«Un giorno il mondo si svegliò e si scoprì ariano». Lo scrive Sant’Agostino: la fede nel Dio unico in tre persone e nella divinità di Gesù Cristo si trovò improvvisamente perduta. Solo l’ardimento combattivo di Sant’Atanasio, che si rifaceva ai Vangeli e al cuore del popolo cristiano, riportò la barca della Chiesa al porto della vera fede. Millesettecento anni dopo continuano a ripetersi fenomeni analoghi di “perdita della verità” e di intruppamento ideologico.
Quand’ero giovane si rischiava di essere considerati “fuori della fede” e sicuramente fuori dal buon senso comune se non si professava qualche venatura di marxismo, considerato “teoria scientifica” e panacea di salvezza per il genere umano. Decenni prima in Italia è stato logico per preti e laici piegare il capo al fascismo – se non nei principi teorici almeno nella pratica quotidiana - e chi non ci stava si tagliava fuori dalla società. Negli stessi anni, quasi tutta la Germania si piegava all’ideologia nazista, giustificando crimini mostruosi contro i deboli di corpo e di mente e contro gli ebrei. E via, con le vele innalzate al vento dell’ultima ideologia, seguendo la scia dell’unica flotta vincente. Tranne poi, cambiato il vento e abbassate le vele, sconfessare l’antica appartenenza al “tutti fascisti, tutti marxisti, tutti comunisti”.
Remare controcorrente è impresa faticosa e scomoda. Oggi bisogna salire tutti sulla barca del gender. Infatti, chi distingue tra maschio e femmina, chi contrappone il matrimonio di uomo e donna a ogni altra forma di convivenza; chi afferma che la libertà sessuale è distruttiva e rivendica alla famiglia la libertà dell’educazione all’amore senza ridurla a informazione sui metodi contraccettivi; chi condanna l’aborto o l’eutanasia come attentati alla vita; chi manifesta dubbi sulla fecondazione eterologa o anche omologa; sul versante parallelo, chi si adopera per l’accoglienza dei migranti e non programma lo sfascio dei barconi…: tutti costoro e altri sulla stessa linea, vengono di fatto emarginati dalla società, sono fatti tacere, sottoposti alla gogna mediatica, licenziati dal lavoro.
Si aggiorneranno le liste di proscrizione per la collocazione a riposo dei nuovi “malati mentali”. O magari basteranno i sorrisini di squalifica di vicini e colleghi: «Il poverino è rimasto indietro; quel prete non è moderno…». Quanti anni dovranno passare perché tramontino anche queste nuove mode culturali, forse sostituite da qualcosa di peggio che non è ancora possibile prevedere? Chesterton diceva che arriveranno tempi in cui «chi dirà che l’erba è verde avrà la mano mozzata». Se questi tempi sono ormai alle porte, è dunque giunta l’ora di dare testimonianza.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-mani-mozzate-a-chi-dira-chelerba-e-verde-12609.htm
Repetita iuvant. E ora, nel numero del NEJM del 22 aprile scorso, a chiamare alla lotta contro gli ultimi quattro stati americani che non riconoscono il same-sex marriage è lo staff che dirige la rivista, mentre la Corte suprema entro giugno dovrà decidere se quel non riconoscimento è legittimo. Il senso dell’editoriale firmato da Edward W. Campion, Stephen Morrissey e Jeffrey M. Drazen è che il matrimonio è una fantastica e meritoria istituzione, e che va cancellata l’idea che esso debba necessariamente riguardare persone di sesso diverso, anche per emendare secoli di ostracismo da parte della categoria dei medici verso gli omosessuali. E’ la salute che lo vuole, la pubblica igiene e il diritto al benessere: “Noi crediamo che la Corte debba risolvere questo conflitto – si legge nell’editoriale del NEJM – nel senso del pieno riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso in tutti gli Stati Uniti”. Una questione di giustizia, dicono gli autori, ma soprattutto “una misura che promuove la salute”. E si lanciano nelle sperticate lodi di un’istituzione che, “come sappiamo, incentiva la salute, riduce il rischio di alcune malattie, promuove famiglie sane. Tutti i professionisti della salute sanno che quasi sempre, nei casi di malattia cronica e grave, la cura riguarda in parte la famiglia. E quando le cose si fanno davvero difficili, e quando vanno prese decisioni di vita o di morte, i medici sanno che parlare con il partner di un paziente non è giuridicamente la stessa cosa che farlo con il coniuge”. E poi ci sono i bambini, “e la salute di quei bambini esige che i loro genitori abbiano la protezione e i pieni diritti del matrimonio”.
