un saggio di melloni
La famiglia per Gesù non era sacra
Oggi anche il matrimonio civile copia il cattolico, che va ripensato in base al Vangelo
Una lettura in salita fin dal titolo, Amore senza fine, amore senza fini (Il
Mulino), ma utile come promette il sottotitolo, Appunti di storia su
chiese matrimoni e famiglie. Alberto Melloni è uno storico e guarda al
conflitto di civiltà sul matrimonio con la passione di chi non si
rifiuta a nessuna battaglia, ma anche con il distacco di chi è allenato a
«guardare le cose sul lungo periodo». Com’è nella sua vocazione di
studioso militante che non ha mai dissimulato, l’autore ordisce il
richiamo al
passato in funzione di due moniti che rivolge ai nostalgici del «regime
di cristianità» e all’ala marciante del «regime di modernità». Due
avvertenze legate dal corollario che è necessario «ripensare» in toto le
«relazioni d’amore», se abbiamo ancora interesse alla segnalazione
sociale della loro intenzione a durare. Il monito rivolto ai nostalgici
è di cessare dall’inseguire con intenzione di battaglia «ogni
discussione sui fini dell’amore o la fine dell’amore» (qui spuntano le
parole del titolo del libretto) e di dedicarsi con nuovo impegno a
proporre l’ideale della fedeltà con libero affidamento alla capacità di
accoglienza dei singoli che può anche essere piena — oggi come sempre —
se così la donano «la fedeltà di Dio» e le risorse dell’umano, ma che
non può essere in alcun modo comandata, o vincolata a norme che
l’umanità del terzo millennio respinge d’istinto
. Ai militanti della
modernità lo storico propone un monito speculare: non basta rovesciare
l’ordine dei fattori e delle fasi del «matrimonio tridentino» (cioè
della tradizione cattolica, che è ancora quello normato dal Concilio di
Trento) per uscire dal suo recinto e fondare su nuove basi il
riconoscimento pubblico del «legame più irresistibile e più fragile». Per prima oggi viene la «consumazione» del rapporto, cui segue la convivenza e infine il figlio, dopo l’arrivo del quale si va allo «sposalizio solenne» che imita in tutto quello tridentino, tranne nel fatto che arriva per ultimo, mentre allora veniva per primo e legittimava il resto. Melloni chiama alla necessità di «pensare la sponsalità fuori dal regime di cristianità»: le Chiese lo dovrebbero fare prendendo atto che quel regime non esiste più («siamo indietro di duecento anni» disse infine il cardinale Martini), i loro antagonisti avvertendo che il mero rovesciamento delle formule rischia di perpetuare le antiche subordinazioni: del matrimonium al patrimonium, della donna all’uomo. Il compito sarebbe urgente soprattutto per i cristiani, perché l’azzeramento dei vincoli che caratterizza il regime di modernità «presto o tardi consentirà a tutti di sposarsi o di esonerarsi dal matrimonio e di non avere o aver figli in un modo o nell’altro»; e sarà inutile fatica attardarsi a riproporre regole che erano più civilistiche (romane, feudali, napoleoniche) che evangeliche. Il momento anzi fornirebbe alle Chiese «una nuova e singolare opportunità di pensare la più umana delle situazioni e la più intrinsecamente disastrosa a partire dal Vangelo di Gesù». Quel Vangelo non sacralizzava la famiglia, relativizzava anzi il matrimonio, dando la precedenza all’unità della famiglia umana; condannava sia l’adulterio sia coloro che mettevano a morte l’adultera, non dettava una propria formula di sposalizio e accettava il matrimonio «così come usava».
