ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 28 gennaio 2016

La linea di demarcazione tra bene e male

“INSTRUMENTUM LABORIS” E ATTENZIONE VERSO LE PERSONE CON TENDENZA OMOSESSUALE:LACUNE E SILENZI

L’OMOSESSUALITÀ NON È SEDE DI DIRITTO

di Enrico Maria Radaelli


I1) Sulle pagine della Instrumentum laboris che riguardano coloro che anche in tale documento vengono eufemisticamente chiamati “persone a tendenza omosessuale” vorrei manifestare una riserva di carattere generale: dai tempi infatti del Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (1993), sostitutivo di quello di san Pio V, o Tridentino (1566), la Chiesa ha scelto di accettare e di includere, come se la cosa fosse possibile, una realtà supposta ontologica di “persone con tendenza omosessuale”.



Prima di questo Catechismo di tali persone il magistero della Chiesa ha parlato di sfuggita, p. es., nelle 45 Proposizioni condannate nei decreti del S. Uffizio del 24-09-1665 [contro i lassisti], nella Proposizione 28: « La pederastia, la sodomia e le congiunzioni con animali, sono peccati della stessa specie più infima: perciò nella confessione è sufficiente dire che ci si è procurati una polluzione » (Denz 2044), e naturalmente nel Catechismo Tridentino (p. 469 edizione Cantagalli): « Disonesti e adulteri, effeminati e pederasti non erediteranno il Regno di Dio » (I Cor 6,9). Ora, invece, nel testo del sopra detto Nuovo Catechismo, che vorrebbe supplire alle carenze del primo, si dà per scontata e per reale una tendenza la cui consistenza è invece tutta da vedere, e di cui potrebbe essere messa in dubbio l’esistenza ontologica almeno con tre considerazioni (i sotto indicati punti A, B e C), accettando unicamente il fatto ahimè storicamente riscontrabile di uomini che peccano contro la castitàe dunque di uomini che, come tutti i peccatori, vanno certamente accettati, amati accolti e ascoltati, ma rigettando ogni pretesa ontologista del loro status, che è solo quello di una situazione peccaminosa, transeunte, accidentale e storica, deviante dall’innata tendenza dell’uomo al bene, qui quello della castità, elargita da Dio a tutti gli uomini.
Ecco le tre considerazioni:


A), L’uomo – tutti gli uomini – tende naturalmente al bene. Ma la « tendenza omosessuale innata » (CCC 2358) contrasta sia col Vecchio che col Nuovo Testamento, che non la ammettono.
Per il Vecchio Testamento si possono segnalare almeno i seguenti passi scritturali: 
1), L’episodio di Sodoma (Gn 19,1-11);
2), « Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio » (Lv 18,22);
3) « Se un uomo ha rapporti con un altro uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di essi » (Lv 20,13). 
Per il Nuovo Testamento: 
4), « Non illudetevi: …né effeminati, né sodomiti, … erediteranno il regno di Dio» (Loc. cit.);
5), « La legge … è fatta per … i fornicatori, i pervertiti … » (I Tim 1,8;10);
6), « Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento » (Rm 1,26-7).

Quindi, se le Sacre Scritture sono inerranti (almeno in fide et moribus), e le Sacre Scritture sono certamente inerranti (almeno in fide et moribus), v. Denz 3292s, 3652-4, tale tendenza non può essere né un bene, né innata, perché Dio non punisce l’uomo per ciò che l’uomo è, anche accidentalmente, p. es. per nascere cieco, o senza qualche organo corporeo, come a volte avviene, ma punisce l’uomo per ciò che egli fa, e che fa adempiendo tre precisi parametri: piena avvertenza, deliberato consenso, materia grave.
Ma se la « tendenza omosessuale » non è un bene, gli uomini che dicono di tendervi, tendono verso il male: tendono verso una direzione anomala, perversa, contro natura, e ciò fanno per desiderio, per concupiscenza; inoltre, secondo, non essendo tale tendenza innata, perché il suo innatismo metterebbe in errore, come visto, le Sacre Scritture, tali uomini vanno instradati con opportuni consigli spirituali, forse uniti anche a terapie collaterali, così da correggersi presto e compiutamente, tirandosi fuori dal loro peccato.

