"Il mio pontificato sarà breve". La salute del Papa preoccupa
L'aumento peso aggrava sciatica. I medici bacchettano il Papa: "Cammini e mangi meno pasta". Ma lui snobba i consigli
"Ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve. Quattro o cinque anni.
Non so, o due o tre. Beh, due sono già passati. È come una sensazione un po' vaga. Le dico, forse no. È come la psicologia di chi gioca e allora crede che perderà per non restare poi deluso. E se vince è contento. Non so che cos’è. Ma ho la sensazione che Dio mi ha messo qui per una cosa breve, niente di più... Ma è una sensazione. Per questo lascio sempre aperta la possibilità".
Dopo le esternazioni di Bergoglio, molti si sono interrogati sul suo futuro. "Sta forse male - si chiedevano in San Pietro - e per questo accenna alla 'sensazione' di un pontificato che potrebbe presto finire?". Per giorni l'argomento ha tenuto banco nelle conversazioni oltre le mura leonine. In realtà, a parte stati temporanei di affaticamento dovuti ai ritmi frenetici e ai tanti impegni, la salute di papa Francesco sarebbe tutto sommato buona considerando anche l’età - 78 anni - e i trascorsi giovanili con le complicazioni al polmone. Insomma, la salute del Santo Padre non è minacciata damalattie. Quello che tuttavia preoccupa i medici di Francesco, secondo quanto apprende l’Ansa, sono piuttosto lo stile di vita e le abitudini alimentari. Abitudini che andrebbero modificate soprattutto in ragione della necessità di contrastare l’aumento di peso in cui è incorso Bergoglio da quando ha assunto il pontificato e che incide negativamente, peggiorandolo, su un fastidio di cui soffre molto, la sciatica.
Da settimane i medici insistono con l'"indisciplinato" Bergoglio perché cammini di più durante il giorno, si dedichi a quella passeggiata quotidiana che non fa mai (che alla sua età è invece altamente raccomandabile) e non trascorra intere giornate sedentarie come sta facendo ad esempio in questi giorni in cui è preso dalla revisione dell’enciclica sul Creato, passando poi di colpo a stress intensissimi come quelli dei viaggi. I medici vorrebbero poi un maggiore controllo del peso per non aggravare la situazione determinata dalla sciatica, anche con una dieta un pò più rigida che preveda di mangiare la pasta soltanto due volte la settimana. Ma anche qui sembra che Francesco non dia tanto retta alle indicazioni che gli vengono suggerite, prediligendo un piatto di pasta pressochè tutti i giorni.
- Mar, 31/03/2015
Papa Francesco santificherà il vescovo comunista Camara
Bergoglio continua a riabilitare la Teologia della Liberazione: dopo Romero, salirà all'onore degli Altari un altro esponente della scuola teologica sudamericana più vicina al marxismo
Bergoglio continua a riabilitare la Teologia della Liberazione: dopo Romero, salirà all'onore degli Altari un altro esponente della scuola teologica sudamericana più vicina al marxismo
Che la linea di papa Francesco rispetto alla Teologia della Liberazione sia molto più "morbida" rispetto a quella dei suoi predecessori, non è un mistero.
Ma da quando i mormorii sulla canonizzazione del vescovo comunista Helder Camara si sono trasformati in voci sempre più insistenti, l'emozione, nei corridoi di Curia, è stata grande.
Tra le figure più eminenti della Teologia della Liberazione, il vescovo brasiliano che resse per vent'anni la diocesi di Olinda e Recife espresse sempre la vicinanza della Chiesa agli ultimi, enfatizzando i temi più legati alla ricerca della giustizia sociale. A volte ai confini della dottrina della Chiesa, in quel pericoloso terreno che si situa tra ortodossia ed eresia. Ribattezzato "vescovo delle favelas", Camara fu tra i fautori della cosiddetta "opzione preferenziale per i poveri" che tende ad identificare nei più emarginati il luogo d'elezione per la ricerca della verità - che è uno dei tratti distintivi della scuola teologica detta appunto "della Liberazione".