Più sani e più belli con il matrimonio, a patto che sia omosessuale
Il primo matrimonio gay celebrato in Scozia lo scorso dicembre (foto LaPresse)
Roma. Niente è meglio del matrimonio, e nulla è più propizio alla salute e all’equilibrio di un individuo dell’istituto che garantisce (o almeno promette) stabilità e durata a una relazione. Il Pontificio consiglio per la famiglia? No, il New England Journal of Medicine, cioè una delle più importanti pubblicazioni mediche del mondo, a proposito del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Già nell’aprile dello scorso anno, un articolo della rivista americana (intitolato: “Matrimonio omosessuale, la ricetta per una salute migliore”) riportava i risultati di una ricerca dell’Institute of Medicine on the health of Lgbt.
ARTICOLI CORRELATI C’era una volta il matrimonio La Manif pour tous si fa partito in Francia. Tutti i fallimenti della legge sui matrimoni gay Resistere o assecondare le nozze gay? Le divisioni dei conservatori americaniVi si diceva, con piglio piuttosto lapalissiano, che la possibilità di accedere alle assicurazioni sanitarie riservate ai coniugi era una grande opportunità per la salute degli omosessuali, e si citavano dati confortanti di minor ricorso a visite psicologiche e psichiatriche, da parte dei medesimi, in quegli stati dove il matrimonio gay era già legge e quindi meno oneroso era il disagio legato a una sensazione di irregolarità.
Repetita iuvant. E ora, nel numero del NEJM del 22 aprile scorso, a chiamare alla lotta contro gli ultimi quattro stati americani che non riconoscono il same-sex marriage è lo staff che dirige la rivista, mentre la Corte suprema entro giugno dovrà decidere se quel non riconoscimento è legittimo. Il senso dell’editoriale firmato da Edward W. Campion, Stephen Morrissey e Jeffrey M. Drazen è che il matrimonio è una fantastica e meritoria istituzione, e che va cancellata l’idea che esso debba necessariamente riguardare persone di sesso diverso, anche per emendare secoli di ostracismo da parte della categoria dei medici verso gli omosessuali. E’ la salute che lo vuole, la pubblica igiene e il diritto al benessere: “Noi crediamo che la Corte debba risolvere questo conflitto – si legge nell’editoriale del NEJM – nel senso del pieno riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso in tutti gli Stati Uniti”. Una questione di giustizia, dicono gli autori, ma soprattutto “una misura che promuove la salute”. E si lanciano nelle sperticate lodi di un’istituzione che, “come sappiamo, incentiva la salute, riduce il rischio di alcune malattie, promuove famiglie sane. Tutti i professionisti della salute sanno che quasi sempre, nei casi di malattia cronica e grave, la cura riguarda in parte la famiglia. E quando le cose si fanno davvero difficili, e quando vanno prese decisioni di vita o di morte, i medici sanno che parlare con il partner di un paziente non è giuridicamente la stessa cosa che farlo con il coniuge”. E poi ci sono i bambini, “e la salute di quei bambini esige che i loro genitori abbiano la protezione e i pieni diritti del matrimonio”.
Della salute psicofisica di quei bambini, si potrebbe obiettare agli editorialisti del NEJM, non ci si ricorda affatto quando si decide che non avranno mai diritto a sapere chi è il loro padre o la loro madre (anche questa è la “genitorialità” gay). Ma per una volta dobbiamo ammettere che l’elogio del matrimonio in nome della salute pubblica (purché same-sex) è un genere letterario di cui non ci si aspettava di trovare un così convinto e scientifico esempio. Anche perché il NEJM non si è sentito altrettanto sollecitato dai dati disastrosi sui figli di single in America, soprattutto nella popolazione afroamericana, né ha mai prodotto in precedenza un’analoga apologia del vincolo matrimoniale. Da inserire, a questo punto, tra le prestazioni sanitarie obbligatorie.
di Nicoletta Tiliacos | 10 Maggio 2015
«Chi si oppone al matrimonio gay è socialmente pericoloso!»
