ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 16 ottobre 2015

Coincidenze?

Sinodo e omosessualità. La parola a san Paolo, senza censure

paolo
Da quando nel sinodo i padri hanno cominciato a discutere sulla terza parte del documento base, quella con i punti più controversi, nelle messe feriali si sta leggendo ogni giorno un brano della lettera ai Romani, il capolavoro teologico dell'apostolo Paolo.
Anche qui, che coincidenza. Proprio come nella domenica inaugurale del sinodo, il 4 ottobre, quando in tutte le chiese cattoliche del mondo risuonarono durante la messa le parole di Gesù nel Vangelo di Marco: "L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto".
Adesso però la coincidenza tra sinodo e messale non ha a che fare con l'indissolubilità del matrimonio, ma con un'altra delle questioni bollenti: l'omosessualità.

Martedì 12 ottobre nel messale si è letto il brano del capitolo 1 della lettera ai Romani che va dal versetto 16 al versetto 25.
Lì Paolo, premesso che "dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili [di Dio] possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità", definisce "inescusabili" coloro che "pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa".
E così prosegue:
"Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi".
Nella messa di martedì 12 la lettura si è fermata a questo punto. E il giorno dopo è ripresa con il capitolo 2 della lettera ai Romani.
Ma il capitolo 1 della lettera paolina non finiva lì, e se il messale omette pudicamente quel pezzo, i padri sinodali non possono non sapere che cosa contiene.
Perché Paolo prosegue esplicitando per filo e per segno che cosa egli ha inteso dire con quel primo accenno all'"impurità" di quelli che "disonorano fra di loro i propri corpi".
Ecco infatti il terrificante finale del capitolo 1 della lettera ai Romani
"Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa".
Se questo dice san Paolo, è evidente che i padri sinodali orientati a cambiare i paradigmi dottrinali e pastorali della Chiesa in materia di omosessualità avranno qualche difficoltà ad armonizzare le loro proposte con questa che è pur sempre "Parola di Dio", come si proclama nella messa al termine di ogni lettura.
Ma è anche sempre più evidente che in ampi settori della Chiesa la percezione della pratica omosessuale come peccato stia scivolando via come un relitto del passato. Con buona pace del Catechismo della Chiesa cattolica, non quello d'una volta ma quello "nuovo" del 1997, che include tuttora "il peccato dei sodomiti" tra i quattro peccati che "gridano al Cielo", assieme all’omicidio volontario, all’oppressione dei poveri e alla frode del salario degli operai.
Certo, a chi propone di approvare la pratica omosessuale, qualcuno può sempre obiettare che tale approvazione è “praeter Scripturam”, al di fuori se non contro la Sacra Scrittura, come ebbe a dire nel 2011 il teologo e pastore valdese Paolo Ricca ergendosi contro i suoi confratelli protestanti che avevano appena dato il via libera ai “matrimoni” tra persone dello stesso sesso.
Ma anche in campo cattolico non mancano teologi e vescovi che sono lesti a spiegare come san Paolo non vada preso alla lettera ma interpretato nel "contesto" del suo tempo, influenzato da pregiudizi di "stampo patriarcale" e di "disprezzo etnico-religioso" oggi inaccettabili.

Il "sinodo ombra" franco-tedesco tenuto alla Gregoriana lo scorso maggio, i cui protagonisti siedono ora nel sinodo vero, ha sostenuto proprio questa moderna rilettura della Sacra Scrittura, alla luce del pensiero contemporaneo.
Settimo Cielo di Sandro Magister 16 ott
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/10/16/sinodo-e-omosessualita-la-parola-a-san-paolo-senza-censure/

Scandalo gay tra i carmelitani: "Il prete voleva essere picchiato con la cinta"

Le rivelazioni di un gigolò sullo scandalo dei Carmelitani a Roma: "Mi dava 100 euro. Molti preti vanno nei cinema porno"

