ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 22 ottobre 2015

La via fluida

Aprire no, discernere sì. Sui divorziati arriva in aiuto Wojtyla

Dalla relazione di Schönborn, assai apprezzata, l’indicazione della via fluida che c’è già nella Familiaris Consortio

foto LaPresse
Roma. “Ogni giorno ha la sua pena”, dice padre Federico Lombardi in uno degli ultimi briefing sinodali prima che il gran giorno (sabato) arrivi a determinare quel che sarà su divorziati risposati e altri temi controversi che hanno diviso e continuano a dividere i padri nell’Aula nuova. Così, dopo aver “confermato la smentita” sul presunto tumore benigno al cervello del Papa – “Qui non si sono visti medici giapponesi né voli d’elicottero”, ha sottolineato il direttore della Sala stampa vaticana – si è passati a discutere del tema centrale di giornata: le relazioni dei circoli minori sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, quella più delicata che già un anno fa aveva animato dispute non sempre improntate alla fraterna parresìa nel consesso sinodale.
Ci si attendeva molto dalla lettura dei testi, anche perché indicativi sulla piega che ha preso la discussione tra i padri e presagio del possibile risultato finale. La sorpresa arriva non tanto dai documenti marcatamente aperturisti pubblicati dai gruppi in lingua spagnola (soprattutto il primo, moderato dal cardinale Rodriguez Maradiaga, dove i divorziati risposati non ammessi alla comunione sono definiti “discriminati” e si chiede che la chiesa “apra le porte”), bensì in quello tedesco moderato dal cardinale Christoph Schönborn. Il testo – lungo, se rapportato ad altri – svetta per raffinatezza, chiarezza e profondità teologica, a dispetto della verbosità a tratti incomprensibile di altre relazioni, ed è stato votato all’unanimità (aspetto sottolineato dal cardinale Reinhard Marx), quindi anche con il consenso esplicito del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, in palese minoranza nel circolo formato per lo più da aperturisti.

ARTICOLI CORRELATI Al Sinodo Kasper cerca maggioranze, mentre i padri sono ancora commossi Appello per un sinodo laico “Esiste ancora il matrimonio naturale?”Scorrendo le fitte righe del documento, si capisce perché è stato possibile mettere insieme Kasper e Müller. Sul punto della comunione ai divorziati risposati, in particolare, ben lontani da quanto esplicitato dal card. Walter Kasper nella sua relazione concistoriale del febbraio del 2014, i padri scrivono che “non esistono soluzioni semplici e generali”. La dottrina non sarà certo “un lago stagnante”, ma i dibattiti, si legge ancora, “hanno mostrato chiaramente che sono necessari alcuni chiarimenti e approfondimenti per esaminare meglio la complessità di tali questioni alla luce del Vangelo, della dottrina della chiesa e con il dono del discernimento”. Ed è a questo punto che arriva la frase chiave. Nella fluidità della situazione e delle tensioni presenti, “possiamo però indicare alcuni criteri che aiutano a discernere. Il primo di questi viene dato da Papa san Giovanni Paolo II in Familiaris consortio n. 84”, cioè il paragrafo in cui Wojtyla spiegava che il pastore è chiamato a discernere le situazioni, tra chi ha cercato di salvare il proprio matrimonio ed è stato abbandonato ingiustamente e chi per “grave colpa” ha distrutto un matrimonio canonicamente valido. Il Pontefice polacco menzionava una terza fattispecie, anche questa ripresa dal circolo in lingua tedesca, e coinvolge “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono oggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. In sostanza, dunque, la relazione riprende le “aperture” di cui parlava Müller nella recente intervista a Focus, che sono nient’altro che quelle contenute nella Familiaris Consortio. Ma il testo suggerisce anche un cammino “di riflessione e di penitenza” che potrà contribuire “nel forum internum a prendere coscienza e a chiarire in che misura è possibile l’accesso ai sacramenti”. Niente di generalizzato, dunque; nessuna sanatoria, ma un percorso guidato e regolamentato da paletti chiari. Solo un altro gruppo (dei tredici complessivi) ha menzionato il “foro interno”, ed è il circolo di lingua italiana moderato dal cardinale Angelo Bagnasco. Nella relazione si legge che “i padri hanno convenuto su quattro punti”, relativamente alla questione dei divorziati risposati. In ordine alla partecipazione alla comunione, “ferma restando la dottrina attuale, discernere sotto la guida del vescovo e di presbiteri designati le singole situazioni con criteri comuni secondo la virtù di prudenza, educando le comunità cristiane all’accoglienza”. Tiepidi, invece, i circoli anglofoni: su quattro, tre hanno auspicato la riaffermazione dell’attuale insegnamento (e prassi pastorale), mentre il gruppo moderato dal cardinale Vincent Nichols ha proposto l’istituzione di una commissione ad hoc le cui determinazioni potrebbero essere assunte durante il Giubileo della misericordia. Divisi i circoli francofoni: se quello moderato dal cardinale Robert Sarah ha ribadito la contrarietà a ogni apertura, più possibilisti si sono mostrati i gruppi moderati dal cardinale Gérard Lacroix e da mons. Mauritius Piat.