Nelle sue peregrinazioni per i quartieri più derelitti delle metropoli sudamericane, Camara amava ripetere: "Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo, mentre quando domando perché i poveri non hanno cibo, mi chiamano comunista". Tra le masse dei diseredati, specie indigeni, riscosse sempre un'enorme simpatia, che in alcuni casi si tinse anche dei tratti della venerazione popolare.
Negli anni, Camara è stato più volte accusato di marxismo e non di rado considerato un vescovo "scomodo" anche dalle parti dei Sacri Palazzi. Papa Wojtyla, ad esempio, non lo amò mai e al momento delle sue dimissioni lo rimpiazzò anzi con il conservatore José Cardoso Sobrinho, che non esitò a concludere e rivedere molte delle iniziative promosse da Camara. Benedetto XVI, da Pontefice e ancora prima da Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, in più occasioni condannò la Teologia della Liberazione come "falsa e pericolosa".
Ora papa Francesco vuole elevarlo agli onori degli Altari. La diocesi di Recife, i vescovi brasiliani e ora la Congregazione per le Cause dei Santi hanno dato il via libera all'iter per la canonizzazione. Bergoglio intende iscrivere nel numero dei Santi il nome di uno dei maggiori esponenti di quella Chiesa attenta al "sociale", in barba a chi invece si ostina a considerarlo un pericoloso eretico, preoccupato più di realizzare il marxismo che non la Gerusalemme celeste.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-santificher-vescovo-comunista-camara-1111864.html
Papa Francesco disobbedisce ai medici, che consigliano movimento e dieta per la sciatica. Ma lui ama troppo la pasta
Come sta Papa Francesco? Sicuramente la sciatica gli crea qualche problema e i medici gli danno le consuete indicazioni: fare movimento e mangiare meno per perdere peso. Ma Jorge Mario Bergoglio ama la pasta, vuole mangiarla quasi tutti i giorni, e snobba i consigli dei medici.
Nelle scorse settimane le condizioni di salute del Papa erano state al centro del dibattito dopo le sue dichiarazioni sul pontificato breve. "Ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve. Quattro o cinque anni. Non so, o due o tre. Beh, due sono già passati. È come una sensazione un po' vaga. Le dico, forse no. È come la psicologia di chi gioca e allora crede che perderà per non restare poi deluso. E se vince è contento. Non so che cos'è. Ma ho la sensazione che Dio mi ha messo qui per una cosa breve, niente di più. Ma è una sensazione. Per questo lascio sempre aperta la possibilità" aveva detto in una lunga intervista alla televisione messicana Televisa, rilasciata nel secondo anniversario di pontificato.
In molti si sono chiesti: perché Francesco parla così? Sta forse male? In realtà, a parte stati temporanei di affaticamento dovuti ai ritmi frenetici e ai tanti impegni come ammesso dallo stesso Bergoglio, la salute del Papa sarebbe tutto sommato buona considerando anche l'età - 78 anni - e i trascorsi di salute giovanili con le complicazioni al polmone, e certamente non minacciata da malattie. Quello che tuttavia preoccupa i medici di Francesco, secondo quanto apprende l'ANSA, è piuttosto lo stile di vita del Papa e sono le sue abitudini alimentari, che andrebbero modificate soprattutto in ragione della necessità di contrastare l'aumento di peso in cui è incorso Bergoglio da quando ha assunto il Pontificato e che incide negativamente, peggiorandolo, su un fastidio di cui soffre molto, la sciatica.
