La truffa del capitalismo e del superdebito dei paesi poveri spiegati in pochi minuti
In articolo ospitato sulla rivista Nature del dicembre 2015, la giornalista scientificaMegan Scudellari bolla disinvoltamente come falsa l’idea secondo cui la popolazione della Terra crescerebbe costantemente in modo esponenziale portando inevitabilmente ‒ come per primo affermò il pastore anglicano ed economistaThomas R. Malthus (1766-1834) nel 1798 ‒ alla carestia e alla miseria. (clicca qui) La popolazione mondiale, infatti, non cresce per nulla in modo esponenziale.Oggi, per esempio, la popolazione mondiale cresce a un ritmo che è addirittura la metà di quello seguito prima del 1965. Quanto agli attuali 7,2 miliardi di abitanti della Terra da mangiare ce n’è davvero a sufficienza per tutti. A documentarlo è la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo le cui stime la produzione mondiale di cibo è di gran lunga superiore alla crescita demografica. Attualmente, la sola produzione calorica mondiale in cereali è sufficiente a sfamare anche 12 miliardi di persone. (nature articolo)
Né scarseggia neppure l’acqua, come ha documentato il vice segretario generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, sulle pagine dello stesso Nature nel gennaio 2015 il vero problema dell’acqua, infatti, è che in certe regioni molti (si calcola 1,2 miliardi di persone) hanno difficoltà ad accedervi, ma questo per ragioni politiche, militari o economico-sociali.La fame nel mondo allora non esiste? Niente affatto: esiste eccome. Ma, non è il “sovraffollamento” a causare la fame in questo mondo dove l’1% della popolazione possiede il 40% della ricchezza planetaria; in un mondo in cui 34mila bambini muoiono ogni giorno per povertà e prevenibili malattie, dove il 50% della popolazione mondiale vive con meno di due euro al giorno e la restante classe media assiste quotidianamente al suo impoverimento, una cosa è chiara c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella redistribuzione delle risorse!
In realtà il “problema del sovraffollamento mondiale” è un problema che riguarda soltato l’èlite di ricconi che schiaccia i popoli di tutto il mondo con il superdebito. Infatti, un mondo abitato da 7 miliardi di persone rappresenenta un intralcio per l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale: non è facile per loro domare 7 miliardi di opinioni e di idee personali di democrazia e miriadi di popoli con diversi usi e costumi. Non è quindi un problema degli schiaivi, poveracci indebitati fino al midollo, che approvano l’aborto e le unioni omosessuali per la paura di essere troppi, e di morire di fame; anche se quest’ultima, a dir la verità è una paura legittima, ma la causa non è il sovrappopolamento, bensì l’assorbimento selvaggio dei beni nazionali da parte delle banche e dei governi ombra che guidano quelli visibili.
La cosa più agghiacciante è che questi paesi resi così economicamente fragili oltre a subire il massacro economico da parte dell’occidente vengano posti dei veri e propri ricatti in cambio di aiuti per lo sviluppo.
Ecco a cosa mirano gli Illuminati; ecco a cosa serve la globalizzazione: schiacciare i popoli sotto il calcagno del potere satanico per poter dominare un mondo sotto un’egida che dire orwelliana è poco, il cui disegno è celato dietro quel trucco di quegli incomprensibili grafici che spingono spesso lo spettatore a dover cambiare canale quando vengono proposti in televisione servizi che parlano di economia e finanza. Infatti se il sistema monetario e la globalizzazione venissero spiegate semplicemente per come sono ci sarebbe il rischio che i sogni messianici dell’èlite vadano a monte.
Fra tutte le istituzioni sociali da cui siamo diretti e condizionati non esiste sistema così poco compreso come il sistema monetario. Ricordiamo cosa affermò Lord Jacob Rotschild nel 2012. Nell’annunciare la sua partnership strategica con la Rockefeller Financial Services e il suo ritiro dall’Europa come investitore affermò: “Sappiamo tutti che l’Europa attraverserà un periodo nero per i prossimi cinque-dieci anni”: Il 22 febbraio 2011 lo stesso auspicio lo aveva fatto anche Mario Monti alla Luiss : “Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di sovranità nazionali…”, e si capisce che questa ondata da accogliere è una delle crisi che ci hanno fatto e faranno soffrire, per quello scopo: la UE sovrana, e poi, lo scioglimento della UE nel governo mondiale sotto il controllo degli Stati Uniti d’America.