Qui i rimandi dello storico sono alle parole di Gesù in difesa dell’adultera e alle altre che pongono come primo dovere dei discepoli quello d’amare in Dio l’intera umanità: «Chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle, padre, madre, moglie, figli e campi per amore del mio nome, ne riceverà il centuplo». Il capitolo «Quanto conta un Sinodo» — che tratta della doppia assemblea sinodale sulla famiglia convocata da Papa Bergoglio — è quello di maggiore presa sul presente e sfocia in questa chiusa chiarificatrice: «Se la Chiesa di Roma trova l’umile audacia di dipanare la matassa della relazione (sponsale, ndr), accettando con serenità la temporaneità delle proprie risposte e custodendo invece il fulcro delle domande cui risponde, se esce dalla prigione dorata del suo diritto, se dice con il linguaggio dell’Evangelo che il dono e il perdono sono tutto ciò che consente di vivere un amore senza fine o la fine dell’amore, allora anche il discorso pubblico sui diritti delle famiglie potrà giovarsene con esiti molto più radicali di quelli intravisti dal semplice antiproibizionismo dell’erotico lato sensu».
http://www.corriere.it/cultura/15_marzo_24/famiglia-gesu-non-era-sacra-31e7a288-d21c-11e4-a943-de038070435c.shtml
E alfin l’amore
Il relativismo di Gesù sulla famiglia, il matrimonio gay ma “tridentino”, la storia e il Sinodo. Il libro di Alberto Melloni di Maurizio Crippa
Alberto Melloni
Milano. “Pare insomma che l’unico
pensiero progressista e comunque l’unico pensiero progressista sul
matrimonio… riguardi la rapidità con cui far entrare nel matrimonio le
persone omosessuali e farne uscire i divorziandi”. E che viceversa
“l’unico apporto conservatore sia la difesa del traditsionnyy brak (il
matrimonio tradizionale in russo) che fornisce alimento alla violenza
omofoba palese e occulta”. Siccome Alberto Melloni è uno spirito
caustico, un polemista sottile che ama ribaltare i (pre)concetti degli
altri, ha molto apprezzato anche la battuta di un “vecchio parroco
italiano” degli inizi del XXI secolo: “Oggi si vogliono far prete solo
le donne, vogliono figli solo quelli che non possono averne, e vogliono
sposarsi solo le persone omosessuali”. Siccome Alberto Melloni è
innanzitutto uno storico, il paradosso del vecchio parroco lo distende
su un percorso di secoli e prova a rintracciare i motivi che lo hanno
generato. Pratica utile per dare prospettiva a ciò che è sotto gli occhi
di tutti, e da cui di solito facciamo derivare un senso di (laico)
spaesamento per l’inconsistenza dell’occidente, o un senso di cristiano
sgomento per la fine di ogni cristianità. Come dire: non si arriva a un
mondo in cui la totalità delle persone crede a una certa idea plurale e
indefinita del rapporto d’amore, e in cui la quasi totalità delle
persone non crede a quello che ne pensa la chiesa, per un caso. Forse
c’entra anche quello che la chiesa ha pensato (e pensa) del matrimonio,
della famiglia, dell’amore.
