Mamma li Turchi
Che con il massone Atatürk la Turchia si sia aperta alla cultura occidentale sarà pure in parte vero, ma i segnali odierni fanno decisamente pensare a una volontà di restaurazione della potenza ottomana. L’attuale stile di governo propende sempre più fortemente verso un sistema islamico autoritario, avendo ordinato la sanguinosa repressione di una vasta protesta di piazza e continuando a incarcerare giornalisti scomodi, nonché a freddare i difensori dei curdi.
È sempre lo stesso governo che invia rifornimenti all’ISIS e che per pura rappresaglia ha abbattuto un caccia russo, dopo che i Russi avevano bombardato un consistente convoglio destinato ai tagliagole (l’unica mossa veramente efficace per contrastarli, che la coalizione occidentale – stranamente – si guarda bene dal fare, nonostante disponga di satelliti e droni capaci di rintracciare qualunque cosa su qualsiasi punto del pianeta).
A questo governo l’Unione Europea ha appena regalato la modica cifra (iniziale) di tre miliardi di euro, che dovrebbero teoricamente servire a soccorrere in loco i profughi siriani. In questa maniera la Turchia ha preso i proverbiali due piccioni con una fava. Dopo averci tacitamente minacciati con l’invasione di milioni di disperati che raggiungono l’Europa attraversando il suo territorio, essa si è ora impegnata – ma quale valore ha la parola data da musulmani ad infedeli? – a tenerseli a casa (se poi rinchiusi a morire di fame in campi di concentramento, chi ne parlerà?) in cambio di una somma enorme che potrebbe essere più facilmente spesa nell’acquisto di armamenti da opporre alla Russia. Il capo di quest’ultima, da buon ex-agente del KGB, mantiene per ora i nervi saldi, ma, se fosse provocato a oltranza, come altre volte potrebbe andare per le spicce…
Contemporaneamente la Turchia ha riportato l’enorme successo di veder riaprire il vecchio discorso dell’ingresso nell’Unione in qualità di paese europeo (da quando?). Certo, l’Alto Rappresentante [sic] della nostra politica estera (perfetta sconosciuta tirata fuori da non si sa dove e piazzata in un posto dal quale fa ridere i polli) ha severamente richiamato il necessario rispetto dei diritti umani da parte del Paese in questione, il cui governo si sarà di conseguenza terribilmente impaurito; ma, a parte la trita dichiarazione di rito, sembra che i nostri governanti, proprio nel centenario del genocidio armeno, siano pronti ad accogliere i Turchi a braccia aperte. Sarà banale, ma la saggezza popolare ci ricorda che il lupo cambia il pelo, ma non il vizio. Ora, purtroppo, non abbiamo più un san Pio V o un beato Innocenzo XI (tutt’altro!); possiamo almeno sperare in un novello padre Marco da Aviano?
Il patriarca siriano: "Bisogna fermare il conflitto alle radici, non fare discorsi sull'accoglienza"
di Matteo Matzuzzi
| 06 Settembre 2015
Il patriarca della chiesa cattolica greco-melkita, Gregorio III Laham
Nella ridda di dichiarazioni, commenti, analisi
sulla emergenza migratoria (analisi che spesso hanno il difetto non
secondario di non distinguere tra migrante e profugo, concetto invece
ben chiaro alla cancelliera tedesca Angela Merkel), fanno rumore le
parole di un presule siriano, il patriarca cattolico greco-melkita,
Gregorio III Laham. Lontano dalla retorica, il patriarca ha consegnato al portale AsiaNews (del Pontificio Istituto Missioni Estere)
una analisi lucida della reale portata del problema, prospettando anche
quale sia – a suo giudizio – l’unico modo per evitare che tragedie come
quella del “bambino curdo siriano morto sulle spiagge della città turca
di Bodrum” si ripetano in futuro. L’obiettivo, dice, deve essere quello
di “fare la pace, garantire la salvezza e il futuro del medio oriente”,
così da poter dire “mai più la guerra”. Il problema è che la guerra c’è
già, nel vicino e medio oriente dilaniato da lotte intestine con
interessi stranieri nient’affatto irrilevanti. “Ai governi occidentali
dico che il punto centrale non è accogliere e ospitare i profughi, ma
fermare il conflitto alle radici. Tutti devono essere coinvolti,
dall’occidente alle nazioni arabe, dalla Russia agli Stati Uniti. Questo
è ciò che aspettiamo, la pace. Non parole sui migranti e discorsi
sull’accoglienza”.
Il patriarca Gregorio III Laham ha scritto una lettera ai giovani
cristiani siriani, iracheni e libanesi chiedendo loro di “fermare lo
tsunami” migratorio, che comporterà lo svuotamento progressivo ma
ineluttabile del paese della presenza cristiana. Riporta AsiaNews che
dal 2011 a oggi almeno 450.000 cristiani siriani se ne sono andati.
450.000 su 1,7 milioni. In Iraq i cristiani sono meno di 300.000, dal
milione che erano un decennio fa. Fermare l’esodo è impossibile, anche
perché “i terroristi” puntano a distruggere la società civile dal basso:
“Solo qui in Siria sono state distrutte almeno 20.000 scuole. E senza
istruzione, questi bambini la cui infanzia è stata negata saranno i
futuri terroristi, i nuovi membri del Daesh”. Quel che bisogna fare è
“continuare a essere presenti nella regione, anche se il cristianesimo è
un bersaglio, per proseguire l’opera di dialogo con i musulmani. Senza i
cristiani ci sarebbe un vero e proprio shock di civiltà”.