I medici insistono con Bergoglio perché cammini di più durante il giorno, si dedichi a quella passeggiata quotidiana che non fa mai, che alla sua età è invece altamente raccomandabile (così faceva e fa tutt'ora il papa emerito Benedetto XVI), e non trascorra intere giornate sedentarie come sta facendo ad esempio in questi giorni in cui è preso dalla revisione dell'enciclica sul Creato, passando poi di colpo a stress intensissimi come quelli dei viaggi.I medici vorrebbero poi un maggiore controllo del peso per non aggravare la situazione determinata dalla sciatica, anche con una dieta un po' più rigida che preveda di mangiare la pasta soltanto due volte la settimana. Ma anche qui sembra che Francesco non dia tanto retta alle indicazioni che gli vengono suggerite, prediligendo un piatto di pasta pressoché tutti i giorni.
http://www.huffingtonpost.it/2015/03/31/papa-francesco-medici-consigliano-moto-e-dieta_n_6977152.html
GARCIA MORENO, IL «ROMERO» DIMENTICATO. IL PRESIDENTE DELL'ECUADOR ASSASSINATO DAI «LIBERALI»
di Federico Sesia
“morì vittima della Fede e della Carità cristiana per il suo amato paese” (Papa Pio IX)
Oggi nel nostro paese sembrerebbe essersi in gran parte perso quell’orientamento che ogni cattolico impegnato in politica, qualunque sia il suo partito o schieramento, deve tenere ben presente nel suo operare al governo piuttosto che all’opposizione, orientamento che in passato vide un capo di stato di un continente molto distante dal nostro mantenerlo anche a costo della vita: fu il caso di Gabriel Garcia Moreno, due volte presidente dell’Ecuador nel corso della seconda metà dell’800.
Garcia Moreno nacque la Vigilia di Natale del 1821, figlio di Gabriel Garcia y Gomez, mercante di origine spagnola, e María de las Mercedes Moreno y Morán de Buitrón, aristocratica creola di Guayaquil. Negli anni della sua giovinezza, convinto di avere la vocazione per il sacerdozio, trascorse un periodo in seminario per poi lasciarlo allo scopo di diventare avvocato. Una volta laureatosi in giurisprudenza e teologia, iniziò a lavorare come giornalista, impiego che gli consentì di mostrare pubblicamente la sua opposizione al governo liberale dell’epoca. In seguito ai suoi due viaggi in Europa (rispettivamente nel 1848 e nel 1854) potette rendersi conto degli sconvolgimenti rivoluzionari che infestavano il Vecchio Continente, esperienza che giocò un importante ruolo nello sviluppo delle sue posizioni politiche come riconobbe il giornalista francese Louis Veulliot:
Oggi nel nostro paese sembrerebbe essersi in gran parte perso quell’orientamento che ogni cattolico impegnato in politica, qualunque sia il suo partito o schieramento, deve tenere ben presente nel suo operare al governo piuttosto che all’opposizione, orientamento che in passato vide un capo di stato di un continente molto distante dal nostro mantenerlo anche a costo della vita: fu il caso di Gabriel Garcia Moreno, due volte presidente dell’Ecuador nel corso della seconda metà dell’800.
Garcia Moreno nacque la Vigilia di Natale del 1821, figlio di Gabriel Garcia y Gomez, mercante di origine spagnola, e María de las Mercedes Moreno y Morán de Buitrón, aristocratica creola di Guayaquil. Negli anni della sua giovinezza, convinto di avere la vocazione per il sacerdozio, trascorse un periodo in seminario per poi lasciarlo allo scopo di diventare avvocato. Una volta laureatosi in giurisprudenza e teologia, iniziò a lavorare come giornalista, impiego che gli consentì di mostrare pubblicamente la sua opposizione al governo liberale dell’epoca. In seguito ai suoi due viaggi in Europa (rispettivamente nel 1848 e nel 1854) potette rendersi conto degli sconvolgimenti rivoluzionari che infestavano il Vecchio Continente, esperienza che giocò un importante ruolo nello sviluppo delle sue posizioni politiche come riconobbe il giornalista francese Louis Veulliot:
“In una terra straniera, solitario e sconosciuto, García Moreno si preparava a governare. Apprese tutto ciò che gli era necessario per governare una nazione, originariamente cristiana ma ora rapidamente decadente verso una condizione quasi selvaggia. Parigi, che è ad un tempo città cristiana e pagana, è precisamente il luogo dove poté meglio imparare la lezione di cui aveva bisogno, giacché i due opposti elementi si affrontano colà in un perpetuo conflitto. Parigi è una scuola per preti e martiri, è anche una manifattura di anticristi e assassini. Il futuro presidente dell'Ecuador fissò il suo sguardo sul bene e sul male, e quando ripartì per la sua patria lontana, la sua scelta era matura”.
