http://www.scuolaecclesiamater.org/2015/10/regola-eccezione-caso-per-caso-in-un.html |
“Caso per caso”… E staremo a vedere…
Alla fine è andato tutto nell’unico modo in cui poteva andare nella partita in corso al Sinodo. La “gioiosa macchina da guerra” del progressismo illimitato non poteva certo perdere questa occasione avendo l’arbitro dalla sua parte, e ha tenuto duro, e ha vinto, sebbene non del tutto: come essi stessi hanno dichiarato, specie i tedeschi (che non cambiano mai, in nulla), c’erano troppi “negri” fastidiosi al Sinodo, che hanno rubato loro la vittoria totale impedendogli la dichiarazione pro-omosessualista.
La parte cosiddetta “conservatrice” non poteva cedere in linea di principio. E così, ecco il compromesso democristiano (l’unico vero dogma ipostatico della Chiesa contemporanea): si valuterà “caso a caso” (sugli omosessuali appuntamento alla prossima puntata. Magari con qualche nero in meno, se possibile). Che, tradotto in pratica, è come dire: “noi abbiamo stabilito così, ma se voi conservatori non vi adeguate fate un po’ come vi pare per qualche tempo, poi tanto vi adeguerete per non restare indietro col passo dei tempi (Papa Bergoglio lo ha appena ricordato: «i tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente») oppure prima o poi morirete e tutto sarà ricomposto nell’ordine della dissoluzione programmata”. Tanto, i gioiosi progressisti sanno bene che tutto il mondo massmediatico, culturale, “civile” e la gran parte dei fedeli rimbambiti da decenni di buonismo diffuso a iosa dentro e fuori la Chiesa stanno con loro, a partire dai parroci, che sono i primi dissolutori della Verità da cinquant’anni anni a questa parte.
Per quanto si voglia – come al solito – presentare questa situazione nel suo lato più accettabile possibile, per quanti specchi si vogliano salire con le unghie, per quanto si faccia ogni sforzo per edulcorare la scena, la realtà delle cose è più che evidente: si leggono ovunque commenti che sostengono che non sia cambiato nulla, che la Comunione non è neanche nominata nella Relatio, ecc. Ma, se così fosse, a cosa si riferirebbe la decisione di valutare caso per caso? Si valuta caso per caso cosa? Se non fosse cambiato nulla, perché ottanta padri avrebbero votato contro? Contro cosa, se nulla è cambiato? Per cambiare la Verità oggettiva non serve scrivere una parola in un testo. Basta cambiarla coi fatti.
La verità è palese a chiunque non abbia abdicato all’uso corretto e onesto della propria intelligenza: 1) è stato compiuto un passo avanti – magari non grande come i gioiosi progressisti e la loro guida avrebbero voluto – verso la dissoluzione di ogni certezza oggettiva del magistero cattolico: quando si vota caso per caso su una verità di fede o morale, è ovvio che non esiste più l’oggettività intangibile; 2) la Chiesa è divisa al suo interno e se non si va allo scisma è solo per la codardia dei conservatori.
Da questo momento infatti non v’è più certezza nella Chiesa Cattolica. Quale docente di filosofia morale, o di bioetica, potrà più insegnare con certezza interiore i valori della famiglia perenne, come della filosofia perenne, come del diritto naturale perenne? Quale teologo terrà più conferenze sostenendo l’immutabilità della verità eterne? E non parliamo dei dogmi… Quale parroco, quale predicatore, quale laico cattolico impegnato potrà più sostenere contro tutto e contro tutti la Verità della Fede quando questa è modificata, o perlomeno adattata, anzitutto dai vescovi, dai cardinali e dal loro capo in primis… “caso per caso”?
E non si tratta solo della Comunione ai divorziati. Si tratta dell’intera struttura della morale divina e naturale. Chi potrà ancora condannare l’aborto, se questi signori sinodali, che nemmeno si sono degnati di nominarlo in questo consesso, al prossimo sinodo potrebbero mettere ai voti ogni cosa? Chi potrà ancora battere il pugno contro l’omosessualismo, se sappiamo tutti perfettamente che al prossimo sinodo accadrà con questo esattamente quello che ora è accaduto con la Comunione ai divorziati? E non parliamo delle problematiche “minori”! Contraccezione, rapporti prematrimoniali, ecc. Queste sono ormai bagattelle per tradizionalisti fuori dalla realtà o per “negri” rimasti nel buio dei secoli passati in confronto alla luce artificiale che viene dalla Germania. Sarà il fluire del tempo e la vittoria dell’Uomo e della sua repubblica universale e religione unica a fare giustizia di questi tardoni.