B), L’uomo – tutti gli uomini – tende naturalmente al bene. Se vi fossero persone con «tendenze omosessuali innate » (v. sopra), ciò significherebbe che tale tendenza sarebbe un bene. Ma non può essere un bene cui tendere ciò che dalla Chiesa, nelle azioni di un uomo conseguenti alla tendenza, viene con termini inequivocabili indicato come atti
« intrinsecamente disordinati, contrari alla legge naturale » (CCC 2357, dunque articolo che, pur precedendo di un solo numero quello visto sopra, lo contraddice): se le azioni sono “intrinsecamente disordinate”, non può non essere “intrinsecamente disordinata” anche la cosiddetta “tendenza” allo status che li porta a compiere tali azioni, anzi: lo dev’essere di più, come la causa (la tendenza) dev’essere di certo più dell’effetto (l’azione).

C) Tali persone, che pretendono essere riconosciute intrinsecamente “omosessuali”, quasi che la loro condotta disordinata, anomala e contro natura sia ontologica (non accettano neanche una prospettiva clinico-psico-terapeutica, sostenendo di essere tali geneticamente), asseriscono che le Sacre Scritture non si riferiscono a loro, quando parlano di sodomiti o di sodomia, ma a persone che compiono “atti omogenitali”, ma qui andrebbe chiarito invece che agli occhi di Dio (sia nel V. T che nel N. T.) ogni scelta, atteggiamento o atto sessuale che non sia teso alla vita, che non sia teso cioè a “dare figli a Dio”, è male, è atto intrinsecamente e gravemente peccaminoso. Posto che l’inclinazione  al proprio genere sessuale (meglio: il desiderio, anzi l’impuro desiderio, anche per il CCC, il quale, p. es. al n. 377, lo chiama “concupiscenza”) è cosa che non porta ad atti fecondi per la vita, per dare “figli a Dio”, essa è intrinsecamente cattiva, in odio o quantomeno in disprezzo a Dio e ai suoi disegni (per orgoglio, perché tutto nasce dall’orgoglio: il narcisismo è una forma di orgoglio). 

Queste tre considerazioni rigettano ab ovo ogni pensiero sul tema che sia fondato su pretese ontologiste, cioè sulle premesse attualmente in voga universalmente e che oggi allignano, come visto, pur se di certo senza suo dolo, anche nella stessa Chiesa.

Su questo punto la Chiesa odierna dovrebbe correggere il proprio insegnamento, come l’ha già corretto una volta nel passaggio dal Catechismo di San Pio V, il Tridentino, al Nuovo Catechismo, perché un sano e santo sviluppo della società e del mondo non può avviarsi che a partire da un insegnamento moralmente corretto.
Esso, invece, in primo luogo si presenta fortemente disorganico nei confronti dell’insegnamento precedente, come si può osservare – il che non significa che anche l’insegnamento precedente, posto nel Tridentino, non vada corretto e migliorato, e anche in più punti –; e in secondo luogo, specialmente, non sembra essere veridico come dovrebbe, e in questi quarant’anni di vita mi pare si sia mostrato fortemente lacunoso, omettendo, Dio non voglia, per gran paura delle potenti lobbies sessiste, ma anche, in generale, dei loro fiancheggiatori, gli intellettuali a tendenza liberale, più o meno crudamente anticattolica, verità imperdibili, senza cadere peraltro in vero e grave difetto di magistero, perché tali insegnamenti sono stati dati sempre (un “sempre” relativo: esplicitamente, e in documenti conservati e ufficiali, solo dal 1566) in qualità di “verità connesse ai dogmi”, similmente a quelle “verità connesse ai dogmi” della cui forza chi scrive ha con ogni dovizia illustrato estensione e limiti in Dogma e pastorale (Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2015, pp. 53-66).
Verità imperdibili, dunque, tali “verità connesse ai dogmi” su cui si soffermano i due più conosciuti Catechismi stilati nei secoli dalla Chiesa, ma non esse stesse dogmi, e dunque compatibili con qualche imperfezione, come mostra lo stesso Catechismo Tridentino, o, in altro ambito, mostrano i due Codex Iuris Canonici (il primo del 1917, il secondo del 1983), o le canonizzazioni dei santi (che a volte, come si sa, furono anche di santi inesistenti); le “verità connesse”, va ribadito, sono verità storiche, dunque defettibili, sicché, dogmaticamente parlando, la Chiesa è salva. Ma lo scandalo dell’errore, allorché individuato, andrebbe tolto di mezzo sempre al più presto, correggendo l’errore e pubblicizzando la correzione nella misura in cui fu fatto e fatto conoscere l’errore.

