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sabato 18 luglio 2015

Chiese kebab(bei)

Torna in campo l'ex canonico Sarkozy. Vescovi divisi

Ristorante o moschea? Il dilemma francese sul futuro delle chiese vuote



Nicolas Sarkozy è tra i primi firmatari della petizione contro la proposta di Dalil Boubakeur
Roma. “Meglio che le chiese siano trasformate in moschee piuttosto che in ristoranti”, ha detto mons. Michel Dubost, vescovo di Évry Corbeil-Essonnes e capo del dipartimento per gli affari interreligiosi della conferenza episcopale francese, intervenendo nel dibattito circa il destino delle migliaia di chiese cattoliche in disuso.
Dibattito avviato qualche tempo fa dal rettore della Grande moschea parigina, Dalil Boubakeur, che dopo aver provocatoriamente chiesto di raddoppiare il numero delle moschee presenti sul suolo francese, aveva proposto di convertire gli edifici di culto cattolici inutilizzati in centri per la preghiera islamica. Forse convinto che pochi si sarebbero opposti all’originale idea, nella Francia sempre più scristianizzata che discetta di presepi da rimuovere e campane da silenziare, Boubakeur si è trovato invece davanti un muro: la petizione “giù le mani dalla mia chiesa” ha raggiunto in pochi giorni le quarantamila firme, con il progetto che da idea puramente culturale ha in breve travalicato i confini della sfera politica. L’ex presidente gollista, Nicolas Sarkozy, ha fatto sapere anche al più distratto connazionale che lui quella petizione l’aveva sottoscritta, dopo aver ribadito la sua strenua opposizione ai menù halal nelle scuole della République.


C’è la rampante Marine Le Pen da tenere a distanza in vista delle presidenziali del 2017, ma c’è soprattutto la volontà di giocare la partita sul terreno dei valori più o meno cari all’occidente – dopotutto, Sarkozy è lo stesso uomo che otto anni fa, a San Giovanni in Laterano, affermava che “laicità non può essere negazione del passato. Non ha il potere di tagliare la Francia dalle sue radici cristiane”. I sondaggi, per quel che valgono, gli danno ragione: l’80 per cento dei potenziali elettori di centrodestra è contrario all’idea di adattare le chiese a moschee, cifra solo di poco inferiore a quella registrata tra gli affezionati seguaci del Front national (83 per cento). Ma pure la netta maggioranza degli elettori socialisti (58 per cento) dissente dalla proposta di Boubakeur.
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La petizione è stata già firmata, tra gli altri, da Eric Zemmour, Alain Finkielkraut e dalla compagna di Stéphane Charbonnier, il direttore del periodico Charlie Hebdo trucidato nell’attentato dello scorso gennaio. Il rettore della grande moschea di Parigi ha tentato di far marcia indietro, prima dicendo di non aver mai espresso quell’auspicio – che però compare messo nero su bianco nel suo ultimo libro, da poco uscito in libreria – quindi ammettendo che si tratta di una “questione delicata”. A ogni modo, ha sottolineato Boubakeur, si tratta pur sempre lo stesso Dio, comune a cristiani e musulmani, i riti sono simili e tutti possono vivere assieme in modo fraterno, ha chiosato. Poco pronosticabile era invece la spaccatura interna all’episcopato francese. Da una parte c’è chi come mons. Dubost non vede nulla di drammatico nella proposta avanzata dal leader islamico – “per difendere le chiese c’è solo un modo: partecipare alla messa ogni domenica”, ha detto – dall’altra c’è la posizione che vede come capofila il vescovo di Pontoise, mons. Stanislas Lalanne, che è anche membro del consiglio permanente della conferenza episcopale e da sempre impegnato nel dialogo interreligioso: “Non dobbiamo giocare con i simboli. Quei luoghi sono la memoria di generazioni e generazioni che vi si sono recate a pregare”, ha osservato il presule, dicendosi “assolutamente contrario alla proposta di Boubakeur”, considerata come una provocazione.
di Matteo Matzuzzi | 18 Luglio 2015

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/07/18/ristorante-o-moschea-il-dilemma-francese-sul-futuro-delle-chiese-vuote___1-v-130984-rubriche_c229.htm