Quando la Verità eterna, i precetti evangelici, il diritto naturale, si mettono ai voti, che rimane se non il “panta rei” dell’evoluzionismo teologico, base primigenia del modernismo condannato da san Pio X? Quando la democrazia totalitaria del “libero voto in libera Chiesa” prende il posto della Rivelazione immutabile, su quale certezza si potrà costruire una qualsiasi fede in una verità invalicabile?
Non basta affermare – come vedo che già molti fanno – che in fondo non è cambiato nulla. Se non fosse cambiato nulla, a cosa caspita sarebbe servito questo sinodo, e il presinodo dell’anno scorso, e tutti i dibattiti, le dichiarazioni, le sentenze, le lotte, e tutto il resto che ci ha riempito la bile in questi tre anni? È stato tutto uno scherzo? Non avevano nient’altro da fare i padri sinodali? Se così fosse, sarebbe un trionfo dei conservatori! Ma così non è e lo sappiamo tutti perfettamente. Nessuno infatti parla di trionfo dei conservatori. In realtà, il gioiello del Depositum Fidei è stato colpito e sfregiato. E questo, lo sappiamo tutti perfettamente, è solo l’inizio.
Quando la misericordina e la tenerezza prendono il posto della spada di san Paolo, quale fiducia integrale si può avere nelle verità eterne della nostra religione?
Quando il Successore di Pietro afferma che la Chiesa non emana anatemi (occorrerebbe fare il conto di quante centinaia, forse migliaia, di anatemi la Chiesa ha emanato nel corso dei millenni… ottanta solamente in un documento, il Sillabo del beato Pio IX nel 1864), che tradotto vuol dire che non condanna più nessun errore, cosa rimane delle chiavi e come deve essere più inteso il mandato di pascere le pecore nella Verità, quell’unica Verità che ci fa liberi, mentre la menzogna ci rende tutti schiavi del menzognero per antonomasia?
“Caso per caso”. E secondo quali criteri? E chi lo stabilisce? Se una coppia di divorziati risposati si ritrovano in una diocesi con un vescovo conservatore che nega loro la Comunione, e vedono che invece i loro amici o parenti – che vivono nella medesima situazione – trovandosi in un’altra diocesi con un altro vescovo la possono prendere, quale giustizia si può trovare in questo? Paradossalmente, sarebbe una vera ingiustizia contro la prima coppia, la quale non dovrebbe fare altro che andare a vivere nell’altra diocesi (perlomeno prendervi la residenza) per ottenere giustizia egualitaria e democratica.
Se tutto diventa soggetto ai voti, se non esiste più una certezza oggettiva, ciò che oggi questi signori hanno stabilito domani potrebbe essere invertito (termine piuttosto gradito nei loro ambienti…) nuovamente, come accade più o meno nelle moderne democrazie totalitarie. Non si può fare finta che in fondo poteva andare peggio e la dottrina si è mantenuta salda: “caso per caso” non si è mai sentito nella Chiesa Cattolica, la cui essenza costitutiva è la difesa e l’insegnamento dell’oggettività e dell’eternità della Verità.
“Caso per caso” è la sottile vittoria dello storicismo relativista della modernità atea: niente più verità oggettive sempre e dovunque e per ogni uomo. Caso per caso… voto per voto… Panta rei.
Non bisogna pensare che tutto questo sia frutto di sfortuna o dell’opera di un solo uomo coadiuvato dai suoi sgherri teologici. Tutto questo ha radici antiche, ormai. Le piante non nascono tutto d’un tratto. Tutto questo è il frutto dello spirito della nuova pentecoste, che ha soffiato al Concilio appunto, che ha soffiato ad Assisi, che ha soffiato per decenni ispirando centinaia e centinaia di follie commesse ovunque, con un crescendo esponenziale, da una massa indefinita di preti di ogni rango, genere e tipo. Ma questo spirito della nuova pentecoste non ha nulla a che vedere con lo Spirito Santo che discese a Pentecoste: ne è il sostituto temporaneo.
Ecco i giorni delle grandi decisioni! Sono alla fine arrivati.
Che faranno ora i conservatori, quegli ottanta che comunque hanno votato contro? Ottanta non sono pochi, tutt’altro. Diranno “Non licet!”, alzandosi in piedi e proclamando ai quattro venti la Verità pronti ad affrontare tutto ciò che logicamente e teologicamente ne può conseguire o si staranno zitti brontolando, come fanno da decenni, sottovoce con qualche fedele ancora così stupido da essere disposto di stare ancora a sentire questi brontolii come se fossero specchio di chissà quale ribellione che tanto non avverrà mai?