Se l’auspicio era di trarre vaticini dalla lettura dei documenti, l’impresa è fallita. Le posizioni sono variegate e complesse: tra chi rimane ancorato a difesa della prassi attuale e chi chiede una rivoluzione vi sono diverse soluzioni intermedie, compresa la proposta di devolvere più poteri alle conferenze episcopali nazionali. Tesi che viene considerata da diversi padri come il corollario naturale al discorso di Francesco in occasione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi. La discussione, però, non è finita. C’è persino un padre – di lingua inglese – che ha fatto mettere a verbale che un Sinodo non è titolato a discettare di simili questioni: “Non è un Concilio”.
di Matteo Matzuzzi | 21 Ottobre 2015 

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/10/21/aprire-no-discernere-s-sui-divorziati-arriva-in-aiuto-wojtyla___1-v-134120-rubriche_c333.htm

Marx, Pell, Kasper e Napier. Quali “indebite pressioni” al Sinodo?


napier“Abbiamo percepito con grande turbamento e tristezza le dichiarazioni pubbliche di alcuni padri sinodali su persone, contenuto e svolgimento del sinodo.” Con questa frase si apre la relatio del circolo Germanicus riferita alla terza parte dell’Instrumentum laboris.
MARX PUNTA IL DITO SU PELL
A che cosa si riferissero i padri di lingua tedesca con queste parole lo ha chiarito il cardinale Marx, presidente della conferenza episcopale tedesca, nel corso del briefing con la stampa di ieri. Il “turbamento” e la “tristezza” erano riferiti alla intervista concessa dal cardinale Pell al quotidiano francese Le Figaro il 18 ottobre scorso.
In quell’intervista il cardinale australiano, tra i firmatari della lettera dei 13 cardinali al Papa, esprimeva un concetto esplicito in merito al fatto che la battaglia sinodale fosse soprattutto un affare interno alla chiesa tedesca. Una questione, diceva Pell, tra “ratzingeriani” e “kasperiani”.
ANCHE KASPER RISPONDE A PELL
Marx ha risposto dicendo che “nel sinodo non siamo in battaglia, Ratzinger non è contro Kasper”; circa le stesse parole che il cardinale Kasper consegna al Corriere della Sera. «È sleale coinvolgere papa Benedetto nelle questioni del Sinodo.”, dichiara Kasper, “E poi, con Ratzinger ci conosciamo da più di cinquant’anni! Abbiamo sempre cooperato, anche durante il suo pontificato… Ci sono state pure posizioni diverse, ma questo è normale, in teologia”.
Sia Marx che Kasper si dichiarano contro queste prese di posizione che “creano divisione”, mentre “il Sinodo è camminare insieme”. Si esprime così un concetto di fraternità e unità che è perfino ovvio, ma che rischia di annebbiare le cose in modo un po’ clericale.
LA LETTERA DEI 13 CARDINALI E LE “INDEBITE PRESSIONI” SUL SINODO
Infatti, la famosa lettera di preoccupazione dei 13 cardinali, come ha specificato un altro fimatario, il cardinale Napier, ha sortito i suoi effetti. Nel senso che, rispetto alla situazione ambigua creatasi nel sinodo 2014 con la discussa Relatio post-disceptationem, le cose nel 2015 si sono svolte con maggiore trasparenza.
Invece, è molto diffusa l’interpretazione mediatica che vuole inserire quella lettera nel calderone delle “pressioni indebite” sul Sinodo (e sul Papa). Tra l’altro affiancandola ad episodi di tutt’altra natura, come l’outing gay dell’ ex monsignore Charamsa, o la triste vicenda della notizia sulla salute del Papa.
Se quella lettera è uscita in modo spurio sull’Espresso (imprecisioni sui firmatari e sul contenuto), ciò non toglie che aveva sue motivazioni ed era stata consegnata direttamente nelle mani del Papa da chi l’aveva firmata. E’ molto difficile dire che debba essere considerata sullo stesso piano di altri fatti che nulla hanno a che fare con i toni e i contenuti della lettera, inoltre è chiaro che i firmatari non hanno agito nell’ombra con il destinatario della missiva, ma alla luce del sole. Ci pare abbastanza difficile anche sostenere che la velina sia poi stata passata alla stampa da ambienti vicini ai firmatari, molto più probabile che sia pervenuta da qualcuno a cui piace giocare su più tavoli.