Fra tutte le istituzioni sociali da cui siamo diretti e condizionati non esiste sistema così poco compreso come il sistema monetario. Ricordiamo cosa affermò Lord Jacob Rotschild nel 2012. Nell’annunciare la sua partnership strategica con la Rockefeller Financial Services e il suo ritiro dall’Europa come investitore affermò: “Sappiamo tutti che l’Europa attraverserà un periodo nero per i prossimi cinque-dieci anni”: Il 22 febbraio 2011 lo stesso auspicio lo aveva fatto anche Mario Monti alla Luiss : “Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di sovranità nazionali…”, e si capisce che questa ondata da accogliere è una delle crisi che ci hanno fatto e faranno soffrire, per quello scopo: la UE sovrana, e poi, lo scioglimento della UE nel governo mondiale sotto il controllo degli Stati Uniti d’America.
L’egemonia del dollaro consiste in questo semplice fatto: gli USA producono dollari a volontà (li stampano) e il resto del mondo produce merci reali che i dollari di carta possono comprare. Rothschild controlla le banche mondiali tramite la sua Federal Reserve Bank rendendo le banche centrali impossibilitate a stampare piu’ moneta corrispondente al loro approvvigionamento di valuta estera. I paesi vendono i loro beni reali in cambio di dollari. Per i dollari i paesi acquistano obbligazioni USA per cui i soldi tornano nella FED USA. In questo modo la FED schiaccia le economie dei vari paesi che non hanno così un reale controllo del politica e della politica monetaria.
Gli USA sono deficitari nella bilancia commerciale, ma hanno un enorme attivo monetario: i suoi stessi creditori, quelli che gli vendono le merci fatte col sudore dei loro cittadini, gli prestano di continuo il denaro che gli manca. Ed a caro prezzo, perché i BOT americani e le azioni e obbligazione americane sono in dollari “forti”. E’ per questo che l’economia USA “cresce” da decenni, di fronte a crisi finanziarie ricorrenti nel resto del mondo. E’ l’economia USA e la sua egemonia del dollaro che ha distorto la globalizzazione in quella “corsa al ribasso” che vediamo, dove si sfrutta il lavoro con i salari più bassi possibili per guadagnare dollari. La mondializzazione dell’economia, che ne è la condizione, implica la libera circolazione di uomini, merci e capitali”.
Avete in tasca lo smartphone Samsung invece che uno chiamato Brionvega o Philips, ditte che non esistono più perché non competitive? Vi rallegrate del tablet Asus made in China che costa così poco? Lo state pagando con la distruzione delle vostre industrie, con la disoccupazione strutturale, e adesso con l’ondata di immigrati islamici, fuggiaschi da un’altra crisi del mondialismo armato: del globalismo si prende il pacchetto completo.
Gli effetti avversi per le economie in sviluppo sono ovvii: deruba i loro lavoratori dei magri frutti, e mantiene le loro economie affamate di capitale, perché tutti i dollari guadagnati in surplus devono essere mantenuti nelle riserve – e di fatto investiti in BOT americani – per “interventi” che impediscano il collasso delle loro monete nazionali.
Gli effetti avversi per le economie in sviluppo sono ovvii: deruba i loro lavoratori dei magri frutti, e mantiene le loro economie affamate di capitale, perché tutti i dollari guadagnati in surplus devono essere mantenuti nelle riserve – e di fatto investiti in BOT americani – per “interventi” che impediscano il collasso delle loro monete nazionali.