Poi è arrivato anche il mea culpa del segretario generale dell'Ordine carmelitano, quello cui si riferisce lo "scandalo" a sfondo sessuale, con preti accusati di aver avuto rapporti omosessuali in curia e altri di aver coperto le relazioni trasgressive. Il vicario generale dell’ordine, Agustì Borrell, ha chiesto "perdono".
Lo scandalo dei rapporti gay mercenari tra altri prelati dell’ordine dei carmelitani scalzi, che vivono nella Curia generalizia di Roma, a pochi passi dalla chiesa di Santa Teresa, è stata fatto trapelare da una talpa. I parrocchiani inviarono una lettera top secret ai vertici dei carmelitani, al cardinale vicario Agostino Vallini e, per conoscenza, al segretario di Stato Paolo Parolin e a papa Francesco. I 110 firmatari svelarono così i rapporti tra "un alto esponente" dei carmelitani e alcuni prostituti della vicina Villa Borghese con "abuso di alcolici e sostanze vietate come il prickly poppy (la cosiddetta droga dei gay), utilizzato (tramite fialette inalate nel naso) per eccitarsi". Ora però ci sono nuovi dettagli.
Nel documento consegnato al papa ci sono due testimoni. Il primo è Sebastiano F., 55 anni e molti rapporti sessuali con i carmelitani. Il secondo si chiama Sergio M.. 54 anni. Rintracciato dal Corriere della Sera, ha raccontato le sue esperienze di trasgressione e sesso con i preti. "Io ho reso testimonianza a uomini di Chiesa importanti - dice al Corsera - obbedendo a quanto mi era stato chiesto, mettendo nel dossier anche la fotocopia della mia carta d’identità, e il risultato qual è? Che ora corro seri rischi, perché si tratta di fatti gravi". Poi si addentra nei particolari degli incontri proibiti. A quanto pare l'uomo ha avuto rapporti sessuali solo con il carmelitano già accusato nel dossier: "Di altri non so, io dico quel che ho fatto con lui. Non era vestito da sacerdote, aveva solo la cravattella e se l’è tolta. Avevamo appena finito. Io ho detto: ah, complimenti, sei pure sacerdote". E lui? "Non ha detto niente. Ha preso ed è scappato, s’è messo a correre verso via Veneto".
Il rapporto sarebbe avvenuto al galoppatoio "tra le fratte": "Lui tutte le sere tra le nove e le nove e mezza stava là". Il pagamento non era da ricchi signori: "Massimo cento euro. In tutto me ne avrà dati 150". Prima di scrivere le sue testimonianze nel dorrier, il gigolò sarebbe andato a cercare il prete "alla Casa generalizia, per chiarire la cosa. Ma mi hanno detto che non c'era. Volevo sapere - continua - cosa dire se si veniva a sapere, come poi è successo. Mi ha ricevuto il vicerettore, uno straniero. Gli ho detto: guardi, cerco un certo padre, ci sono cose che non mi vanno giù. Lui rispose: prego, racconti, e io gli dissi tutto, che aveva fatto sesso con me, a Villa Borghese, questo e quello. Mi ha promesso che mi faceva chiamare dal rettore, ma non è successo".
Il gigolò è pronto ad andare di fronte al tribunale per confermare i suoi racconti. Alla domanda su cosa consumassero durante i rapporti, l'uomo risponde: "Io non ho mai fatto uso di droghe. Ma lui sì, prendeva il popper davanti a me, una fialetta che respiri e ti ecciti". Poi i particolari scabrosi: "Ah, me ne ha combinate... Voleva essere picchiato con la cinta, si eccitava così".
Sul possibile coinvolgimento di altri carmelitani, il gigolò è più vago: "Nel nostro ambiente si racconta di uno con un ruolo anche lui importante, che andava nei cinema. Ora li hanno chiusi quasi tutti, ne è rimasto soltanto uno, in zona Termini". Ed è frequentato da preti?, chiede il cronista: "Azz...- risponde lui - ne ho visti una marea. Ne conosco bene uno che sta a Santa Maria Maggiore, un monsignore polacco. Andava anche a Capocotta, alla spiaggia dei nudisti. Ora è anziano, avrà 65-70 anni, e ha smesso". Infine, su quanto fatto non dimostra "pentimento": "Sono omosessuale, questo sì: l’ho fatto per soldi, ma anche perché tante volte mi piaceva".
Intanto rimangono le parole di papa Francesco: "Chiedo scusa per gli scandali". Che sembrano però allargarsi.
 - Ven, 16/10/2015 -