C’E’ STATA O NO UNA CERTA PRESSIONE AL SINODO 2014?
Ma il punto è un altro. Il cardinale Napier nella conferenza stampa di martedì ha detto che nel 2014 c’erano elementi che lasciavano pensare che “il Sinodo fosse spinto in una certa direzione.” E fa due esempi:
  • il caso della Relatio post-disceptationem che veniva presentata “come se fosse venuta” dal dibattito, mentre, dice Napier, diceva delle cose che “io sapevo erano state dette nell’aula da due o tre persone al massimo”;
  • e poi ha detto: “Ho anche fatto parte della commissione che ha redatto il documento finale. E ci sono state anche lì alcune materie che ancora una volta venivano spinte in una certa direzione. Quindi in questo senso una particolare ideologia, o agenda, o come la si vuol chiamare, sembrava essere all’opera.”
Allora, ascoltando il cardinale sud-africano, viene da chiedersi: dove sono cominciate le “indebite pressioni” al sinodo?
LO STRANO CASO DELLA COMMISSIONE PER LA RELAZIONE FINALE
Ricordiamo che il cardinale Napier fu inserito nella commissione incaricata di redigere il testo finale in corsa, durante lo svolgimento dei lavori. Probabilmente per risolvere il malcontento evidente che si era manifestato in aula, soprattutto in riferimento alla Relatio post-disceptationem. Dentro quella commissione, scrive il vaticanista Magister, vi furono tre membri, mons. Bruno Forte, il cardinale Wuerl e mons. Fernandez, particolarmente attivi nello “spingere in avanti” una particolare ideologia. Di questa notizia ne ha avuto conferma anche lo scrivente.
Oggi, al sinodo 2015, la commissione incaricata di redigere il testo finale, assai discussa proprio per la sua composizione anche nella lettera dei 13 cardinali, ha ancora tra i suoi componenti mons. Bruno Forte, il cardinale Wuerl e mons. Fernandez. Insieme a loro, rispetto al gruppo del 2014, è stato confermato anche il preposito generale dei gesuti, Adolfo Nicolás Pachón, le cui posizioni in materia di sviluppo della dottrina sono note.
Tra le novità il cardinale neozelandese Dew, non eletto dai suoi confratelli, ma nominato direttamente dal Papa. Questo porporato è salito agli onori delle cronache nel 2005 quando, intervendo al sinodo sull’Eucaristia di Benedetto XVI, fu quasi l’unico che disse chiaramente che la Chiesa doveva trovare il modo di far accedere i divorziati risposati alla comunione. “Occorre”, disse, “affrontare lo scandalo di coloro che hanno fame del cibo eucaristico, proprio come occorre affrontare lo scandalo della fame fisica.”
Il cardinale Gracias (India) è un’altra novità della commissione nominata dal Papa. Questo cardinale ha notoriamente un approccio inclusivo nei confronti delle persone LGBT, e domenica scorsa ha concesso un’intervista a Francis DeBernardo dell’associazione New Way Ministry (vedi QUI) che da sempre si occupa della questione omosessuale nella Chiesa Cattolica. Ma la stessa associazione ha anche ricevuto una notificazione da parte della congregazione della Dottrina della Fede a proposito degli “scritti e delle attivià” dei fondatori, una suora e un prete più volte richiamati dalle autorità ecclesiali. In questa intervista, tra le altre cose, Gracias, ha ripetutamente sottolineato l’ovvietà che “la Chiesa è una madre che abbraccia tutti”, ma il contesto dell’intervista aiuta a confermare quanto già si sapeva, ossia la particolare sensibilità del porporato indiano verso le istanze delle persone LGBT.
UNA DOMANDA
Nel 2014 c’è stata o no una “spinta” che portava certe materie in discussione al sinodo verso “una certa direzione”? Le affermazioni di Napier e la lettera dei 13 cardinali fanno pensare di sì. Oppure sono solo preoccupazioni di qualche prelato troppo zelante? (Lo.Be)
Pubblicato il  in sinodo2015.
http://sinodo2015.lanuovabq.it/marx-pell-kasper-e-napier-quali-indebite-pressioni-al-sinodo/

