I tre marchiani errori di padre Cavalcoli
(di Corrado Gnerre) San
Pio da Pietrelcina, grande apostolo dei nostri tempi nonché grande
difensore della indissolubilità e santità della famiglia, un giorno
scrisse ad un figlio spirituale: “Il premio è promesso dal divin
Maestro non a chi ha ben incominciato, ma a chi persevera sino alla
fine. Vi basti l’esempio di Giuda, il quale incominciò bene, continuò
nel bene, ma non perseverò fino alla fine e andò perduto.”
Leggo dal sito vaticaninsider.lastampa.it un’intervista
rilasciata dal padre domenicano Giovanni Cavalcoli, famoso teologo che
indubbiamente aveva (eccome) iniziato bene, ma che per le cose che sta
dicendo da un po’ di tempo a questa parte sembra abbia rinnegato non
poco i suoi provvidenziali inizi.
Dispiace dirlo, ma nell’intervista
rilasciata dal Padre ci sono almeno tre evidenti errori che mai ci si
sarebbe aspettati considerando come e cosa scriveva il Nostro tempo fa.
Il primo errore
Il primo errore riguarda l’affermazione
secondo cui la comunione ai divorziati riguarderebbe la disciplina e non
la sostanza della dottrina dei sacramenti. Come si faccia a dire una
cosa del genere non lo so. So solo che in questo caso la logica salta.
Mi spiego. Che ci sia una differenza tra la dottrina dei sacramenti e la
disciplina degli stessi è vero, che la prima sia intoccabile mentre la
seconda sì, è altrettanto vero; ma che per la comunione ai divorziati si
tratti solo di una questione disciplinare è una grande sciocchezza sul
piano logico. Faccio un esempio (peraltro citato dallo stesso padre
Cavalcoli nell’intervista) la decisione di san Pio X di abbassare l’età
per ricevere la Prima Comunione e la permissione di riceverla più
frequentemente fu sì un cambiamento disciplinare ma che non toccava la
sostanza della dottrina. Lo sarebbe stato se si fosse detto: possono
accostarsi all’Eucaristia anche coloro che si trovassero in stato di
peccato grave. Ecco dunque un semplice ma chiaro problema (fa riflettere
il fatto che lo si debba dire ad un professore di teologia della
levatura di padre Cavalcoli): i cambiamenti disciplinari possono esserci
fatta salva la sostanza. Padre Cavalcoli pone male il problema dicendo
che ogni cambiamento disciplinare, perché non di sostanza, avrebbe
sempre una sua legittimità. La questione deve invece essere precisata in
questo modo: un cambiamento disciplinare non è più tale quando muta la
sostanza, se muta la sostanza non è più “disciplinare” ma “sostanziale”.
Il secondo errore
Padre Cavalcoli afferma che esiste il
peccato ma non esisterebbero le “condizioni di peccato”, perché il
peccato è sempre un atto della volontà. Egli dice nell’intervista: «Non
esistono “condizioni peccaminose”, perché il peccato è un atto, non è
una condizione, né è uno stato permanente. L’atto del peccato può essere
prolungato nel tempo, come può avere per sua essenza una durata
temporale (per esempio un furto in una banca); ma, trattandosi di un
atto della volontà, può essere interrotto in qualunque istante e
comunque cessa entro un certo lasso di tempo, una volta che l’atto è
compiuto. Quello che è permanente in noi per tutta la vita, anche nei
migliori, è la tendenza a peccare, conseguenza del peccato originale…” Siamo
all’assurdo. Convivere non è un atto di volontà? Due sono le cose: o la
convivenza e il concubinato sono legittimi oppure no. Se si ritengono
legittimi, cambia la dottrina. Se si ritengono illegittimi e si afferma
che essi non costituiscono condizioni peccaminose allora salta la
logica…e anche in questo caso la dottrina. Padre Cavalcoli fa l’esempio
del furto e dice che esso può essere interrotto… e la convivenza? Non
può anch’essa essere interrotta? Lo so che a riguardo si dice: ma ci
sono delle convivenze che ormai non possono più interrompersi perché
consolidate nel tempo e con figli da crescere ed educare… Ma bisogna
rispondere: anche queste convivenze devono essere interrotte. Padre
Cavalcoli dovrebbe ben conoscere che in tal caso l’interruzione non
riguarderebbe la forma ma la sostanza, prendendo tutte le precauzioni
del caso. I due conviventi dovrebbero vivere non più come marito e
moglie (perché non lo sono), ma semplicemente collaborando
all’educazione dei figli. La “Familiaris Consortio” al n.84 è chiara: “La
Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non
ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a
non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro
condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore
tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. (…). La
riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada
al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che,
pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo,
sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in
contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in
concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad
esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della
separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di
astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).”