La vera, profonda e mai confessata causa di questa deriva sta nell’architettura finanziaria internazionale, che dà agli USA uno svantaggio sleale e decisivo, non solo sugli altri Paesi, ma anche su Europa e Giappone. E’ il “vantaggio strutturale monetario” basato sul dollaro.
I Paesi poveri “devono” accumulare un surplus di dollari attraverso le loro esportazioni, nella speranza di poter mettere assieme il capitale necessario allo sviluppo interno (strade, scuole, sanità), e sperare negli investimenti esteri (in dollari). Ma quelli fra i Paesi poveri che hanno un deficit commerciale sono condannati al sottosviluppo perpetuo, in quanto tutti i dollari e gli investimenti esteri vengono investiti nei settori dell’export dove si guadagnano dollari, sicché non resta capitale per lo sviluppo (istruzione, strade, infrastrutture, sanità): è il caso dell’Africa.
I Paesi poveri “devono” accumulare un surplus di dollari attraverso le loro esportazioni, nella speranza di poter mettere assieme il capitale necessario allo sviluppo interno (strade, scuole, sanità), e sperare negli investimenti esteri (in dollari). Ma quelli fra i Paesi poveri che hanno un deficit commerciale sono condannati al sottosviluppo perpetuo, in quanto tutti i dollari e gli investimenti esteri vengono investiti nei settori dell’export dove si guadagnano dollari, sicché non resta capitale per lo sviluppo (istruzione, strade, infrastrutture, sanità): è il caso dell’Africa.
E anche i Paesi che hanno attivi all’export possono dedicare solo pochi dei dollari così guadagnati allo sviluppo interno, in quanto sono obbligati a detenere grandi riserve in dollari per sostenere il cambio della loro valuta nazionale: è il caso della Cina.
Di fatto, come ebbe a dire Sam Mpasu, ministro del Commercio del Malawi durante la riunione del WTO a Cancun (2003): “abbiamo aperto la nostra economia, ed è per questo che siamo a terra”.
La competizione globale per l’Africa significa essere invasa (per l’abolizione dei dazi protettivi) da merci estere, tecnologiche e costose, per pagare le quali non ha che i suoi prodotti agricoli; e di fatto la parte dell’export agricolo dei Paesi poveri (africani per lo più) è passato dal 50% del 1965 a meno del 10% oggi. E siccome l’economia dei paesi poveri è prevalentemente agricola, il collasso della loro agricoltura ha significato il collasso di tutta intera la loro fragile economia, con la crescita tragica della disoccupazione.
Infatti la globalizzazione non ha ridotto la povertà nelle aree del mondo meno favorite; e tuttavia è vietato mettere in discussione il dogma che gli scambi portano benessere, e hanno ormai rimpiazzato i vecchi programmi di sviluppo nazionale dirigisti. “Il frasario della globalizzazione è pieno di concetti come ‘democrazia’, ‘libertà d’impresa’ e ‘condivisione delle innovazioni tecnologiche’, ma la realtà è il dominio delle elites, mercantilismo ed egoismo”, scriveva
l’inviato del Guardian a Cancun il 13 ottobre 2003. Di fatto, la competizione globale è un “arbitraggio sui salari”, il capitale va a investire dove i salari sono bassi, per fabbricare merci che venderà dove i salari e il potere d’acquisto sono alti. La “tigri asiatiche” in via di sviluppo hanno goduto di questo beneficio.
Ma hanno beneficiato relativamente poco dell’esportazione crescente delle loro merci, perché parte rilevante del ricavo è andata a retribuire il capitale estero. Nei Paesi super-poveri come quelli africani, finirà dunque per imporsi qualche forma di protezionismo.
Di fatto, come ebbe a dire Sam Mpasu, ministro del Commercio del Malawi durante la riunione del WTO a Cancun (2003): “abbiamo aperto la nostra economia, ed è per questo che siamo a terra”.
La competizione globale per l’Africa significa essere invasa (per l’abolizione dei dazi protettivi) da merci estere, tecnologiche e costose, per pagare le quali non ha che i suoi prodotti agricoli; e di fatto la parte dell’export agricolo dei Paesi poveri (africani per lo più) è passato dal 50% del 1965 a meno del 10% oggi. E siccome l’economia dei paesi poveri è prevalentemente agricola, il collasso della loro agricoltura ha significato il collasso di tutta intera la loro fragile economia, con la crescita tragica della disoccupazione.