Dialogare sì, annientarsi no

Vescovo francese s’oppone alla trasformazione delle chiese in moschee

di Redazione | 18 Giugno 2015

Era passata inosservata e sotto silenzio la proposta del rettore della Grande moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, di usare le chiese vuote (già sconsacrate o più mestamente senza fedeli che ci mettano piede) per adibirle al culto islamico. L’idea, dopotutto, mirava a far risparmiare soldi all’amministrazione pubblica: anziché radere al suolo l’inutile e inutilizzata chiesa, perché non farne una bella moschea? D’altronde, il precedente c’è già: da oltre trent’anni, la cappella del Buon Pastore a Clermont-Ferrand è stata data in gestione gratuitamente alla locale comunità musulmana: “E’ lo stesso Dio”, ha spiegato il rettore. Proprio Boubakeur, qualche settimana fa, aveva anche chiesto al governo Valls di studiare il modo per raddoppiare il numero delle moschee francesi, visto che “duemila sono troppo poche”.

ARTICOLI CORRELATI Gli intellò francesi a libro paga dell’islam. A spese della libertà di parola “No a chiese trasformate in moschee”. La tardiva resistenza del clero francese Perché dico che Bergoglio, intellettuale moderno, sta salvando il cristianesimo Ristorante o moschea? Il dilemma francese sul futuro delle chiese vuote Ma nel pluridecennale torpore dell’episcopato francese, che arriva anche a giustificare l’imbrattamento del Sacro Cuore al punto da dire che le bestemmie scritte con vernice rossa sulla facciata non rappresentano un attacco contro la religione, qualcuno s’è svegliato: “Sono assolutamente contrario all’ipotesi che le chiese siano vendute ai musulmani e convertite in moschee. Capisco il bisogno di contare su luoghi di culto per pregare, ma la proposta di Boubakeur è una risposta sbagliata”, ha detto infatti il vescovo di Pontoise, mons. Stanislas Lalanne, che è anche membro del consiglio permanente della locale conferenza episcopale. “Le chiese sono luoghi sacri che, anche se non accolgono ogni giorno i credenti, non possono essere utilizzati per un altro scopo che non sia l’espressione della fede cristiana”, ha aggiunto il presule, osservando che “le chiese sono utilizzate dalle comunità cristiane per celebrare i matrimoni, i battesimi e i funerali. Non dobbiamo giocare con i simboli. Quei luoghi sono la memoria di generazioni e generazioni che vi si sono recate a pregare”. Il dialogo interreligioso, se genuino, è cosa buona e giusta – e il vescovo di Pontoise è uno dei più attivi su tale fronte, basta recuperare decine di suoi interventi in materia – a patto però di non nascondere i segni più visibili della propria storia e tradizione bimillenaria.
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/06/18/islam-cristianesimo-dialogare-si-annientarsi-no___1-v-129951-rubriche_c841.htm

Ramadan cattolico

Parroco chiede ai fedeli di digiunare: “E’ per il dialogo interreligioso”
di Redazione | 18 Luglio 2015
foto LaPresse
A Rebbio (Como), il parroco don Giusto Della Valle ha pensato che il modo migliore per favorire il dialogo interreligioso sia quello di invitare i propri parrocchiani a osservare una giornata di digiuno per festeggiare la fine del Ramadan.

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La parodia della laïcité

Subito sepolto in Francia il dibattito sulla riscoperta delle radici cristiane. Tra carne di porco e statue della Vergine, c’è chi vuole l’arabo come prima lingua a scuola
di Matteo Matzuzzi | 03 Aprile 2015

Opera dell’artista britannico Nick Walker, il murales “Le Coran can” fu realizzato nel 2010 in Quai de Valmy, a Parigi
Per spostare una statua della Vergine Maria che disturbava i devoti alla dea ragione, nella pacifica Alta Savoia, non ci hanno pensato poi troppo. Con un decreto esecutivo, il tribunale amministrativo di Grenoble l’ha fatta rimuovere perché rea di violare la separazione tra chiesa e stato. La colpa della madonnina era quella di essere stata installata in un parco comunale, tra gli alberi e i sentieri battuti per favorire la passeggiata quotidiana di anziani con badante e mamme con passeggini. Niente da fare, quel prato è suolo pubblico e quindi la statua va tolta, messa in qualche magazzino o cantina, in modo da non turbare le coscienze della collettività. Pure il sindaco, uomo di sinistra, ha allargato le braccia sconsolato: “Non pensavo si arrivasse a questo punto”. Il parroco invece ha inforcato gli occhiali e contesta la decisione in punta di diritto: “Suolo pubblico? Ma se quel terreno è stato comprato con gli spiccioli della parrocchia!”. Rimostranze vane, la legge (in particolare quella del 1905 sulla separazione tra chiesa e stato – “Se tutti sapevano qual era lo stato, la chiesa dalla quale doveva separarsi era quella cattolica”, osservava tempo fa il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi) è la legge e la santissima laïcité repubblicana va onorata.


