro, no? Non parlate di politica, io ne capisco, voi no.   E ancora: “Io ritengo che tra cattolici dovremmo essere più misericordiosi e unirci più spesso in un forte, umanissimo abbraccio, senza dividerci su quisquilie e cretinate per preservare angoli di presunta purezza ideologica, che poi se vai a guardare con attenzione dentro quegli angoli se ne trova di polvere”. Anche qui è chiarissimo: le obiezioni poste dal lettore sono relegate tra le “quisquilie e le cretinate”. Veramente bello. Forse Adinolfi non ha capito che nessuno vuole “preservare angoli di presunta purezza ideologica”. Qui si parla di Fede cattolica, che comporta conoscenza della Dottrina, che dovrebbe anche comportare l’impossibilità di ricominciare con le politiche democristiane del compromesso, magari giustificate con violenza asserendo che chi obietta non capisce nulla di politica.
Uscendo dalla pia (o megalomane?) illusione di poter far chissà cosa in sede parlamentare, quello che possono fare i cattolici che vogliono ancora salvare quel “seme” di cui spesso si è parlato, è dare una testimonianza forte e chiarissima, ossia l’esatto contrario dei papocchi come il “Testo Unico”, proposto, tra l’altro, con uno strano tempismo: pochi giorni dopo il “cattolico” Renzi già parlava di necessità di legiferare sulle coppie di fatto. Se la testimonianza dei pochi cattolici rimasti sarà vera e chiara, si salverà quel seme, quella Fede su cui si potrà ricominciare a costruire quando sarà finito il diluvio di follia che sta distruggendo tutto.
Auguriamo ad Adinolfi la miglior fortuna. È già sicuro di radunare, il 13 giugno, 15.000 persone. Bene. Si ricordi che, senza insulti e senza protagonismi, esiste ad esempio da anni una testimonianza che si chiama Marcia Nazionale per la Vita, che è passata dalle 700 – 800 presenze del 2011 a Desenzano alle 50.000 dello scorso anno a Roma. Erano tutti “fighetti” ideologici? Non crediamo davvero. Scusate, dimenticavo: lo slogan della Marcia dice, tra l’altro “senza compromessi”. Proprio così: “Senza compromessi”. Ma forse questo slogan è stato scritto da gente che non capisce niente di politica.
Ed ecco il testo istruttivo. Lo scambio di corrispondenza tra il lettore de “La Croce” e il direttore Mario Adinolfi. Ognuno valuti:
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di Mario Adinolfi
Da un lettore che non vuole leggerci più
Dalla rubrica “lettere al direttore” (scrivere a adinolfi@gmail.com con oggetto: lettere al direttore)
Caro Direttore,
mi chiamo Franco Serafini, ho 47 anni, sono un medico, padre di famiglia, cattolico. Avevo accolto con entusiasmo la nascita di un nuovo quotidiano: cattolico e orientato sul tema che mi sta più a cuore, quello pro-life e della difesa della famiglia. Non mi sembrava vero: ne avevo parlato agli amici, ho fatto pubblicità intorno a me e dal 13 gennaio l’ho acquistato regolarmente tutti i giorni. E’ quindi con grande rammarico che prendo la decisione di non continuare la lettura de La Croce e mi sembra giusto, signor Direttore, dargliene una spiegazione. Mi ferisce e insieme mi interroga in profondità, mi creda, il non ritrovarmi in sintonia con il suo giornale. Pare così assurdo perdere l’occasione di combattere, da cattolici in Italia, uniti nella battaglia delle battaglie. In sintesi, la mia delusione si riassume in una parola: INGENUITA’. Un’ingenuità quella della sua linea editoriale declinata in diversi modi; mi permetta, con fraterna trasparenza, di spiegarmi meglio:
1) non concordo con l’idea di potere e dovere scendere a patti sui valori non negoziabili (ripeto NON negoziabili). Si tratta della stessa politica fallimentare che i cattolici hanno perseguito negli ultimi 40 anni in Italia e che ci ha portato a divorzio, nuovo diritto di famiglia, aborto, fecondazione assistita (eppure lei stesso considera la legge 40 una buona legge?!) e presto, seguendo il piano inclinato del resto dell’occidente, matrimonio omosessuale, eutanasia e chissà che altro, come lei sa bene. Trovo che non paghi più limitarsi a “porre dei paletti”. Meglio, secondo me, molto meglio avere posizioni cristalline, che non ammettano il male minore là dove non è semplicemente ammissibile. Un giornale, un think tank come il suo ne guadagnerebbe in prestigio e visibilità, nel non scendere a compromessi. Così come un partito politico veramente cristiano, di fronte a leggi disumane, semplicemente ricorre alle dimissioni e sale sull’Aventino. Abbiamo purtroppo già visto, nel 1978, la firma di due democristiani in calce alla legge 194: che successo! Lei ripete “vogliono dividerci, non caschiamoci”, ma in fondo a che serve essere uniti da cattolici se poi non siamo credibili? Se il sale diventa insipido…
2) non mi è andata giù che il convegno di Milano del 17 gennaio, dietro la facciata cattolica e tutto il corteo di (meritorie per voi, per carità) polemiche sulla stampa di regime, fosse surrettiziamente la rampa di lancio per la proposta di un testo unico sui diritti dei conviventi. Mi lasci indovinare il ragionamento, sempre quello del male minore: le convivenze non sarebbero le unioni civili e tantomeno il matrimonio omosessuale: forse guadagneremmo qualche mese prima che un pretore non introduca in Italia la stepchild adoption ai conviventi gay. Un successo!
3) mi ha fatto sorridere l’entusiasmo per l’elezione di Mattarella, presidente “cristiano” che si affianca all’altro presidente “cristiano” Renzi. Evviva! adesso sì che il mondo pro-life italiano può rilassarsi! Magari ha ragione lei che è un puro, sono io che sono diffidente e ho manie di persecuzione. Certo non mi aiutano a guarire il primissimo discorso ufficiale, di insediamento, del neo presidente e il suo richiamo ai “diritti civili nella sfera personale e affettiva” oppure l’allineamento di Renzi al testo della senatrice Cirinnà sulle unioni civili…
4) siamo cattolici, vogliamo bene al Papa, ci mancherebbe! Bisogna tuttavia ammettere che l’attuale Vescovo di Roma ci ha abituato a discorsi e a modi di fare, come dire, stravaganti. Tanto per limitarci all’ultimo mese, cioè all’arco di esistenza del suo giornale, abbiamo avuto la boutade sui “cattolici-conigli”, il nuovo ardito concetto teologico di “grazia dell’inter-religiosità”, l’udienza privata in Vaticano del transessuale con tanto di fidanzata, e molto altro che ora non saprei ricordare.
Si tratta di dichiarazioni a braccio, di interviste in aereo, di gesti estemporanei e certo non vanno considerati atti di magistero. E’ tuttavia sano che un giornale cattolico possa ravvivare e guidare un dibattito, sempre nell’alveo dell’ortodossia e del rispetto reciproco, su qualunque argomento di fede, di morale, di teologia, ma senza doversi allineare e appiattire sempre e comunque all’ultima uscita di Francesco, alla maniera di un qualunque padre Livio dai microfoni di Radio Maria, per intenderci. Ahimè, La Croce è partita male: già nel primo numero un confuso articolo di Marcotullio, scivolava dall’ultima pagina, quella sportiva, a quella culturale e si permetteva di giudicare Messori e altri intellettuali cattolici, poveretti tutti spiazzati dal “dribbling” di Bergoglio.