Cosa farà ora il papa emerito, bandiera illusoria di rivincita per tanti buoni finora tristemente gabbati? Si alzerà in piedi e urlerà “Non licet”? (Per parafrasare le nostre beneamate femministe, “se non ora, quando”?) O continuerà beato nel suo “buen retiro”, come se niente fosse, a dirci che lui è con papa Bergoglio?
Questi sono i giorni della tragedia, tragedia che è solo all’inizio, in quanto la meta di questi signori gioiosi progressisti è la condivisione di ogni follia di questa società, a partire dall’omosessualismo in poi (come hanno inequivocabilmente dichiarato) passando per l’avallo dell’invasione della nostra società e della distruzione del nostro popolo, della nostra identità, della nostra cultura e civiltà, per arrivare alla religione unica per l’intera umanità. Sono i giorni in cui siamo senza padri, eccetto singoli casi meritevoli, senza una bussola che ci guidi verso la Verità, con i lupi dentro l’ovile. È il frutto inevitabile dell’apertura della Chiesa di Cristo ai diritti dell’uomo, all’umanesimo, al mondo.
Sono i giorni in cui si avverano fino alle ultime conseguenze (o quasi) le profezie della Vergine e dei santi sulla crisi della Chiesa.
Disfattismo totale, quindi? Umanamente parlando è tutto perduto, nella politica mondiale come nella Chiesa. Ma noi siamo cristiani proprio perché sappiamo che oltre l’umano esiste e agisce il divino e che Dio non abbandonerà mai la sua Chiesa e su questa le porte dell’inferno non prevarranno, per promessa divina. Proprio l’immenso tradimento degli uomini di Chiesa, peraltro profetizzato da Cristo stesso e poi da san Paolo nel Nuovo Testamento, e quindi tante volte come detto dalla Vergine e dai santi nelle apparizioni private, ci rassicura che l’intervento risolutore non può ancora tardare molto. Questi signori corrono come pazzi verso il baratro, come quei porci che si gettarono dalla rupe quando Nostro Signore esorcizzò l’indemoniato e i demoni entrarono in loro. Il nostro compito, il nostro dovere, è quello di non seguire questi signori, ma seguire la Verità divina, la Verità rivelata, la verità naturale, la verità stabilita e sempre insegnata per secoli dalla Chiesa. E testimoniarla questa verità, contro tutto e contro tutti, nessuno escluso.
Tutto il resto è nelle mani di Dio e noi dalla parte di Dio ci schieriamo. E staremo a vedere.
http://www.civiltacristiana.com/caso-per-caso-e-staremo-a-vedere/
Non possumus
Il Sinodo sulla famiglia si è concluso nella maniera più prevedibile, ma anche in un certo qual modo nella maniera più pericolosa.
A riguardo ci riferiamo soprattutto alla questione dell’Eucaristia per i divorziati risposati.
La decisione secondo la quale la questione andrebbe decisa “caso per caso” non solo va a ledere il principio dell’indissolubilità del matrimonio, ma pone problemi tanto sul piano ecclesiologico quanto su quello della teologia morale.
Prima di tutto non evita il “vulnus” al principio dell’indissolubilità del matrimonio, perché nel caso dei divorziati-risposati non si parla ovviamente di coloro che hanno ricevuto una dichiarazione di nullità per il precedente matrimonio (in questo caso non si tratterebbe di divorziati) bensì di soggetti che (indipendentemente dalle situazioni singole che potrebbero anche comportare delle attenuanti per il giudizio di Dio) volontariamente hanno interrotto una relazione, decidendo (risposandosi o convivendo) per una vita di adulterio continuato.
Questo discorso vale anche per i divorziati cosiddetti “abbandonati” (coloro che non volevano precedentemente interrompere il matrimonio) perché anche per costoro vi è l’obbligo (indubbiamente pesante, ma la fede impone credere che Dio mai abbandona nelle prove che permette) di proseguire l’unione con il legittimo coniuge continuando almeno a pregare per lui.
Dunque, ammettere in linea di principio che anche costoro possano (in alcuni casi) ricevere l’Eucaristia (dovendo l’Eucaristia per legge divina essere ricevuta sempre in stato di Grazia) vuol dire ritenere che per questi non si possa e non si debba parlare di adulterio continuato e -se non si può parlare di questo- vuol dire che il matrimonio non è più indissolubile. La logica è logica.