Tornato nel natìo Ecuador nel 1856, decise di intraprendere la carriera politica all’opposizione del governo anti-clericale del periodo, venendo alle elezioni del 1861 eletto presidente per un mandato di quattro anni (pur essendo lui monarchico e sostenitore dell’idea che un principe spagnolo avrebbe dovuto governare il paese).
Fu l’unico capo di stato a protestare formalmente per la presa di Roma del 20 settembre 1870 e l’annessione dello Stato Pontificio nel Regno d’Italia.
Uomo estremamente devoto, andava a Messa e si comunicava tutti i giorni (pratica all’epoca poco comune anche per i cattolici più assidui), oltre che far visita al SS. Sacramento quotidianamente.
Durante la sua presidenza l’Ecuador conobbe uno sviluppo notevolissimo in diversi campi, diventando il primo paese dell’America Latina in quanto a istruzione superiore e sviluppo scientifico, si ricordi a riguardo la fondazione di numerose scuole gratuite, l’obbligatorietà dell’istruzione fino ai 12 anni e l’inaugurazione del Politecnico di Quito, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio. Fu sua la decisione di inviare i gesuiti a civilizzare le tribù indigene, e suo il progetto di un imponente sviluppo di rete stradale che consentì al paese di vivere una stagione di intenso sviluppo reso possibile grazie alle infrastrutture da lui create. La sua politica economica permise inoltre di aumentare per un terzo il salario medio e di ridurre sensibilmente la pressione fiscale. Le stime parlano inoltre di un raddoppio delle rendite ecuadoriane avvenuto tra il 1869 e il 1872.
Nel 1873 ottenne l’approvazione parlamentare per consacrare l’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù:
Tornato nel natìo Ecuador nel 1856, decise di intraprendere la carriera politica all’opposizione del governo anti-clericale del periodo, venendo alle elezioni del 1861 eletto presidente per un mandato di quattro anni (pur essendo lui monarchico e sostenitore dell’idea che un principe spagnolo avrebbe dovuto governare il paese).
Fu l’unico capo di stato a protestare formalmente per la presa di Roma del 20 settembre 1870 e l’annessione dello Stato Pontificio nel Regno d’Italia.
Uomo estremamente devoto, andava a Messa e si comunicava tutti i giorni (pratica all’epoca poco comune anche per i cattolici più assidui), oltre che far visita al SS. Sacramento quotidianamente.
Durante la sua presidenza l’Ecuador conobbe uno sviluppo notevolissimo in diversi campi, diventando il primo paese dell’America Latina in quanto a istruzione superiore e sviluppo scientifico, si ricordi a riguardo la fondazione di numerose scuole gratuite, l’obbligatorietà dell’istruzione fino ai 12 anni e l’inaugurazione del Politecnico di Quito, dell’Accademia di Belle Arti e del Conservatorio. Fu sua la decisione di inviare i gesuiti a civilizzare le tribù indigene, e suo il progetto di un imponente sviluppo di rete stradale che consentì al paese di vivere una stagione di intenso sviluppo reso possibile grazie alle infrastrutture da lui create. La sua politica economica permise inoltre di aumentare per un terzo il salario medio e di ridurre sensibilmente la pressione fiscale. Le stime parlano inoltre di un raddoppio delle rendite ecuadoriane avvenuto tra il 1869 e il 1872.