Da come stanno le cose, potrebbe sembrare quasi che le lobbies sessiste e i loro fiancheggiatori siano riuscite a spostare la linea di demarcazione che la Chiesa dovrebbe riconoscere tra bene e male inducendola, con impropri, inaccettabili e tendenziosi argomenti cosiddetti “scientifici”, a farle includere nel bene anche gli atti di coloro che sarebbero “affetti” da tali « tendenze omosessuali innate », ma la vera e originale linea di demarcazione è quella tra purezza e impurità, tra carnale e spirituale, tra castità e incontinenza, come dicono le Scritture: « Chi semina nella sua carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna » (Gal 6,8).

Le lobbies omosessuali e i loro fiancheggiatori sono riusciti anche a spostare l’attenzione di tutta la società su un suo aspetto marginale (non accidentale, ma marginale, circoscritto), come la sessualità, moralmente corrompendo tutta la società come materialmente la corruppe la peste nera nel 1347, così che ora viviamo in una società ipersessualizzata, ipercarnale, potremmo dire anche insatanassata, dove cioè il sesso è presente come fosse il sale della terra, con grave perdita della sua spiritualità, che è invece il suo elemento davvero non marginale, non circoscritto, ma sostanziale e illimitato (v. Mc 5,13). Al contempo di questa invadente e abietta ipertrofia sessista, inaspettatamente avviene che, in sgradevole simmetria eguale e contraria, ci tocca vivere anche in una società che oggi si rivela gravemente e volutamente infeconda, destinata perciò alla propria atrofia, al proprio autoannientamento. D’altronde, né il singolo uomo né la società può vivere etsi Deus non daretur, “come se Dio non ci fosse”, che è il principio che si è voluta dare la società occidentale e liberaloide d’oggi, a partire dalle sue stesse Costituzioni. Sicché questa tendenza autodistruttiva è destinata a essere prima o poi corretta da Dio, con una correzione che Dio stesso, nella sua bontà, garantisce col suo celebre giuramento: « Portæ Inferi non prævalebunt » (Mt 16,18).

La Chiesa è l’unica Società che può salvare i popoli e le Nazioni, ma si ha l’impressione che forse qualche suo Pastore – come d’altronde è avvenuto in altri secoli in duri confronti avutisi con altri potentati – si sia lasciato prendere da un eccessivo timore delle lobbiessessiste dominanti, così da produrre senza volere delle convinzioni come quelle viste al punto A), e il combattimento dunque per la necessaria correzione degli insegnamenti da dare sul tema potrebbe essere portato anche intra mœnia e potrebbe non essere privo di grandi scosse.
Ma la purissima Vergine ha sempre protetto e sempre proteggerà la sua santa Chiesa, specie quei suoi figli che ciò vogliono e chiedono, salvaguardandola, lei e i suoi figli, dagli schizzi di impurità anche minimi con cui il Nemico vorrebbe infangarla, spingendola presto alla purezza dogmatica che la guida.