Infatti la globalizzazione non ha ridotto la povertà nelle aree del mondo meno favorite; e tuttavia è vietato mettere in discussione il dogma che gli scambi portano benessere, e hanno ormai rimpiazzato i vecchi programmi di sviluppo nazionale dirigisti. “Il frasario della globalizzazione è pieno di concetti come ‘democrazia’, ‘libertà d’impresa’ e ‘condivisione delle innovazioni tecnologiche’, ma la realtà è il dominio delle elites, mercantilismo ed egoismo”, scriveva
l’inviato del Guardian a Cancun il 13 ottobre 2003. Di fatto, la competizione globale è un “arbitraggio sui salari”, il capitale va a investire dove i salari sono bassi, per fabbricare merci che venderà dove i salari e il potere d’acquisto sono alti. La “tigri asiatiche” in via di sviluppo hanno goduto di questo beneficio.
Ma hanno beneficiato relativamente poco dell’esportazione crescente delle loro merci, perché parte rilevante del ricavo è andata a retribuire il capitale estero. Nei Paesi super-poveri come quelli africani, finirà dunque per imporsi qualche forma di protezionismo.
AIUTI ECONOMICI ALL’AFRICA IN CAMBIO DI GENDER
Il cardinale guineano Robert Sarah riguardo il capitalismo e il ricatto ai danni dei paesi africani ha dichiarato quanto segue: “Per quanto riguarda il mio continente di origine vorrei denunciare con forza la volontà di imporre falsi valori usando argomenti politici e finanziari. In certi paesi africani sono stati creati ministeri per la teoria del gender in cambio di sostegno economico (cioè ricatto NdA). Qualche governo africano ha ceduto alle pressioni volte a favorire l’accesso universale dei diritti sessuali riproduttivi. Constatiamo con grande sofferenza che la salute riproduttiva è diventata norma politica mondiale, la quale contiene quanto l’occidente ha di più perverso da offrire al resto del mondo in cerca di sviluppo integrale. Com’è possibile che i capi di stato occidentali possano esercitare una tale pressione su paesi così fragili ed in difficoltà. L’ideologia del gender è diventata la condizione perversa per la cooperazione e per lo sviluppo”
Proprio se là si irrobustirà la mitica democrazia, la volontà popolare esigerà dai suoi governi la protezione delle produzioni nazionali, contro gli interessi delle elites locali esportatrici. Ma il protezionismo avanza nell’intero scacchiere mondiale, sotto la forma celata dei “tassi di cambio flessibili” tra valute. Mentre il WTO veglia che nessuno metta dei dazi, i tassi di cambio sono divenuti una forma di dazio: come noto, gli Stati che svalutano la loro moneta rendono più competitive le loro esportazioni, e più costose (come se vi fosse applicata una tassa) le importazioni.
Il cosiddetto “libero mercato mondiale delle valute” è in realtà manipolato regolarmente da interventi degli Stati allo scopo di bilanciare la bilancia commerciale, variando con acquisti e vendite sapienti di dollari il valore della loro moneta rispetto alla moneta di riserva, appunto il dollaro.
