ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 luglio 2015

Per amore alla Chiesa

NON ARCHEOLOGISTI, MA FIGLI DELLA CHIESA.



  È per amore alla Chiesa che restiamo nella Tradizione.
  È per amore alla Chiesa che ci ostiniamo, contro tutto e tutti, a celebrare solo la messa in rito tradizionale. È per amore alla Chiesa che resistiamo alla Chiesa stessa quando questa ci chiede di celebrare e di assistere anche al nuovo rito della messa.

  E non è assolutamente per archeologismo, non è per un amore al passato in quanto passato.

  Invece l'ultima riforma liturgica, che ha stravolto da cinquant'anni la vita della Chiesa, nasce da un non amore alla Chiesa e alla sua storia, nasce da un vizio di archeologismo.

  Infatti con l'ultima riforma liturgica, con la messa nuova per intenderci, si è di fatto voluto cancellare con un colpo di spugna tutta la storia bimillenaria della Chiesa cattolica, volendo tornare ad una mitica epoca d'oro, ad un mitico tempo d'oro d'inizio della Chiesa, inventando una liturgia super semplificata che falsamente si vuol far risalire agli Apostoli e quindi a Nostro Signore. Se si chiede alla gente semplice, questa vi dice proprio così, cioè che la liturgia moderna, nella sua scarna semplicità, corrisponde di più alla semplicità del Vangelo. In fondo molti, anche tra i preti, la pensano così. E pensano che gli amanti della Tradizione siano dei soggetti deboli, che hanno bisogno ancora di inutili orpelli per vivere la fede.

  In fondo, anche la svolta del biritualismo post Summorum Pontificum è figlio di questa errata posizione: concedere le cose vecchie a quei fedeli che ne hanno ancora bisogno, ma sostenendo in modo inequivocabile la nuova liturgia, che è nata per sbarazzarsi della tradizione liturgica della Chiesa stessa.

  Invece il problema è serissimo e chiede un giudizio serio, rigoroso. La riforma liturgica seguita al Vaticano II è malata, perché nasce da un giudizio negativo su tutto ciò che la Chiesa ha prodotto, dall'epoca Costantiniana in poi, in campo liturgico. Nasce da una disistima per tutto ciò che la Chiesa, nel corso dei secoli, ha aggiunto nella sua liturgia, per aiutare la fede e la preghiera. Non è qui il momento di fare un trattato di liturgia, ma con semplicità possiamo fare un esempio tra tutti, quello del caso dell'offertorio. La nuova messa ha completamente tolto l'antico offertorio, con la scusa che questo fu aggiunto solo nel medioevo, e lo ha sostituito con una preghiera ebraica di benedizione dei doni della terra. Il ragionamento fatto per sostenere questa operazione è tipico: essendo un'aggiunta medievale, la preghiera dell'offertorio della messa tradizionale non appartiene alla vera messa, è un'inutile anticipazione ripetitiva della consacrazione, va eliminata.

  Invece le cose stanno diversamente: le parole pronunciate nell'offertorio dal sacerdote erano state aggiunte nel medioevo per esplicitare con più chiarezza l'intenzione della Chiesa nel celebrare il Santo Sacrifico del Signore, onde evitare che il celebrante e i fedeli si allontanassero dalla vera natura della messa. In sostanza, l'offertorio tradizionale è sì un'aggiunta medievale, ma un'aggiunta che approfondisce, rendendola più chiara, la messa di sempre; un'aggiunta che aiuta ad essere fedeli all'unica messa di sempre, quella di Cristo e degli Apostoli.

  Eh sì, il problema è tutto qui: la nuova liturgia moderna nasce da un rifiuto di tutte le “aggiunte” che la Chiesa ha fatto, nel corso della sua storia, ai riti.

  È chiaro che questo rifiuto del “lavoro” della Chiesa è pericolosissimo, perché fa nascere nella mente e nel cuore un giudizio sulla Chiesa in se stessa, che quando è all'opera tradirebbe Cristo stesso. È questa l'anima di tutte le eresie: Cristo sì, Chiesa no. Separare Cristo dalla Chiesa è l'opera di ogni eretico, e ha come esito perdere Cristo stesso.

  Per noi invece è importante tutto ciò che la Chiesa ha operato per trasmettere la fede, per far pregare con più chiarezza e purezza i suoi figli, per trasmettere con più limpidità la grazia che salva.

  La Chiesa ha sempre aggiunto per rendere più pura la preghiera, per renderla mai ambigua, per precisarne sempre più la retta intenzione. E quando ha tolto, ha tolto le aggiunte non pure, le incrostazioni culturali che erano figlie degli uomini e non della Rivelazione. Ha tolto ciò che poteva prestare il fianco all'eresia, ma non ha mai tolto ciò che chiariva maggiormente la preghiera cristiana.

  Per questo noi tradizionali ci sentiamo più figli della Chiesa.

  Lo sono infinitamente di meno tutti quelli che stanno continuamente ammodernando la sua liturgia con disprezzo per la sua storia. Chi non ama la storia della Chiesa, chi non le riconosce il suo valore, non ama la Chiesa stessa.

  Siamo più figli della Chiesa noi, anche quando dobbiamo resistere a tutte quelle nuove leggi che vorrebbero imporci; leggi nuove scritte da coloro che, saltando duemila anni, vogliono risalire a un Gesù che, non portatoci dalla Chiesa e dalla sua storia, è frutto di ideologia e non di verità. Senza la Chiesa non hai il vero Gesù, hai l'idea che di Gesù si fa l'ideologia dominante. Ma hai la Chiesa, quando hai tutta la sua storia, e non solo un riferimento all'istituzione ecclesiastica del presente disancorata dal suo passato.

  Saltano duemila anni e vogliono legare la Chiesa di oggi a un mitico inizio della Chiesa stessa; e per farlo devono dire che oggi lo Spirito ha soffiato e ha liberato i Cattolici dal loro ingombrante passato.

  È per amore alla Chiesa, mistico Corpo del Signore, che non possiamo, che non dobbiamo obbedire a questi signori dell'innovazione arcaicizzante. Non dobbiamo obbedire loro, ma alla Chiesa, che con continuità ha lavorato, ha fatto la sua fatica di duemila anni, perché ogni anima incontri la Salvezza di Cristo.


NON ARCHEOLOGISTI, MA FIGLI DELLA CHIESA.
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 7 - Luglio 2015

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