La crisi di Comunione e Liberazione, il Meeting del 2015, l'addio di Lupi e lo scandalo Inzoli
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L’ingresso del Meeting di Rimini del 2011 (Credits: Sharon Mollerus/Flickr)
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Sui
social network vengono massacrati e insultati come appestati, come il
simbolo del potere corrotto in Italia. Eppure gli esponenti di Comunione
e Liberazione anche quest’anno organizzeranno in agosto il consueto
Meeting di Rimini. Il titolo è: "Di che è mancanza questa mancanza,
cuore, che a un tratto ne sei pieno?”, un verso del poeta Mario Luzi. Ma
se il 2014 fu già un'annata difficile, con sempre meno politici di
spessore presenti, quest’anno si rischia una vera e propria debacle.
L’addio di Maurizio Lupi dal governo, dopo le dimissioni dal ministero
delle Infrastrutture, ha sancito di fatto il crollo definitivo del
potere ciellino nell’esecutivo. A questo si aggiungono le tensioni
interne per gli scandali che hanno costellato gli ultimi quattro anni
del movimento di Don Giussani.
La decadenza di Cl la si vede anche nei
pesi e contrappesi dentro Nuovo Centrodestra: in lizza per un un
ministero c’è Dorina Bianchi, trasformista che ha cambiato più volte
casacca, considerata vicino all’Opus Dei.
il Meeting degli ultimi 15 anni, è stato un crocevia per gli affari della seconda repubblica
Del resto, se Roberto Formigoni in Lombardia aveva aperto la stagione
degli scandali, con inchieste di ogni tipo e una Regione dilaniata da
indagini sui rapporto con la ‘ndrangheta e su numerosi giri di tangenti,
da allora non c’è stato anno senza polemiche. Il punto è che il
Meeting, a riguardarlo all’indietro, rivedendo gli incontri economici e
politici degli ultimi 15 anni, è stato un luogo di incontri spirituali
ma soprattutto un crocevia per gli affari della seconda repubblica. Sono
tanti i partecipanti finiti nella rete della magistratura. Da ultimo il
ras delle Infrastrutture Ercole Incalza che nel 2008 lodò i governi di
Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, che «hanno segnato in questo paese
fatti che, oggi dobbiamo ammettere, sono carichi di lungimiranze, di
intelligenza gestionale». La magistratura potrebbe non essere d’accordo.
Dopo Formigoni è stata la volta di Lupi. Ma è tutto un certo mondo
ciellino a essere finito stritolato in questi anni. Basti pensare al
settimanale Tempi di Luigi Amicone. Franco Cavallo, un altro degli
arrestati nell’inchiesta sulle Grandi Opere è stato dal 2000 al 2008
amministratore delegato della Tempi duri Srl, la società editrice del
giornale. Dopo di lui è arrivato Antonio Simone, finito pure lui in
arresto negli scandali in regione Lombardia. Il Meeting stesso, del
resto, è diventato il crocevia di Coop bianche e coop rosse. Come non
ricordare la celebre frase di Bersani a Rimini nel 2003: «Se vuole
rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera
sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche
dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo
ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale
lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più
vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle
cooperative, un dare per educare».
L’ultima inchiesta sulle Grandi Opere è
solo l’ultimo metro di un filo rosso-bianco che ha attraversato tutta la
seconda repubblica
Per tanti fu quello uno dei passaggi più importanti della saldatura
degli accordi tra Emilia Romagna e Lombardia, con appalti che venivano
distribuiti da una regione o dall’altra, a imprese rosse e bianche. Gli
emiliano-romagnoli lavoravano nel lombardo-veneto. I lombardo-veneti
facevano il percorso inverso. Basta riprendersi le inchieste della
magistratura degli ultimi tre anni per vedere come i pm abbiano indagato
proprio su questa strana accoppiata. Da Expo 2015, con la ricomparsa di
due reduci di Tangentopoli come Gianstefano Frigerio e Pimo Greganti
fino al Mose di Venezia, con le stesse cooperative coinvolte o le stesse
aziende che sono spesso presenti al Meeting con stand e finanziamenti.
L’ultima sulle Grandi Opere è solo l’ultimo metro di un filo
rosso-bianco che ha attraversato tutta la seconda repubblica. Papa
Francesco, nel suo incontro il 7 maggio scorso con i vertici ciellini e
della Compagnia delle Opere lo ha detto senza mezzi termini: «Quando
siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una
“spiritualità di etichetta”: “Io sono CL”; e cadiamo nelle mille
trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci
allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri
impresari di una Ong».
Un discorso che è stato avvertito come una bomba dentro il movimento,
con un giornalista cattolico come Antonio Socci che su Libero scriveva
della possibilità che dopo questa dura reprimenda sarebbe potuto saltare
persino il successore di Giussani, Don Julian Carron. Veleni e critiche
che attraversano da parte a parte un mondo che in questi anni ha
governato l’Italia e che adesso si ritrova a interrogarsi su dove
andare. C’è da dire che ormai da mesi sia Lupi sia Formigoni sono stati
scaricati. Già nel 2013 Carron prese le distanze dal Celeste. Quest anno
ad agosto potrebbe essere la volta dell'ex ministro per le
Infrastrutture. Imbarazzi, problemi su problemi, Cl sta pagando ancora,
secondo molti ciellini, un eccesso di «sbornia per un potere troppo
consolidato». L'ultima mazzata è stato lo scandalo di Don Mauro Inzoli,
altro importante prete ciellino, travolto dalle indagini del Vaticano
sulla pedofilia. La giustizia civile è rimasta ferma, ma la vicenda crea
ancora notevoli dibattiti all'interno. «Non tradite Don Giussani», ha
detto Bergoglio a inizio maggio. Forse Comunione e Liberazione deve
partire proprio da qui.
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