Il cardinale guineano Robert Sarah riguardo il capitalismo e il ricatto ai danni dei paesi africani ha dichiarato quanto segue: “Per quanto riguarda il mio continente di origine vorrei denunciare con forza la volontà di imporre falsi valori usando argomenti politici e finanziari. In certi paesi africani sono stati creati ministeri per la teoria del gender in cambio di sostegno economico (cioè ricatto NdA). Qualche governo africano ha ceduto alle pressioni volte a favorire l’accesso universale dei diritti sessuali riproduttivi. Constatiamo con grande sofferenza che la salute riproduttiva è diventata norma politica mondiale, la quale contiene quanto l’occidente ha di più perverso da offrire al resto del mondo in cerca di sviluppo integrale. Com’è possibile che i capi di stato occidentali possano esercitare una tale pressione su paesi così fragili ed in difficoltà. L’ideologia del gender è diventata la condizione perversa per la cooperazione e per lo sviluppo”
Proprio se là si irrobustirà la mitica democrazia, la volontà popolare esigerà dai suoi governi la protezione delle produzioni nazionali, contro gli interessi delle elites locali esportatrici. Ma il protezionismo avanza nell’intero scacchiere mondiale, sotto la forma celata dei “tassi di cambio flessibili” tra valute. Mentre il WTO veglia che nessuno metta dei dazi, i tassi di cambio sono divenuti una forma di dazio: come noto, gli Stati che svalutano la loro moneta rendono più competitive le loro esportazioni, e più costose (come se vi fosse applicata una tassa) le importazioni.
Il cosiddetto “libero mercato mondiale delle valute” è in realtà manipolato regolarmente da interventi degli Stati allo scopo di bilanciare la bilancia commerciale, variando con acquisti e vendite sapienti di dollari il valore della loro moneta rispetto alla moneta di riserva, appunto il dollaro.
Ormai, le economie mondiali non commerciano più per profittare dei vantaggi competitivi reciproci, che accrescono il benessere interno; esse competono nell’esportazione per catturare quanti più dollari possono, sia per pagare gli interessi sui debiti esteri (denominati in dollari), sia per accumulare enormi riserve in dollari il tasso di cambio della loro moneta sui mercati valutari mondiali. Più le pressioni dei mercati per svalutare una data moneta sono forti, più la Banca Centrale di quel Paese deve tenere grandi riserve in dollari.
Ciò, naturalmente, configura un meccanismo che rafforza il dollaro; e questo rafforzamento stesso obbliga le altre Banche Centrali ad accrescere le loro riserve, a detenere ancora più grandi cumuli di dollari, aumentando la forza della divisa americana. Una divisa senza copertura aurea, stampata con larghezza eccessiva, emessa da un paese indebitatissimo, si rafforza mentre dovrebbe deprezzarsi. E’ questa la forza imperiale, nel senso meno legittimo. Un tempo quel compito fu della sterlina.
il dollaro forte è nei suoi interessi imperiali, perché da un lato mantiene l’inflazione americana a livelli bassi con l’importazione di merci estere a basso costo, e dall’altro rende costosi per gli investitori stranieri “gli attivi in dollari” che essi sono obbligati a comprare. Infatti gli stati esteri grandi esportatori, come la Cina, accumulano dollari, che per definizione devono poi investire in titoli denominati in dollari – dove creano quell’enorme surplus di conto capitale.
All’estero, le banche hanno ormai indebitato le famiglie fino all’inverosimile, fino al fallimento. In Usa e in Gran Bretagna, i prestiti alle famiglie hanno raggiunto ormai l’80% del prodotto interno lordo. Noi, in Italia siamo ancora al “fanalino di coda” perchè da noi esistono ancora risparmiatori (seppur sempre in numero minore). Solo da noi dunque il mercato del debito al consumo ha ancora ampie possibilità d’espansione. Con prospettive di lucri enormi per le banche. Ma di che si tratta in realtà? In Italia, spiegava il Financial Times, del 2005 quando una famiglia vuole una macchina nuova, “mette da parte i soldi per tre anni”, ossia risparmia (e rinuncia ad altri consumi). Inaudito, primitivo.
Nella civile America e nella civile Inghilterra, il consumatore non mette da parte nulla: s’indebita. Chiede i soldi alla banca per il “credito al consumo”, e lo ottiene prontamente.Naturalmente, la famiglia americana e inglese pagherà poi vita natural durante gli interessi, del 15-17%, alla felice banca creditrice. I ratei dei vari debiti contratti, più i grassi interessi, saranno risucchiati mese per mese, in modo automatico, dal conto corrente del capofamiglia, perennemente “scoperto”.