Sarà d’accordo con me: la battaglia più importante per la famiglia nella nostra epoca, nonostante tutto non si gioca nelle aule del parlamento italiano, di un TAR o nelle ordinanze di un sindaco che cerca visibilità gratuita. Si è giocata e si giocherà nel Sinodo di ottobre 2014 e 2015. Lì abbiamo visto affrontarsi posizioni irriducibilmente opposte. Sarebbe una grave perdita che nel dibattito sui temi della morale familiare il suo giornale continui ad appiattirsi su di una posizione “normalista” ed eccessivamente conformista, per timore di spiacere al Santo Padre. Mi vedo costretto a spiegare cosa intendo per “conformista”: intendo conforme allo spirito del tempo, conforme allo spirito del mondo che vede nel dialogo, nell’accoglienza, nella comprensione le sole e grandi idee guida, a scapito della Verità evidentemente.
5) ultimo, ma per nulla meno importante, non ho affatto gradito le due paginate su Medjugorje. Si tratta di una apparizione non approvata. Intendo non approvata dai Vescovi Zanic e Peric che si sono succeduti a Mostar e tanto dovrebbe bastare alla prudenza di un cristiano cattolico. Si informi, se ne ha tempo. Lasci perdere Brosio, Socci e tutti i libri sugli scaffali delle librerie Paoline. Provi a leggere Donal Anthony Foley, Joachim Bouflet, Michael Davies per esempio, si faccia un’idea personale, se ha coraggio. Capirebbe allora che leggerezza è consentire nel proprio giornale la propaganda ad un’apparizione tutt’altro che celeste.
Concludo comunque augurando buon lavoro a Lei e ai Collaboratori. Mi perdoni lo sfogo e il tono, vedo ora rileggendomi, talora sopra le righe. D’altronde il tema della difesa della vita e della famiglia deve comportare passione e slancio. Che la Croce del Salvatore sia sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori! Auguro al suo giornale di essere sempre di più all’altezza del proprio coraggioso titolo.
Saluti fraterni
Franco Serafini
Bologna
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Risponde Mario Adinolfi
Caro Franco, oggi la nostra testata compie un mese di vita e non le dico la fatica e la soddisfazione. Dicevano che non ce l’avremmo mai fatta ad uscire in edicola, altri ci davano tre settimane e poi ci vedevano chiusi per assenza di copie vendute. Invece i dati dicono che non dureremo mesi, ma anni e questo grazie a migliaia di lettori e migliaia di abbonati. In tanti dal mondo laicista hanno espresso odio esplicito verso la testata e verso di me personalmente, non me ne sono mai preoccupato. Mi ha preoccupato un po’ di più il fuoco amico, ma diciamo che ho abbastanza esperienza da averlo messo in conto. Mi addolora invece perdere un lettore, mi addolora ma non al punto da calar le braghe e allora con precisione le risponderò punto per punto, incassando l’accusa di ingenuità come un complimento. Anche se, le assicuro, ho qualche pregio ma non quello.
  1. Non ho capito bene il rimprovero. Qual è? Che considero la legge 40 una buona legge? Io difendo la legge 40 quando la devastazione della legge 40 significa il via libera al far west procreativo. L’ho fatto battendomi in un referendum di dieci anni fa, lo faccio oggi. Volevamo la legge perfetta? Non c’è. C’è la legge che c’è e ci si batte nelle condizioni date. Questo giornale si batte, non chiacchiera. Lavora per obiettivi e prova a centrarli. Le disquisizioni le lasciamo ai duri e puri. Noi vogliamo evitare il peggioramento del quadro normativo a tutela della vita e della famiglia, per far questo analizziamo le condizioni del terreno e poi andiamo in combattimento. Per i voli pindarici consiglio altre letture. Noi siam gente da trivio, praticoni e pure juventini: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. In più abbiamo pure dimestichezza dei tavoli da poker e sappiamo che si gioca con le carte che si hanno in mano, non vagheggiando le migliori carte (o migliori leggi) possibili. Detto questo, l’impegno esplicito che stiamo mettendo contro matrimonio omosessuale e eutanasia è innegabile, portatemi un altro qualsiasi oggetto distribuito in edicola a livello nazionale che faccia la battaglia con i toni e i contenuti che abbiamo utilizzato noi. Con l’occhio a centrare l’obiettivo, a vincere, non a farsi belli verso gli happy few. Noi non vogliamo fare i fighetti, noi vogliamo salvare concretamente l’Italia dall’approvazione di leggi infami. Per questo ci troveremo dopo quattro mesi di mobilitazione in quindicimila il 13 giugno al Palalottomatica. Poi, per carità, si può scegliere di restare a casetta a limare l’articolo perfetto per la propria setta di trecento lettori. Ma noi riteniamo che di lettori e di militanti prolife sia meglio averne a decine di migliaia pronti a mobilitarsi quando servirà. E servirà. E noi ci saremo.