Invitiamo a leggere questo editoriale della rivista inglese Spiked tenendo a mente l’aggressione
di qualche giorno fa ad un ragazzo romano colpevole di indossare una
maglietta con disegnata sopra una famiglia, logo dell’associazione
“Manif Pour Tous” (la stessa t-shirt che causò l’arresto di un padre di famiglia in Francia)
di Brendan O’Neill*
*editorialista di Spiked (marxista, libertario e non credente)
*da Spiked-online.com, 08/04/15
Per osservare come il dibattito sul matrimonio gay sia diventato una camicia di forza basta guardare all’Irlanda. Lì, il 22 maggio, ci sarà un referendum, con gli elettori chiamati a dire sì o no alla modifica della Costituzione in modo che il matrimonio sarà ridefinito come unione tra “due persone, senza distinzione di sesso”. Suona bene, vero? Un’opportunità reale per un elettorato di avere un dibattito e dire la sua sul futuro del matrimonio? No, non andiamo così veloci. .
La vigilia del referendum è stata quanto di più lontano da un dibattito aperto. I contrari al matrimonio gay sono quotidianamente demonizzati sui media, trattati quasi come eretici, come criminali. Sono accusati di provocare danni psicologici, bollati come “incitatori all’odio” e spesso costretti a fare pubbliche scuse semplicemente per aver espresso la convinzione che il matrimonio deve essere tra un uomo e una donna. Come ha detto uno scrittore dell’ Irish Independent: «Non è un dibattito, se da un lato non si può parlare». Il dibattito pubblico prima del referendum irlandese non è stato un dibattito, ha scritto, ma soltanto un “Due minuti d’odio” nei confronti di chi non pensa che il matrimonio gay sia la più grande idea mai partorita.
Praticamente l’intero establishment irlandese, a parte i vescovi e sacerdoti sempre più ininfluenti, sostiene il matrimonio gay (smentendo la rappresentazione della minoranza assediata che sta coraggiosamente lottando per i suoi diritti civili). Dal primo ministro, Enda Kenny, a praticamente tutti i media – in particolare l’Irish Times , la voce del minuscolo élite culturale di Dublino che imposta l’agenda morale e politica dell’Irlanda – ogni persona con potere sostiene il matrimonio gay. E non passa settimana che non si demonizzi l’altro lato, quello meno potente, il lato che, nell’opporsi matrimonio gay sta apparentemente danneggiando i cittadini, provocando la violenza e, ancor peggio, mettendo a repentaglio il futuro politico dell’Irlanda.
Come per tutti gli eretici della storia, gli oppositori irlandese del matrimonio gay sono accusati di danneggiare direttamente i cittadini. Così il mese scorso, la Psychological Society of Ireland (PSI) ha emesso un terribile avvertimento: la propaganda contro i matrimoni gay potrebbe avere un «impatto negativamente sulle persone» e le affermazioni a sostegno del matrimonio tradizionale potrebbero avere «implicazioni di vasta portata». Si rimprovera agli oppositori del matrimonio gay di promuovere idee che sono «in contrasto con le posizioni delle istituzioni professionali»– cioè, di aver osato sfidare i nuovi sacerdoti, rischiando una devastazione mentale e morale.
Come è stato sintetizzato, la PSI pensa che «il dibattito stesso abbia la possibilità di avere effetti negativi, sia psicologici ed emotivi, su adulti e bambini. Quindi la discussione è pericolosa; postulando una visione che contrasta con le prospettive dell’élite potrebbe causare danni emotivi». L’ Irish Times è andato oltre con la pubblicazione di un pezzo in cui si chiede l’istituzione di un “sorveglianza sull’omofobia” alla vigilia del referendum, in modo che le autorità possano «monitorare l’inevitabile retorica distruttiva che colorerà una parte del dibattito». E a quelli che gridano: “Che dire della libertà di parola?”, l’Irish Times ha una risposta semplice: «La libertà di parola non è un pass gratuito per infliggere trauma psicologico». Ovvero, le tue parole, i tuoi stessi pensieri, sono traumatici, socialmente destabilizzanti, e quindi non devono godere della libertà e non dovrebbero essere espressi.