Questo è il tipo di civiltà finanziaria che le banche estere vogliono imporre agli italiani. Specie ai giovani. Potete permettervi a malapena una Punto, ma volete una Porsche? Niente paura, la banca vi soccorre.
Potete chiedere un prestito, meglio ancora stipulare un contratto di leasing per soli 700-1000 euro mensili, interessi inclusi: un leasing è per sempre, non si estingue mai perché quando la Porsche sarà vecchia, il creditore vi consentirà di comprarne una nuova. Con la Porsche volete una casa? Bene. Ma perché un bilocale, quando la banca vi consente di acquistare un attico? Giù un mutuo: altro rateo, 1000-2000 euro mensili. Non vi resta più niente per mandare i figli a scuola? Ecco qui il “debito sull’onore”:la banca vi anticipa le spese per l’Università, e s’intende che il figlio, una volta laureato, comincerà a pagare il debito contratto con i primi stipendi – e tutti gli stipendi dei suoi prossimi 30 anni di vita lavorativa. A questo punto, cominciate a temere che – essendo il vostro salario completamente prosciugato ogni mese dai debiti – rischiate di morire di fame. Ma no, via. Ecco qui la carta di credito per fare la spesa.
Prosciutto, uova, anche caviale e champagne. Consumate oggi e pagate domani, in comode rate; naturalmente con interessi a vostro carico del 18-22 per cento. Non stiamo esagerando.
Precisamente così vivono inglesi e americani. Al di sopra dei loro mezzi, e a credito; legati alla catena d’acciaio di interessi crescenti e debiti impagabili, eterni. Ogni americano, anche ricco, ha in corso, in qualunque momento della
vita, qualche gigantesco debito (gigantesco in proporzione al suo reddito) che sta pagando; ogni americano, anche ricco, ha il conto corrente in rosso, e sta pagando interessi sullo scoperto.
Questa condizione generale ha, fra l’altro, un vantaggio – per il sistema creditizio, e per chi detiene il potere – che viene enunciato di rado, ma è decisivo: chi è indebitato perennemente, chi non ha risparmi, non si ribella mai. Sul posto di lavoro non parla di politica, né si iscrive ai sindacati, né crea grane al padrone: abbassa la testa, obbedisce senza discutere e accetta di fare gli straordinari, perché deve “servire” il debito che ha contratto per la Porsche e la casa che non poteva permettersi. La “democrazia” occidentale funziona egregiamente in Usa e UE appunto per questo: perché i cittadini sono servi del debito, incatenati ad esso per tutta la vita, e non possono permettersi una protesta, né un’idea politica, e men che meno di iscriversi a un’organizzazione politica o sindacale. E’ questo stile che le banche estere vogliono imporre anche agli italiani. Non più, magari, ai vecchi, incalliti risparmiatori; ma ci sono i giovani, affamati di telefonini con video, di mp3 a colori, di orribili scarpe Reebok, insomma di tutta la costosa gadgetteria elettronica e le carabattole di moda pubblicizzate dal luna park globale.
Loro sì possono essere convinti. Quindi, cittadini, lasciate che in cambio di tale generosità i banchieri internazionali vi regalino la possibilità di sposarvi un gay; l’indottrinamento all’ideologia di genere, o il plauso per arrestare la crescita demografica con l’aborto.
Indebitatevi e godetevi la vita.
All’estero, le banche hanno ormai indebitato le famiglie fino all’inverosimile, fino al fallimento. In Usa e in Gran Bretagna, i prestiti alle famiglie hanno raggiunto ormai l’80% del prodotto interno lordo. Noi, in Italia siamo ancora al “fanalino di coda” perchè da noi esistono ancora risparmiatori (seppur sempre in numero minore). Solo da noi dunque il mercato del debito al consumo ha ancora ampie possibilità d’espansione. Con prospettive di lucri enormi per le banche. Ma di che si tratta in realtà? In Italia, spiegava il Financial Times, del 2005 quando una famiglia vuole una macchina nuova, “mette da parte i soldi per tre anni”, ossia risparmia (e rinuncia ad altri consumi). Inaudito, primitivo.