A proposito, infine, della castità, cui ora si è accennato, andrebbe ricordato – e questo vale anche per i cosiddetti divorziati risposati, cioè i concubini) – che la castità e la purezza di cuore sono dovuti a una condotta di vita richiesta dal Signore come status naturale da tenere sia nella condizione di celibi, sia in quella di sposati, sia infine in quella di consacrati, come indicato dal Signore: « Se non vi farete piccoli come questo bambino non entrerete nel Regno dei cieli » (Mt 18,4): l’impudicizia, la concupiscenza, è una tentazione; la purezza non è uno dei tanti possibili modi di vivere il matrimonio (e la vita in generale), ma è lo status ontologico dell’uomo, fuori e dentro il matrimonio che sia.
Certo, per mantenerla è necessaria la grazia, ma lo status dell’uomo, anche nel matrimonio, è la purezza, è la castità, non l’impurità, non la lussuria. È vivere secondo lo Spirito, non vivere secondo la carne: « Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione, chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna » (Loc. cit.).
La grazia è decisiva per il combattimento, ma l’uomo, di suo, non è che dopo il battesimo sia costretto quasi a guadagnare un territorio di santità e di purezza in cui non si troverebbe originariamente, ma, dopo il battesimo, e ancor più dopo la cresima, e ancora più poi dopo ogni comunione eucaristica, dovrebbe ricordare che il suo status naturale è la purezza, dunque lontano da ogni tendenza malsana, da ogni tentazione-inclinazione impura: per grazia, si manterrà puro come puri sono i bambini, ossia come puro era stato egli stesso fin quando era stato bambino.

