Introibo ad altare Dei
È con queste parole sulle labbra che, il 21 febbraio
1794, il canonico Noël Pinot, rivestito dei paramenti sacerdotali, saliva i
gradini della ghigliottina di Angers, iniziando così, in un certo senso, la sua
ultima Messa, quella in cui si sarebbe fisicamente fatto vittima con l’Ostia
pura, santa e immacolata. Nel 1926 papa Pio XI lo avrebbe elevato alla gloria
degli altari come beato; iniziava in tal modo il riconoscimento del martirio di
una schiera di sacerdoti secolari che, dando a Cristo la testimonianza suprema,
avevano composto una pagina particolarmente gloriosa nella storia del
sacerdozio cattolico. Non è certo il sangue dei martiri a redimerci – ricorda
sant’Agostino –, ma esso si mescola a quello del Redentore e ne prolunga nel
tempo la Passione a vantaggio della Chiesa, per la sua estensione e il suo
trionfo mediante la conversione dei peccatori.
È un genere di “rischi”, questo, che corrono i preti
refrattari, non certo il clero costituzionale
e collaborazionista. I primi sanno bene che cos’è la santa Messa; i secondi
l’hanno ridotta a scialba lezione di corso biblico con appendice rievocativa
sostanzialmente superflua, se non fosse per quella processione all’altare a cui
tutti si accodano senza nemmeno pensarci su. Il santo Sacrificio è una nozione
sconosciuta, mentre la Comunione è ormai percepita come mero gesto di
appartenenza dal quale nessuno dovrebbe sentirsi escluso. Visto che il
costrutto posticcio non funziona affatto né interessa più nessuno, ci si sforza
disperatamente di farlo tenere con continui interventi verbali e di renderlo
appetibile con canzonette da balera e allegri battimano da scuola materna. Il
vero dramma, tuttavia, è che mezzo secolo di questa irriverente parodia – che
lo si voglia ammettere o meno – ha spento la fede in buona parte dei cattolici,
mentre infligge un continuato martirio del cuore a quelli che non si rassegnano
a perderla.
Ciò che più colpisce nel rito antico è che al
momento della Consacrazione, sebbene non si odano le parole del sacerdote (o
forse proprio per questo), ci si rende perfettamente conto che l’evento è avvenuto: la salvezza del mondo, la
redenzione dell’umanità è un fatto
che si realizza in quel preciso istante, un avvenimento sovratemporale che, pur
essendosi compiuto una volta per sempre, si rende presente dovunque sulla terra
si celebri la Messa; l’oblazione redentrice del Calvario può così raggiungerci
in qualsiasi punto del tempo e dello spazio per assumerci in sé e consegnarci
al Padre nell’unica Vittima a Lui accetta: il Figlio Suo incarnato e fattosi
obbediente fino alla morte di croce al fine di riparare la primitiva disobbedienza
e rendergli la gloria che Gli è dovuta. Certo, per aver consapevolezza di
questo bisogna almeno esservi istruiti: i nostri padri, per quanto semplici, lo
erano e partecipavano attivamente –
cioè soprattutto con atti interiori ed esteriori di penitenza, di offerta e di
fede accessibili a tutti, compresi i socialmente poveri – alla ripresentazione
del Sacrificio redentore.
Oggi, invece, i poveri vengono defraudati della
ricchezza più preziosa (la grazia che Cristo ha ottenuto per loro) e illusi con
chiacchiere fumose che non cambiano nulla della loro condizione se non in
peggio, facendone dei ribelli e dei disperati. I gesuiti – quelli di un tempo –
furono annientati in omaggio alla massoneria non per aver fatto rivoluzioni,
ma, fra l’altro, per aver creato nelle reducciones
un modello di società cristiana in cui gli Indios venivano iniziati, di pari
passo con la fede, alle arti, ai mestieri e alla convivenza civile: si potrebbe
desiderare di meglio in questa vita? Certo, era solo un’anticipazione dei tempi
escatologici, ma intanto ci ha mostrato un modo realistico di predisporci ad
essi sfuggendo al tritacarne del sistema economico attuale. Non sarà inutile rammentare
che il centro propulsore di quel piccolo mondo nuovo era la santa Messa, nella
quale chiunque – dalle Americhe all’Africa, all’Asia e all’Oceania – poteva
sentirsi a casa propria, in quanto non impedito dalla barriera di una lingua
straniera, e cantare le lodi di Dio in comunione di spirito con i cattolici di
tutto il globo.