ARTICOLI CORRELATI Dolce&Gabbana, Elton John e l'arcobaleno monocolore del pensiero gay Il Papa: "La teoria del gender è uno sbaglio della mente umana" La famiglia. Senza virgolette Müller: "Poteri dottrinali alle conferenze episcopali? E' assolutamente anticattolico" “Amore senza fine amore senza fini”, l’ultimo libro di Melloni (Il Mulino, 144 pp., 12 euro) non è l’ennesimo pamphlet di marca cattolica tra i tanti che s’incaricano di alimentare (solitamente soffocano, di noia) il dibattito al vasto tema del Sinodo sulla famiglia, nonché la rissa politico-culturale e lessicale che divide l’occidente a proposito di matrimonio, famiglia, amore. E’ invece un breve ma denso saggio il cui sottotitolo, “Appunti di storia su chiese, matrimoni e famiglie”, gioca civettuolo a sminuire la tosta solidità dell’impianto e la abrasiva polemica ecclesiale che ci sta sotto. Come definirlo? Se dovessimo stare alle vulgate della vaticanistica, è molto kasperiano, bergogliano. E, ça va sans dire, roncalliano. Insomma, ci si aspetta di trovare tesi opposte a quelle esposte di recente dal cardinale Carlo Caffarra sul Foglio: “L’edificio del matrimonio non è stato distrutto; è stato de-costruito, smontato pezzo per pezzo. Esistono ancora tutte le categorie che costituiscono l’istituzione matrimoniale: coniugalità; paternità-maternità; figliazione-fraternità. Ma esse non hanno più un significato univoco”. E infatti le tesi opposte si trovano, una punzecchiatura qua e un giudizio tranchant là. Ma le cose più interessanti sono altre. Sono certi carotaggi effettuati tra storia e teologia che illuminano i problemi anche per chi osservi da una prospettiva non religiosa. Da dove viene l’insistenza che la chiesa cattolica (“latina”, preferisce dire lui) pone, e non da ieri, sulla “famiglia” (Melloni, con un’insistenza polemica non innocente per tutto il libro mette la parola magica tra virgolette)? Famiglia e matrimonio come li intende la chiesa non sono enunciato biblico, argomenta, e nemmeno evangelico. Anzi, Gesù “relativizza” proprio quei valori che millenni dopo diventeranno “non negoziabili”.
Gesù chiede “di odiare il padre e la madre”, “condanna allo stesso modo l’adulterio e la condanna dell’adulterio”. E’ nel corso dei secoli che la chiesa passa “da un dettato evangelico relativista in materia di famiglia, all’uso di figure giuridiche romane”. Ma se è così (Melloni crede sia così), “nel momento in cui tramonta l’impianto ‘costantiniano’ della famiglia”, la chiesa potrebbe finalmente “tornare allo scandaloso annuncio di Gesù”. Anche il mantra della famiglia “cellula della società” è, a ben studiare, moderno e di origine secolare. E’ la monarchia assoluta francese a scrivere che “i matrimoni sono il seminativo degli stati, la fonte e l’origine della società civile e il fondamento delle famiglie”. Se il matrimonio cristiano aveva assunto dal diritto romano figure e linguaggi, in “regime di modernità” quei princìpi “migrano pressoché intatti in modernità”. Tanto che pure nel Codice napoleonico del 1804 il matrimonio rimane orientato alla quiete sociale e alla cura della prole che può discenderne”.
Melloni sorvola (tacere è un giudizio polemico) sulla probabilità che,
in due millenni, il matrimonio cristiano abbia prodotto anche qualcosa
di buono. No, è stato nient’altro che maschilista sopraffazione e
violenza negatrice della condizione omosessuale, così come la scelta del
convento fu per le donne soprattutto rifugio omosessuale e fuga dalla
schiavitù della maternità. Ma non è delle percentuali di ragione di
questi giudizi, né dell’attendibilità in via esclusiva di una lettura
evangelica per cui Gesù non è interessato al matrimonio, che interessa
parlare. E’ invece interessante quanto lo storico segnala come una
trappola da cui non si esce, e che fa diventare violento, caricaturale a
tratti, il movimento (universale) che chiede da un lato la fine del
matrimonio tradizionale e dall’altro un matrimonio esattamente uguale,
“tridentino”, perfino: “Quando finisce il regime di cristianità e il
regime di modernità introduce il matrimonio ‘civile’, esso non cerca
neppure di dotarsi di una propria filosofia”. Fino a paradossi
laceranti: “La tesi secondo cui il fine del matrimonio era la
generazione della prole è entrata così in profondità nella coscienza
occidentale da trasformare il fine in un diritto. Un diritto che la
società deve assistere medicalmente, nel caso di patologie impedienti, o
giuridicamente, nel caso delle coppie omosessuali”. Ma se
l’insegnamento della chiesa sul matrimonio è solo un portato storico,
perché non assumere che questo tempo è occasione (“segno dei tempi”) per
ritornare “alla potenza evangelica di relativizzazione del matrimonio”.