Il mondo ha bisogno di una Chiesa che “gestisce il male” la trasformazione in «sani» mediante la conversione alle “prescrizioni mediche”

Dalla "penna teologica" (forse sacerdotale) da cui abbiamo fin troppo generosamente  attinto in uno stimato blog cattolico (QUI; QUI e QUI) la riflessione sul nostro stato di peccatori  bisognosi della misericordia di Dio che la Chiesa elargisce, su preciso comando del Divin Redentore da ... 2000 anni “tutti l’hanno dimenticata e adesso si ha come l’impressione che la Chiesa di punto in bianco sia diventata misericordiosa, mentre prima non lo era" come ha detto ieri Monsignor Stanisław Gądecki, vescovo di Poznań in Polonia e Presidente dell’Episcopato Polacco
Anche il sito " Tempi" oggi propone un articolo di Roberto Colombo con la medesima tematica: "Sinodo. Nell’apparente dialettica tra verità e misericordia il “grande assente” è il peccato".

***

La Chiesa cosiddetta “aperta” è una Chiesa che ha chiuso le porte alla guarigione, aprendole alla gestione della malattia.

«La realtà è che di “sani” in senso proprio non ce ne sono, dato che il peccato originale ci fa già nascere “infetti”.
Ci sono però dei guariti, per i quali il Divin Medico ha potuto agire: la volontà di guarire e quella di venir guariti si sono congiunte. Chiaramente anche il guarito non è esente dal rischio di ricadute.
La trasformazione in “sani” è possibile soltanto mediante la conversione alle “prescrizioni mediche”. 
Il cristianesimo è in sostanza una terapia, la più geniale (solo Dio poteva pensarla) ed efficace che esista.
In che cosa consisterebbe allora il dovere di “non chiudersi” di una Chiesa? 
O di essere un “ospedale da campo”? 
Forse nel negare la malattia diffusa, così diffusa da riguardare anche alcuni esponenti del “personale sanitario”? 
Forse nel non curare i malati? 
Non sarebbe più una Chiesa.
In realtà qui il paradosso è che “l’ospedale” auto-ridottosi a tendopoli, quasi rinunciando a ben altri mezzi che la “scienza medica” ha sviluppato sotto la guida del Medico divino, sta imparando dai malati soprattutto ad ammalarsi… 
Non sta più “insegnando” a guarire! 
Si è passati dalla TAC, il trapianto di cuore e persino il miracolo (in senso proprio!) alla distribuzione di “misericordine” e pannicelli caldi. Si sopravvive…
Ma allora perché dubitare dell’Unico Medico e della Medicina? Perché non offrirla con convinzione e umiltà a tutti, sapendosi, per ben che vada, dei “portatori sani” della medesima malattia (il peccato) che ammorba il mondo? 
Rileggiamo Martini in un altro modo: siamo tutti alla ricerca della guarigione, ma una sola è la cura efficace. 
E se chi la può dare, la tace, ascolteremo le esperienze dei malati, perfino affascinanti, ci aiuteremo nel lenirci le sofferenze, ma abbiamo rinunciato a guarire!
Allora la Chiesa cosiddetta “aperta” in realtà è una Chiesa che ha chiuso le porte alla guarigione, aprendole alla gestione della malattia. 
Non sfugga che è un meccanismo caro ai potentati attuali del mondo: ti ammalano per curarti (paghi il cibo che ti ammala e paghi il farmaco che ti tiene in vita, malato); allo stesso modo con i soldi, ti indebitano per farti pagare gli interessi. 
Vivi indebitato, ci servi così! 
Cosa dice invece Gesù? 
Rimettete il debito, risolvete il problema! 
Il “mondo” ha bisogno di una Chiesa che “gestisce il male”.
Oggi la seconda lettura è stata particolarmente edificante.
Fratelli, parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza...
Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. 
Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? 
Il loro traguardo infatti è la morte. 
Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. 
Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Per essere ancora più espliciti:
Servi della malattia (di chi ammala, il Maligno, che ti imbroglia), ci si sente “liberi” dalla giustizia (solo dosi di placebo…) e si lavora per il peccato (che ci mantiene come siamo), salariati con la morte.
Servi della guarigione (di chi guarisce, il Medico, che dice la verità), ci si sente “liberi” dal peccato (ci vuole ascesi) e si lavora per la santità (che ci trasforma), salariati con la vita (eterna).»