Nella civile America e nella civile Inghilterra, il consumatore non mette da parte nulla: s’indebita. Chiede i soldi alla banca per il “credito al consumo”, e lo ottiene prontamente.Naturalmente, la famiglia americana e inglese pagherà poi vita natural durante gli interessi, del 15-17%, alla felice banca creditrice. I ratei dei vari debiti contratti, più i grassi interessi, saranno risucchiati mese per mese, in modo automatico, dal conto corrente del capofamiglia, perennemente “scoperto”.
Questo è il tipo di civiltà finanziaria che le banche estere vogliono imporre agli italiani. Specie ai giovani. Potete permettervi a malapena una Punto, ma volete una Porsche? Niente paura, la banca vi soccorre.
Potete chiedere un prestito, meglio ancora stipulare un contratto di leasing per soli 700-1000 euro mensili, interessi inclusi: un leasing è per sempre, non si estingue mai perché quando la Porsche sarà vecchia, il creditore vi consentirà di comprarne una nuova. Con la Porsche volete una casa? Bene. Ma perché un bilocale, quando la banca vi consente di acquistare un attico? Giù un mutuo: altro rateo, 1000-2000 euro mensili. Non vi resta più niente per mandare i figli a scuola? Ecco qui il “debito sull’onore”:la banca vi anticipa le spese per l’Università, e s’intende che il figlio, una volta laureato, comincerà a pagare il debito contratto con i primi stipendi – e tutti gli stipendi dei suoi prossimi 30 anni di vita lavorativa. A questo punto, cominciate a temere che – essendo il vostro salario completamente prosciugato ogni mese dai debiti – rischiate di morire di fame. Ma no, via. Ecco qui la carta di credito per fare la spesa.
Prosciutto, uova, anche caviale e champagne. Consumate oggi e pagate domani, in comode rate; naturalmente con interessi a vostro carico del 18-22 per cento. Non stiamo esagerando.
Precisamente così vivono inglesi e americani. Al di sopra dei loro mezzi, e a credito; legati alla catena d’acciaio di interessi crescenti e debiti impagabili, eterni. Ogni americano, anche ricco, ha in corso, in qualunque momento della
vita, qualche gigantesco debito (gigantesco in proporzione al suo reddito) che sta pagando; ogni americano, anche ricco, ha il conto corrente in rosso, e sta pagando interessi sullo scoperto.
Questa condizione generale ha, fra l’altro, un vantaggio – per il sistema creditizio, e per chi detiene il potere – che viene enunciato di rado, ma è decisivo: chi è indebitato perennemente, chi non ha risparmi, non si ribella mai. Sul posto di lavoro non parla di politica, né si iscrive ai sindacati, né crea grane al padrone: abbassa la testa, obbedisce senza discutere e accetta di fare gli straordinari, perché deve “servire” il debito che ha contratto per la Porsche e la casa che non poteva permettersi. La “democrazia” occidentale funziona egregiamente in Usa e UE appunto per questo: perché i cittadini sono servi del debito, incatenati ad esso per tutta la vita, e non possono permettersi una protesta, né un’idea politica, e men che meno di iscriversi a un’organizzazione politica o sindacale. E’ questo stile che le banche estere vogliono imporre anche agli italiani. Non più, magari, ai vecchi, incalliti risparmiatori; ma ci sono i giovani, affamati di telefonini con video, di mp3 a colori, di orribili scarpe Reebok, insomma di tutta la costosa gadgetteria elettronica e le carabattole di moda pubblicizzate dal luna park globale.
Loro sì possono essere convinti. Quindi, cittadini, lasciate che in cambio di tale generosità i banchieri internazionali vi regalino la possibilità di sposarvi un gay; l’indottrinamento all’ideologia di genere, o il plauso per arrestare la crescita demografica con l’aborto.
Indebitatevi e godetevi la vita.
-Floriana Castro-
Antimassoneria Copyright © 2016
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Scritto il gennaio 28, 2016
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