Iraq. Ucciso per il suo rifiuto di abiurare la fede cristiana
Per favore, processate Tony Blair
L'ex premier inglese che, con Bush, inventò la guerra contro l'Iraq e porta la responsabilità di 500 mila morti, dispensa lezioni e conferenze sulla pace e sull'islam moderato. Senza vergogna.
DI FULVIO SCAGLIONE - 7 DICEMBRE 2015
Lo so che si fa la figura del fanatico, con ‘ste storie, anche di sabato… Però, uno se ne sta tranquillo a casa sua aspettando la partita in Tv quando gli cade l’occhio su un grande e stimabile quotidiano nazionale che annuncia in prima pagina la pubblicazione di un discorso tenuto alla Biblioteca del Congresso di Washington da Tony Blair. E fin qui…
Ma sapete quale tema si era scelto Blair per l’occasione? Ecco il titolo del suo discorso: The Depth Of The Challenge: Why Force Alone Will Not Defeat Islamist Extremism (ovvero: La profondità della sfida: ecco perché la forza, da sola, non sconfiggerà l’estremismo islamista), liberamente tradotto dal giornale italiano in “Aiutiamo l’islam a sconfiggere la follia jihadista”. E’ un discorsetto banale, pare incredibile che a produrlo sia stato l’uomo che per dieci anni ha guidato il Regno Unito, ovvero una delle potenze europee, e che per otto anni è stato il rappresentante del Quartetto (Onu, Ue, Usa e Russia) per il Medio Oriente e le trattative di pace tra Israele e Palestinesi. Si capisce perché, della sua opera di pacificatore, si ricordano ora soprattutto le note spese, e quell’intero piano del prestigioso hotel American Colony, a Gerusalemme, riservato per anni a lui e al suo staff.
Ma questo è ancor il meno. In realtà, il titolo del giornale italiano è più corretto e azzeccato. Perché il Tony, dette due robette sul fatto che bisogna sconfiggere il Daesh (alla lettera: “Il primo pilastro di una strategia a largo raggio è sconfiggere Daesh, non soltanto in Siria e in Iraq, ma ovunque”. E questo è quanto, per l’aspetto militare), passa al resto: che è (vedi appunto il titolo) la necessità di appoggiare l’islam moderato contro quello jihadista.
Ora, che per avere successo in politica occorra un po’ di faccia tosta lo sappiamo. Ma così tanta? Tony Blair, nel caso la cosa fosse già passata nel dimenticatoio, è quel distinto signore che un paio di mesi fa (due mesi, non due secoli), dopo la pubblicazione di alcune mail fino a quel momento secretate, ha dovuto ammettere che la guerra in Iraq del 2003 era stata combinata e decisa tra lui e George Bush addirittura un anno prima, nel 2002, fregandosene altamente delle ispezioni dell’Onu, dell’esistenza o meno delle armi di distruzione di massa che in effetti non esistevano, delle proteste di larga parte dell’opinione pubblica mondiale che, a differenza dei giornali, aveva capito benissimo che cosa bolliva in pentola.
I due, pochi mesi dopo l’attacco all’Afghanistan dei talebani, volevano far la guerra all’Iraq, avevano deciso che l’avrebbero fatta e la fecero, punto e basta. Una guerra che, secondo gli studi più recenti, ha provocato mezzo milione di morti, arrivati dopo un altro mezzo milione di morti (su una popolazione totale di 32,5 milioni di abitanti) causati dall’embargo durato 13 anni (1990-2003), che non scalfì di una virgola il potere di Saddam Hussein ma inflisse agli iracheni sofferenze indicibili. Va anche ricordato che nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq, le Nazioni Unite (buone pure quelle) affidarono a due Paesi la ricostruzione dell’Iraq. Indovinate quali? Usa e Regno Unito, perbacco!
La parte di Tony Blair, in quella porcheria, fu particolarmente penosa. Perché dalle mail l’allora premier inglese fa la figura della dama di compagnia della Casa Bianca, tanto da offrirsi a Bush come propagandista delle ragioni americane presso gli altri Paesi europei. Infine, per completare l’opera, Blair seminò di spie il suo stesso partito, per capire chi andava convinto e come.
Dopo la pubblicazione delle mail, Tony Blair ha chiesto scusa. Ma continua a rifilarci predicozzi come questo della Biblioteca del Congresso, in cui non si vergogna di dire cose come “in quel vuoto (il Medio Oriente, n.d.r) si faranno spazio individui i cui interessi e i cui valori potrebbero essere contrari ai nostri”. Cioè, proprio ciò che è successo in Iraq con il terrorismo bombarolo prima e con l’Isis poi, grazie a quella guerra inventata da lui e Bush, che ha massacrato un popolo e ha trasformato il Paese in una fucina di instabilità. A me è capitato di andare diverse volte in Iraq, tra il 2003 e il 2008: e ricordo benissimo il clima di terrore, le esplosioni improvvise, gli ospedali che rigurgitavano di morti e feriti, il settarismo che andava inesorabilmente crescendo.
Se vivessimo in un mondo civile, se le cosiddette “democrazie liberali” fossero davvero tali nell’intimo, personaggi come Bush e Blair sarebbero già finiti sotto processo, in una qualche Norimberga o Aja delle nostre, accusati di crimini di guerra come Milosevic e Karadzic. e a promuovere il processo sarebbero i loro stessi Paesi, perché i soldati inglesi e americani li hanno uccisi i miliziani di Al Qaeda ma a morire ce li hanno mandati loro, Bush e Blair. Invece noi li copriamo di denaro perché possano ancora spiegarci come funziona la democrazia, il diritto internazionale, i processi di pace.
Per favore, processate Tony Blair. Se non per altro, per impedirgli di parlare e scrivere
Fonte:
Famiglia Cristiana
Famiglia Cristiana
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