La Repubblica
(Paolo Rodari) Poco meno di un anno fa, nei tradizionali auguri di Natale rivolti al Vaticano, Francesco chiese scusa per gli scandali provocati da 15 malattie curiali. Tra queste, le chiacchiere che alimentano maldicenze, falsità, perfino notizie infondate. Dieci mesi dopo chiacchiere e scandali esistono ancora. E i lavori del Sinodo sulla famiglia, dopo il coming out del teologo Charamsa (sospeso dal vescovo della sua diocesi) e la lettera dei 13 padri sinodali critica sul Papa, vengono ancora turbati da notizie che hanno il sapore dei veleni dei leaks fatti uscire ad arte sul finire del pontificato di Benedetto.Lasciando alla spicciolata ieri sera l' aula sinodale, infatti, i padri riflettevano l' umore messo in pagina nel pomeriggio anche dall' Osservatore Romano : «Siamo davanti a un polverone sollevato con intendo manipolatorio». Dentro l' Aula il confronto, accesso, è stato su temi delicati. I 13 circoli minori di lavoro linguistici, le cui relazioni sono state pubblicate ieri, hanno mostrato divisioni e visioni contrapposte sulla comunione alle coppie che si sono risposate civilmente: c' è chi ha ipotizzato una commissione, chi ha invocato la decisione papale, chi il discernimento caso per caso. Qualcuno è addirittura arrivato a proporre un Concilio. Il gruppo di lingua tedesca non si è fermato alla questione dei divorziati. Per voce di uno dei suoi esponenti più autorevoli, il cardinale Reinhard Marx, membro del gruppo dei C9 che aiuta Francesco nella riforma della Chiesa, ha preso apertamente posizione contro un altro porporato, l' australiano George Pell, accusandolo di aver tentato di inquinare i lavori con dichiarazioni «aggressive e irresponsabili alla stampa». Con «costernazione e tristezza - hanno scritto i presuli di lingua tedesca - abbiamo preso atto delle dichiarazioni pubbliche di alcuni padri sinodali. Ciò contraddice lo spirito del Sinodo nelle sue regole più elementari. Le immagini e i paragoni utilizzati sono non solo indiscriminati e falsi, ma feriscono. Prendiamo le distanze in modo deciso». Soltanto pochi giorni fa Pell aveva concesso un' intervista al quotidiano francese Le Figaro nella quale aveva parlato di una "battaglia tra kasperiani e ratzingeriani". Ma «nel Sinodo non siamo in battaglia, Ratzinger non è contro Kasper », ha scandito ancora ieri Marx. Il gruppo tedesco è stato tra i più coraggiosi anche in merito ai divorziati. Con decisione unanime (nel gruppo i cardinali Kasper, Müller, Schönborhn e Marx), hanno chiesto il ricorso alla valorizzazione del «foro interno » come luogo nel quale, con l' aiuto di un padre spirituale, una persona può maturare l' accesso ai sacramenti. Anche perché, hanno detto, in generale «il dibattito ha mostrato che non c' è soluzione facile e generalizzata». Il primo circolo di lingua inglese, invece, moderato da Pell, ha ribadito «a maggioranza » che va mantenuta l' esclusione della comunione ai divorziati risposati e ha specificato che la questione «non dovrebbe essere lasciata alle singole conferenze episcopali». Ma, ha detto in un altro circolo monsignor Charles Chaput, essa andrebbe trattata in un «concilio ecumenico