  2. Abbiamo subito tanti di quegli insulti per aver difeso la vita e la famiglia dai giornali laicisti tutti uniti, che francamente trovo intollerabile che ci si aggiungano pure disquisizioni di lana caprina da parte di chi dovrebbe solo apprezzare il coraggio di chi quel giorno a quel convegno a Milano si è esposto, protetto da duecentocinquanta agenti in tenuta antisommossa. Perché poi a spaccare il capello in quattro da casa sono bravo pure io, la prossima volta voglio vedervi al nostro fianco a prendere gli sputi, poi accetterò critiche.
  3. Chi non capisce che avere un presidente cristiano come Sergio Mattarella è meglio che avere Emma Bonino o Stefano Rodotà (ipotesi tutte in testa ai sondaggi di gradimento) non capisce di politica. E chi non capisce di politica non parli di politica. L’argomento è complesso. Mai e poi mai abbiamo detto o scritto che poiché ci sono Mattarella e Renzi i prolife italiani possono rilassarsi. Abbiamo scritto il contrario. Chiediamo di restare con la guardia altissima e ci stiamo anche noi per voi. Pensiamo solo che sia meglio avere Mattarella al Quirinale e Renzi a Palazzo Chigi, due cattolici, rispetto ad avere Bonino e Bersani in una stagione in cui fermare le leggi contro la vita e contro la famiglia sarà un’impresa comunque titanica. Una stagione in cui noi siamo platealmente impegnati, tanto da suscitare l’odio quotidiano di migliaia di persone appartenenti alle lobby Lgbt sui social network e alle nostre iniziative. Altri pagano prezzi molto meno salati alle loro più eteree e nobili e casalinghe convinzioni.
  4. Per carità, voi potete pure provare a insegnare al Papa a fare il Papa. Ne avrete certamente i titoli. Noi siamo gente più umile, siamo cristiani pieni di peccati, siamo gente da trivio, l’ho già detto. Ci piace e molto padre Livio di Radio Maria, ad esempio, lo consideriamo un modello da seguire. Ci piace chi parla semplice, chi non punta il dito. E ci fidiamo di Pietro. Stiamo con Pietro. Non ciechi, ma obbedienti e carichi di filiale gratitudine. Sulla strada che porta verso il Sinodo come giornale diremo la nostra. Quotidianamente con i nostri articoli e con un’iniziativa speciale che, mi dispiace, lei non leggerà perché avrà rinunciato a seguirci. Ci ripensi. Un quotidiano meno conformista del nostro farà fatica a trovarlo.
  5. Su Medjugorie noi, figli del popolo, stiamo con il popolo. Abbiamo la fede semplice di chi sta con il Papa e con Maria. Lasciamo ad altri gli snobismi, non facciamo propaganda a niente e a nessuno, raccontiamo quel che tutti vedono: un popolo che crede. E la fede ci commuove sempre.