Davvero al convivente l’assistenza ospedaliera è negata?

assistenza
Povero Giovanni Scialpi, si trova in ospedale per un intervento ma il “marito” Roberto – riferisce il Corriere.it – «non può assisterlo». Come mai? «Per la sanità e per lo Stato sono un perfetto sconosciuto» lamenta su internet, chiedendo una rapida approvazione della legge sulle unioni civili, l’uomo a cui sarebbe impedita l’assistenza dell’amato ricoverato. Una vicenda che, se fosse vera in questi termini, potrebbe indignare; tuttavia il condizionale qui è d’obbligo dal momento che un dubbio ci assale: quale sarebbe la Legge dello Stato Italiano che ora sta impedendo a Roberto di assistere Gianni?
Nel breve articolo del Corriere.it – stranamente – non si fa riferimento alcuno alla spietata norma in nome della quale una struttura ospedaliera, oggi, potrebbe impedire ad un convivente di stare vicino alla persona amata.
C’è di più: dando un’occhiata a quanto prevede il nostro ordinamento, non solo non si trova la Legge che negherebbe al cantante Scialpi il diritto di farsi assistere dal partner, ma si trovano disposizioni molto chiare rispetto non già alla possibilità bensì all’obbligo di informazione da parte dei medici per eventuali trapianti al convivente (art. 3 L. n. 91 1999), nonché ai permessi retribuiti per decesso o per grave infermità cui un convivente anche dello stesso sesso ha diritto (art. 4 L.n. 53 2000). Ora, possibile che la Legge da un lato obblighi i medici ad interfacciarsi – in casi gravi, come sono i trapianti – coi conviventi e dall’altro cacci questi ultimi fuori dall’ospedale? E i medici dove diamine dovrebbero informare una persona dell’eventuale trapianto del convivente? Al bar? Nel parcheggio del nosocomio? Su Skype? Qualcosa, evidentemente, non torna.
E poiché le Leggi poc’anzi ricordate – in particolare la n.91 del 1999 – sono chiare e individuate, mentre quanto mai misteriosa risulta quella che sciaguratamente impedirebbe al convivente di prestare assistenza ospedaliera al proprio partner, il dubbio che quest’ultima non esista neppure, a questo punto, per un elementare ragionamento logico, viene. Tanto più, dulcis in fundo, che se si va a leggere l’ultimo Disegno di legge sulle unioni civili – il cosiddetto Cirinnà bis – laddove questo regolamenta la reciproca assistenza (art. 12) non si rintraccia, neppure qui, l’ombra di una disposizione che sarebbe da abrogare. Insomma, il diabolico divieto che impedirebbe ad un convivente di prestare assistenza all’altro – posto che non si ha notizia di mariti o mogli cui venga intimato, per poter visitare il coniuge, di esibire prima il certificato di matrimonio – sembrerebbe avere un sapore inconfondibile: quello della bufala.
giulianoguzzo.com

Scialpi in ospedale uno spot per il Ddl Cirinnà. Ma non c'entra nulla

Il cantante Scialpi si è sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al cuore e il compagno di vita, con il quale si è sposato questa estate a New York, ha denunciato l’impossibilità di poterlo assistere in ospedale.

Questo perché, il matrimonio gay contratto all’estero non ha nessuna validità in Italia e per lo Stato italiano il compagno del cantante sarebbe un perfetto sconosciuto; quindi nessun diritto può essere da lui accampato per assistere il “proprio marito”. 