Ma –dicevamo- una simile “soluzione” pone problemi sul piano ecclesiologico perché tende a favorire ciò che già si paventava da tempo. Se finora era già frequente che in sede di Sacramento della Penitenza (Confessione) vi fossero delle differenze di trattamento a seconda dei contesti geografici (in alcuni Paesi la Confessione sembra ormai sparita), ora sarà ancora più frequente una sorta di differenza tra confessionale e confessionale, tra parrocchia e parrocchia. I divorziati risposati in tal caso arriveranno facilmente a dirsi: ti consiglio quel confessore piuttosto che quell’altro perché il primo ci capisce, l’altro no. Insomma, l’assoluzione come prodotto da discount. Problema, questo, ecclesiologico perché in tal caso ancor più verrà meno l’universalità della verità cattolica.
Problema anche morale, perché in tal caso aumenterà la deriva “coscienzialista” nell’analisi dell’atto morale. Molti divorziati-risposati, prescindendo dalla morale oggettiva, si sentiranno sempre più in “coscienza” di non essere in stato di peccato e di potersi accostare all’Eucaristia, trasformando la “coscienza” da “luogo morale” in cui riconoscere ciò che è oggettivamente bene e ciò che è oggettivamente male a “luogo morale” in cui poter decidere cosa è bene e cosa è male.
Detto questo, la Confederazione Civiltà Cristiana ritiene che la conclusione del Sinodo non possa essere accettata. Su questo punto si sente di “resistere” in nome della fedeltà alla legge divina che mai potrà mutare.
A riguardo ci riferiamo soprattutto alla questione dell’Eucaristia per i divorziati risposati.
La decisione secondo la quale la questione andrebbe decisa “caso per caso” non solo va a ledere il principio dell’indissolubilità del matrimonio, ma pone problemi tanto sul piano ecclesiologico quanto su quello della teologia morale.
Prima di tutto non evita il “vulnus” al principio dell’indissolubilità del matrimonio, perché nel caso dei divorziati-risposati non si parla ovviamente di coloro che hanno ricevuto una dichiarazione di nullità per il precedente matrimonio (in questo caso non si tratterebbe di divorziati) bensì di soggetti che (indipendentemente dalle situazioni singole che potrebbero anche comportare delle attenuanti per il giudizio di Dio) volontariamente hanno interrotto una relazione, decidendo (risposandosi o convivendo) per una vita di adulterio continuato.
Questo discorso vale anche per i divorziati cosiddetti “abbandonati” (coloro che non volevano precedentemente interrompere il matrimonio) perché anche per costoro vi è l’obbligo (indubbiamente pesante, ma la fede impone credere che Dio mai abbandona nelle prove che permette) di proseguire l’unione con il legittimo coniuge continuando almeno a pregare per lui.
Dunque, ammettere in linea di principio che anche costoro possano (in alcuni casi) ricevere l’Eucaristia (dovendo l’Eucaristia per legge divina essere ricevuta sempre in stato di Grazia) vuol dire ritenere che per questi non si possa e non si debba parlare di adulterio continuato e -se non si può parlare di questo- vuol dire che il matrimonio non è più indissolubile. La logica è logica.
Ma –dicevamo- una simile “soluzione” pone problemi sul piano ecclesiologico perché tende a favorire ciò che già si paventava da tempo. Se finora era già frequente che in sede di Sacramento della Penitenza (Confessione) vi fossero delle differenze di trattamento a seconda dei contesti geografici (in alcuni Paesi la Confessione sembra ormai sparita), ora sarà ancora più frequente una sorta di differenza tra confessionale e confessionale, tra parrocchia e parrocchia. I divorziati risposati in tal caso arriveranno facilmente a dirsi: ti consiglio quel confessore piuttosto che quell’altro perché il primo ci capisce, l’altro no. Insomma, l’assoluzione come prodotto da discount. Problema, questo, ecclesiologico perché in tal caso ancor più verrà meno l’universalità della verità cattolica.
Problema anche morale, perché in tal caso aumenterà la deriva “coscienzialista” nell’analisi dell’atto morale. Molti divorziati-risposati, prescindendo dalla morale oggettiva, si sentiranno sempre più in “coscienza” di non essere in stato di peccato e di potersi accostare all’Eucaristia, trasformando la “coscienza” da “luogo morale” in cui riconoscere ciò che è oggettivamente bene e ciò che è oggettivamente male a “luogo morale” in cui poter decidere cosa è bene e cosa è male.
Detto questo, la Confederazione Civiltà Cristiana ritiene che la conclusione del Sinodo non possa essere accettata. Su questo punto si sente di “resistere” in nome della fedeltà alla legge divina che mai potrà mutare.
Bello, ma sarebbe ora di dire chiaro e tondo, che non si può accettare il Concilio Vaticano II, che il roncallismo massonico ha condotto all'enzobianchismo e al bergoglismo. E poi, via dai calzari la polvere di questa chiesuola frociante.
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