A ben guardare numeri e statistiche, però, si scopre che la legge proprio uguale per tutti non lo è. Il quotidiano Figaro è andato a spulciare i documenti depositati negli archivi municipali della République, scoprendo che su 190 luoghi di culto musulmani inaugurati dal 2011, ben 114 sono stati realizzati grazie alla vendita di terreni comunali. Senza troppa burocrazia, carte bollate o resistenze della Federazione del libero pensiero, che pare avere da quelle parti qualche centinaio di entusiasti accoliti. Cosa ben diversa capita invece quando a chiedere il permesso di costruire una cappella, un oratorio o uno di quei saloni parrocchiali di cui ha parlato ieri mattina Francesco in San Pietro durante la messa crismale – evento già di per sé raro in un paese dove le chiese, di norma, vengono rase al suolo perché il riscaldamento costa troppo e non c’è più gente con cui riempirle, se non schiere di anziane che si ricordano ancora di Pio undecimo e Pio duodecimo – è qualche gruppo religioso cristiano e in particolare cattolico.


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Anche perché non si vedono sul campo plotoni di combattenti pronti alla battaglia, se è vero che pure il senatore Jacques Legendre, esponente della destra gollista, cioè dell’Ump capace di umiliare i socialisti alle recenti elezioni dipartimentali, ha lanciato l’idea di togliere il francese dalle scuole dove gli studenti stranieri – o comunque i figli di immigrati – sono la maggioranza. Perché, in queste circostanze, non far studiare l’arabo, ha chiesto allora Monsieur Legendre, durante un’audizione che aveva a oggetto lo studio delle misure da attuare per prevenire i comportamenti che mettono in pericolo i valori della République. Già che ci siamo, hanno ironizzato online in tanti, somministriamo a piccole dosi pure la sharia. L’esponente dell’Ump invece non ha la minima intenzione di scherzare: così facendo, ha spiegato, si favorisce l’inclusione e magari non si fanno sentire troppo estranee le moltitudini che affollano sempre più le periferie delle metropoli, dove ormai ai piccoli negozi d’alimentari che mettevano in vetrina Camembert e jambon si sostituiscono locali con esposti burqa di tutte le misure e di (quasi) tutti i colori. E’ sufficiente fare una passeggiata a Saint Denis, dove fino a qualche secolo fa venivano tumulati i re di Francia, cattolicissimi e taumaturghi, unti e incoronati a Reims.



Lo scorso gennaio, il deputato socialista Malek Boutih, lontano dalle ireniche proposte del collega gollista, aveva esposto in un’interivsta al settimanale Point i suoi personali cahiers de doléances: “Quando in alcuni comuni si propongono orari particolari in cui la piscina è riservata alle donne, è già un problema. Non è accettabile. Così come è un problema quando i genitori non permettono alla loro figlia di indossare i pantaloncini per andare a lezione di ginnastica”. E’ chiaro, diceva dopo la strage di vignettisti nella redazione di Charlie Hebdo, “che per i musulmani di Francia nulla sarà più come prima”, e di certo la soluzione non può essere quella di introdurre l’arabo nelle scuole come prima lingua, in barba alla Marianna e alla Marsigliese.
Il senatore Legendre, con tutta evidenza, deve essere uno di quelli ostili alla linea del partito impressa dal suo vecchio-nuovo leader, Nicolas Sarkozy. L’ex presidente sconfitto da François Hollande nel 2012, per portarsi a casa più dipartimenti possibili e far capire alla patria che lui è davvero tornato in pista, ha passato le settimane a discettare di carne di maiale da far sparire dalle mense scolastiche del paese, in nome della salvaguardia dell’identità nazionale tanto messa a rischio. Princìpi cari a Marine Le Pen, e che di certo sono lontani anni luce dalle idee naïf del senatore che vuole introdurre l’arabo come lingua primaria nelle scuole (e non solo in quelle confessionali).