e non in un Sinodo». Per il mantenimento, senza se e senza ma della disciplina vigente, contraria all' accesso alla comunione, si è espresso anche il gruppo francese moderato dal cardinale Robert Sarah, porporato africano che alla vigilia dell' assise disse che l' ostia ai divorziati risposati «tradisce il Vangelo». Tuttavia, ha ricordato il primo gruppo italiano moderato dal cardinale Montenegro, bisogna iniziare a «distinguere la varietà di situazioni» e proporre un «prudente discernimento pastorale sotto l' autorità finale del vescovo». Così, in sostanza, anche il circolo "Italicus B" del cardinaleMenichelli: «A oggi non è possibile stabilire criteri generali inclusivi di tutti i casi, talvolta molto diversificati fra loro». Di qui l' appello al «discernimento, primariamente del vescovo». Molti altri temi sono stati evocati nelle relazioni dei circoli minori, dalla contraccezione alle coppie di fatto, dai matrimoni misti all' Humanae vitae. «Non cambiamo la verità, cerchiamo una verità più grande», ha detto ancora ieri Marx. La dottrina non è un «negozio chiuso» e «quando diciamo "stiamo con voi" nelle situazioni difficili non vogliamo distruggere le fondamenta del matrimonio ma rafforzarlo». Il cardinale Daniel Fernando Sturla, arcivescovo di Montevideo (Uruguay), ha ribadito invece l' auspicio che il Papa possa avere «l' ultima parola». Ma a oggi è certo soltanto che l' orientamento prevalente nei circoli minori sulla comunione ai divorziati si tradurrà, salvo sorprese, in un passaggio della relazione finale del Sinodo. E che questo documento verrà votata in Aula sabato.
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-il-sinodo-si-spacca-sull-ostia.html
Avvenire
(Stefania Falasca) «Siamo al Sinodo, non siamo in battaglia ». Ha risposto così il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco- Frisinga e presidente della Conferenza episcopale tedesca, intervenendo al consueto briefing con i giornalisti in Sala Stampa vaticana. «Non cambiamo la verità - afferma il porporato tedesco - ma cerchiamo di coniugarla con il vissuto delle persone. Nella tradizione della Chiesa dottrina e prassi vanno sempre insieme: il Sinodo non è un Concilio, non elaboriamo documenti magisteriali, ma consigliamo il Papa nelle sue decisioni». «Il Sinodo quindi - ha ribadito - non è certo alla sua conclusione. Sta aprendo il cammino alle decisioni del Santo Padre. Noi stiamo adesso per giungere al termine delle nostra assemblea e consegneremo la nostra Relatio finalis, le nostre propositiones al Papa perché faccia le sue considerazioni». Insieme al cardinale Marx anche il cardinale Daniel Fernando Sturla Berhouet, arcivescovo di Montevideo, in Uruguay, e l' arcivescovo Eamon Martin, presidente della Conferenza episcopale irlandese, hanno risposto alle domande dei giornalisti. Il presidente dei vescovi tedeschi ha voluto ribadire che la dottrina della Chiesa si basa sulla famiglia fondata da un uomo e una donna che dicono "sì", che vogliono stare insieme per sempre, che hanno dei figli. «È vitale che la Chiesa riaffermi l' importanza di questa dottrina - ha detto Marx - ma la Chiesa deve essere anche