Ma c’è un altro aspetto che fa discutere.  L’uomo ha invocato la rapida approvazione del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili e si è scagliato contro i parlamentari che starebbero facendo ostruzionismo per ostacolare il cammino della legge. 

E qui è il caso forse di una riflessione. Il compagno di Scialpi denuncia un problema reale, quello dell’impossibilità di assistere materialmente il proprio partner dal momento che la legge italiana, non riconoscendo giuridicamente le unioni gay, gli precluderebbe un diritto riconosciuto soltanto ai congiunti. Ed è giusto che questa situazione venga in qualche modo sanata. 

Premesso ciò va però precisato che il Ddl Cirinnà non si limita a questo; se lo spirito del testo fosse esclusivamente quello di riconoscere diritti di assistenza sanitaria al compagno omosessuale, nessuno probabilmente avrebbe nulla da obiettare. 

Il Ddl prevede ben altro, ossia l’equiparazione fra la famiglia naturale fondata sull’istituto del matrimonio e le convivenze civili, oltre alla tanto contestata stepchild adoption, ossia la possibilità per una coppia gay di adottare il figlio di uno dei conviventi. 

Secondo gli oppositori del Ddl questa norma aprirebbe di fatto la strada alle adozioni gay o peggio, potrebbe incentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata, all’affitto dell’utero. Pratica questa illegale in Italia ma consentita all’estero e che potrebbe essere facilmente aggirabile e sanata da sentenze della magistratura, come spesso avvenuto in passato, agendo sulle zone d’ombra che la legge rischia di creare.

Per questo c’è stato chi, come i senatori dell’Ncd Giovanardi e Roccella, sono arrivati a proporre un emendamento al testo per rimarcare che il ricorso all’utero in affitto dovrà essere considerato illegale anche se la surrogazione di maternità è avvenuta all’estero. 

Che c’entra dunque tutto questo con il diritto rivendicato dal compagno di Scialpi di assistere il partner in ospedale? Il Ddl Cirinnà va a toccare vari ambiti, delicati ed eticamente sensibili e lo fa non senza ambiguità. Quindi inaccettabile che facendo leva su un problema reale come quello denunciato dall'uomo, si cerchi di pressare il Parlamento, "costringendolo" a votare un provvedimento tanto discutibile quasi invocando un "dovere di umanità". 

Se c'è l'esigenza di riconoscere diritti di coppia anche alle unioni omosessuali, come appunto il diritto all'assistenza sanitaria, lo si potrebbe tranquillamente fare evitando di mischiare la legittima difesa dei sentimenti affettivi, con l'introduzione di istituti e pratiche che sembrano mirate, solo ed unicamente, ad affossare l'istituto del matrimonio e con esso la famiglia naturale. Favorendo alla fine l'affermazione e il trionfo dell'ideologia gender. 
15 ottobre 2015, Americo Mascarucci
http://www.intelligonews.it/articoli/15-ottobre-2015/31747/scialpi-in-ospedale-uno-spot-per-il-ddl-cirinn-ma-non-c-entra-nulla

Cardinale Bassetti ai gay : «Vi accogliamo nella verità con delicatezza. Chiesa ai crocicchi delle strade»