Oggi, invece, in questo rito che tutti possono
“capire” verbalmente nei testi senza più comprenderne il significato, l’atto
più sacro ed efficace che si possa compiere sulla terra, il più straordinario
ed eccelso miracolo dell’intera storia umana è percepito come racconto di una
storiella commovente, sempre che non sia tirato via in fretta e furia perché il
“comizio” è durato più del consentito. Siamo in pieno spirito luterano:
l’evento salvifico è ridotto a rievocazione nostalgica, a una santa Cena come appendice del sermone
moralistico che, a partire da qualunque testo biblico, si incaglia ormai
regolarmente sull’ecologia e sulla lotta ambientalistica… Peccato che proprio
nella Bibbia si trovi scritto che, a causa del peccato originale, l’umanità è
irrimediabilmente estromessa dal paradiso terrestre, come pure, d’altronde, che
l’universo intero è nella mano del Creatore, che lo dirige con la Sua
provvidenza nonostante gli innumerevoli peccati degli uomini.
La vera rivoluzione è quella operata da chi osa
ricordare agli altri che la causa prima di ogni male è il peccato, la cui sola
soluzione è il sacrificio del Figlio di Dio, efficace per chiunque si converta
sinceramente a Lui e reso presente in ogni santa Messa in cui il sacerdote
intenda realmente fare ciò che fa la
Chiesa. Certo, anche un rito stravolto è di per sé valido per l’autorità di
chi l’ha legittimamente promulgato; ma se al suo confezionamento – non si sa peraltro
con quale diritto – contribuirono dei pastori protestanti, i quali ne furono
così soddisfatti da dichiararlo accetto alla loro sensibilità, si possono
nutrire legittimi dubbi circa i suoi effetti sulla fede e sulla santità del
Popolo di Dio. La celebrazione dell’Eucaristia non è per la fede cattolica
un’evasione nell’utopia o una rassicurante parentesi di autoesaltazione, bensì
il più potente atto possibile di propiziazione per i peccatori e di
santificazione per i giusti.
La vera rivoluzione è quella realizzata da chi sale
i gradini dell’altare ripetendo: «Introibo
ad altare Dei»: mi accosto con riverenza e timore al luogo del
santo Sacrificio che strappa le anime al diavolo e le restituisce all’eterno
Amore, per il quale sono state create; mi presento, per quanto indegno, per
essere assunto nell’unica oblazione in unione alla Vittima immacolata; mi
accingo a far scaturire la sorgente di tutte le grazie per chiunque voglia
attingervi a beneficio proprio e altrui. Mi offro al Salvatore come strumento e
canale di quella salvezza che fa nascostamente crescere il mondo nuovo del
Regno di Dio: «Così prepari la terra…» (Sal 65 [64], 10). Non il mondo
immaginario di chi sogna un’impossibile trasformazione globale della società in
senso egualitaristico, ma quello reale che si sviluppa grazie ad ogni persona
che abbandona il peccato e imbocca la via della virtù. La santità in questa
vita e il Paradiso nell’altra: non si potrebbe desiderare di meglio.
la Messa strapazzata
La S. Messa e la caduta della Fede
di d. P. P.
Se vi è una caratteristica che
possa definire per eccellenza la vita del nostro fondatore è senz’altro
il desiderio di instaurare il regno di Cristo nelle anime e nella
società. San Pio X che fece dell’«Instaurare omnia in Christo» tutto il
programma del suo pontificato.
La realizzazione di questo regno
comporta una lotta contro coloro che lo rigettano e questo spiega
l’opposizione acerrima di san Pio X contro il modernismo penetrato nella
Chiesa.
Certamente Gesù è Re perché è
Dio, e quindi a lui tutte le creature devono rendere omaggio, ma è Re
anche in quanto uomo poiché ci ha riscattati dal potere di Satana,
versando il suo sangue sulla Croce. Per questo a lui apparteniamo e a
lui dobbiamo sottomettere prima di tutto la nostra mente con un’adesione
completa alle verità che ci ha rivelato e che ci indicano il cammino
per giungere alla salvezza. A lui dobbiamo sottomettere anche la volontà
conformando sempre più la nostra vita alla sua legge.
Il regno di Cristo poi non si
estende unicamente sulle anime e sulle famiglie ma anche sulla società
che è in definitiva una creatura di Dio poiché è Lui che ha dato
all’uomo una natura sociale. Anch’essa quindi deve rendergli un culto
pubblico nella religione che Egli ha rivelato e fondare i suoi
ordinamenti sulla legge naturale e quella divina.