Gli esperti stanno osservando che la rappresentazione degli oppositori al matrimonio gay come emotivamente dannosi sta avendo un impatto diretto sul dibattito, o meglio sul non dibattito. Si sta strangolando la discussione, soffocando la libertà d’espressione. Nelle parole di Eilis O’Hanlon sull’Irish Independent, i sostenitori del matrimonio gay sembrano meno interessati a «trovare la verità» che a «identificare se stessi come membri di una élite illuminata», in modo che tutto il percorso del referendum è «ridotto a una maggioranza di gentili liberali contro i cattivi conservatori cattolici». Uno scrittore per la Sunday Independent ha ammesso di sentirsi restio a esprimere le sue preoccupazioni sul comportamento della lobby pro-matrimonio gay. I suoi amici lo hanno avvertito di “stare attento”, perché «è a rischio di attacco». Come dice O’Hanlon gli «outsider sono demonizzati e perseguitati. Chi ha espresso il minimo riservo sul matrimonio omosessuale è stato etichettato come omofobo e bersagliato con hashtags e slogan su Twitter fino a quando non sia presentato alla folla o si sia pentito».
In tutto il mondo, l’istituzionalizzazione del matrimonio gay ha visto la partecipazione dell’autoritarismo che John Stuart Mill chiamava «la tirannia dell’opinione prevalente». Dal gas antisommossa della polizia francese sui manifestanti contro il matrimonio gay alla caccia alle streghe degli attivisti americani ai capi aziendali o ai ristoranti di provincia che si rifiutano di allietare il matrimonio gay. Perché il movimento matrimonio gay è così intollerante? Pur avendo l’appoggio di quasi ogni figura potente in Occidente, da Barack Obama a David Cameron, da Apple a Goldman Sachs, e nonostante sia stato trasformato dai media nella grande e indiscutibile causa, quasi sacra, della nostra epoca, ancora gli attivisti del matrimonio gay cercano di umiliare tutti coloro che oppone loro esistenza. Con le parole del giornalista americano Damon Linker , il movimento matrimonio gay sembra deciso all’«abbattimento delle visioni rivali».
Perché allora questo illiberalismo, questa intolleranza e bruttezza? Perché il matrimonio gay non è realmente in grado di espandere la libertà, piuttosto esso rappresenta l’emergere di una nuova moralità post-tradizionalista, un tentativo delle élite occidentali di ridefinire se stesse e le loro missioni morali. Il matrimonio gay è diventato il mezzo privilegiato attraverso cui i nostri governanti vogliono auto-istituzionalizzarsi come nuovi pseudo-progressisti, creando una nuova morale non più basata sui vecchi ideali della famiglia, dell’impegno e della privacy, ma attorno ai nuovi valori del relativismo (tutte le relazioni sono uguali), del non giudizio (chi siamo noi per dire che una mamma e papà sono meglio di due mamme?), e del liberalismo illiberale. La prospettiva politica centrale, con la scusa di costruire un nuovo consenso liberale, è quella di censurare e punire tutti coloro che si discostano da questo consenso. La ragione per cui l’élite delle classi politiche sono così istintivamente ostili alla critica del matrimonio gay è perché hanno investito in esso moltissimo della loro riabilitazione morale.
La ragione per cui la classe politiche e mediatica irlandese vuole, o meglio, ha bisogno della modifica della Costituzione è perché pensano che la legalizzazione del matrimonio gay aiuterà a ringiovanire l’Irlanda del XXI secolo. Il Ministero dell’infanzia ha affermato che se l’Irlanda non legalizzerà il matrimonio gay allora «invierà un messaggio cattivo a livello internazionale», mentre il primo ministro Kenny ha detto che con la legalizzazione del matrimonio gay si «lancerà un forte segnale a livello internazionale che l’Irlanda si è evoluta in una nazione giusta, compassionevole e tollerante». Tutto questo parlare di “invio dei segnali” al mondo mostra come il matrimonio gay è assolutamente diventato centrale per il progetto delle èlite occidentali di costruire una nuova visione del mondo morale. Il fatto che così tanti sostenitori dei diritti dei gay acconsentono a questa politicizzazione e allo sfruttamento dei loro stili di vita da parte delle élite è notevole. Che coloro che detengono una visione divergente sul matrimonio gay vengano messi a tacere è invece uno scandalo.