Vede Franco, noi non potremo mai essere degni del Segno che abbiamo scelto come testata. Noi siamo ai piedi di quel Segno, carichi dei nostri errori e delle nostre inadeguatezze. Accettiamo che lei punti il dito su di noi, sul Papa, su padre Livio, su Socci, su Brosio, sul presidente della Repubblica, sul presidente del Consiglio, sui miei coraggiosi amici del convegno di Milano, sulla Maria di Medjugorie senza neanche chiederle se è certo di avere tutti i titoli per poterlo fare. Se sente di poter giudicare e condannare tutta questa variegata compagnia, avrà le sue buone ragioni. Io ritengo che tra cattolici dovremmo essere più misericordiosi e unirci più spesso in un forte, umanissimo abbraccio, senza dividerci su quisquilie e cretinate per preservare angoli di presunta purezza ideologica, che poi se vai a guardare con attenzione dentro quegli angoli se ne trova di polvere. Qui serve il massimo dell’unità in un momento difficilissimo, in cui la vita e la famiglia sono sotto attacco. E oggi nel giorno in cui soffiamo sulla minicandelina del primo mese di vita, io le dico semplicemente: ci legga, anche a costo di farsi irritare da noi. Perché una promessa la posso fare: la Croce non sarà mai un giornale noioso o conformista. Ogni giorno lei si chiederà: che avranno scritto oggi? Lo facciamo con amore e assoluta onestà intellettuale. Credo entrambi gli ingredienti siano evidenti. Poi, se lei trova un quotidiano più aderente alle sue aspettative, ce lo indichi. Cercheremo di trarne il meglio.

–  di Paolo Deotto

http://www.riscossacristiana.it/adinolfi-spiega-chi-e-adinolfi-lascia-spazio-ad-equivoci-di-paolo-deotto/

“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì

Redazione
La discussione su Adinolfi e “La Croce”. Si accusano i dissidenti di essere “gente che divide” e ci si bea di immaginarie strategie politiche e parlamentari, mentre qui è palesemente in atto una guerra tra Cristo e Anticristo di portata mai vista, la cui posta è la sopravvivenza della fede cattolica.
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD 
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Martedì 17 febbraio 2015
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È pervenuta in Redazione:
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Caro signor Gnocchi,
mi sento molto confuso con tutto questo chiasso che si fa su Adinolfi e sul suo nuovo giornale La Croce. Certo che fa piacere vedere che un uomo di sinistra si mette contro l’aborto e difende la famiglia normale. Però poi è difficile non notare che partono anche dei messaggi ambigui come quello della legge proposta da Introvigne a un convegno con Adinolfi e che la professoressa Fermani ha analizzato così bene, spiegando che è una legge che fa da grimaldello per introdurre il matrimonio omosessuale. E anche il prof. De Mattei ha spiegato bene a cosa porta un certo atteggiamento da vecchi democristiani. Però quello che di più mi ha impressionato è il tono che Adinolfi ha usato nel botta-risposta col lettore della Croce. E’ possibile che se uno critica sia subito uno che vuole dividere? E poi, come si fa a parlare di cretinate, quisquilie, quando il lettore della Croce parla di legge 40, di valori non negoziabili? Io non voglio mettere in dubbio la buona fede di Adinolfi, ma ho anche la paura che ci venga offerto un nuovo capopopolo da seguire alla cieca, che però non ha le idee molto chiare in materia di fede. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa lei e la ringrazio molto.
Marcello Grezio
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zrbrpsCaro Grezio,
il mondo cattolico è conciato davvero male se ci tocca occuparci di Mario Adinolfi e delle sue intraprese giornalistiche. Visto con un minimo di distacco e usando le categorie politiche che il protagonista stesso non disdegna, il fenomeno a cui si riferisce può essere definito così: un gruppetto di cattolici di destra guidato da un cattolico di sinistra. Quale sia la direzione in cui si marcia e dove si andrà a finire, la storia degli ultimi decenni ce lo ha già mostrato. D’altra parte va riconosciuto che Adinolfi è onesto circa la sua collocazione politica, tanto da averlo dichiarato nel titolo del libro che grazie a un’allegra compagnia di giro sta vendendo nelle più rinomate piazze d’Italia: “Da sinistra contro i falsi miti di progresso”.