Intervista esclusiva dal Sinodo al più 'bergogliano' tra i cardinali: «La nostra Chiesa si sporchi la tonaca a Pian di Massiano o Fontivegge tra migranti, tossicodipendenti e prostitute»
Cardinale Bassetti ai gay : «Vi accogliamo nella verità con delicatezza. Chiesa ai crocicchi delle strade»
Il cardinale Gualtiero Bassetti di Maurizio Troccoli
Twitter@MauriTroccoli
Tra i più ‘bergogliani’ dei cardinali, fonti di Umbria24 confermano che Bassetti ha intensificato le sue visite a Santa Marta, fino ad ogni dieci giorni. Quelle ufficiali, risultano molte di meno. Ma c’è una intensa comunicazione tra i due. Quanto basta per alimentare la curiosità e provare a raggiungerlo durante i lavori del sinodo. Ecco l’intervista esclusiva.
Lei, un sacerdote, un vescovo e ora un cardinale di strada e di periferia. Innestato nelle vicende umane del lavoro e delle famiglie. Quali sono le reali difficoltà interne alla Chiesa, da superare, per rispondere adeguatamente al desiderio di Francesco di trasformarla in maniera più simile a un ‘ospedale da campo’ invece che a un ‘hotel’ o a un ‘parlamento’?
Più che delle “difficoltà interne” della Chiesa parlerei dell’altezza della sfida che Francesco ha proposto ad ogni credente. Una sfida che consiste in un radicale cambio di prospettiva: ovvero, essere  autenticamente una Chiesa in uscita. Ovviamente, uscire non vuol dire fare una passeggiata a Corso Vannucci o prendere il Minimetrò per andare alla Fiera dei morti, ma significa, prima di tutto, compiere quello che ha fatto il Samaritano. Il quale, prima di essere «buono» e di prendersi cura di quell’uomo che scendeva da Gerusalemme ferito dai briganti, ha messo da parte tutti i suoi pregiudizi e i suoi schemi mentali per andare verso quel moribondo sul ciglio della strada. Questo è ciò che la Chiesa è chiamata a fare oggi: mettere da parte ogni mentalità burocratica, farisaica e legalistica, per uscire da se stessa, mettersi in una dimensione di conversione permanente e impastarsi, sporcandosi la tonaca, con le donne e gli uomini di oggi sempre più chiusi nel loro piccolo mondo fatto di svago e lavoro massacrante o, all’opposto, di solitudine e precarietà disumana. La guerra di oggi non è solo quella combattuta con le armi, ma è anche una battaglia quotidiana costituita da umiliazioni e fallimenti che feriscono profondamente l’anima delle persone. Per questo il Papa evoca l’ospedale da campo. Insomma, se proprio vogliamo prendere il Minimetrò bisogna usarlo per andare nei crocicchi delle strade e annunciare il Vangelo: per esempio a Pian di Massiano, a Fontivegge o a Piazza del Bacio tra migranti, tossicodipendenti e prostitute.
Lei, cardinale in una delle realtà più secolarizzate d’Italia, nell’Umbria laica e rossa, ha imparato a governare la sua chiesa aprendola alla società, nel dialogo anche con un certo mondo ateo. Cosa può apprendere, da questa esperienza, quella chiesa che teme il ‘relativismo’ e il cambiamento?
Il dialogo con tutti coloro che lo vogliono è assolutamente fondamentale. E ne ho fatto, da sempre, una ragione di vita. Mi ricordo ancora a Massa Marittima, da giovane vescovo, con i minatori dentro la miniera. Oppure durante gli incontri della pace nella cittadella di Rondine ad Arezzo tra studenti che appartenevano a nazioni in guerra. O infine gli innumerevoli incontri ecumenici anche qui a Perugia con don Elio Bromuri. Ovviamente, però, e lo dico sorridendo, la cultura del dialogo non l’ho inventata certamente io ma fa parte del Dna del cristianesimo ed è uno dei grandi lasciti del Concilio Vaticano II.