L’instaurazione di questo regno
sociale non può lasciarci indifferenti poiché, come ricordava Papa Pio
XII: «Dalla forma data alla società, consona o no alle leggi divine,
dipende e s’insinua anche il bene o il male nelle anime»1.
Con il sacramento della Cresima siamo divenuti soldati di Cristo
proprio per cooperare all’instaurazione di questo regno in noi e nella
società. Per contribuirvi efficacemente non dobbiamo dimenticare che
siamo chiamati ad una battaglia essenzialmente soprannaturale. San Paolo
ce lo ricorda: «Non lottiamo contro una natura umana mortale, ma contro
i prìncipi, contro le potenze, contro dominatori di questo mondo
oscuro, contro gli spiriti maligni delle regioni celesti. Per questo
motivo indossate l'armatura di Dio per resistere nel giorno malvagio»2.
Ora Satana è stato vinto sulla Croce ove Gesù ha inchiodato l’atto
della nostra condanna e ci ha meritato tutte le grazie necessarie per
vincere una lotta che sarebbe di per sé di gran lunga al di sopra delle
nostre forze.
Queste grazie ci sono comunicate
tramite la S. Messa che riattualizzando il sacrificio della Croce
perpetua il trionfo di Gesù Cristo su Satana. Sant’Alfonso, parlando
della Santa Messa, ricorda che essa «è l’opera che più abbatte le forze
dell’inferno, che apporta maggior suffragio alle anime del purgatorio,
che maggiormente placa l’ira divina contro i peccatori, che apporta
maggior bene agli uomini in questa terra»3.
La trasformazione sociale constatata in Africa grazie alla Messa, vero fermento di civilizzazione cristiana fra gli indigeni4.
Per questo dalla sua sconfitta
sulla croce, Satana cerca di distruggere la Chiesa scaturita dal costato
aperto di Gesù, per impedire che i frutti del suo sacrificio siano
comunicati alle anime. In modo particolare vuole colpirla al cuore
cercando non soltanto di alterarne la dottrina ma anche di prosciugarne
la sorgente della grazia: «Il demonio – scrive sant’Alfonso - ha
procurato sempre di togliere dal mondo la Messa per mezzo degli eretici,
costituendoli precursori dell’anticristo; il quale prima di ogni altra
cosa procurerà di abolire ed infatti gli riuscirà d’abolire, in pena di
peccati degli uomini il santo Sacrificio dell’altare, secondo quel che
predisse il profeta Daniele (Dan. 8,12)»5.
Uno dei più grandi attacchi alla
Messa fu certamente quello portato dall’eresia protestante che, a causa
di un’errata dottrina sulla giustificazione fondata unicamente sulla
fede, disconosceva la necessità di rinnovare il sacrificio della croce
in espiazione dei peccati. La Messa diveniva così una semplice memoria
dell’ultima cena fatta dalla comunità dei fedeli e presieduta dal
pastore, dove il Signore era soltanto spiritualmente presente. Negando
l’esistenza del sacrificio propiziatorio non era più necessaria la
vittima e neppure il sacerdote che aveva compito di offrirla ed
immolarla; da qui la negazione della Presenza reale e del sacerdote,
consacrato a questa funzione da un ordine sacro, che lo distingue dai
fedeli.
Sintomatico è considerare come il
vescovo apostata Cramner riuscì a modificare in Inghilterra la fede di
un popolo che era cattolico fino a fargli abbracciare le eresie
protestanti, cambiando la liturgia della messa. La recente pubblicazione
in Italia del libro di Michael Davies La riforma liturgica anglicana ne dà un esempio stupefacente6.
L’uso della lingua vernacola,
l’omissione dei momenti di silenzio, la soppressione dell’offertorio, la
sostituzione degli altari con delle tavole, il cambiamento della
posizione del ministro, la comunione nelle mani ed altre soppressioni ed
aggiunte, operarono una vera rivoluzione nelle credenze.
Poiché la legge della preghiera
corrisponde alla legge della fede, i cambiamenti liturgici operati
gradualmente realizzarono un trasbordo ideologico di massa che condusse
tutto un popolo all’eresia, molto più efficacemente che mille prediche o
catechismi: «A poco a poco, a misura che passavano gli anni, i dogmi
incastonati negli antichi riti ormai abbandonati e che, grazie a loro,
erano rimasti vivi negli spiriti e nei cuori, finirono per scomparire a
loro volta, senza che, per distruggerli, fosse necessario organizzare
missioni e predicazioni»7.