Per i miei gusti, caro Grezio, ce n’è abbastanza per lasciarlo andare per conto proprio. Ma il mondo cattolico cosiddetto “non di sinistra” o “non progressista”, salvo rare eccezioni capaci di andare veramente controcorrente, è fatto di improbabili intellettuali assetati di legittimazioni, poveri personaggi in cerca di un autore che li metta su un palcoscenico e li faccia recitare qualunque sia il copione. Intanto, mentre i pupi saltano e ballano, il teatrino ruota sempre più a sinistra fino a quando la mutazione è completata. Il linguaggio, i temi e persino i princìpi fino al pontificato precedente non negoziabili si adattano al pubblico che vuole sempre di più e meglio: dal collaborazionismo politico ai cedimenti dottrinali, il passo è  molto breve, specialmente se viene incentivato dagli applausi del mondo.
Insomma, niente di nuovo rispetto alla disastrosa storia della Democrazia Cristiana, quel mirabile partito di centro che, secondo Alcide De Gasperi, guardava verso sinistra. Niente di nuovo rispetto a quanto teorizzato da Jacques Maritain con il suo umanesimo integrale.
Ma, con questi paragoni, non vorrei nobilitare eccessivamente un’impresa dal cabotaggio intellettuale e politico davvero piccolo. E, soprattutto, dalle tappe scontate: ora ci sarà la rubrica su Radio Maria, il Meeting di Rimini, i circoli e i circolini dell’Opus Dei, le riunioni selezionate di Alleanza Cattolica, qualche parrocchia che penserà di fare un gesto politicamente scorretto e venghino siori venghino con tutto quel che segue. Tutta roba già vista. Però bisogna ammettere, con questa impresa, Adinolfi sta facendo opera di chiarezza come non era riuscito a nessun altro prima: ha iniziato l’appello e chi doveva ha risposto subito “presente” come un bravo scolaretto. Fatte le debite proporzioni, pare di vedere Renzi alla conta in parlamento.
Eppure, caro Grezio, per quanto triste, il vero problema non è questo. Se uno vuole andare a sinistra fingendo di essere di destra, se vuole stare con i progressisti fingendo di essere un conservatore, se vuole cedere fingendo di resistere, può farlo benissimo. Ciò che inquieta sono il metodo e, ancora di più, il contenuto di operazioni come questa.
Lei, giustamente, si sente scandalizzato dal fatto che chiunque tenti di obiettare davanti a disegni simili venga subito tacciato di essere “uno che divide”. Ma, qui giunti, possiamo lasciare al loro destino Adinolfi e la sua compagnia di giro, perché questo è un vizietto diffuso da troppo tempo nel mondo cattolico inteso in senso lato e nella Chiesa intesa come struttura gerarchica.
zzpffrLa tattica di accusare i dissidenti di essere “gente che divide”, di solito, viene usata dai prepotenti o dai deboli, tenendo presente che spesso i prepotenti sono dei deboli che hanno tra le mani qualche leva del potere. Davanti a chi osa argomentare, il prepotente non argomenta per non mettere in discussioni le proprie convinzione e la propria posizione, mentre il debole non argomenta perché non ha convinzioni e, se le ha, non ha il coraggio di difenderle. Niente di più facile che indicare al pubblico ludibrio colui che osa rompere l’unità delegittimando a priori: se rompe l’unità non può parlare. La Verità, anche quella con la “V” maiuscola soccombe alla convenienza. Pilato, che preferisce rimanere amico di Cesare, non cessa mai di trovare seguaci.