La purezza del cuore è l’unica via a essere atta, oltre che per la santità, anche per tornare a rendere feconda la società, viva la civiltà, promettente il futuro. La castità e la legge morale garantiscono e donano un benessere sociale anche materiale, perché il Signore, Cristo Gesù, premia con grazie anche materiali, se pur secondarie rispetto alle spirituali, la condotta morale di una società che segue i suoi comandamenti, il suo Vangelo, come suggeriscono anche alcune dottrine economico-finanziarie cattoliche che sollecitano intraprendere politiche che sappiano legare con rigore ambiti solo apparentemente lontani tra loro, come parrebbero essere il morale e l’economico-finanziario, ma le Scritture sono piene di vivi suggerimenti in tal senso: « Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli » (Sal32,10), « Il Signore ha dato, il Signore ha tolto » (Gb 1,21), e, nel N. T., Lc 12,6: « Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio », o anche I Cor 3,7: « Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere ».
Il Signore, padrone anche della materia, premia chi segue con purezza d’animo e con apertura alla vita (anche il rifiuto di metodi contraccettivi fa parte della castità) i misericordiosi e santi insegnamenti della Chiesa, dando alla società fecondità e benessere: spirituali sempre, e a volte, per i Suoi fini superiori e dunque sempre squisitamente spirituali, anche materiali.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1421_Radaelli_Omosessualita_no_diritto.html
San Tommaso e l'omosessualità
di Tommaso Scandroglio 28-01-2016
San Tommaso d Aquino
Oggi, 28 gennaio il ddl Cirinnà inizia il suo iter di approvazione in Senato. Ed oggi  la Chiesa ricorda la figura di San Tommaso D’Aquino, Dottore della Chiesa. Che sarebbe senz'altro scandalizzato nel seguire il dibattito di questi giorni. Ecco infatti cosa scriveva il santo quasi 800 anni fa sulla "sodomia", quando il politicamente corretto non aveva ancora sostituito tale termine con quello più soft di “omosessualità” e quando a nessun cattolico sarebbe mai venuto in mente di discettare di diritti dei conviventi omosessuali.
Innanzitutto Tommaso considera la sodomia come un particolare peccato di lussuria. Quest’ultima viene da lui definita nella Summa come “l'uso irragionevole del piacere venereo” (II-II, q. 154, a. 1 c.). Il piacere sessuale deve essere ordinato all’interno del rapporto di coniugio verso i fini propri del rapporto sessuale, cioè la procreazione e l’amore. Non farlo o scavalcare la gerarchia di questi fini è un atto contro ragione e quindi malvagio.
La sodomia, dicevamo, è una particolare specie di lussuria, specie più grave di altri atti lussuriosi perché contro natura. Non solo è un atto irragionevole per i motivi prima indicati, ma “perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura”. Ad esempio, avere un rapporto sessuale con la propria moglie solo per il piacere dell’atto in sé è un atto lussurioso, ma non è atto contro natura. Avere un rapporto omosessuale è invece un atto sia lussurioso che contro natura. Vediamo perché.
Gli atti di lussuria contro natura per Tommaso sono: alcune pratiche quali ad esempio il sesso anale con donna, la masturbazione, la bestialità ed infine la sodomia, perché tutte queste condotte contraddicono i fini naturali della copula prima citati (Ibidem, a. 11 c.). Questo avviene non solo per l’intenzione di chi li pone in essere – come il marito che ha un rapporto con la moglie solo per ricercare piacere – ma a motivo del fatto che in tutti questi casi la copula è addirittura assente. È la modalità stessa presente in questi atti che elimina in radice la possibilità di soddisfare il fine procreativo e unitivo, ben prima dunque dell’intenzione di chi li pone in essere. Sono condotte che di loro – al di là dell’intenzione della persona – contraddicono la natura dell’atto sessuale, cioè i fini insiti nell’atto medesimo.
Il Santo oggi, senza tema di smentita, sarebbe giudicato omofobo e messo sulla graticola anche solo per il fatto di aver accostato l’omosessualità al bestialismo, seppur egli spieghi che la prima è meno grave del secondo. Il Doctor Communis poi trae alcune conseguenze di ordine morale e teologico dal suo argomentare e per farlo cita il Sant’Agostino delle Confessioni (III): “Perciò nei peccati contro natura, nei quali si viola codesto ordine, si fa ingiuria a Dio stesso, ordinatore della natura. Scrive quindi S. Agostino: ‘I peccati contro natura quali quelli dei Sodomiti, son sempre degni di detestazione e di castigo: e anche se fossero commessi da tutte le genti, queste sarebbero ree di uno stesso crimine di fronte alla legge di Dio, la quale non ammette che gli uomini si trattino in quel modo. Così infatti viene violato il vincolo di familiarità che deve esistere tra noi e Dio, profanando con la perversità della libidine la natura di cui egli è l'autore”. Quindi l’omosessualità è un peccato verso se stessi e verso gli altri  – non si rispetta la propria e altrui dignità – e verso Dio. Da notare l’argomentazione di Sant’Agostino: anche qualora il vizio di sodomia fosse diffuso ciò non giustificherebbe, in merito al suo oggetto, un declassamento da peccato mortale a peccatuccio veniale.
Nel Commento del libro del profeta Isaia, Tommaso torna sul tema della sodomia: “Ciò che è incompatibile in modo assoluto con il fine è del tutto contro natura e non può mai essere una buona cosa come il peccato di sodomia” (c. 4, l. 1).
Tale passaggio ci aiuta a capire meglio il pensiero della Chiesa sull’omosessualità. La riflessione che Tommaso conduce sul peccato di sodomia si inserisce in una riflessione più ampia sul senso del peccato mortale e veniale. In ambito morale, il primo contraddice la natura umana, cioè quel fascio di inclinazioni che ci orientano verso alcuni beni: la vita, la salute, la libertà, la conoscenza, la proprietà, la socialità, la trascendenza, etc. E così l’omicidio contraddice in modo radicale l’inclinazione alla vita, il furto quella della proprietà e così via. I rapporti omosessuali contraddicono in modo pieno sia l’inclinazione naturale che spinge un maschio ad essere attratto da una donna e viceversa e poi l’orientamento naturale inscritto nel rapporto sessuale teso alla procreazione e al fine unitivo. L’oggetto di un’azione morale – cioè il che cosa si fa - diventa grave proprio quando è incompatibile in tutto e per tutto con la natura umana. È un po’ come andare contro mano in autostrada: la direzione presa è proprio sbagliata, perché opposta al corretto senso di marcia. Ecco perché il Catechismo della Chiesa cattolica – citando la Dichiarazione Persona humana della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede – afferma che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati», proprio perché contraddicono l’ordo naturale, cioè l’orientamento naturale della persona umana e dunque sono essenzialmente atti malvagi. E, appuntiamo a margine, in ciò che per sua intima struttura è malvagio non si può trovare nulla di buono, nessun seme di giustizia.
Chi commette un peccato veniale – sempre in merito al solo oggetto - invece procede nella direzione giusta indicata dalla natura umana, ma non perfettamente, deviando di poco rispetto alla meta indicata dalla natura stessa. Si rispettano i Dieci comandamenti ma – prendendo a prestito le parole sempre del Catechismo – “non si osserva la misura prescritta dalla legge morale”. È come colpire il bersaglio con una freccia, ma non proprio nel suo centro, un poco “fuori misura”. Nel peccato mortale invece si scaglia la freccia in direzione opposta al bersaglio.
E dunque dato che l’omosessualità contraddice sia l’attrazione naturale tra uomo e donna e sia, nelle sua condotte, le finalità procreative ed unitive del rapporto sessuale, non può che dirsi un atto contro natura.
Ne siamo consci. Questi son discorsi lontani mille miglia da quelli che stanno avvenendo in queste ore nel Parlamento, ma sarebbero discorsi che – pur con tutta la misericordia dovuta e il necessario adattamento lessicale - non dovrebbero essere estranei in casa cattolica.