Papa Leone XIII, nella sua
enciclica sulle ordinazioni anglicane, riassume molto bene il processo
messo in atto: «Essi (i riformatori anglicani) sapevano benissimo che
legame stretto unisce la fede e il culto, la lex credendi e la lex supplicandi;
così, con il pretesto di restaurare la liturgia per renderle la sua
forma primitiva, intrapresero la sua alterazione su molti punti per
metterla in accordo con gli errori dei novatori. Ne risulta che, in
tutto l’ordinario, mai si parla chiaramente di sacrificio, della
consacrazione, del sacerdozio, del potere di consacrare e di offrire il
sacrificio; al contrario, come abbiamo già detto, si tolse e si
soppresse deliberatamente dalle preghiere del rito cattolico, che non
erano state puramente e semplicemente eliminate, ogni traccia di questi
elementi, come altri simili»8.
Sembra incredibile constatare
come in seguito alla rivoluzione nella Chiesa operata dall’ultimo
concilio, la stessa strategia sia stata utilizzata per trasformare la
fede dei cattolici e condurli alle nuove dottrine, prima fra le quali
l’ecumenismo, utilizzando come strumento preferenziale la liturgia con
l’imposizione del nuovo rito della messa.
Fin dagli albori di questa
rivoluzione liturgica, autorevoli personalità ecclesiastiche ne
denunciarono il pericolo. Basti citare i cardinali Bacci ed Ottaviani
che, presentando a Paolo VI il ben conosciuto Breve esame critico del Novus Ordo Missae ne
denunciavano «l’impressionante allontanamento dalla teologia cattolica
della Santa Messa» formulata nel concilio di Trento che «eresse una
barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità
del magistero».
Si trattava di un rito forgiato ex novo come
lo stesso Paolo VI riconosceva parlando della «novità che costituisce
il nuovo rito della Messa» la quale comporta «un cambiamento che
riguarda una venerabile tradizione multisecolare» (Udienza generale del
26-11-1969).
Lo stesso Mons. Bugnini,
principale artefice della riforma, disse molte esplicitamente che si
tratta «in certi punti, di una vera nuova creazione, dato che l’immagine
della liturgia data dal Concilio Vaticano II è completamente differente
da quella che la Chiesa cattolica ha avuto finora» 9.
Già questo sarebbe per sé
sufficiente per giustificarne il rigetto poiché la liturgia non si
fabbrica a tavolino, essa è il prodotto della devozione cattolica nei
secoli e soltanto gli eretici nella storia ne hanno intrapreso una
riforma radicale, sempre con il pretesto di un ritorno alla purezza del
cristianesimo primitivo. Ma questo è un metodo rivoluzionario ben
conosciuto: «Si sa bene, – scrive Louis Salleron – che, nelle società
stabili, un processo rivoluzionario collaudato è il “ritorno alle
origini”. Non si tratta più di potare l’albero perché porti più frutto;
lo si taglia alla base con il pretesto di rendere tutto il vigore alle
sue radici»10.
Questo allontanamento dalla fede
cattolica è ben percettibile sui medesimi punti stravolti dai novatori.
Prima di tutto la Messa non è intesa più come sacrificio propiziatorio,
cioè offerto in espiazione dei peccati; per questo l ’offertorio, in cui
in anticipo si offriva la vittima che sarebbe stata immolata per i
nostri peccati, è stato soppresso e rimpiazzato da una preghiera che
indica uno scambio di doni fra Dio e l’uomo. L’altare diventa una
tavola, malgrado la condanna di questo abuso da parte di Papa Pio XII
nella sua enciclica Mediator Dei (20 novembre 1947). La santa Comunione è distribuita nelle mani, da laici.
Per indicare il modo di presenza
di Nostro Signore nell’Eucaristia non si parla più di
transustanziazione, solo termine consacrato dalla Chiesa per far
barriera efficace agli errori dei protestanti.
Lo stesso ruolo del ministro è
stravolto poiché è l’assemblea che celebra il memoriale del Signore ed
il sacerdote diventa un semplice presidente 11.
Nuovi edifici sono costruiti per accogliere il nuovo rito, in fedele
ossequio alle direttive del Vaticano ma che non hanno più nulla a che
vedere con la struttura tradizionale della chiesa a forma di croce greca
o latina e lo stesso tabernacolo è relegato ad un angolo per cedere il
posto al celebrante. Questo prescrizione ci porta alla mente il discorso
di chiusura del concilio in cui Paolo VI aveva detto: «Anche noi, e più
di chiunque altro, abbiamo il culto dell’uomo» ( 7 dicembre 1965). Si
può dire che la nuova messa realizza pienamente questa nuova concezione
religiosa.