http://www.uccronline.it/2015/05/08/chi-si-oppone-al-matrimonio-gay-e-socialmente-pericoloso/
di Brendan O’Neill*
*editorialista di Spiked (marxista, libertario e non credente)
*da Spiked-online.com, 08/04/15
Per osservare come il dibattito sul matrimonio gay sia diventato una camicia di forza basta guardare all’Irlanda. Lì, il 22 maggio, ci sarà un referendum, con gli elettori chiamati a dire sì o no alla modifica della Costituzione in modo che il matrimonio sarà ridefinito come unione tra “due persone, senza distinzione di sesso”. Suona bene, vero? Un’opportunità reale per un elettorato di avere un dibattito e dire la sua sul futuro del matrimonio? No, non andiamo così veloci. .
La vigilia del referendum è stata quanto di più lontano da un dibattito aperto. I contrari al matrimonio gay sono quotidianamente demonizzati sui media, trattati quasi come eretici, come criminali. Sono accusati di provocare danni psicologici, bollati come “incitatori all’odio” e spesso costretti a fare pubbliche scuse semplicemente per aver espresso la convinzione che il matrimonio deve essere tra un uomo e una donna. Come ha detto uno scrittore dell’ Irish Independent: «Non è un dibattito, se da un lato non si può parlare». Il dibattito pubblico prima del referendum irlandese non è stato un dibattito, ha scritto, ma soltanto un “Due minuti d’odio” nei confronti di chi non pensa che il matrimonio gay sia la più grande idea mai partorita.
Praticamente l’intero establishment irlandese, a parte i vescovi e sacerdoti sempre più ininfluenti, sostiene il matrimonio gay (smentendo la rappresentazione della minoranza assediata che sta coraggiosamente lottando per i suoi diritti civili). Dal primo ministro, Enda Kenny, a praticamente tutti i media – in particolare l’Irish Times , la voce del minuscolo élite culturale di Dublino che imposta l’agenda morale e politica dell’Irlanda – ogni persona con potere sostiene il matrimonio gay. E non passa settimana che non si demonizzi l’altro lato, quello meno potente, il lato che, nell’opporsi matrimonio gay sta apparentemente danneggiando i cittadini, provocando la violenza e, ancor peggio, mettendo a repentaglio il futuro politico dell’Irlanda.
Come per tutti gli eretici della storia, gli oppositori irlandese del matrimonio gay sono accusati di danneggiare direttamente i cittadini. Così il mese scorso, la Psychological Society of Ireland (PSI) ha emesso un terribile avvertimento: la propaganda contro i matrimoni gay potrebbe avere un «impatto negativamente sulle persone» e le affermazioni a sostegno del matrimonio tradizionale potrebbero avere «implicazioni di vasta portata». Si rimprovera agli oppositori del matrimonio gay di promuovere idee che sono «in contrasto con le posizioni delle istituzioni professionali»– cioè, di aver osato sfidare i nuovi sacerdoti, rischiando una devastazione mentale e morale.
Come è stato sintetizzato, la PSI pensa che «il dibattito stesso abbia la possibilità di avere effetti negativi, sia psicologici ed emotivi, su adulti e bambini. Quindi la discussione è pericolosa; postulando una visione che contrasta con le prospettive dell’élite potrebbe causare danni emotivi». L’ Irish Times è andato oltre con la pubblicazione di un pezzo in cui si chiede l’istituzione di un “sorveglianza sull’omofobia” alla vigilia del referendum, in modo che le autorità possano «monitorare l’inevitabile retorica distruttiva che colorerà una parte del dibattito». E a quelli che gridano: “Che dire della libertà di parola?”, l’Irish Times ha una risposta semplice: «La libertà di parola non è un pass gratuito per infliggere trauma psicologico». Ovvero, le tue parole, i tuoi stessi pensieri, sono traumatici, socialmente destabilizzanti, e quindi non devono godere della libertà e non dovrebbero essere espressi.