La Chiesa di questi ultimi decenni ha funzionato, anzi malfunzionato, proprio fondandosi sulla volontà di essere amica di Cesare. Debole fino al dissanguamento sul piano dottrinale e morale, si è mostrata prepotente e spietata su quello della repressione e della negazione di ogni legittima opinione che intendesse ribadire le verità della dottrina e della morale. Con il risultato di zittire coloro che intendevano difenderla e di lasciare libera cittadinanza a coloro che intendevano demolirla.
Il metodo è dunque ben collaudato e viene messo in pratica dal vertice sino all’ultima parrocchia. A proposito di quanto mi riferisce su Adinolfi, visto che è un convertito, bisogna ammettere che ha imparato in fretta. D’altra parte, sembra un discreto uomo di potere e se ne accorgeranno presto gli attori della sua compagnia di giro.
Ma ora, caro Grezio, mi conceda una considerazione sul contenuto. Anche qui userei uno dei motivetti più fischiati dai cattolici che dicono di volersi opporre alla deriva progressista e, in realtà, non fanno altro che rincorrerla rimanendo appena un passo indietro. Gli esempi sono purtroppo infiniti e Patrizia Fermani ne ha spiegato nel dettaglio gli esiti parlando della legge sulle convivenze proposta da Massimo Introvigne e rimando ai suoi articoli su Riscossa Cristiana.
Io mi limito al motivetto fischiato da questi cattolici, che è il seguente: è sempre meglio fare qualcosa, anche se imperfetto, che non fare niente. Caro Grezio, questi cattolici, che forse sarebbe meglio chiamare cattolichetti per via del motivetto che gli piace tanto, forse a causa della loro cattolichettaggine, hanno perso di vista l’atteggiamento che il cattolico deve sempre tenere nei confronti del mondo. Così, a forza di collidere e cooperare con il mondo, hanno ottuso i loro sensi spirituali tanto da non comprendere la gravità dei tempi in cui stiamo vivendo.
Si beano di immaginarie strategie politiche e parlamentari, mentre qui è palesemente in atto una guerra tra Cristo e Anticristo di portata mai vista, la cui posta è la sopravvivenza della fede cattolica. Lo ripeto caro Grezio: stiamo combattendo per mantenere la fede cattolica e tutte le battaglie sui vari temi, anche quelli così importanti della morale, sono solo il terreno di scontro di una guerra ben più profonda, metafisica, religiosa. Prima di ogni altra cosa è in gioco la fede. Ma la fede si conserva tutta intera o la si perde, non la si può mantenere a pezzi a seconda dei gusti o delle convenienze.
Le scelte che riguardano i temi cruciali della morale, che toccano persino la natura umana sono il segno che mostra se la fede resiste o cede. Perciò qualsiasi accomodamento, anche concepito a fin di bene e magari con l’ausilio tarlato del concetto di male minore, rappresenta un accomodamento della fede: un tradimento di Cristo a favore dell’Anticristo. Il mondo contemporaneo non ha bisogno di una legge un po’ meno cattiva di un’altra perché, come dicono i cattolichetti, “è sempre meglio fare qualcosa, anche se imperfetto, che non fare niente”. Noi non ci stiamo battendo per dare qualcosa di meno peggio al mondo, ma per rimanere fedeli a Cristo e al suo insegnamento, l’unico che può salvare il mondo.
È questo che ha reso così drammatico il Sinodo sulla famiglia appena concluso e che renderà ancora più drammatico quello prossimo. Ciò che è avvenuto e avverrà non sarà tanto lo scontro tra diverse scuole di pensiero, ma lo scontro tra chi intende mantenere integra la fede cattolica e chi la vuol mutare. In poche parole, caro Grezio, anche se si sta parlando di vescovi, cardinali e Papa e quindi le mie possono apparirle parole pesanti, anche lì si tratta dello scontro tra Cristo e Anticristo. A noi rimane solo da scegliere da che parte stare.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo

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