La chiesa “ha saputo fornire tutto al discorso ‘moderno’ sulle nozze,
eccetto il perdono che è il cuore del Vangelo”. Se ora trovasse “l’umile
audacia di dipanare la matassa della relazione… accettando con serenità
la temporaneità delle proprie risposte”, di uscire “dalla prigione
dorata del suo diritto” per dire “con il linguaggio dell’Evangelo che il
dono e il perdono sono tutto ciò che consente di vivere un amore senza
fine o la fine dell’amore, allora anche il discorso pubblico sui diritti
delle famiglie potrà giovarsene”.
ARTICOLI CORRELATI Dolce&Gabbana, Elton John e l'arcobaleno monocolore del pensiero gay Il Papa: "La teoria del gender è uno sbaglio della mente umana" La famiglia. Senza virgolette Müller: "Poteri dottrinali alle conferenze episcopali? E' assolutamente anticattolico" “Amore senza fine amore senza fini”, l’ultimo libro di Melloni (Il Mulino, 144 pp., 12 euro) non è l’ennesimo pamphlet di marca cattolica tra i tanti che s’incaricano di alimentare (solitamente soffocano, di noia) il dibattito al vasto tema del Sinodo sulla famiglia, nonché la rissa politico-culturale e lessicale che divide l’occidente a proposito di matrimonio, famiglia, amore. E’ invece un breve ma denso saggio il cui sottotitolo, “Appunti di storia su chiese, matrimoni e famiglie”, gioca civettuolo a sminuire la tosta solidità dell’impianto e la abrasiva polemica ecclesiale che ci sta sotto. Come definirlo? Se dovessimo stare alle vulgate della vaticanistica, è molto kasperiano, bergogliano. E, ça va sans dire, roncalliano. Insomma, ci si aspetta di trovare tesi opposte a quelle esposte di recente dal cardinale Carlo Caffarra sul Foglio: “L’edificio del matrimonio non è stato distrutto; è stato de-costruito, smontato pezzo per pezzo. Esistono ancora tutte le categorie che costituiscono l’istituzione matrimoniale: coniugalità; paternità-maternità; figliazione-fraternità. Ma esse non hanno più un significato univoco”. E infatti le tesi opposte si trovano, una punzecchiatura qua e un giudizio tranchant là. Ma le cose più interessanti sono altre. Sono certi carotaggi effettuati tra storia e teologia che illuminano i problemi anche per chi osservi da una prospettiva non religiosa. Da dove viene l’insistenza che la chiesa cattolica (“latina”, preferisce dire lui) pone, e non da ieri, sulla “famiglia” (Melloni, con un’insistenza polemica non innocente per tutto il libro mette la parola magica tra virgolette)? Famiglia e matrimonio come li intende la chiesa non sono enunciato biblico, argomenta, e nemmeno evangelico. Anzi, Gesù “relativizza” proprio quei valori che millenni dopo diventeranno “non negoziabili”.
Gesù chiede “di odiare il padre e la madre”, “condanna allo stesso modo l’adulterio e la condanna dell’adulterio”. E’ nel corso dei secoli che la chiesa passa “da un dettato evangelico relativista in materia di famiglia, all’uso di figure giuridiche romane”. Ma se è così (Melloni crede sia così), “nel momento in cui tramonta l’impianto ‘costantiniano’ della famiglia”, la chiesa potrebbe finalmente “tornare allo scandaloso annuncio di Gesù”. Anche il mantra della famiglia “cellula della società” è, a ben studiare, moderno e di origine secolare. E’ la monarchia assoluta francese a scrivere che “i matrimoni sono il seminativo degli stati, la fonte e l’origine della società civile e il fondamento delle famiglie”. Se il matrimonio cristiano aveva assunto dal diritto romano figure e linguaggi, in “regime di modernità” quei princìpi “migrano pressoché intatti in modernità”. Tanto che pure nel Codice napoleonico del 1804 il matrimonio rimane orientato alla quiete sociale e alla cura della prole che può discenderne”.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.