Nel 1873 ottenne l’approvazione parlamentare per consacrare l’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù:
“Il Congresso, considerato che questo atto, il più efficace per conservare la fede, è nello stesso tempo il miglior mezzo per assicurare il progresso e la prosperità dello Stato, decreta che la Repubblica, consacrata al Cuore di Gesù, lo adotti per suo Patrono e Protettore. La festa del Sacro Cuore, festa civile di prima classe, ci celebrerà in tutte le cattedrali con la più grande solennità. Inoltre verrà eretto in ogni cattedrale un altare al Sacro Cuore, sul quale sarà collocata a spese dello Stato una lapide commemorativa che porterà inciso il presente decreto”.
Dopo la sua seconda elezione del 1875 Garcia Moreno era consapevole che la sua stessa vita si trovasse in pericolo: scrisse per questo a Papa Pio IX, chiedendogli di venire benedetto:
Dopo la sua seconda elezione del 1875 Garcia Moreno era consapevole che la sua stessa vita si trovasse in pericolo: scrisse per questo a Papa Pio IX, chiedendogli di venire benedetto:
“Vorrei ricevere la Vostra benedizione prima di quel giorno, perché io abbia la forza e la luce di cui ho tanto bisogno per essere fino alla fine un figlio fedele del nostro Redentore e un servo leale e obbediente del Suo Infallibile Vicario. Ora che le Logge Massoniche dei paesi vicini, istigate dalla Germania, stanno vomitando contro di me ogni sorta di atroce insulto e di orribile calunnia, ora che le Logge stanno segretamente cospirando per il mio assassinio, ho bisogno più che mai della divina protezione perché possa vivere e morire in difesa della nostra santa religione e dell'amata repubblica che sono chiamato ancora una volta a governare”.
Gabriel Garcia Moreno fu assassinato il 6 agosto del 1875 appena fuori dalla cattedrale di Quito, davanti agli aguzzini che lo colpivano con coltelli e proiettili gridando “muori, assassino della libertà” trovò la forza di pronunciare le sue ultime parole: “¡Dios no muere!” (Dio non muore), come a ricordare ai suoi carnefici quella promessa fatta a Pietro da Cristo stesso: “le porte degli inferi non prevarranno su di Essa”.
Il suo assassinio darà il via ad uno dei periodi più bui della storia ecuadoriana, caratterizzato da colpi di stato, dalla confisca dei beni della Chiesa, dall’omicidio di vescovi e da un clima di persecuzione religiosa.
Il giornalista Loius Veulliot, successivamente alla morte di Garcia Moreno, scrisse: “Egli ha dato un esempio unico nel mondo e nei tempi in cui è vissuto; egli è stato il vanto del suo Paese; la sua morte un bene fors’anche più grande, in quanto per essa ha dimostrato a tutto il genere umano quali capi Dio può dargli ed a quali miserabili esso si affida nella sua follia”.
Gabriel Garcia Moreno fu assassinato il 6 agosto del 1875 appena fuori dalla cattedrale di Quito, davanti agli aguzzini che lo colpivano con coltelli e proiettili gridando “muori, assassino della libertà” trovò la forza di pronunciare le sue ultime parole: “¡Dios no muere!” (Dio non muore), come a ricordare ai suoi carnefici quella promessa fatta a Pietro da Cristo stesso: “le porte degli inferi non prevarranno su di Essa”.
Il suo assassinio darà il via ad uno dei periodi più bui della storia ecuadoriana, caratterizzato da colpi di stato, dalla confisca dei beni della Chiesa, dall’omicidio di vescovi e da un clima di persecuzione religiosa.
Il giornalista Loius Veulliot, successivamente alla morte di Garcia Moreno, scrisse: “Egli ha dato un esempio unico nel mondo e nei tempi in cui è vissuto; egli è stato il vanto del suo Paese; la sua morte un bene fors’anche più grande, in quanto per essa ha dimostrato a tutto il genere umano quali capi Dio può dargli ed a quali miserabili esso si affida nella sua follia”.
Papa Pio IX fece erigere a Roma un monumento in suo onore nell’Istituto Pio Latino Americano.
E, per questo signore, niente onore degli altari, mentre per i cristiani marxistoidi si?!
RispondiEliminaTommaso Pellegrino - Torino
www.tommasopellegrino.blogspot.com