«L'OMOSESSUALITÀ NON È NORMALE. TOLLERARLA È IL DECLINO DELL'OCCIDENTE». PAROLA DI UN'ATEA LESBICA

«L'omosessualità non è normale. Tollerarla è il declino dell'Occidente». Parola di un'atea lesbica

FEMMINISTA
Camille Paglia è una delle più originali pensatrici del nostro tempo. Americana di origini italiane, rappresenta una delle intelligenze più libere, contraddittorie e dissacranti della cultura contemporanea.

È femminista ma disprezza il femminismo contemporaneo che definisce “malato, indiscriminato e nevrotico” e lo rincorre con spietata ironia: “lasciare il sesso alle femministe è come andare in vacanza lasciando il tuo cane ad un impagliatore”.
Ammira le donne emancipate degli anni ’20 e ’30 del ‘900 “perché non attaccavano gli uomini, non li insultavano, non li ritenevano la fonte di tutti i loro problemi, mentre al giorno d’oggi le femministe incolpano gli uomini di tutto”.

DI SINISTRA
Camille Paglia è di sinistra ma riconosce che “i Democratici che pretendono di parlare ai poveri e ai diseredati, sono sempre più il partito di un’élite fatta d’intellettuali e accademici”.
Lei, icona di una cultura radical-chic che affonda nel ’68, spiega l’inutilità degli intellettuali che “con tutte le loro fantasie di sinistra, hanno poca conoscenza diretta della vita americana”.

ATEA
Camille Paglia è atea ma guai a chi le tocca il ruolo storico della religione e sopratutto del cristianesimo: “ho un rispetto enorme per la religione, che considero una fonte di valore psicologico, etico e culturale infinitamente più ricca dello sciocco e mortifero post-strutturalismo, che è diventato una religione secolarizzata”.

