ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
Paradossi e strabismi ecumenici
Lo scorso 9 febbraio la basilica di San Giovanni in Laterano, la
cattedrale del papa, ha ospitato il pellegrinaggio di ringraziamento
della congregazione domenicana del “Santissimo Nome di Gesù” di Fanjeaux
in Francia, per i 40 anni dalla fondazione. Al pellegrinaggio hanno
partecipato, oltre a duecento religiose, 950 delle loro studentesse e un
centinaio di insegnanti e genitori. Alle domenicane però non è stato
possibile celebrare messa in nessuna chiesa di Roma. Il fatto è che le
suore in questione appartengono al ramo femminile della comunità
lefebvriana e che la messa che volevano celebrare era quella di rito
preconciliare. A nulla è servito – informano le suore – che a perorare
la loro causa sia intervenuta con “reiterate richieste” la pontificia
commissione “Ecclesia Dei”.
La cosa è piuttosto singolare in una diocesi come quella di Roma in
cui chiese importanti, come San Teodoro al Palatino o i Santi Vincenzo e
Anastasio a Fontana di Trevi, sono state affidate a comunità ortodosse,
e dove anche nelle parrocchie sono ospitati riti delle comunità non
cattoliche copte o rumene. Ma questo strabismo ecumenico non deve
sorprendere, se si pensa che in campo cattolico c’è chi – come il priore
di Bose Enzo Bianchi o il teologo Gianni Gennari – applica,
spregiativamente, la qualifica di “scismatici” solo ai lefebvriani (che
non sono più scomunicati ma non hanno ancora uno “status” canonico nella
Chiesa cattolica) mentre i cristiani di altre confessioni che
formalmente non sono meno “scismatiche” dei lefebvriani sono tutti
amichevolmente chiamati “fratelli”.
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