Gli artefici del cambiamento
liturgico avevano chiaramente manifestato che il loro scopo era
elaborare un rito che potesse favorire l’ecumenismo con i protestanti.
Paolo VI già nella sua enciclica programmatica Ecclesiam suam (6
agosto 1964) lo aveva lasciato intendere: «su tanti punti
differenziali, relativi alla tradizione, alla spiritualità, alle leggi
canoniche, al culto, Noi siamo disposti a studiare come assecondare i
legittimi desideri dei Fratelli cristiani, tuttora da noi separati».
In maniera ancore più palese si
era espresso a J. Guitton: «Allo sforzo richiesto ai fratelli separati
perché si riuniscano, deve corrispondere lo sforzo, altrettanto
mortificante per noi, di purificare la Chiesa romana nei suoi riti,
perché diventi desiderabile e abitabile»12.
Quanto a Mons. Bugnini, non ha mai nascosto le sue intenzioni ecumeniche. Sulle colonne dell’Osservatore Romano,
dichiarò che la riforma liturgica era stata improntata al «desiderio di
scartare ogni pietra che potesse costituire anche solo l’ombra di un
rischio di inciampo o di dispiacere per i fratelli separati»13.
Per questo sei pastori protestanti parteciparono ai lavori preparatori della nuova Messa.
Diverse dichiarazioni di personalità del mondo protestante mostrarono che lo scopo ecumenico era raggiunto.
Fra di esse ricordiamo il
professore di dogmatica alla facoltà protestante di Strasburgo, M.
Siegeval che, nel novembre del 1969, scrisse al vescovo della città una
lettera nella quale constatava che «niente nella messa adesso rinnovata
può veramente disturbare il cristiano evangelico»14. Nello stesso anno Max Thurian, pastore protestante di Taizé, aveva dichiarato che «uno dei frutti del nuovo Ordo Missae sarà
forse che delle comunità non cattoliche potranno celebrare la Santa
Cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica. Teologicamente è
possibile»15.
Nell’aprile del 1972 i
protestanti di Taizé adotteranno effettivamente le preghiere
eucaristiche della nuova messa. In quell’occasione il padre domenicano
Roger-Thomas Calmel, grande teologo e coraggioso oppositore fin
dall’inizio dei cambiamenti liturgici, fece un appello accorato alla
resistenza: «Che i sacerdoti cattolici rinuncino una volta per tutte a
portare i travestimenti preparati da superiori traditori per far piacere
a dei predicatori eretici. Che rifiutino di celebrare la messa con il Novus Ordo poiché questo Novus Ordo,
con il suo smantellamento calcolato di formulari e di riti è diventato
ciò che era destinato a divenire: un libro liturgico all’uso di
ufficianti eretici che non credono alla messa e che non sono sacerdoti»16.
È indubbio che negli ultimi anni
un mutamento radicale si è operato nella fede dei sacerdoti e dei fedeli
e la nuova liturgia della Messa ha esercitato in questo un’influenza
fondamentale.
Il rifiuto della nuova Messa e la lotta contro gli errori moderni non è facoltativa.
La restaurazione nella Chiesa si
costruisce intorno alla sua Croce, alla Santa Messa di sempre e questo
comporta dalla parte dei sacerdoti e dei laici il rigetto totale e
radicale della nuova liturgia fondata sui principi protestanti penetrati
nella Chiesa. Non basta infatti affermare la verità ma occorre anche
condannare tutto ciò che le si oppone e se si accetta di dare il diritto
di cittadinanza all’errore, come propone lo spirito liberale, si ha già
perso in partenza poiché si costruisce sulla sabbia del compromesso e
si entra già nell’ottica rivoluzionaria.
Note:
- Pio XII, Radiomessaggio del 1 giugno 1941.
- Ef 6,12.
- Sant’Alfonso, La Messa strapazzata.
- «Ho potuto vedere villaggi di pagani divenuti cristiani trasformarsi non solo spiritualmente e sovrannaturalmente, ma anche fisicamente, socialmente, economicamente, politicamente; trasformarsi perché quelle persone, da pagane che erano, diventavano coscienti della necessità di compiere il loro dovere malgrado le prove ed i sacrifici, di mantenere i loro impegni e particolarmente gli obblighi del matrimonio. Allora il villaggio si trasformava poco alla volta sotto l'influenza della grazia e del santo Sacrificio della Messa; e tutti quei villaggi volevano avere la propria cappella e la visita del Padre. La visita del missionario!»