Sembrano passate ere geologiche da quando la Francia pareva essere diventata la terra dove sperimentare la “laicità aperta” cara a Benedetto XVI, che proprio a Parigi, nel discorso al Collegio dei Bernardini, esortò alla riflessione sulla libertà dal fondamentalismo e sulla domanda dell’Ignoto dissetata da fede e ragione. Solo pochi mesi prima, nella basilica di San Giovanni in Laterano, ricevendo il titolo di protocanonico, Nicolas Sarkozy auspicava “l’avvento di una laicità positiva, cioè una laicità che non considera che le religioni sono un pericolo, ma piuttosto un punto a favore”. Una laicità che, aggiungeva l’allora inquilino dell’Eliseo, “non può essere negazione del passato. Non ha il potere di tagliare la Francia dalle sue radici cristiane”, perché “tagliare le radici significa perdere il significato, significa indebolire il fondamento dell’identità nazionale e disseccare ancor più i rapporti sociali che hanno tanto bisogno di simboli della memoria”. Oggi, invece, discetta di menù alternativi e neutri. Come scrive Slate nella sua versione d’oltralpe, Sarkozy è lo stesso uomo che ha “esaltato le radici spirituali della Francia” e che a Riad, davanti a tutte le massime autorità dell’islam sunnita, citò per tredici volte il nome di Dio. Tanto per sottolineare quant’acqua sia passata sotto i ponti della Senna.


Nel frattempo, un rappresentante socialista dell’Alto Reno fa staccare il crocifisso che da due secoli dominava imponente sull’aula consiliare. Peggio è andata al rabbino di Tolosa, che al seggio elettorale, lo scorso 22 marzo, s’è visto chiedere – non è dato sapere quanto gentilmente – di togliersi la kippah, in nome del “principio di laicità”. Il presidente della conferenza episcopale locale, mons. Georges Pontier, qualche settimana fa firmava un documento in cui deplorava il disegno di legge presentato da una senatrice radicale finalizzato a laicizzare gli asili, indottrinando le maestre affinché non menzionino Gesù, Maria, Buddha, Maometto o Vishnu davanti ai bambini. Ecco “un nuovo attacco che cerca non solo di relegare le religioni alla sfera privata ma a nasconderle facendole sparire progressivamente da ogni luogo della vita sociale”, finendo così per “promuovere una società svuotata di qualsiasi riferimento religioso”, diceva il presule.


Qualcuno, nel post Charlie Hebdo, aveva tentato di rispolverare il vecchio tema delle radici giudaico-cristiane, dell’ancoraggio al cattolicesimo della nazione che ha generato Charles Péguy e Georges Bernanos. Lo stesso deputato Boutih s’era detto convinto che “un importante dibattito politico si sarebbe necessariamente aperto su tutti questi temi”, anche perché se la classe politica cosiddetta repubblicana, cioè l’arco che va dai socialisti ai gollisti, non sarà in grado di fornire le risposte adeguate, “a farlo sarà il Fronte nazionale”. L’auspicio è rimasto tale. “Il dibattito è stato rapidamente sepolto dai fautori del secolarismo dogmatico, che cercano di arginare il ‘religioso’ dello spazio pubblico”, ha scritto ancora Slate. Il dibattito sul “laicismo militante” non va più di moda, soppiantato da quello sulla “neutralità religiosa”, che tanto appare come “una nuova categoria insuperabile”. E’ un dogma: neutralità religiosa nelle mense scolastiche, neutralità religiosa all’università, neutralità religiosa nelle scuole. “Neutralizzare tutto per preservare i valori della République”.
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/04/03/religione-laicit-francia-islam___1-v-127355-rubriche_c258.htm 

1 commento:

  1. Proposta 1 : due calcioni ben piazzati a quei sacerdoti cattolici che pasticciano sincretisticamente con altre religioni fasulle e cacciarli con ignomigna . Proposta 2 : meglio abbattere le Chiese Cattoliche che darle ai nostri nemici . Proposta 3 : fare la consacrazione della Francia e di tutta Europa al Sacratissimo Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. jane

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