Gli esperti stanno osservando che la rappresentazione degli oppositori al matrimonio gay come emotivamente dannosi sta avendo un impatto diretto sul dibattito, o meglio sul non dibattito. Si sta strangolando la discussione, soffocando la libertà d’espressione. Nelle parole di Eilis O’Hanlon sull’Irish Independent, i sostenitori del matrimonio gay sembrano meno interessati a «trovare la verità» che a «identificare se stessi come membri di una élite illuminata», in modo che tutto il percorso del referendum è «ridotto a una maggioranza di gentili liberali contro i cattivi conservatori cattolici». Uno scrittore per la Sunday Independent ha ammesso di sentirsi restio a esprimere le sue preoccupazioni sul comportamento della lobby pro-matrimonio gay. I suoi amici lo hanno avvertito di “stare attento”, perché «è a rischio di attacco». Come dice O’Hanlon gli «outsider sono demonizzati e perseguitati. Chi ha espresso il minimo riservo sul matrimonio omosessuale è stato etichettato come omofobo e bersagliato con hashtags e slogan su Twitter fino a quando non sia presentato alla folla o si sia pentito».
In tutto il mondo, l’istituzionalizzazione del matrimonio gay ha visto la partecipazione dell’autoritarismo che John Stuart Mill chiamava «la tirannia dell’opinione prevalente». Dal gas antisommossa della polizia francese sui manifestanti contro il matrimonio gay alla caccia alle streghe degli attivisti americani ai capi aziendali o ai ristoranti di provincia che si rifiutano di allietare il matrimonio gay. Perché il movimento matrimonio gay è così intollerante? Pur avendo l’appoggio di quasi ogni figura potente in Occidente, da Barack Obama a David Cameron, da Apple a Goldman Sachs, e nonostante sia stato trasformato dai media nella grande e indiscutibile causa, quasi sacra, della nostra epoca, ancora gli attivisti del matrimonio gay cercano di umiliare tutti coloro che oppone loro esistenza. Con le parole del giornalista americano Damon Linker , il movimento matrimonio gay sembra deciso all’«abbattimento delle visioni rivali».
Perché allora questo illiberalismo, questa intolleranza e bruttezza? Perché il matrimonio gay non è realmente in grado di espandere la libertà, piuttosto esso rappresenta l’emergere di una nuova moralità post-tradizionalista, un tentativo delle élite occidentali di ridefinire se stesse e le loro missioni morali. Il matrimonio gay è diventato il mezzo privilegiato attraverso cui i nostri governanti vogliono auto-istituzionalizzarsi come nuovi pseudo-progressisti, creando una nuova morale non più basata sui vecchi ideali della famiglia, dell’impegno e della privacy, ma attorno ai nuovi valori del relativismo (tutte le relazioni sono uguali), del non giudizio (chi siamo noi per dire che una mamma e papà sono meglio di due mamme?), e del liberalismo illiberale. La prospettiva politica centrale, con la scusa di costruire un nuovo consenso liberale, è quella di censurare e punire tutti coloro che si discostano da questo consenso. La ragione per cui l’élite delle classi politiche sono così istintivamente ostili alla critica del matrimonio gay è perché hanno investito in esso moltissimo della loro riabilitazione morale.
La ragione per cui la classe politiche e mediatica irlandese vuole, o meglio, ha bisogno della modifica della Costituzione è perché pensano che la legalizzazione del matrimonio gay aiuterà a ringiovanire l’Irlanda del XXI secolo. Il Ministero dell’infanzia ha affermato che se l’Irlanda non legalizzerà il matrimonio gay allora «invierà un messaggio cattivo a livello internazionale», mentre il primo ministro Kenny ha detto che con la legalizzazione del matrimonio gay si «lancerà un forte segnale a livello internazionale che l’Irlanda si è evoluta in una nazione giusta, compassionevole e tollerante». Tutto questo parlare di “invio dei segnali” al mondo mostra come il matrimonio gay è assolutamente diventato centrale per il progetto delle èlite occidentali di costruire una nuova visione del mondo morale. Il fatto che così tanti sostenitori dei diritti dei gay acconsentono a questa politicizzazione e allo sfruttamento dei loro stili di vita da parte delle élite è notevole. Che coloro che detengono una visione divergente sul matrimonio gay vengano messi a tacere è invece uno scandalo.
http://www.uccronline.it/2015/05/08/chi-si-oppone-al-matrimonio-gay-e-socialmente-pericoloso/
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