LESBICA
Camille Paglia è lesbica ed in molte interviste ricorda la sua attitudine giovanile transessuale, eppure ammette che “i codici morali sono la civiltà. Senza di essi saremmo sopraffatti dalla caotica barbarie del sesso, dalla tirannia della natura”.

Detesta la stupidità delle mobilitazioni gay e l’intolleranza degli omosessuali e quando le si domanda: “Perché in questi anni non c’è stato nessun leader gay lontanamente vicino alla statura di Martin Luther King?” Lei risponde: “Perché l’attivismo nero si è ispirato alla profonde tradizioni spirituali della chiesa a cui la retorica politica gay è stata ostile in maniera infantile. Stridulo, egoista e dottrinario, l’attivismo gay è completamente privo di prospettiva filosofica”.
Lei, che rivendica di essere stata la prima studentessa lesbica a fare outing all’università di Yale, riconosce che “l’omosessualità non è normale; al contrario si tratta di una sfida alla norma”.

E sulle nuove frontiere della procreazione assistita, si dice “preoccupata dalla mescolanza perniciosa tra attivismo gay e scienza che produce più propaganda che verità”.

Riconosce che la sua omosessualità e le sue tendenze transgender sono una “forma di disfunzione di genere” perché in natura “ci sono solo due sessi determinati biologicamente”; e i casi di effettiva androginia sono rarissimi, “il resto è frutto di propaganda”.

Verso quei genitori che, grazie a medici compiacenti, cambiano il sesso dei figli a fronte di comportamenti apparentemente transessuali, Camille Paglia non ammette giustificazioni: “È una forma di abuso di minori”.

Sia chiaro: per Camille Paglia, in ballo non c’è il diritto di ogni uomo o donna adulti di vivere la propria sessualità con libertà e amore; né il dovere di uno Stato di riconoscere fondamentali diritti di ogni individuo a raggiungere la propria realizzazione di sé, anche in campo affettivo o sessuale; in ballo c’è il patto mefistofelico che l’Occidente sta facendo con la Tecnica per disarticolare l’ordine naturale: “La natura esiste, piaccia o no; e nella natura, la procreazione è una sola,  regola implacabile”.

TRANSGENDER E DECLINO DELL’OCCIDENTE
Qualche mese fa, davanti alle telecamere di Roda Viva, il famoso format televisivo brasiliano di Tv Cultura, è stata ancora più chiara:  “l’aumento dell’omosessualità e del transessualismo sono un segnale del declino di una civiltà”.

Non c’è alcun giudizio morale in questa affermazione (e come potrebbe esserci?) ma un’analisi storica sull’Occidente che interpreta i segni del tempo; “a differenza delle persone che lodano il liberalismo umanitario che permette e incoraggia tutte queste possibilità transgender, io sono preoccupata di come la cultura occidentale viene definita nel mondo, perché questo fenomeno in realtà incoraggia gli irrazionali e, direi, psicotici oppositori dell’Occidente come i jihadisti dell’Isis”.