- S. Alfonso, Ibid.
- Ed. Ichthys, pp. 288.
- Mons. Philip Hughes, The Reformation in England, 1950, Michael Davis, La Riforma liturgica anglicana p. 89.
- Leone XIII, Apostolicae curae, 13 settembre 1896.
- A. Bugnini, Dichiarazione alla stampa (4 gennaio 1967), in «La Documentation Catholique », n. 1491 (1967), col. 824.
- Louis Salleron, La nouvelle Messe, Parigi, 1972, p. 40.
- Institutio Generalis n. 7.
- J. Guitton, Paolo VI segreto, San Paolo, Milano 1985, quarta edizione 2002, p. 59.
- Cfr. «La Documentation Catholique », n. 1445 (1965), col. 604.
- Citato in Louis Salleron La nouvelle messe p. 119.
- «La Croix», 30 maggio 1969, ibd. p. 119.
- Le père Roger-Thomas Calmel, père Jean-Dominique Fabre, éd. Clovis 2012 p. 478.
Fonte: La Tradizione Cattolica n° 1 (94) - 2015
http://muniatintrantes.blogspot.it/2015/07/la-messa-strapazzata.html
Uno scheletro di Messa per una Chiesa scheletrica – Editoriale di “Radicati nella Fede” – agosto 2015
UNO SCHELETRO DI MESSA PER UNA CHIESA SCHELETRICA
Editoriale di “Radicati nella fede” – Anno VIII n° 8 – Agosto 2015
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Attendevano una nuova Chiesa, per questo si sono messi a cambiare la messa.
Volevano una chiesa con nuovi dogmi e nuova morale, allora hanno dovuto ritoccare la messa cattolica, così tanto da renderla uno scheletro di se stessa.
E a messa scheletrica, corrisponde uno scheletro di Chiesa, fatta di una dogmatica e una morale scheletriche.
.
Lo dicevamo il mese scorso: la nuova liturgia ha preteso di saltare due millenni di storia cristiana, con l’illusione di ricollegarsi ad un mitico inizio del cristianesimo. Hanno detto, i signori della riforma post-conciliare, che occorreva semplificare, per far emergere la nobile essenzialità del rito cattolico. Hanno ritenuto sostanzialmente negativo tutto il lavoro di secoli e secoli che la Chiesa aveva fatto, per rendere sempre più limpido ed educativo il rito cattolico. Hanno tolto e tolto, considerando quasi tutto aggiunta negativa, e ne è venuto fuori uno scheletro di messa. Una messa piena di vuoti e di non-detto, vuoti e non-detto riempiti dalla fantasia del celebrante e dei fedeli. E le fantasie si sono moltiplicate quante sono le chiese del mondo, perché si sa che non si può vivere di uno scheletro: gli uomini lo rimpolpano lo scheletro, ma la carne e il sangue che gli danno non sono quelli di Dio, ma quelli normalmente della dittatura della mentalità comune. Così, a seconda delle stagioni, abbiamo avuto le messe socialiste, le messe impegnate, le messe intimiste, le messe allegre, le messe verbose, le messe catechistiche, le messe di guarigione, le messe carismatiche, le messe missionarie, le messe veloci e cosi via… insomma, la messa la costruisci tu, perché corrisponda a te e al tuo cristianesimo.
La messa così impoverita non ha nutrito più, e ci si è dovuti volgere alle varie ideologie del momento per rimpolparla. Togliendo molto di Dio, la messa la si è dovuta riempire molto dell’uomo, per ritenerla ancora utile: una tragedia, la perdita del cuore cattolico, cioè la redenzione operata da Cristo Crocifisso.
E la tragedia si propaga a tutto l’organismo cattolico: la messa nuova, scheletrica, piena di vuoti, è diventata così tanto ambigua da produrre un cristianesimo scheletrico, dal dogma e dalla morale scheletriche; un cristianesimo ambiguo.
I sacerdoti, ridotti a celebrare uno scheletro di messa, non sono stati più nutriti e difesi dalla messa stessa, così che a loro volta non hanno nutrito e difeso il popolo.
Dicevamo di un Cristianesimo dal dogma scheletrico:
cosa è rimasto, nella maggioranza dei cristiani di oggi, del dogma cattolico che sorge dalla Divina Rivelazione? Quasi nulla. Forse resta che esiste Dio, e che alla fine ci salverà: non c’è che dire, di tutta la Rivelazione, di tutto il dogma, di tutto il catechismo non resta quasi nulla, nel vissuto della maggioranza dei cristiani; ma allora, perché Dio si è rivelato, perché ha parlato nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché ha portato a compimento la Rivelazione in Gesù Cristo? Certamente non lo ha fatto per vedersi “semplificare” orrendamente nel cristianesimo moderno.