Qui in Umbria ho cercato di stimolare quello che già era presente da tempo. In questa piccola regione, infatti, c’è storicamente una vivace cultura del dialogo. Da un lato, ci sono sorgenti di spiritualità antichissime, tutt’ora vivissime, che hanno fatto del confronto un segno distintivo della loro storia – penso per esempio al grande albero francescano – e, dall’altro lato, c’è una cultura laica altrettanto desiderosa di momenti di dialogo – penso per esempio alla figura di Aldo Capitini – e solitamente propensa alla costruzione di luoghi di incontro, per esempio con lo straniero e il forestiero.
I lavori del sinodo sono stati mediaticamente inaugurati dalle dichiarazioni di monsignor Krzysztof Charamsa che, nel suo dichiararsi gay, denuncia una chiesa ossessionata e omofoba. Queste dichiarazioni hanno avuto qualche influenza nel dibattito sinodale?
Come ho già avuto occasione di dire, queste dichiarazioni, fatte con quelle modalità, lasciano spazio solo alla tristezza. Non aiutano nessuno. E producono solo effetti giornalistici che si allontanano dalla  realtà dei fatti. Il dibattito sinodale, infatti, è vivo, schietto e molto sereno. Se penso che nel circolo minore dove sono io il dibattito è scandito dalle poppate del piccolo Davide – il neonato di una famiglia di Roma invitata al Sinodo come uditori – provo solamente rammarico per queste uscite eccessivamente mediatiche.
Cosa si sente di dire ai tanti omosessuali della sua diocesi che vorrebbero sentire un suo messaggio dal sinodo?
Mi sento di dire con assoluta pacatezza e certezza che per la Chiesa esistono le persone nella loro interezza, nella loro intima dualità di anima e corpo e non ci sono individui di serie A o di serie B. Dal Sinodo non verrà certo alcun messaggio di chiusura ma si discuterà di tutti i temi presenti nell’Instrumentum laboris tra cui la necessità di una maggiore attenzione pastorale verso le persone con tendenza omosessuale: uomini e donne che, in quanto figlie di Dio, dovranno essere accolte nella Verità con rispetto e delicatezza, evitando ogni discriminazione. Altrettanto, certamente, però, non possiamo dimenticare che la dimensione del peccato esiste ed è la condizione in cui si trovano a vivere tutti gli uomini e le donne. Insomma, attenzione e cura pastorale verso tutti coloro che desiderano abbeverarsi alla sorgente del Signore.
Quanto cambiamento ha compiuto Bergoglio nella chiesa? Quanto ancora ne riuscirà a compiere? E quanta resistenza c’è, ancora oggi, nelle gerarchie vaticane, rispetto alla rivoluzione Bergogliana?
Io penso che papa Francesco stia dando moltissimo alla Chiesa e che questo pontificato sarà ricordato nella storia della Chiesa come un momento di svolta. Prima però di parlare di «rivoluzione Bergogliana» bisogna chiarire, con grande nettezza, che ad essere rivoluzionario è il cristianesimo. Esso, infatti, cambia, per la prima volta nella storia, il modo di guardare l’uomo, fornendogli una dignità altissima, e abolisce ogni tipo di discriminazione. Con Gesù ci sono le donne. E questo è già di per se un fatto epocale! Poi ci sono le peccatrici come Maddalena, gli esattori delle tasse come Matteo e pescatori ignoranti come Pietro. E Gesù muore in croce dando tutto se stesso per amore di ogni essere umano. Questo è il cristianesimo! Ritengo che Papa Francesco, evangelicamente, stia cercando di cambiare il modo di guardare il mondo attraverso la rivoluzione della tenerezza. Una rivoluzione dell’anima che si prefigge di combattere un’attitudine piccolo borghese, come avrebbe detto Emmanuel Mounier, caratterizzata da un granitico legalismo che finisce per impedire ogni nuova irruzione dello Spirito santo nella vita degli uomini. Invece, come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II, dobbiamo fare l’opposto: aprire i nostri cuori a Cristo e non aver paura delle nuove sfide che ci si pongono davanti, a cui dobbiamo dare delle risposte concrete. Con Gesù al nostro fianco non dobbiamo temere nulla!
http://www.umbria24.it/cardinale-bassetti-agli-omosessuali-vi-accogliamo-nella-verita-con-delicatezza-noi-la-chiesa-del-samaritano/374999.html 