“Nulla definisce meglio la decadenza dell’Occidente che la nostra tolleranza dell’omosessualità aperta e del transessualismo”.
Parole di una straordinaria e coraggiosa pensatrice lesbica.
http://www.iltimone.org/34219,News.html
Così la Cirinnà causerà nuove discriminazioni
di Giorgio Carbone28-01-2016
La senatrice Monica Cirinnà
Fatta l’abituale avvertenza – e cioè che tu sappia che già oggi in Italia le persone conviventi dello stesso sesso hanno i diritti che invocano – tenterò di illustrare un altro effetto del ddl Cirinnà. Giudicherai tu se è un effetto equo o iniquo. Il disegno di legge della senatrice Cirinnà – così come è stato ripetutamente detto dalla stessa senatrice e da altri parlamentari – si propone di dare tutela a delle nuove «specifiche formazioni sociali» (come recita l’art. 1), così sono chiamate le unioni civili, cioè le unioni tra persone dello stesso sesso che si autodichiarano davanti all’ufficiale di stato civile (cf. art. 2). L’intenzione dichiarata dai promotori del disegno di legge è riconoscere l’amore, l’affetto e la solidarietà presenti in queste formazioni sociali.
Ma ci sono degli esclusi. All’art. 2, comma 3 si dice che: «Sono cause impeditive per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso: [...] c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87, primo comma, del codice civile; non possono altresì contrarre unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e la nipote». L’art. 87 del codice civile, comma 1 dice: «Non possono contrarre matrimonio: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali; 2) i fratelli e le sorelle germani consangunei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4) gli affini in linea retta...; 5) gli affini in linea collaterale fino al secondo grado». I legami di consanguineità e di parentela che impediscono il matrimonio impediscono anche la costituzione dell’unione civile.
Faccio degli esempi: Giuseppe e Carlo sono rispettivamente nonno e nipote, vivono insieme da anni, Giuseppe oramai è molto debilitato e non sempre è autosufficiente, Carlo con grande dedizione si prende cura del nonno. Giuseppe è ascendente in linea retta di Carlo, e Carlo è discendente in linea retta di Giuseppe, perciò sono esclusi dal poter costituire l’unione civile. Marina e Monica sono due sorelle, da sempre vivono insieme, non hanno mai lasciato la casa dei loro genitori. Anche loro si aiutano vicendevolmente e si vogliono bene. Ma anche la loro “formazione sociale” è esclusa dal disegno di legge Cirinnà. Mentre Sergio e Andrea non hanno alcun legame di parentela, ma hanno attrazione l’uno per l’altro. Essendo maggiorenni e dello stesso sesso, possono costituire l’unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni, così come prevede l’art. 2.
Viene naturale la domanda: quali sono i presupposti dell’unione civile? E perché le prime due coppie sono escluse, mentre la seconda può accedere all’istituto dell’unione civile? Abbiamo visto che quando la Costituzione dice: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29) riconosce il matrimonio e la famiglia come realtà che precedono lo Stato e l’ordinamento giuridico e riconosce anche che matrimonio e famiglia comportano dei presupposti pre-giuridici, cioè antropologici e sociali, tra cui la volontà libera di amarsi, la dualità complementare fondata sull’identità sessuale. Ora, dal fatto che le prime due coppie sono escluse, mentre la terza è ammessa all’unione civile, sembra che presupposto dell’unione civile sia non tanto il fatto che le due parti siano dello stesso sesso, ma che tra le due parti ci sia attrazione e condotta sessuale. Il che sembra confermato dall’art. 3, comma 1 del ddl Cirinnà quando dice: «Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione».
Gli esempi adotti mostrano che il ddl Cirinnà dichiara a parole di tutelare nuove formazioni sociali in ragione della solidarietà e dell’amore che si vive in esse. Ma ne esclude esplicitamente alcune: nelle prime due coppie c’è l’amore e la solidarietà, sono tra l’altro molto più diffuse di quelle tra persone omosessuali, se stiamo ai dati del censimento del 2011, pubblicati dall’Istat nel 2012, ma non c’è alcuna attrazione e condotta sessuale. Si producono così nuove forme di discriminazione, che penalizzano sempre i legami fondati sulla famiglia. Nuove discriminazioni che invece sembrano invitare all’autodichiarazione di condotta omosessuale davanti all’ufficiale di stato civile. O sembrano costruire una nuova presunzione giuridica, quella di attrazione o condotta omosessuale, che consentirebbe accesso all’unione civile.
Il risultato di fatto raggiunto dal ddl Cirinnà non è riconoscere i rapporti solidaristici tra le persone né la persona umana in quanto tale – perché altrimenti dovrebbe prendere in considerazione anche le prime due coppie del nostro esempio. Il risultato è dare una patente giuridica a un modello di attrazione e di condotta, e omologarlo alla famiglia.
È arrivata una nuova forma di Stato etico, ma completamente alla rovescia.

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