attenta ai sogni che si spezzano, di fronte alle tante crisi, alle difficoltà, ai fallimenti». «Cosa succede - si è chiesto il porporato - quando c' è un insuccesso? Cosa fa la Chiesa? Dobbiamo esprimere vicinanza anche quando c' è stato un fallimento. Dire: "Siamo con te". Ecco, questo è ed stato un po' il centro della discussione». Va dunque sottolineato il «rimanere insieme» con la Chiesa, l' appartenenza ad essa, nonostante gli errori commessi. Per il cardinale tedesco, il Sinodo ha inteso mettere l' accento sulla famiglia perché essa è il centro della Chiesa e della società, «anche ai fini dell' evangelizzazione, per l' umanizzazione dell' umanità ». Pertanto c' è da ringraziare per aver affrontato questo tema «per cercare di migliorare la nostra funzione e aprire a tutto il mondo il dialogo sul matrimonio e sulle famiglie». «Questo è importante - ha aggiunto - perché c' è molto da fare per sostenere e rafforzare la famiglia, per accompagnare le famiglie e noi vogliamo dare questo messaggio al mondo». In tale direzione, anche il cardinale Sturla Berhouet ha espresso l' immagine di una Chiesa «compagna di strada». E che «non può essere un club di persone perfette, ma una casa con le porte aperte». «Ora è importante che tutta la Chiesa si metta in preghiera per il Sinodo e per il Santo Padre» ha ripreso l' arcivescovo irlandese Eamon Martin. Nel Circolo minore da lui moderato, ha detto Martin, c' è stato «accordo in generale » sulla necessità di un «accompagnamento pastorale » per i divorziati risposati. Il cardinale Marx ha riportato come alcuni Circoli minori abbiano proposto di rimettere al Papa la questione e altri, nell' approfondire forme di partecipazione alla vita della comunità cristiana, si siano interrogati sulla necessità di mantenere certi limiti attuali, come essere lettori o partecipare ai consigli pastorali. E come in uno dei Circoli italiani si sia d' accordo sull' esigenza di affrontare questi casi avendo particolare cura nel distinguere la varietà di situazioni, promuovendo comunque itinerari di fede, di riconciliazione e di integrazione nella comunità ecclesiale; e l' importanza che questi itinerari comprendano un accurato e prudente discernimento. Nel Circolo di lingua tedesca, ha detto sempre Marx, si è proposto che la situazione dei divorziati risposati possa essere affrontata valorizzando quello che la Chiesa definisce il «foro interno ». La valutazione cioè, caso per caso, della possibilità dell' accesso ai sacramenti tramite il discernimento, precisando che «il foro interno non è una Commissione», ma piuttosto la traduzione di una delle indicazioni fornite da san Tommaso D' Aquino, quando esorta a «tener conto delle differenti situazioni, operando un discernimento che si ispiri ad alcuni criteri di fondo». Marx ha quindi voluto concludere con una citazione shakespeariana: «La natura della misericordia non è la forza, è come la pioggia gentile che viene dal cielo e fa crescere; e benedice chi la offre e chi la riceve».
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/10/vaticano-sinodo-coniugare-la-verita-con.html

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