Gay, eucaristia, famiglie, al Sinodo parlano le altre confessioni

Il metropolita copto-ortodosso: l'omosessualità è peccato grave

CITTÀ DEL VATICANO - Al Sinodo sulla famiglia in corso in Vaticano va in scena la testimonianza - e la diversità d'opinione - dei "delegati fraterni", esponenti delle altre Chiese cristiane che, questa mattina, hanno preso la parola.
Il reverendo Timothy Thornton, vescovo anglicano di Truro, è intervenuto anche al briefing quotidiano con humor britannico ("Purtroppo non mi hanno fatto firmare nessuna lettera...", ha detto in riferimento alla nota missiva di critiche al Papa sul metodo sinodale): "Stiamo imparando gli uni dagli altri: un vero segno di speranza", ha detto nella sala stampa vaticana, dopo che in aula aveva sottolineato che, dal suo punto di vista, i padri sinodali hanno parlato troppo poco del fatto che "una questione-chiave della famiglia è il cambiamento", e il rischio è invece di presentare la famiglia inmodo fisso.
Molto diversificati gli interventi. Secondo il metropolita copto-ortodosso egiziano di Damietta Kafr Elsheikh e Elbarari, ad esempio, ai gay va spiegato "in modo tenero, tollerante e convincente" che l'omosessualità è un "grave peccato vietato da Dio" e che se una persona viene costretta dal coniuge, gay, a "intercorsi contro natura" può essere dispensata dalle relazioni coniugali; per l'arcivescovo siro-ortodosso di Zahle e Bekaa Mar Youstinos Boulos l'eucaristia è "una medicina per le anime ferite" e non "un premio o una ricompensa"; per Tim MacQuiban del Consiglio metodista mondiale bisogna fare più attenzione alle coppie che non hanno figli, ai single e alle coppie di fatto quando si dice che i figli sono un "dono"; Robert Welsh, della Chiesa dei discepoli di Cristo, ha sottolineato che quando va a messa col nipote cattolico non può comunicarsi, e questa è una "grande sofferenza".

3 commenti:

  1. Ma di Gesù a qualcuno dei Signori prelati importa ? Il sacrificio di Gesù dice loro qualcosa ? Le parole santissime di nostro Signore cosa sono diventate per questi signori ? Quel Santissimo Cuore trafitto per le nostre colpe, quelle mani bucate che tante e tante volte hanno toccato gli infermi e guariti i loro peccati, quei santissimi piedi che tanta strada hanno percorso per noi miserabili peccatori e che sono stati confitti con i chiodi alla croce , le piaghe aperte dalle fruste dei persecutori ? Le Sue santissime lacrime ? Ma che razza di preti siete diventati, vi preoccupate tanto per le persone, e non ve ne importa niente se li condannate all' inferno in eterno ! Dovreste liberarli dai loro peccati invece li mandate all' inferno. Vergogna. jane

    RispondiElimina
  2. Cara Jane, non son più preti, questi, infatti io non attribuisco più loro nessun titolo ecclesiastico (a partire dal vertice in giù, fino all'ultimo curatino "à la page"), col tradimento di NSGC hanno perso l'autorità sostanziale e il diritto ad essere obbediti, a guidare il gregge di Cristo. Adesso dobbiamo solo evitarli, per il bene eterno delle nostre anime. Purtroppo verrà il momento della persecuzione giudiziaria, fisica, e allora il già piccolo resto si eroderà ancor di più (come ai tempi di Nerone), ma pazienza, sono cose che devono succedere, ma guai a chi le porrà in atto: gli abissi dell'inferno rovente sono lì per loro, pronti ad accoglierli (si dannano per pochi decenni di potere dittatoriale, poveretti loro !).

    RispondiElimina
  3. Il "cardinale" Bassetti (omen nomen) ha finalmente detto chiaro quello che tutti loro schifosi vogliono: sporcarsi. E sporcare la Chiesa. Perché sono sporchi dentro e fuori e pretendono anche l applauso. San Paolo li ha descritti benissimo sti culattoni maiali schifosi. Che brucino all inferno, secondo la loro pervicace scelta.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.