Qualcuno dirà che dimentichiamo la ricchezza biblica della riforma liturgica! Certo, di Bibbia se ne è letta tanta, ma ha vinto la messa scheletrica anche sulla Bibbia, tanto è vero che mai i cristiani sono stati tanto ignoranti come oggi nella Storia Sacra e nella Sacra Scrittura. Hanno letto sì la Bibbia in ogni occasione, ma sono stati formati come mentalità dall’ideologia di turno, che rimpolpava la messa scheletrica.
Dicevamo di un Cristianesimo dalla morale scheletrica:
cosa resta, nella maggioranza dei cristiani di oggi, della ricchezza morale cattolica? Sanno forse che Dio è amore, che dobbiamo volerci bene, e poco più: non c’è che dire, resta un po’ poco. Della Morale Cattolica, della legge e della grazia, non si sa quasi più nulla. Ecco perché siamo terribilmente indifesi di fronte alla dilagante immoralità e di fronte, soprattutto, all’ideologia dell’immoralità, che vuole ammettere tutto sotto la scusa del voler bene. Assisteremo al compimento dell’apostasia: saranno varate le leggi più immorali con il silenzio dei cattolici, con il plauso di alcuni, e con la falsa prudenza dei pastori, che taceranno in nome della libertà e del rispetto umano. Più che morale scheletrica, è la sua morte vera e propria.
Tutto è cominciato con la scarnificazione della messa, svuotandola delle sue difese dogmatiche nelle parole e nei gesti.
E la rinascita inizierà con il ritorno alla vera e totale messa cattolica.
I riformatori post-conciliari volevano un nuovo cristianesimo più libero, più umanamente accattivante, per far questo hanno privato la messa delle sue difese, e non hanno voluto difendere il Cristianesimo di Dio.
Forse Paolo VI non aveva previsto questa tragedia, forse si era illuso di fermare la semplificazione e l’ammodernamento al solo linguaggio, forse… ma il linguaggio è contenuto; e i vuoti di linguaggio sono vuoti di contenuto, che il mondo si premura di riempire come vuole.
Forse Paolo VI non aveva immaginato tanto, ma è certo che oggi un Papa non potrà più fermare la deriva, senza accettare il martirio. Sì, dovrà accettare il martirio, perché se tenterà veramente di porre rimedio, sarà attaccato dal mondo e da quel mondo che si è infiltrato nella casa di Dio. Ma se non accetterà il martirio, rischierà di non fare il Papa.
http://www.riscossacristiana.it/uno-scheletro-di-messa-per-una-chiesa-scheletrica-editoriale-di-radicati-nella-fede-agosto-2015/
Editoriale di “Radicati nella fede” – Anno VIII n° 8 – Agosto 2015
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Attendevano una nuova Chiesa, per questo si sono messi a cambiare la messa.
Volevano una chiesa con nuovi dogmi e nuova morale, allora hanno dovuto ritoccare la messa cattolica, così tanto da renderla uno scheletro di se stessa.
E a messa scheletrica, corrisponde uno scheletro di Chiesa, fatta di una dogmatica e una morale scheletriche.
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Lo dicevamo il mese scorso: la nuova liturgia ha preteso di saltare due millenni di storia cristiana, con l’illusione di ricollegarsi ad un mitico inizio del cristianesimo. Hanno detto, i signori della riforma post-conciliare, che occorreva semplificare, per far emergere la nobile essenzialità del rito cattolico. Hanno ritenuto sostanzialmente negativo tutto il lavoro di secoli e secoli che la Chiesa aveva fatto, per rendere sempre più limpido ed educativo il rito cattolico. Hanno tolto e tolto, considerando quasi tutto aggiunta negativa, e ne è venuto fuori uno scheletro di messa. Una messa piena di vuoti e di non-detto, vuoti e non-detto riempiti dalla fantasia del celebrante e dei fedeli. E le fantasie si sono moltiplicate quante sono le chiese del mondo, perché si sa che non si può vivere di uno scheletro: gli uomini lo rimpolpano lo scheletro, ma la carne e il sangue che gli danno non sono quelli di Dio, ma quelli normalmente della dittatura della mentalità comune. Così, a seconda delle stagioni, abbiamo avuto le messe socialiste, le messe impegnate, le messe intimiste, le messe allegre, le messe verbose, le messe catechistiche, le messe di guarigione, le messe carismatiche, le messe missionarie, le messe veloci e cosi via… insomma, la messa la costruisci tu, perché corrisponda a te e al tuo cristianesimo.