“Educazione”, ecco un’altra questione che
in questi giorni si dimentica nel dibattito teologico. Ma è possibile
che nessuno pensa ai figli? Si dice: due divorziati che sono risposati
hanno comunque l’obbligo di educare i propri figli… giusto. Ma, appunto, educarli!
In questo caso l’educazione imporrebbe il far riconoscere visibilmente
ai figli (vivendo non come marito e moglie) lo sbaglio fatto affinché
anche i figli non lo ripetano nella loro vita. Ma questo –diciamocelo
francamente- non lo si dice perché tutto sommato non ci si crede più.
Inoltre c’è un’altra questione, quella
che la convivenza va a ledere inevitablmente l’indissolubilità. Ma padre
Cavalcoli crede o non crede che vita natural-durante i due coniugi
rimangono uniti sacramentalmente in Dio? Se è così, anche quando non vi è
più la possibilità di convivere, per esempio il caso del coniuge
abbandonato, questi è tenuto a continuare a sentirsi unito al proprio
marito o alla propria moglie pregando per lui. Un’unione che non finisce
con la separazione e che è esclusiva, e proprio perché tale non può
essere condivisa con altri, pena l’indissolubilità del matrimonio.
Questa è la logica.
Il terzo errore
Ma è proprio sulla logica la questione. E
vengo al terzo errore che fa padre Cavalcoli. Ovviamente non poteva non
venir fuori l’ipostatizzazione della Tradizione, la Tradizione che dai
tradizionalisti viene intesa come una sorta di libro, il fatto che non
si riconosca ad essa una dimensione “vivente” e via discorrendo… Ora,
premettendo che (è bene ripeterlo altrimenti padre Cavalcoli pensa che
noi “tradizionalisti” –definizione che a me non piace- siamo
impreparati) che Tradizione e Scrittura sono fonti “remote” della
Rivelazione, mentre il Magistero ne è fonte prossima… premettendo
questo, va detto che padre Cavalcoli quando parla del rapporto tra
Tradizione e Magistero si dimentica due importanti cose che mi limito
solo a citare perché necessiterebbero di molto più tempo. Primo, che il
Magistero non può nella storia entrare in contraddizione (ipotesi
tutt’altro che impossibile, infatti è contemplata teologicamente tant’è
che ne parlava già San Vincenzo da Lerino). Secondo: quella della
possibile fallibilità del papa. Nel primo caso, la palese contraddizione
implicherebbe che si segua ciò che è stato insegnato prima non ciò che
viene affermato dopo; nel secondo caso, va ricordato che l’infallibilità
del Papa non è infallibilismo. (di Corrado Gnerre)
http://www.corrispondenzaromana.it/i-tre-marchiani-errori-di-padre-cavalcoli/
Si spreca solo tempo a dar voce a questi traditori. Dico traditori non a caso :questi teologoni sono i peggiori, questi sanno tutto, capiscono perfettamente cosa è in ballo, e vogliono scientemente conciliare Cristo e Belial.
RispondiEliminache delusione......
RispondiEliminaGli anni passano e la senescenza cellulare galoppa. Forse è anche diventato anche allergico al pelo della gatta Ipazia, e si sa , alle volte l' allergia fa straparlare. Roba da matti !!!!!!!!!!!! jane
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