La messa così impoverita non ha nutrito più, e ci si è dovuti volgere alle varie ideologie del momento per rimpolparla. Togliendo molto di Dio, la messa la si è dovuta riempire molto dell’uomo, per ritenerla ancora utile: una tragedia, la perdita del cuore cattolico, cioè la redenzione operata da Cristo Crocifisso.
E la tragedia si propaga a tutto l’organismo cattolico: la messa nuova, scheletrica, piena di vuoti, è diventata così tanto ambigua da produrre un cristianesimo scheletrico, dal dogma e dalla morale scheletriche; un cristianesimo ambiguo.
I sacerdoti, ridotti a celebrare uno scheletro di messa, non sono stati più nutriti e difesi dalla messa stessa, così che a loro volta non hanno nutrito e difeso il popolo.
Dicevamo di un Cristianesimo dal dogma scheletrico:
cosa è rimasto, nella maggioranza dei cristiani di oggi, del dogma cattolico che sorge dalla Divina Rivelazione? Quasi nulla. Forse resta che esiste Dio, e che alla fine ci salverà: non c’è che dire, di tutta la Rivelazione, di tutto il dogma, di tutto il catechismo non resta quasi nulla, nel vissuto della maggioranza dei cristiani; ma allora, perché Dio si è rivelato, perché ha parlato nell’Antico e nel Nuovo Testamento, perché ha portato a compimento la Rivelazione in Gesù Cristo? Certamente non lo ha fatto per vedersi “semplificare” orrendamente nel cristianesimo moderno.
Qualcuno dirà che dimentichiamo la ricchezza biblica della riforma liturgica! Certo, di Bibbia se ne è letta tanta, ma ha vinto la messa scheletrica anche sulla Bibbia, tanto è vero che mai i cristiani sono stati tanto ignoranti come oggi nella Storia Sacra e nella Sacra Scrittura. Hanno letto sì la Bibbia in ogni occasione, ma sono stati formati come mentalità dall’ideologia di turno, che rimpolpava la messa scheletrica.
Dicevamo di un Cristianesimo dalla morale scheletrica:
cosa resta, nella maggioranza dei cristiani di oggi, della ricchezza morale cattolica? Sanno forse che Dio è amore, che dobbiamo volerci bene, e poco più: non c’è che dire, resta un po’ poco. Della Morale Cattolica, della legge e della grazia, non si sa quasi più nulla. Ecco perché siamo terribilmente indifesi di fronte alla dilagante immoralità e di fronte, soprattutto, all’ideologia dell’immoralità, che vuole ammettere tutto sotto la scusa del voler bene. Assisteremo al compimento dell’apostasia: saranno varate le leggi più immorali con il silenzio dei cattolici, con il plauso di alcuni, e con la falsa prudenza dei pastori, che taceranno in nome della libertà e del rispetto umano. Più che morale scheletrica, è la sua morte vera e propria.
Tutto è cominciato con la scarnificazione della messa, svuotandola delle sue difese dogmatiche nelle parole e nei gesti.
E la rinascita inizierà con il ritorno alla vera e totale messa cattolica.
I riformatori post-conciliari volevano un nuovo cristianesimo più libero, più umanamente accattivante, per far questo hanno privato la messa delle sue difese, e non hanno voluto difendere il Cristianesimo di Dio.
Forse Paolo VI non aveva previsto questa tragedia, forse si era illuso di fermare la semplificazione e l’ammodernamento al solo linguaggio, forse… ma il linguaggio è contenuto; e i vuoti di linguaggio sono vuoti di contenuto, che il mondo si premura di riempire come vuole.
Forse Paolo VI non aveva immaginato tanto, ma è certo che oggi un Papa non potrà più fermare la deriva, senza accettare il martirio. Sì, dovrà accettare il martirio, perché se tenterà veramente di porre rimedio, sarà attaccato dal mondo e da quel mondo che si è infiltrato nella casa di Dio. Ma se non accetterà il martirio, rischierà di non fare il Papa.
http://www.riscossacristiana.it/uno-scheletro-di-messa-per-una-chiesa-scheletrica-editoriale-di-radicati-nella-fede-agosto-2015/
Parola sante Elia, parole sante ! . jane
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